SENTENZA TRIBUNALE DI MILANO N. 6241 2025 – N. R.G. 00028401 2023 DEPOSITO MINUTA 26 07 2025 PUBBLICAZIONE 26 07 2025
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
Sezione XIV Civile
Specializzata in materia di Impresa – A
Il Tribunale di Milano, in composizione collegiale, in persona dei seguenti magistrati:
– dott.ssa NOME COGNOME
– dott.ssa NOME COGNOME
– dott.ssa NOME COGNOME relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo grado iscritta al n. 28401 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell’anno 202 3, rimessa al Collegio per la decisione all’udienza del 15.7.2025
tra
(C.F.
)
elettivamente domiciliato in Trento, INDIRIZZO
C.F.
26 , presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende, giusta procura alle liti allegata all’atto di citazione
Attore opponente
e
in persona del legale rappresentante pro tempore (P.IVA ) (C.F. e per essa in persona del legale rappresentante pro tempore (C.F. ) elettivamente domiciliata in Milano INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME e dell’avv. NOME COGNOME che la rappresentano e difendono, giusta procura alle liti allegata alla comparsa di costituzione e risposta P. P. P.
Convenuta opposta
OGGETTO: Controversie in materia di intese e abuso di posizione dominante per violazione della normativa antitrust nazionale.
CONCLUSIONI: Come da note scritte ex art. 189 co. 1 n. 1) c.p.c. da intendersi qui integralmente trascritte.
Ragioni di fatto e di diritto della decisione
Con atto di citazione ritualmente notificato, ha convenuto in giudizio, innanzi al Tribunale di Milano – Sezione Specializzata in materia di Impresa proponendo tempestiva opposizione al decreto ingiuntivo n. 7777/2023 notificatogli in data 15.6.2023 con il quale il Tribunale di Milano gli aveva ingiunto il pagamento della somma di € 300.000,00 , oltre interessi e spese, in favore di cessionaria del credito vantato da quale responsabile in solido per le obbligazioni derivanti dai rapporti di conto corrente in essere tra la e la giusta fideiussione dal medesimo rilasciata in
data 5.6.2008.
A fondamento dell ‘opposizione , il ha in primo luogo contestato la titolarità del credito in capo alla cessionaria sul presupposto che l’avviso di cessione pubblicato in gazzetta ufficiale in data 20.12.2017 non costituirebbe prova idonea della cessione e, richiamata la pronuncia della Suprema Corte a Sezioni Unite n. 41994/2021 e la tesi della nullità derivata ivi illustrata, ha eccepito la nullità parziale della garanzia sottoscritta in data 5.6.2008 per violazione del l’art. 2 co. 2 lett. a) della L. 287/1990 in quanto conforme al modello ABI del quale riproduceva le clausole di reviviscenza (art. 2), di rinuncia al termine previsto dall’art. 1957 c.c. (art. 6) e di sopravvivenza della garanzia (art. 8) censurate dalla Banca d’Italia con il provvedimento n. 55/2005 e ha invocato, in conseguenza, la propria liberazione ai sensi dell’art. 1957 c.c. Infine, ha eccepito la nullità della fideiussione per indeterminabilità dell’oggetto in quanto l’importo massimo garantito sarebbe sproporzionato rispetto al debito principale e comunque la sua inefficacia in ragione del comportamento abusivo della banca che avrebbe concesso il credito ‘ senza informativa ai garanti o autorizzazione alcuna da parte dei medesimi ‘ in violazione dell’art. 1956 c.c.
Si è costituita in giudizio, concludendo per il rigetto dell’opposizione di cui ha contestato la fondatezza. La convenuta, in particolare, ha allegato di essere divenuta titolare del credito azionato in via monitoria in virtù di contratto di cessione di crediti in blocco del 20.12.2017 pubblicato in Gazzetta Ufficiale in data 23.12.2017 e, a ulteriore conferma dell’intervenuta cessione , ha prodotto la dichiarazione della cedente Monte dei Paschi di Siena S.p.a. Nel merito, ha contestato la tesi della nullità parziale della fideiussione sottoscritta dall’opponente per violazione della dell’art. 2
co. 2 lett. a) della L. 287/1990 evidenziando l’inapplicabilità del provvedimento della Banca d’Italia alla garanzia in esame in quanto sottoscritta al di fuori dell’ambito temporale cui è riferito il provvedimento medesimo e in ogni caso l’infondatezza dell’eccezione di decadenza ex art. 1957 c.c. in virtù della clausola di pagamento a prima richiesta di cui all’art. 7 del contratto di fideiussione. Ha infine contestato l’eccezione di nullità della fideiussione per indeterminatezza dell’oggetto e per violazione della previsione di cui all’art. 1956 c.c. non avendo l’opponente fornito alcuna prova degli elementi costitutivi della fattispecie codicistica invocata.
La causa è stata istruita in via documentale e a ll’udienza del 15.7.2025 è stata rimessa al collegio per la decisione.
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In via preliminare va esaminata l’eccezione di difetto di legittimazione attiva in capo a
L’opponente contesta la mancanza di legittimazione attiva in capo a per non avere fornito adeguata prova della titolarità del credito e ciò sul presupposto che a tal fine non sarebbe sufficiente la produzione in giudizio del l’avviso di cessione pubblicato sulla G.U., in conformità all’ art. 58 TUB , atteso che la predetta formalità assolve al solo scopo di esonerare il cedente dall’obbligo di notificare la cessione al debitore ceduto, con la conseguenza che il creditore dovrebbe fornire prova completa del titolo fatto valere in giudizio.
A tal riguardo, si rileva, anzitutto, che ciò che è posto in dubbio è la legittimazione sostanziale dell’odierna opposta, essendo contestata la titolarità in capo alla stessa del diritto di credito: come tale, la questione presenta natura preliminare di merito, non risolvibile sulla base della mera prospettazione di essere creditore effettuata dall’opposta nella propria domanda (Cass. Civ., SS.UU. 16 febbraio 2016, n. 2951).
Sul punto, poi, si osserva che il tema inerente alla dimostrazione della titolarità del credito ceduto ‘ nel blocco ‘ – in caso di contestazione opposta dal debitore – è stato oggetto di una lunga discussione dottrinale e giurisprudenziale.
Il dato normativo da cui muovere per la disamina della questione è recato dalla L. n. 52/1991 in materia di factoring (il cui art. 3 menziona espressamente la cessione in ‘massa’ dei crediti pecuniari di impresa, esistenti o futuri, in favore di una banca o di un intermediario finanziario autorizzato) nonché dalla L. n. 130/1999 , che sulla cessione in blocco innesta la cd. cartolarizzazione (o ‘ securitisation ‘). L’art. 4 di quest’ultima, nell’intento di agevolare il cessionario sotto il profilo dell’espletamento degli incombenti postcessione, richiamando l’ art. 58, commi 2, 3 e 4 TUB, dispone che la cessione del credito nell’ambito di un’operazione di cartolarizzazione è opponibile al debitore ceduto in virtù della
sua iscrizione nel Registro delle Imprese e della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, poiché tali adempimenti producono gli effetti indicati dall’ art. 1264 c.c., ed esonerano quindi il cessionario dalla notifica al debitore ceduto. Si rileva che il rinvio all’ art. 58 TUB non è accompagnato, tuttavia, da alcuna precisazione circa il contenuto minimo che la pubblicazione deve assumere.
Tanto premesso, simili contestazioni in punto di titolarità del credito determinano un’inversione della posizione processuale tale da porre in capo al creditore l’onere della prova della propria titolarità.
Per soddisfare tale onere può non essere sufficiente la produzione dell’estratto della cessione iscritto nel Registro delle Imprese e pubblicato sulla G.U., elementi che -di converso -sicuramente consentono l’opponibilità della cessione al debitore ai sensi dell’ art. 4 L. 130/1999 (ponendosi sullo stesso piano degli oneri probatori di cui all’ art. 1264 c.c.).
Con una recente pronuncia (Cass. Civ., n. 10.02.2023 n. 4277), che ha ripreso e condiviso un orientamento giurisprudenziale cui si ritiene di aderire (Cass. 13 giugno 2019 n. 15884; Cass. 26 giugno 2019 n. 17110; Cass. 29 dicembre 2017 n. 31118), la Corte di Cassazione ha chiarito, infatti, che in caso di cessione in ‘ blocco ‘ dei crediti da parte di una banca ex art. 58 TUB , ‘ la produzione dell’avviso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale che rechi l’indicazione per categorie dei rapporti ceduti ‘in blocco’ è sufficiente a dimostrare la titolarità del credito in capo al cessionario, senza che occorra una specifica enumerazione di ciascuno dei rapporti oggetto della cessione, allorchè gli elementi che accomunano le singole categorie consentano di individuarli senza incertezze; resta comunque devoluta al giudice di merito la valutazione dell’idoneità asseverativa, nei termini sopra indicati, del suddetto avviso, alla stregua di un accertamento di fatto non censurabile in sede di legittimità in mancanza dei presupposti di cui all’ art. 360, comma 1, n.5 c.p.c. ‘.
Ne consegue che, in presenza di un estratto dettagliato e idoneo a fornire gli elementi diretti a sostanziare l’appartenenza del credito oggetto di causa alla massa di quelli ceduti, il Giudice può prescindere dalla richiesta di allegazione del contratto di cessione o di altri elementi utili a validare la titolarità del credito in capo all’affermato cessionario.
In altri termini, al cospetto di avvisi di cessione incompleti o di difficile comprensione, il cessionario, in caso di contestazione del debitore, dovrà fornire la prova del negozio di cessione, oltre che attraverso la produzione del contratto contenente l’indicazione dei crediti ceduti, anche mediante presunzioni, atteso che la cessione dei crediti non è soggetta a forme sacramentali.
In questo quadro, la giurisprudenza – tanto di merito quanto di legittimità – ha tentato di delimitare i confini dell’onere della prova giudiziale, individuando, a seconda del caso concreto, gli elementi probatori idonei a raggiungimento di tale prova. Tra questi, talora, è stata valorizzata la comunicazione
stragiudiziale del cedente relativa alla cessione o la dichiarazione del cedente (Cass. n. 10200 del 16.04.2021; App. Aq. n. 268 del 18.02.2022, App. To. n. 297 del 15.03.2022).
Nel caso di specie, l’avviso pubblicato sulla G.U. (All. 4 citazione) riporta una formulazione descrittiva della cessione compatibile con il credito fatto valere in via monitoria del seguente tenore
(l'”Acquirente”) comunica di aver acquistato pro soluto, ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 1 e 4 (come implementato dall articolo 7.1, commi 1 e 6) della Legge sulla ‘ Cartolarizzazione, in base ad un contratto di cessione di crediti pecuniari concluso in data 20 dicembre 2017 (il “Contratto di Cessione”) da Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. (“BMPS” o un “Originator”), un insieme di crediti che derivano da rapporti giuridici in relazione ai quali si forniscono le seguenti informazioni orientative: (i) rapporti giuridici regolati dalla legge italiana; (ii) rapporti giuridici sorti in capo a RAGIONE_SOCIALE (o a banche dalla stessa incorporate), antecedentemente al 31 dicembre 2016, per effetto dell’esercizio dell attività’ bancaria in tutte le sue forme ‘ ‘ e precisa che ‘ I dati indicativi di ciascuno dei Crediti RAGIONE_SOCIALE, nonchè la conferma, ai debitori ceduti che ne faranno richiesta, dell avvenuta ‘ cessione, sono messi a disposizione sul sito internet https://www.gruppomps.it/cessione-dei-crediti.html e resteranno a disposizione fino all’estinzione del relativo credito ceduto ‘ .
Tale avviso contiene l’indicazione necessaria delle caratteristiche oggettive dei crediti ceduti, quali, fra gli altri, la data di insorgenza e la tipologia di contratto da cui origina.
I crediti che l’opposta vanta nei confronti di rientrano nel perimetro tracciato dall’informativa pubblicata in G.U., essendo crediti appartenenti alle categorie citate nella pubblicazione di avviso di cessione ed essendo sorti nel periodo di riferimento temporale citato.
Difatti, l’indicazione che compare nella pubblicazione dell’atto di cessione, quanto alle ‘ categorie dei rapporti ceduti in blocco ‘, presenta quegli elementi che consentano di individuare senza incertezze i rapporti oggetto della cessione, pur in assenza della specifica enumerazione di ciascuno di essi. Peraltro, l’ avviso suddetto, oltre ad individuare la tipologia di crediti aventi lo stesso carattere distintivo, soddisfa il requisito normativo essendo previsto il richiamo a tutte le informazioni attraverso il sito web https://www.gruppomps.it/cessione-dei-crediti.html dal quale è possibile ricavare tramite il ‘ numero del servizio fidi e garanzie (FG) ‘ che contraddistingue ogni rapporto facente capo a Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.a., la relativa posizione debitoria ceduta. E, nel caso di specie, inserendo il numero identificativo del rapporto riferito alla emerge che il credito per cui è causa è stato oggetto di cessione.
A ciò si aggiunga che, costituendosi in giudizio, ha prodotto la dichiarazione di cessione del credito sottoscritta dalla cedente (doc. 6 convenuta) attestante che tra i crediti oggetto della
cessione in blocco era ricompreso anche quello derivante dal contratto di conto corrente in essere con la in favore della quale aveva prestato fideiussione l’odierno opponente.
Non possono pertanto esservi dubbi sul fatto che la dichiarazione della cedente riguardi il credito per cui è causa ragione per la quale deve ritenersi accertata la titolarità del credito in capo all’odierna opposta.
§§§§
Occorre ora passare ad esaminare l’eccezione di nullità parziale del contratto di fideiussione rilasciato dal in data 5.6.2008 a favore di sino alla concorrenza dell’importo di € 600.000,00 a garanzia delle obbligazioni assunte dalla nei confronti dell’istituto di credito .
Secondo la prospettazione attorea, la nullità del contratto di fideiussione discenderebbe dalla riproduzione, al suo interno, delle clausole nn. 2, 6 e 8 contenute nel modello di fideiussione omnibus predisposto dall’ABI e giudicato dalla Banca d’Italia confliggente con il divieto di intese anticoncorrenziali previsto dall’art. 2, comma 2, lett. a) della legge n. 287/1990 .
Si osserva tuttavia che la garanzia oggetto di impugnazione ovvero la fideiussione sottoscritta da in favore della Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.a. in data 5.6.2008 sino alla concorrenza dell’importo di € 600.000,00 va qualificata come contratto autonomo di garanzia.
La lettura delle condizioni generali del contratto sottoscritto in data 5.6.2008 consente di rilevare che oltre alle clausole contenute negli artt. 2, 6 e 8 sulla cui base l’opponente ha chiesto la declaratoria di nullità parziale della fideiussione a mente dell’art. 7 di tali condizioni di garanzia, il fideiussore era tenuto ‘ a pagare immediatamente alla Banca, a semplice richiesta scritta, anche in caso di opposizione del debitore, quanto dovutole per capitale, interessi, spese, tasse e ogni altro accessorio ‘. Secondo quanto precisato in giurisprudenza, l’inserimento in un contratto di fideiussione di una clausola di pagamento ‘ a prima richiesta e senza eccezioni vale di per sé a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia (cd. Garantievertrag), in quanto incompatibile con il principio di accessorietà che caratterizza il contratto di fideiussione, salvo quando vi sia un’evidente discrasia rispetto all’intero contenuto della convenzione negoziale’ (Cass. S.U. n. 3947/2010, la quale fa deliberatamente proprio l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, per cui cfr. Cass. n. 11890/2008, secondo cui la garanzia autonoma ricorre ogni qual volta, mediante l’inserimento della clausola ‘a semplice richiesta’ o ‘senza eccezioni’, sia esclusa l’accessorietà propria della fideiussione; cfr. pure Cass. 21938/2013, secondo cui ‘l’assunzione da parte del garante, nel contratto di garanzia autonoma, dell’impegno di effettuare il pagamento a semplice richiesta del beneficiario
della garanzia comporta la rinuncia a opporre le eccezioni inerenti al rapporto principale, ivi comprese quelle relative alla invalidità del contratto da cui tale rapporto deriva’) (cfr. da ultimo Cass. sez. III, 19.2.2019 n. 4717; Cass. sez. VI 3.12.2020 n. 27619) .
Tale conclusione vale, a maggior ragione, ove il garante si impegni all’effettuazione del pagamento ‘ anche in caso di opposizione del debitore ‘: tale espressione chiarisce, infatti, come l’obbligo di adempiere sia insensibile alle eccezioni che quel soggetto potrebbe far valere per paralizzare la pretesa del creditore.
La convenuta irrilevanza dell’opposizione del debitore al pagamento altro non è che una puntuale espressione della natura autonoma della garanzia, rispetto alla quale non opera la previsione dell’art. 1945 c.c.: norma, questa che, come è noto, prevede che il fideiussore possa opporre al creditore tutte le eccezioni che spettano al debitore principale, salvo quella derivante dall’incapacità.
La disposizione pattizia sopra indicata ha quindi, nella sostanza, il contenuto di una clausola di pagamento a prima richiesta, onde alla stessa va applicato il regime delle garanzie autonome (cfr. Corte App. Milano n. 1953/2020 e Trib. Milano n. 3229/2023, secondo cui l’inciso ‘ anche in caso di opposizione del debitore’, combinato con l’impegno del fideiussore a pagare ‘immediatamente’ e ‘a semplice richiesta scritta’, va inteso in senso analogo all’espressione ‘senza eccezioni’ e deve perciò reputarsi sintomatico della volontà di svincolare la garanzia dal rapporto sottostante’ ).
Una simile lettura trova conferma anche nel provvedimento n. 55/2005 della Banca d’Italia ove si osserva che l’eliminazione dall’art. 7 dello schema ABI dell’inciso ‘ anche in caso di opposizione del debitore ‘, presente nelle precedenti condizioni generali uniformi relative alle fideiussioni bancarie, ha comportato proprio la restituzione al garante della ‘ possibilità di far valere le eccezioni dopo aver eseguito il pagamento, che risultava preclusa in assoluto nell’ambito del precedente schema negoziale (c.d. solve et repete) ‘ (cfr. par. 81 e nota 9 del provvedimento cit.).
Tale soluzione è inoltre suffragata anche dalle ulteriori previsioni contrattuali che evidenziano l’incompatibilità della garanzia con il principio di accessorietà che caratterizza il contratto di fideiussione ovvero la deroga all’art. 1939 con conseguente validità della fideiussione anche in caso di dichiarazione di invalidità parziale o totale dell’obbligazione principale (art. 8) e la rinuncia ad esercitare il diritto di regresso o di surroga nei confronti del debitore principale, in deroga agli artt. 1949 e 1950 c.c. (art. 10).
Deve dunque ritenersi che, nel caso di specie, il provvedimento della Banca d’Italia evocato dall’opponente non possa trovare alcuna applicazione concreta, risultando il contratto stipulato tra le
parti estraneo alla fattispecie della fideiussione omnibus e, in particolare, in ogni caso a tale rapporto autonomo di garanzia non potrebbe essere applicato l’art. 1957 c.c.
Ad avviso di questo Tribunale non è quindi possibile sussumere le garanzie in esame nell’ambito applicativo del provvedimento n. 55/2005 della Banca d’Italia richiamato quale prova privilegiata dell’illecito antitrust .
Come in qualunque causa stand alone , sarebbe stato onere dell’opponente , che assume la sussistenza di un illecito anticoncorrenziale, provarne l’esistenza, secondo le regole ordinarie del processo civile. Nel caso di specie, in realtà, tale onere non è stato assolto posto che l’opponente non ha nemmeno allegato, ancor prima che provato, la sussistenza di un accordo tra istituti di credito volto a escludere o restringere la concorrenza nel settore dei contratti autonomi di garanzia.
Né tale lacuna probatoria avrebbe potuto essere colmata dando seguito all’ordine di esibizione richiesto nei confronti di vari istituti di credito, in quanto esplorativo perchè sostanzialmente volto ad accertare l’esistenza di un’intesa tra banche nel settore delle garanzie autonome mentre sin dall’atto di citazione l’opponente ha sostenuto che la nullità del contratto deriverebbe dalla loro conformità allo schema ABI, elaborato però, come si è detto, per le fideiussioni omnibus . L’istanza istruttoria appare quindi disallineata rispetto all’allegazione dei fatti costitutivi della domanda e, come tale, è da ritenersi inammissibile (in tal senso Trib. Milano, 10.10.2024 n. 8828).
Ne discende che, in mancanza di alcuna prova della sussistenza dell’intesa illecita ‘ a monte ‘ nel settore dei contratti autonomi di garanzia, la domanda attorea diretta ad accertare e dichiarare la nullità delle garanzie in discussione per violazione della normativa antitrust va rigettata.
Nel caso di specie, peraltro, risulta dirimente la circostanza che l’accertamento della perdurante persistenza dell’intesa anticoncorrenziale è preordinato ad ottenere la declaratoria di nullità della clausola n. 6 del contratto, contenente una deroga all’art. 1957 c.c., alla quale conseguirebbe l’estinzione della garanzia fideiussoria sul presupposto del mancato esercizio del diritto di credito nei confronti del debitore principale nel termine di sei mesi previsto dalla citata norma.
E, tuttavia, dalla ipotetica nullità parziale della fideiussione per violazione della normativa antitrust deriverebbe esclusivamente la reviviscenza dell’art. 1957 c.c., ma non ne discenderebbe la decadenza invocata dall’ opponente per le ragioni che seguono.
Il contratto in esame prevede, al punto 7, l’obbligazione a carico del fideiussore di pagare alla banca ‘ immediatamente ‘ e ‘ a semplice richiesta scritta ‘: il creditore non ha dunque l’onere di procedere in via giudiziale, essendo sufficiente una intimazione formale ad adempiere avente gli effetti di messa in mora idonea ad interrompere il decorso del predetto termine dalla scadenza dell’obbligazione.
Per consolidata giurisprudenza di legittimità e di merito, ‘ quante volte il fideiussore sia tenuto al pagamento a prima o a semplice richiesta, o comunque entro un tempo convenzionalmente determinato, il rispetto dell’art. 1957 c.c. da parte del creditore garantito deve ritenersi soddisfatto con la stessa richiesta rivolta al fideiussore entro il termine di sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale , con la conseguenza che, una volta tempestivamente effettuata la richiesta di pagamento al fideiussore il creditore non è più tenuto ad agire giudizialmente contro il debitore ‘.
Infatti, ‘ in una pattuizione contrattuale in cui la garanzia si stabilisce a prima richiesta e, nel contempo, si prevede l’applicazione del primo comma dell’art. 1957 c.c., il criterio di esegesi di cui all’art 1363 c.c. impone di leggere il rinvio a detta norma, tanto più se espresso, con un riferimento al termine di cui ad essa e non ad altro dei suoi contenuti, nel senso che il termine debba osservarsi con una mera richiesta stragiudiziale e non con l’inizio dell’azione giurisdizionale, secondo la tradizionale esegesi della norma. Diversamente interpretando, vi sarebbe contraddizione tra le due clausole contrattuali, non potendosi considerare ‘a prima richiesta’ l’adempimento subordinato all’esercizio di un’azione in giudizio ‘ (Cass. n. 10574/2003; Cass. n. 13078/2008; Cass. n. 22346/2017; App. Milano n. 3115/2023; App. Milano n. 336/20024; Cass. n. 5179/2025).
Nel caso di specie, ritenuto che per la fideiussione a prima richiesta non sia necessaria la domanda giudiziale, vi è in atti la prova che il ha ricevuto una lettera di messa in mora dalla banca in data 20.6.2013, contestualmente alla comunicazione alla debitrice principale del recesso dal contratto di conto corrente e della revoca delle facilitazioni concesse (doc. 2 convenuta). Il termine di decadenza è stato perciò rispettato dal creditore con la richiesta di pagamento effettuata nei confronti del fideiussore entro i sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale (da individuarsi nella revoca degli affidamenti e nel recesso dai rapporti in data 26.4.2013), non essendo necessario che il termine semestrale di cui all’art. 1957 c.c. sia osservato mediante la proposizione di una domanda giudiziale, atteso che, diversamente interpretando, vi sarebbe contraddizione tra le due clausole contrattuali, non potendosi considerare ‘ a prima richiesta ‘ l’adempimento subordinato all’esercizio di una azione in giudizio.
Il carattere contestuale della richiesta impedisce la decadenza, con la conseguenza che ogni eccezione proposta sul punto non può che essere disattesa.
Nel caso di specie, inoltre, il non ha sottoscritto il contratto in qualità di consumatore dovendosi disattendere tale assunto sostenuto dalla difesa attorea.
Come ormai ripetutamente affermato dalla Suprema Corte, da ultimo anche a Sezioni unite con l ‘ ordinanza 5868/2023 , ‘ nel contratto di fideiussione, i requisiti soggettivi per l applicazione della ‘
disciplina consumeristica devono essere valutati con riferimento alle parti di esso, senza considerare il contratto principale, come affermato dalla giurisprudenza unionale (CGUE, 19 novembre 2015, in causa C-74/15, , e 14 settembre 2016, in causa C-534/15, , dovendo pertanto ritenersi consumatore il fideiussore persona fisica che, pur svolgendo una propria attività professionale (o anche più attività professionali), stipuli il contratto di garanzia per finalità estranee alla stessa, nel senso che la prestazione della fideiussione non deve costituire atto espressivo di tale attività, né essere strettamente funzionale al suo svolgimento (cd. atti strumentali in senso proprio) ‘ (in tal senso cfr. Cass. sez. I, 7.1.2024 n. 12286).
Nel caso di specie, risulta documentato oltre che non contestato lo stretto collegamento funzionale tra il garante, e la società debitrice principale, sicché, alla stregua dei sopra menzionati principi, deve ritenersi che lo stesso abbia prestato la fideiussione agendo per scopi di natura professionale e non per scopi privati.
Difatti, dalla visura storica della risulta che ha ricoperto in tale società la carica di amministratore unico e di legale rappresentante.
Il garante opponente, dunque, ha garantito le obbligazioni della società per conseguire un vantaggio economico (da imprenditore o da professionista) e non per via di motivi estranei all attività ‘ professionale del soggetto garantito o della propria con la conseguenza che nel caso di specie non potrà trovare applicazione la disciplina consumeristica.
Quanto alla dedotta nullità della fideiussione per indeterminabilità dell’oggetto in ragione della sproporzione tra l’importo massimo garantito e il debito principale, si osserva che la garanzia reca l’ importo massimo garantito e prevede in modo sufficientemente chiaro l’ oggetto della stessa essendo stata rilasciata per ‘ l’adempimento delle obbligazioni verso codesta banca, dipendenti da operazioni bancarie di qualunque natura già consentite o che venissero in seguito consentite…’. In tal senso va osservato che la fideiussione genericamente prestata in favore di un istituto di credito per tutte le obbligazioni del debitore principale, ivi comprese quelle future ed eventuali non ancora venute ad esistenza al momento del rilascio della garanzia non può ritenersi affetta da nullità, per difetto del requisito della determinabilità del suo oggetto, tenuto conto che nel negozio fideiussorio, non presupponente l’ attualità dei debiti garantiti, il suddetto requisito resta soddisfatto dalla predisposizione di criteri che rendano individuabili i debiti garantiti, come quello di riferimento alle obbligazioni derivanti da operazioni incluse nell ‘a mbito dell attività bancaria del debitore garantito. Peraltro, ‘ l ‘eccezione risulta fondata sulla mera allegazione secondo la quale ‘ le somme indicate come massimo
garantito erano del tutto sproporzionate rispetto al debito principale ‘ senza che a una simile affermazione abbia fatto seguito alcuna ulteriore considerazione o offerta di prova della sua fondatezza.
Da ultimo va anche disattesa l’eccezione di inefficacia della fideiussione per violazione dell’art. 1956 c.c.
Premesso che non è esclusa l applicabilità al contratto autonomo di garanzia dell art. 1956 c.c. (cfr. ‘ ‘ Cass. n. 3947/2010), per giurisprudenza costante, tuttavia, il garante che deduca la violazione dei canoni di correttezza e buona fede da parte della banca ai fini della propria liberazione, ha l onere di ‘ provare che, successivamente al rilascio della garanzia, il creditore senza la sua autorizzazione abbia erogato nuovo credito pur essendo consapevole di un peggioramento delle condizioni economiche del debitore principale, tali da ingenerare il fondato timore di un pericolo di insolvenza (cfr. Cass. n. 34685/2022; n. 26947/2021). Quindi il garante deve dare prova sia della sussistenza del presupposto oggettivo della concessione di ulteriore credito (ed in sostanza dell eccezione di mancata richiesta ‘ del l’ autorizzazione per continuare a far credito) dopo il mutamento in pejus delle condizioni economiche della garantita rispetto alle condizioni esistenti al momento della costituzione del rapporto, sia della sussistenza di un presupposto soggettivo ovvero dell acquisita consapevolezza da parte della ‘ banca del mutamento delle condizioni patrimoniali del debitore principale cui abbia fatto seguito la concessione di nuovo credito.
