Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 27247 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 27247 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22080/2021 R.G. proposto da
NOME COGNOME e NOME COGNOME, rappresentate e difese dall’ AVV_NOTAIO, come da procura in calce al ricorso, elettivamente domiciliate in ROMAINDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO (PEC: EMAIL);
– ricorrenti –
contro
Oggetto: Fideiussione.
CC 6.06.2024
Ric. n. 22080/2021
Pres AVV_NOTAIONOMECOGNOME
RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE, in persona del rappresentante legale pro tempore , rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME (PEC:EMAIL, EMAIL), giusta procura in calce al controricorso, ex lege domiciliata in ROMA, presso la Cancelleria della Corte di cassazione, INDIRIZZO;
-controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 1593/2021, depositata in data 27 maggio 2021; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6 giugno 2024 dalla AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO.
Ritenuto che
il Tribunale di Venezia con sentenza non definitiva n. 2469/2016 aveva rigettato l ‘ opposizione a decreto ingiuntivo proposta dalla debitrice principale RAGIONE_SOCIALE e dalle fideiubenti COGNOME NOME e COGNOME NOME, respingendo, in particolare, sia la domanda volta a sentir dichiarare l’ illegittimità del recesso esercitato da Banca RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE e per l’effetto, in vigore il ‘contratto di factoring stipulato il 16.3.2004 così come modificato unilateralmente da Banca RAGIONE_SOCIALE il 31.12.2010′ sia quella volta a far dichiarare la nullità ed estinzione delle garanzie prestate dalle opponenti e aveva rimesso la causa sul ruolo per il prosieguo;
con sentenza definitiva n. 1415/2017 lo stesso Tribunale aveva poi revocato il decreto ingiuntivo emesso nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e delle fideiubenti NOME per € 370.129,96 , condannandoli a pagare a Banca RAGIONE_SOCIALE s.p.a. la minor somma di € 152.374,78 per capitale ed € 46.485,59 per interessi, con condanna alle spese del grado di giudizio;
la Corte d’appello di Venezia , riunito il gravame proposto da RAGIONE_SOCIALE a quello
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Ric. n. 22080/2021
Pres AVV_NOTAIONOMECOGNOME
RAGIONE_SOCIALE
proposto da COGNOME NOME e COGNOME NOME avverso la sentenza non definitiva n. 2469/2016 del Tribunale di Venezia, lo ha rigettato, mentre ha dichiarato inammissibile quello proposto avverso la sentenza definitiva n. 1415/2017 dello stesso Tribunale; ha confermato entrambe le sentenze impugnate e ha condannato gli appellanti, in solido, a rifondere le spese del grado in favore della banca appellata;
avverso la sentenza d ella Corte d’ appello di Venezia, NOME NOME NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi d’impugnazione. Ha resistito con controricorso Banca RAGIONE_SOCIALE s.p.a.;
la trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis 1 c.p.c.;
ha depositato memoria la parte ricorrente.
