Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 30208 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 30208 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/11/2025
sul ricorso 8796/2024 proposto da: COGNOME NOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME
Vignola
–
ricorrente
–
contro
RAGIONE_SOCIALE e, per essa, quale mandataria RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME AVV_NOTAIO
– controricorrente –
nonché contro
COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE
– intimate – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di Venezia n. 1976/2023 depositata il 10/10/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/09/2025 dal AVV_NOTAIO.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME ricorre a questa Corte onde sentir cassare, sulla base di due motivi di ricorso, ai quali resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE, l’epigrafata sentenza con la quale la Corte di appello di Venezia ha respinto il gravame dello stesso avverso la decisione del tribunale di Verona, che, revocato il decreto ingiuntivo nei suoi confronti, lo aveva condannato a pagare: i) la somma di € 148.768,44 in relazione al finanziamento chirografario n. 3364571 del 7.11.2016, oltre interessi moratori al tasso contrattuale dalle singole scadenze al saldo effettivo; ii) la somma di € 395.275,67, in solido con COGNOME NOME, quale saldo passivo anticipi fatture export tornate insolute, oltre interessi moratori al tasso contrattuale dalle singole scadenze al saldo effettivo.
Riguardo al proposto ricorso il presidente ha formulato la seguente proposta di definizione accelerata del giudizio ai sensi dell’articolo 380bis cod. proc. civ.:
« 3. Il ricorso contiene due motivi.
Primo motivo. Violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.) e, in particolare, per avere la Corte d’Appello di Venezia ritenuto erroneamente non applicabile alle fideiussioni specifiche sottoscritte dall’odierno ricorrente il provvedimento della Banca d’Italia n. 55 del 2.5.2005 così come la successiva giurisprudenza nonché per l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360, comma 1, n.
5, c.p.c.) e cioè per non aver verificato l’integrale identità dei testi delle fideiussioni specifiche per cui è causa con quello di cui allo schema ABI del 2005.
Secondo motivo. Violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.) ed in particolare dell’art. 1941 c.c.
4. – Il ricorso è inammissibile.
4.1. – È inammissibile il primo mezzo.
Il ricorrente non ha difatti inteso la motivazione addotta dal giudice d’appello a sostegno della propria decisione, i.e. non ha colto la ratio decidendi.
Il ricorrente ha sostenuto quanto segue: «Ciò che preme all’odierno ricorrente è evidenziare come l’errore del Giudicante stia nell’aver considerato l’eccezione di nullità sollevata dal odierno ricorrente collegata unicamente all’identità dei soli articoli n. 2, 6 e 8 delle fideiussioni specifiche in parola con quelle di cui allo schema ABI del 2005, motivo per il quale la Suddetta Corte avrebbe ravvisato la necessità di prova da parte del ricorrente quanto all’eventuale sussistenza di un’intesa restrittiva della concorrenza in materia da parte dell’RAGIONE_SOCIALE bancario. Ciò che, all’opposto, il COGNOME sosteneva era l’identità dell’intero testo fideiussorio delle suddette fideiussioni specifiche con quelle di cui allo schema ABI del 2005, ragione per cui il medesimo non ravvisava necessità ulteriore di dimostrazione essendo la prova documentale. Si ritiene che il Giudicante abbia omesso di verificare e di confrontare i testi delle fideiussioni specifiche oggetto di giudizio (cfr doc. 3 (fideiussione NUMERO_DOCUMENTO) e doc. 4 (NUMERO_DOCUMENTO) con lo schema ABI del 2005 o, per maggiore ulteriore semplicità, semplicemente con le fideiussioni omnibus già documento di
causa (cfr. doc. 2 (NUMERO_DOCUMENTO), tale fatto si ritiene fosse determinante ai fini del decidere dal momento che da tale semplice raffronto emergeva, come emerge, palese la totale identità del suddetto testo con quelle di cui allo schema ABI del 2005».
Ma la corte d’appello ha chiaramente detto che il provvedimento della Banca d’Italia del 2005, come del resto scontato, si riferiva esclusivamente a fideiussioni omnibus, e dalle clausole in esse inserite in forza del modello elaborato dall’RAGIONE_SOCIALE, e rispetto ad esse possedeva la nota efficacia probatoria privilegiata che l’ordinamento contempla, ma non aveva efficacia probatoria rispetto all’esistenza di un accordo anticoncorrenziale concernente le fideiussioni per affari determinati: «Ove invece si fuoriesca dall’ambito dell’intesa ABI del 2002, torna ad operare il principio dell’onere della prova, gravante su chi lamenta la nullità del contratto contro di lui azionato. Nella presente causa l’appellante non ha dedotto l’esistenza di un’intesa restrittiva della concorrenza in materia di fideiussione specifica, né si è offerto di provare tale circostanza. Il semplice fatto che il testo della clausola 6 del contratto 25.11.2015 coincida con quello della stessa clausola dello schema concernente la fideiussione omnibus non è sufficiente per affermare nella vicenda in esame vi sia stata applicazione ‘a valle’ di una preesistente intesa illecita, posto che il contratto stipulato da RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE non rientra nel tipo contrattuale che lo schema ABI del 2002 mirava a regolare in modo uniforme, mediante accordi tra gli operatori».