Nel caso di specie, tale onere probatorio non è stato assolto, posto che difettano entrambi i suddetti presupposti richiesti dal 1956 c.c. Sotto il profilo oggettivo, il non ha dato prova del peggioramento della situazione patrimoniale della società, avendo omesso di svolgere qualsivoglia raffronto tra la consistenza patrimoniale e la solvibilità della debitrice al momento della prestazione della garanzia (2008) ed il momento, peraltro nemmeno individuato, in cui sarebbe stato concesso ulteriore credito. Il non ha inoltre provato che la situazione della debitrice principale abbia in concreto avuto uno sviluppo originariamente imprevedibile rispetto al momento in cui ha deciso di prestare la garanzia. Il richiamo alle disposizioni sulla correttezza e buona fede appare inconferente, dal momento che è insufficiente la deduzione del principio per inferirne automaticamente la sua disapplicazione da parte della banca.
Sotto il profilo soggettivo, occorrono la consapevolezza del creditore del mutamento in pejus delle condizioni economiche del debitore e la non conoscenza di tale fatto da parte del garante che, diversamente, sarebbe in condizioni di limitare la propria responsabilità alle obbligazioni pregresse con la semplice revoca, per il futuro, della garanzia prestata. Ma anche tale presupposto nella fattispecie risulta essere assente. Invero, la Suprema Corte ha osservato che la mancata richiesta di autorizzazione
da parte del creditore ex art 1956 c.c. non può configurare una violazione contrattuale liberatoria se la conoscenza delle difficoltà economiche in cui versa il debitore principale è comune al fideiussore o dev essere presunta tale in ragione di un rapporto qualificato esistente tra i due. Difatti ‘ l’art. 1956 c.c. non è applicabile laddove il fideiussore sia presumibilmente a conoscenza delle condizioni economiche del debitore principale, dovendosi attribuire carattere decisivo alla possibile esistenza di una comunione di interessi tra debitore e fideiussore o, comunque, di una situazione di contiguità tale da consentire al garante di avere costante contezza della esposizione debitoria. Secondo giurisprudenza consolidata ‘ in presenza di un rapporto qualificato tra fideiussore e garantito – che ricorre quando il primo è socio della società debitrice principale, o quando vi è tra i due soggetti un rapporto di coniugio o di parentela stretta – l autorizzazione può essere ritenuta implicitamente e tacitamente ‘ concessa dal garante, in applicazione del principio di buona fede nell esecuzione dei contratti, laddove ‘ emerga – anche in via presuntiva – la conoscenza, da parte sua, della situazione patrimoniale del debitore garantito (Cass., 02/03/2016, n. 4112) ‘ ( cfr. Cass. n. 10261/2021).
Nella fattispecie è pacifico che il era l’amministratore unico e legale rappresentante della società debitrice principale, il che porta fondatamente ad escludere che lo stesso fosse totalmente all ‘ oscuro delle esposizioni debitorie della società e fosse invece a conoscenza delle sue condizioni patrimoniali, tanto all epoca del rilascio della garanzia fideiussoria, quanto successivamente. ‘
La banca ha quindi complessivamente tenuto un comportamento corretto avendo motivi più che ragionevoli per ritenere che il fosse pienamente a conoscenza della reale situazione debitoria della debitrice principale e che comunque non vi fossero gli estremi di un peggioramento finanziario tale da giustificare la negazione di ulteriore credito. Il che porta ad escludere sia la violazione del principio di buona fede sia quella delle regole sulla prova presuntiva (v. da ultimo Cass. n. 20713/2023).
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La soccombenza regola le spese di lite che sono liquidate facendo applicazione dei parametri medi previsti dal D.M. 147/2022 per le cause di valore indeterminabile e nella misura indicata in dispositivo, tenuto conto dell’attività processuale svolta che non ha richiesto attività istruttoria e della non particolare complessità delle questioni giuridiche affrontate.
P.Q.M.
Il Tribunale di Milano, in composizione collegiale, definitivamente pronunciando, ogni altra eccezione, conclusione e difesa disattesa, così provvede:
-R igetta l’opposizione proposta da e per l’effetto conferma il decreto ingiuntivo n. 7777/2023 (Rg. n. 13114/2023) che dichiara definitivamente esecutivo;
– Condanna alla rifusione delle spese di lite in favore della convenuta
che si liquidano in complessivi € 5.500,00 oltre il 15% del compenso a titolo di rimborso forfettario, oltre IVA e CPA.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del 24.7.2025.
Il Presidente
dott.ssa NOME COGNOME
Il Giudice relatore dott.ssa NOME COGNOME