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Fideiussione omnibus: onere prova del garante

Un’impresa e i suoi garanti contestavano una fideiussione omnibus. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che spetta al garante l’onere della prova per ottenere la liberazione ai sensi dell’art. 1956 c.c. e sottolineando l’importanza di sollevare correttamente le eccezioni di nullità nei gradi di merito.

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Fideiussione Omnibus: Quando il Garante Deve Provare la Mala Fede della Banca

La fideiussione omnibus è uno strumento contrattuale ampiamente utilizzato nel settore bancario, ma spesso fonte di complesse controversie legali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sui doveri del garante che intende liberarsi dall’obbligazione, in particolare per quanto riguarda l’onere della prova e i requisiti procedurali per contestare la validità del contratto. Analizziamo insieme questa decisione per comprendere le sue implicazioni pratiche.

I Fatti di Causa: Dal Decreto Ingiuntivo alla Cassazione

La vicenda trae origine dall’opposizione di una ditta individuale e dei suoi fideiussori a un decreto ingiuntivo emesso da un istituto di credito per un importo di oltre 66.000 euro, a titolo di saldo di conto corrente e debito residuo di un mutuo.
Il Tribunale di primo grado accoglieva parzialmente l’opposizione, rideterminando il debito escludendo la capitalizzazione degli interessi ma confermando l’assenza di usura. Successivamente, la Corte d’Appello riformava in parte la sentenza, riducendo ulteriormente l’importo dovuto dagli appellanti per le rate di mutuo non pagate.
Insoddisfatti della decisione, la ditta e i garanti proponevano ricorso in Cassazione, basandolo su due motivi principali.

I Motivi del Ricorso: Violazione della Buona Fede e Nullità della Fideiussione Omnibus

I ricorrenti lamentavano principalmente due aspetti. In primo luogo, sostenevano che la banca avesse violato il principio di buona fede, continuando a concedere credito all’impresa pur essendo a conoscenza delle sue difficoltà economiche, senza chiedere una specifica autorizzazione ai fideiussori, come previsto dall’art. 1956 del codice civile.
In secondo luogo, deducevano la nullità integrale della fideiussione omnibus perché stipulata utilizzando moduli contrattuali conformi a uno schema ABI, considerato frutto di un’intesa restrittiva della concorrenza, e contenente clausole vessatorie.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo motivazioni distinte per ciascuno dei due motivi sollevati.

Sul Primo Motivo: L’Onere della Prova nella Fideiussione Omnibus

La Corte ha ritenuto il primo motivo inammissibile in quanto la decisione della Corte d’Appello era conforme alla giurisprudenza consolidata. I giudici hanno ribadito un principio fondamentale: spetta al fideiussore che invoca la liberazione dalla garanzia ai sensi dell’art. 1956 c.c. l’onere della prova.
In base all’art. 2697 c.c., il garante deve dimostrare in giudizio la sussistenza di due elementi chiave:
1. Che il creditore (la banca) abbia concesso nuovo credito al debitore principale dopo la prestazione della fideiussione.
2. Che il creditore fosse consapevole del peggioramento delle condizioni economiche del debitore, agendo senza la specifica autorizzazione del garante.
La Corte ha inoltre specificato che la valutazione di tali elementi costituisce un accertamento di fatto, non sindacabile in sede di legittimità.

Sul Secondo Motivo: I Requisiti di Ammissibilità del Ricorso

Anche il secondo motivo è stato dichiarato inammissibile, ma per una ragione di carattere prettamente procedurale. La Corte ha rilevato la violazione dell’art. 366, n. 6, del codice di procedura civile, che impone il principio di autosufficienza del ricorso.
I ricorrenti non avevano specificato in quale sede e con quali modalità, durante il processo di merito, avessero sollevato la specifica questione della nullità della fideiussione per violazione della normativa antitrust (derivante dall’uso dello schema ABI). Dalla sentenza impugnata, infatti, emergeva che l’invalidità era stata eccepita per un’altra ragione, ossia la mancata specificazione delle operazioni bancarie garantite. Questa omissione ha impedito alla Corte di Cassazione di valutare la tempestività e la ritualità della censura, rendendo il motivo inammissibile.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida due principi cruciali per chi presta una fideiussione omnibus. In primo luogo, chiarisce che la liberazione del garante non è automatica in caso di peggioramento delle condizioni del debitore. È il garante stesso a dover fornire una prova rigorosa della mala fede della banca. In secondo luogo, evidenzia l’importanza strategica della corretta impostazione processuale sin dal primo grado di giudizio. Le eccezioni, specialmente quelle complesse come la nullità per violazione delle norme antitrust, devono essere sollevate in modo specifico e tempestivo, pena l’impossibilità di farle valere con successo in Cassazione. Questa decisione serve da monito per i garanti e i loro legali sulla necessità di una difesa attenta sia al merito della questione che agli aspetti procedurali.

Chi deve provare le condizioni per la liberazione del garante previste dall’art. 1956 del codice civile?
Secondo la Corte di Cassazione, l’onere della prova spetta interamente al fideiussore. Egli deve dimostrare che il creditore ha concesso nuovo credito pur essendo consapevole del peggioramento delle condizioni economiche del debitore, e che ciò è avvenuto senza una sua specifica autorizzazione.

È possibile contestare per la prima volta in Cassazione la nullità di una fideiussione omnibus perché basata su uno schema ABI anticoncorrenziale?
No. La Corte ha stabilito che tale motivo di nullità è inammissibile se non viene specificamente indicato nel ricorso in quale sede e momento del processo di merito (primo grado o appello) sia stato ritualmente e tempestivamente sollevato. Il ricorso deve essere autosufficiente.

Perché il ricorso dei garanti è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per due ragioni principali: il primo motivo era contrario alla giurisprudenza consolidata sull’onere della prova e atteneva a valutazioni di fatto non riesaminabili in Cassazione; il secondo motivo violava il principio di autosufficienza del ricorso, non avendo specificato quando e come l’eccezione di nullità per violazione della normativa antitrust fosse stata sollevata nei gradi precedenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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