Ciò esime dall’osservare che la tesi della nullità di una fideiussione per uno specifico affare sul rilievo che si
tratterebbe di una fideiussione a valle dell’accordo anticoncorrenziale sanzionato dalla Banca d’Italia con il noto provvedimento del 2005 è destituita del benché minimo fondamento, anche per un altro motivo: e cioè perché, come dovrebbe essere intuitivo, il provvedimento della Banca d’Italia, del 2005, non può costituire prova privilegiata di un’intesa anticoncorrenziale in atto oltre 10 anni dopo, nientemeno che nel 2016 e 2018, epoca in cui sono state sottoscritte le fideiussioni oggetto del contendere.
4.2. – Anche il secondo mezzo è inammissibile, questa volta ai sensi dell’articolo 360 bis, n. 1, c.p.c.
La tesi del ricorrente è che in sede fallimentare il giudice del fallimento della società garantita dalle fideiussioni avrebbe quantificato il debito della debitrice principale in misura inferiore a quello portato dal decreto ingiuntivo opposto dal COGNOME: ma del tutto correttamente il giudice di merito (ha) osservato che la quantificazione in sede fallimentare possiede il limitato effetto del giudicato endofallimentare, e dunque non dispiega alcuna efficacia in tal senso in sede di cognizione ordinaria».
la proposta è stata ritualmente comunicata alle parti e la parte ricorrente, a mezzo del suo difensore munito di nuova procura speciale, ha chiesto la decisione.
E’ stata quindi fissata l’odierna udienza in camera di consiglio.
Ha depositato memoria la sola controricorrente.
All’esito dell’odierna trattazione in camera di consiglio il collegio reputa di dover definire il giudizio in conformità alla riportata proposta.
Né in questo vi è motivo di rivedere le conclusioni a cui è pervenuta la proposta alla luce delle considerazioni esternate nella memoria ricorrente, atteso che il preteso diverso orientamento imputato a Cass. 27243/24 in punto all’estensibilità dei principi enunciati da SS.UU. 41994/2021 anche alle fideiussioni per affari specifici è frutto di un’affermazione che non incarna la ratio decidendi dell’ordinanza richiamata dal momento che essa ha inteso cassare la decisione impugnata censurado la declaratoria di inammissibilità del secondo motivo di appello per genericità; questo, peraltro, non esime dall’osservare che il predetto diverso orientamento è smentito più meditatamente dalla giurisprudenza di questa Sezione, tabellarmente competente a conoscere della materia, dell’avviso, infatti, che «la natura anticoncorrenziale pronunciata dalla Banca d’Italia, di clausole del modello ABI del contratto di fideiussione “omnibus”, per contrasto con gli artt. 2, comma 2, lett. a), della l. n. 287 del 1990 e 101 del TFUE, determina l’invalidità e la possibile espunzione delle corrispondenti clausole inerenti a quel solo modello di contratto, in quanto la natura anticoncorrenziale di quelle sanzionate è stata valutata rispetto ai possibili effetti derivanti dalla loro estensione ad una serie indefinita e futura di rapporti, tale da addossare sul fideiussore le conseguenze negative derivanti dall’inosservanza degli obblighi di diligenza della banca; tale giudizio sfavorevole e la conseguente invalidità non si estendono perciò anche alle fideiussioni ordinarie, oggetto di specifica pattuizione tra banca e cliente La natura anticoncorrenziale pronunciata dalla Banca d’Italia, di clausole del modello ABI del contratto di fideiussione “omnibus”, per contrasto con gli artt. 2, comma 2, lett. a), della l. n. 287 del 1990 e 101 del TFUE, determina l’invalidità e la possibile espunzione delle corrispondenti clausole inerenti a quel solo modello di contratto, in quanto la natura anticoncorrenziale di quelle sanzionate è stata valutata rispetto ai possibili effetti derivanti dalla loro estensione ad
una serie indefinita e futura di rapporti, tale da addossare sul fideiussore le conseguenze negative derivanti dall’inosservanza degli obblighi di diligenza della banca; tale giudizio sfavorevole e la conseguente invalidità non si estendono perciò anche alle fideiussioni ordinarie, oggetto di specifica pattuizione tra banca e cliente» (Cass, Sez. I, 2/08/2024, n. 21841).
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Poiché il giudizio è stato definito in conformità alla proposta formulata si applica a mente dell’articolo 380bis, comma 3, cod. proc. civ. l’art. 96, commi 3 e 4, cod. proc. civ. con conseguente condanna della parte soccombente al pagamento: a) di una somma equitativamente determinata in favore della controparte; b) di un’ulteriore somma di denaro stabilita nel rispetto dei limiti di legge in favore della cassa delle ammende, somme che si liquidano come da dispositivo.
Ove dovuto sussistono i presupposti per il raddoppio a carico della ricorrente del contributo unificato ai sensi dell’articolo 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n.115.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile; condanna parte ricorrente al pagamento in favore di parte resistente delle spese del presente giudizio che liquida in euro 13200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge, nonché dell’ulteriore somma di euro 13000,00, a norma dell’art. 96, comma 3, cod. proc. civ.; condanna, inoltre, parte ricorrente al pagamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende, della somma di euro 2.500,00 Euro, a norma dell’art. 96, comma 4, cod. proc. civ.
Ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da
parte della ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il giorno 17.9.2025.
Il Presidente
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME