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Fideiussione omnibus: no nullità se l’eccezione è tardiva

Due garanti hanno contestato una fideiussione omnibus, sostenendo in appello la sua nullità per violazione della normativa antitrust. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che l’eccezione di nullità e la relativa prova documentale devono essere presentate tempestivamente nel primo grado di giudizio. La tardività preclude il rilievo d’ufficio della nullità e rende inammissibili le relative domande.

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Fideiussione Omnibus e Antitrust: la Cassazione fissa i paletti sulla nullità

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta il tema della nullità della fideiussione omnibus per violazione della normativa antitrust, stabilendo principi ferrei sui limiti procedurali per farla valere. La decisione sottolinea come il potere del giudice di rilevare d’ufficio la nullità non possa scavalcare le preclusioni maturate nel corso del giudizio, in particolare quando la parte interessata non agisce tempestivamente.

I Fatti di Causa

Due garanti si erano opposti a un decreto ingiuntivo ottenuto da un istituto di credito per un debito derivante da un’esposizione di una società. Inizialmente, la loro difesa si basava su contestazioni relative a tassi usurari e anatocismo. Solo nel successivo giudizio d’appello, i garanti hanno introdotto una nuova e cruciale argomentazione: la nullità del contratto di fideiussione perché conforme a uno schema standard dell’ABI, giudicato anticoncorrenziale da un provvedimento della Banca d’Italia del 2005. A sostegno di questa tesi, producevano per la prima volta in appello il suddetto provvedimento. La Corte d’Appello, tuttavia, dichiarava inammissibile sia la nuova eccezione di nullità, perché tardiva, sia la relativa produzione documentale.

La Decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito, rigettando il ricorso dei garanti. La Suprema Corte ha basato la sua decisione su due pilastri fondamentali: il formarsi del giudicato su una questione pregiudiziale e i limiti intrinseci al potere del giudice di rilevare d’ufficio la nullità contrattuale.

Limiti al rilievo d’ufficio della nullità della fideiussione omnibus

I ricorrenti sostenevano che la nullità per violazione di norme imperative, come quelle antitrust, potesse essere rilevata dal giudice in qualsiasi stato e grado del processo. La Cassazione ha precisato che, sebbene questo principio sia corretto, il suo esercizio è subordinato a una condizione precisa: i fatti che costituiscono il fondamento della nullità devono essere già stati acquisiti al processo nel rispetto delle preclusioni assertive e istruttorie.

In altre parole, il giudice può dichiarare nullo un contratto d’ufficio, ma solo sulla base di prove e allegazioni già presenti nel fascicolo processuale. Non può andare alla ricerca di prove non prodotte tempestivamente dalle parti. Nel caso di specie, la produzione del provvedimento della Banca d’Italia solo in appello era tardiva, impedendo al giudice di basare su di esso una declaratoria di nullità.

L’Onere della Prova e le Preclusioni Processuali

Un punto centrale della decisione riguarda la natura del provvedimento della Banca d’Italia. I giudici hanno chiarito che non si tratta di una norma di legge (per cui vale il principio iura novit curia, ‘il giudice conosce le leggi’) né di un ‘fatto notorio’. È, invece, un atto amministrativo che la parte interessata ha l’onere di produrre in giudizio come prova. La sua mancata e tempestiva produzione in primo grado costituisce una negligenza che non può essere sanata in appello.

Inoltre, la Corte ha evidenziato come l’interesse stesso dei ricorrenti a far dichiarare la nullità parziale fosse venuto meno. La conseguenza pratica che essi auspicavano (l’estinzione della garanzia per decorso del termine previsto dall’art. 1957 c.c.) era ormai preclusa. La Corte d’Appello aveva infatti già dichiarato inammissibile, con statuizione passata in giudicato, la relativa eccezione perché sollevata tardivamente.

Le Motivazioni

La motivazione della Suprema Corte si fonda sulla necessità di bilanciare la tutela della legalità sostanziale (la nullità di un contratto contrario a norme imperative) con le esigenze di ordine e certezza del processo civile. Consentire alle parti di introdurre nuove questioni e prove in appello, aggirando le scadenze del primo grado, minerebbe la struttura stessa del processo e il principio del contraddittorio. Il potere di rilievo d’ufficio del giudice non è uno strumento per sanare le omissioni delle parti. La declaratoria di nullità presuppone che emergano dagli atti tutte le circostanze fattuali necessarie, tra cui l’esistenza del provvedimento sanzionatorio, la natura della fideiussione, la sua datazione, la corrispondenza delle clausole e, soprattutto, la concreta e attuale ricaduta della nullità sulla pretesa azionata. Se quest’ultima è preclusa da un giudicato, come nel caso di specie, viene meno l’interesse stesso ad agire.

Le Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: nel processo civile, il tempo è un fattore decisivo. Chi intende far valere la nullità di una fideiussione omnibus per contrasto con la normativa antitrust deve agire con diligenza, allegando i fatti e producendo le prove necessarie, come il provvedimento della Banca d’Italia, sin dal primo grado di giudizio. Attendere l’appello è una strategia rischiosa e, come dimostra questo caso, perdente. La nullità, anche se grave, non può essere invocata per superare le barriere procedurali ormai invalicabili.

È possibile far valere la nullità di una fideiussione omnibus per violazione dell’antitrust per la prima volta in appello?
No. Secondo la Corte, l’eccezione di nullità deve essere supportata da prove documentali, come il provvedimento della Banca d’Italia, che devono essere prodotte nel rispetto dei termini del primo grado di giudizio. La loro produzione tardiva in appello è inammissibile.

Il provvedimento della Banca d’Italia che accerta un’intesa anticoncorrenziale è un “fatto notorio” che il giudice deve conoscere d’ufficio?
No. La Cassazione ha chiarito che il provvedimento della Banca d’Italia è un atto amministrativo e non rientra né tra le norme di legge (per cui vale il principio iura novit curia) né tra i fatti notori. Pertanto, la parte che intende avvalersene ha l’onere di produrlo in giudizio come prova.

Cosa succede se l’eccezione che dipende dalla nullità del contratto (es. estinzione della garanzia) è stata proposta tardivamente?
Se l’eccezione che rappresenta la conseguenza pratica della nullità (come l’estinzione della garanzia ai sensi dell’art. 1957 c.c.) è stata dichiarata inammissibile per tardività con una decisione passata in giudicato, la parte perde l’interesse a far dichiarare la nullità del contratto, poiché non potrebbe più ottenerne alcun beneficio concreto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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