Considerato che
con il primo motivo le ricorrenti censurano ai sensi dell’ ‘ Art. 360 c.p.c. comma 1 n. 4 ‘ la ‘(nullita’ della sentenza o del procedimento) -nullità della sentenza per perplessità derivante da radicale contraddittorietà della motivazione – prescritta dagli art. 132 c.p.c. e art. 111 cost.- sul rigetto dei motivi di appello volti a censurare la ravvisata configurabilità di istanze impeditive della decadenza ex art. 1957 c.c. ‘ ; in particolare, assumono che la Corte d’appello , per un verso, ha dato esplicitamente atto della contestazione di parte appellante in merito alla tempestività con cui la banca appellata aveva agito ex art. 1957 c.c. sia contro il debitore principale sia contro i garanti; per altro verso, ha contraddittoriamente escluso che l’appellante avesse mai lamentato l’om essa azione della banca nei confronti della debitrice entro la scadenza prevista dalla richiamata norma;
1.1. il motivo è infondato;
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RAGIONE_SOCIALE
lungi dall’aver pronunciato una decisione affetta da nullità, la Corte veneziana ha spiegato in modo adeguato, niente affatto perplesso o contraddittorio, come gli appellanti avessero contestato quanto ritenuto dal Giudice di prime cure che aveva escluso «i presupposti per la liberazione dei garanti ex art. 1957 c.c.» dando atto espressamente che «Banca RAGIONE_SOCIALE ha tempestivamente agito sia contro la società debitrice che contemporaneamente contro i garanti», al riguardo aggiungendo che «le appellanti COGNOME, pur socie della RAGIONE_SOCIALE fino al 2009, già amministrata dal defunto COGNOME NOME, sostengono non già che esse ignoravano l’esistenza del debito garantito, ma che la banca non le ha informate del debito aumentato nel corso del tempo: a parte che, come si è accennato, la documentazione è stata loro trasmessa, è sufficiente osservare che le garanti neppure affermano che RAGIONE_SOCIALE abbia fatto credito, pur sapendo che le condizioni economiche della società erano divenute tali da rendere ‘notevolmente più difficile’ il realizzo del credito (come richiede l’a rt. 1756 c.c.), e neppure che RAGIONE_SOCIALE abbia omesso di agire contro la parte debitrice entro la scadenza prevista dall’art. 1957, 1° comma situazione insussistente nella specie» (pag. 6 della sentenza impugnata, punti 11 e 12 in motivazione);
dalla semplice lettura del l’appena trascritto capo della sentenza impugnata è, quindi, evidente che la Corte d’appello abbia, in primo luogo, dato conto di quanto ritenuto dal Tribunale – che aveva escluso la sussistenza dei presupposti per la liberazione dei garanti ex art. 1957 c.c.- motivando, in secondo luogo, autonomamente sul punto, sicché viene meno lo stesso fondamento logico della censura prospettata, non ravvisandosi al riguardo la stessa sussistenza delle pretese ‘affermazioni inconciliabili’;
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con il secondo motivo lamentano ex ‘ Art. 360 c.p.c. comma 1 n. 4 ‘ la ‘ (nullita’ della sentenza o del procedimento) -omissione di pronunzia -in violazione dell’art. 112 c.p.c. – sui motivi di appello volti a censurare la mancata attribuzione ai fideiussori della veste di ‘consumatori’, ai fini dell’applicazione del regime di vantaggio di cui al codice del consumo ‘ ; a parere delle odierne ricorrenti, la Corte d’appello, con l’affermare che le stesse, allora appellanti, non avevano neppure dedotto che NOME avesse omesso di agire contro la parte debitrice entro la scadenza prevista dall’art. 1957, 1 comma c.c. «situazione insussistente nella specie» (ultimo rigo a pag. 6 della sentenza impugnata), avrebbe ‘evidentemente ritenuto nulla’ la previsione di deroga convenzionalmente prevista, rispetto a tale termine previsto ne ll’art. 11 del contratto di fideiussione , omettendo, tuttavia, di motivare al riguardo, e lamentano che la Corte territoriale non si sarebbe pronunciata sulle ‘ragioni di gravame’ avverso la sentenz a di primo grado, laddove avevano dedotto la loro qualità di ‘consumatori’ ;
2.1. il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato;
è inammissibile nella parte in cui le ricorrenti si dolgono che la corte territoriale non si sia pronunciata in ordine alla dedotta qualità di consumatrici;
del resto, come correttamente osservato dalla parte controricorrente nell’atto di controricorso (pag. 12 in controricorso), l’inammissibilità dell’assunto discende dalla stessa prospettazione della censura formulata in quanto le stesse ricorrenti ammettono di aver dedotto la doglianza sulla insussistenza del profilo consumeristico soltanto in ‘comparsa conclusionale’ e nelle ‘note di replica’, ma non nell’atto di appello (pag. 9 in ricorso e come ribadiscono anche nella memoria difensiva a pag. 3);
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è infondato nella parte in cui le stesse ricorrenti assumono la pretesa omessa pronunzia della Corte d’appello costituita d all’aver ‘evidentemente ritenuto nulla’ la previsione di deroga, convenzionalmente prevista, rispetto al termine previsto dall’art. 1957, 1 comma , c.c.;
nella specie, l’omessa pronuncia non sussiste ;
piuttosto, la censura rivela il suo carattere meramente congetturale sol che si consideri che con l’ inciso denunciato «situazione insussistente nella specie», la Corte d’appello non ha affatto inteso disapplicare la previsione derogatrice dell’art. 11 del contratto de quo ritenendola nulla, volendo evidenziare bensì che la Banca avesse tempestivamente proposto le sue domande;
vale evidenziare al riguardo che parte ricorrente, appuntando le sue critiche su tale inciso, mostra di non confrontarsi neppure con la complessiva motivazione resa dalla Corte di merito che, a proposito del terzo motivo di gravame, aveva ritenuto dimostrato da parte della banca creditrice l’onere probatorio di aver proposto azione nei confronti delle RAGIONE_SOCIALE locali debitrici al fine di ottenere provvedimenti monitori in ordine ai crediti vantati da RAGIONE_SOCIALE nei confronti delle medesime RAGIONE_SOCIALE e ceduti alla banca;
3. con il terzo motivo le ricorrenti censurano ex ‘ Art. 360 c.p.c. comma 1 n. 4 ‘ la ‘(nullita’ della sentenza o del procedimento) -nullita’ della sentenza per assenza di motivazione – prescritta dagli art. 132 c.p.c. e art. 111 cost.sul rigetto dei motivi di appello volti a censurare la ravvisata configurabilita’ di istanze impeditive della deca denza ex art. 1957 c.c ‘ ; nello specifico, a parere delle ricorrenti, la Corte territoriale avrebbe ‘ apoditticamente (e lapidariamente) ‘ ritenuto che le istanze in argomento fossero state effettivamente proposte, omettendo di prendere in esame la
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censura -contenuta nell’atto di appello -concernente la difformità di tale statuizione rispetto alle chiare risultanze di causa, dalle quali non emergeva alcuna prova positiva -fornita dal creditore- circa la proposizione di azioni giudiziali nel termine semestrale ex art. 1957 c.c.;
3.1. il motivo è infondato;
contrariamente a quanto sostenuto dalle odierne ricorrenti , la Corte d’appello non aveva alcun onere motivazionale al riguardo, atteso che il capo della sentenza di prime cure che aveva affermato come la banca avesse agito tempestivamente e simultaneamente avverso la debitrice principale e le garanti, non era stato oggetto di motivo di censura in appello sotto tale profilo;
vale richiamare in proposito quanto già affermato da questa Corte e cioè che il giudice di merito non può desumere il concreto contenuto della domanda giudiziale dalla comparsa conclusionale la quale, ai sensi dell’art. 190 c.p.c., ha un carattere meramente illustrativo delle conclusioni già fissate davanti all’istruttore (Cass. Sez. 2, 25/02/2019 n. 5402 ) ;
neppure la memoria difensiva della parte ricorrente è in grado di scalfire l’impianto motivazionale della decisione impugnata sul punto in esame, mediante la quale vengono introdotti elementi di critica -sulla conformità al modello uniforme ABI (a cui era soggetta anche banca RAGIONE_SOCIALE), oggetto di sindacato da parte della Banca di Italia con provvedimento n. 55 del 2.5.2005- del tutto nuovi ed inammissibili in sede di legittimità;
le spese del giudizio di legittimità liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
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La Corte rigetta il ricorso. Condanna le ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 6.200,00, di cui euro 6.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della parte controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, d à atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della