Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 34387 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 34387 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30487/2022 R.G. proposto da : COGNOME NOMECOGNOME NOME, NOMECOGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO FIRENZE n. 2120/2022 depositata il 29/09/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Svolgimento del processo
Con ricorso notificato in data 13.12.2022 NOME NOME e NOME COGNOME e NOME COGNOME propongono impugnazione per cassazione della sentenza n. 719/2022 della Corte d’appello di Firenze, notificata dalla controparte RAGIONE_SOCIALE il 18.10.2022. L’intimata società ha notificato controricorso.
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno citato in giudizio di fronte al Tribunale di Siena RAGIONE_SOCIALE società cooperativa (d’ora in poi ‘RAGIONE_SOCIALE‘) per sentir dichiarare la nullità di due fideiussioni rilasciate in favore della convenuta RAGIONE_SOCIALE a garanzia dell’adempimento delle obbligazioni di rifornimento merci assunte dalla società RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi ‘RAGIONE_SOCIALE‘, dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Prato in data 6.8.18) per violazione della normativa a tutela del consumatore o, in subordine, per far valere l’estinzione delle garanzie ex artt. 1956 e 1957 cc. Costituitasi la società, e riunito a questo primo procedimento il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo nel frattempo instauratosi tra le parti, il Tribunale rigettava la domanda delle garanti e confermava il decreto ingiuntivo opposto.
Proposto appello dalle attuali ricorrenti, la Corte di merito rigettava il primo motivo attinente al carattere vessatorio delle clausole del contratto di garanzia ritenendo che neppure nel secondo grado di giudizio (e comunque la specificazione sarebbe stata in ogni caso tardiva) le appellanti avevano saputo indicare
quali sarebbero le clausole vessatorie contenute nel contratto di fideiussione; respingeva il secondo motivo avverso la statuizione in cui il Tribunale ha ritenuto inapplicabile nella specie l’art. 1957 c.c. in quanto norma derogabile e concretamente derogata con l’individuazione della scadenza della fideiussione in coincidenza con l’integrale adempimento delle obbligazioni garantite, assumendo che, da un lato, tale questione si riconnette al rilievo di genericità con cui è stata affermata la violazione consumeristica, e, dall’altro, trattandosi di contratti autonomi di garanzia, ciò comporta l’impossibilità per il garante autonomo di poter opporre al creditore le eccezioni che spettano per legge al fideiussore (tra cui la decadenza della garanzia per lo spirare del termine semestrale ex art. 1957 cc); respingeva il terzo motivo confermando la sentenza nella parte in cui il Tribunale ha escluso l’applicabilità alla fattispecie dell’art. 1956 cc, dovendosi non solo presumere che le garanti fossero a conoscenza del peggioramento delle condizioni della società garantita, ma anche dovendosi tenere conto del fatto che la struttura stessa del contratto di somministrazione prevedeva come regola la continuità delle forniture per tutta la durata dell’accordo, e ciò esclude che Etruria abbia tenuto un comportamento colpevole solo per avere continuato a rifornire il supermercato pur avendo ricevuto solo in parte il pagamento della merce fornita.
Motivi della decisione
Con il primo motivo le ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione della direttiva CE 13/93, degli artt. 33, 34, 35 e 36 codice consumo e dell’art. 1418 cod. civ. nella parte in cui la sentenza impugnata assume che non sarebbe stata indicata la clausola vessatoria del contratto di fideiussione, senza tuttavia rilevarne, in ipotesi d’ufficio, la nullità, nonché dell’art. 2967 cod. civ. in quanto avrebbe onerato la parte
della prova della sua qualità di consumatore. Il primo errore nel quale sarebbe incorsa la Corte sarebbe relativo al mancato rilievo della nullità del contratto di fideiussione, posto che la nullità è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio e, laddove la Corte avesse dovuto ravvisare la presenza di una clausola o di un contratto nullo, avrebbe dovuto provvedere alla relativa dichiarazione indipendentemente dalla indicazione o meno della clausola nulla da parte delle appellanti. Sarebbe infatti solo la qualità delle parti sono intervenute nel contratto di garanzia o fideiussione a determinare l’applicabilità o meno della direttiva sui consumatori, e non la natura del debitore garantito ad influire sulla qualificazione soggettiva del garante. Avrebbe errato quindi la Corte a ritenere che NOME e NOME COGNOME possano aver partecipato all’attività della società solo perché fino al 2012 sono state mere socie della società garantita.
4.1. Il motivo è inammissibile là dove tende a censurare l’esito di una valutazione in fatto sulla qualità personali delle fideiubenti qui ricorrenti, ritenute dai giudici di merito non consumatrici in quanto tutte socie della società garantita, in stretto rapporto con l’amministratrice della società ( loro madre) che aveva in gestione il supermercato rifornito dalla creditrice in base a un contratto quadriennale di somministrazione in esclusiva.
4.2. Tale valutazione, peraltro, è pregiudiziale rispetto alla -logicamente successiva – considerazione della eccezione di nullità della fideiussione, non correlata all’oggetto della fideiussione, bensì proprio alla dedotta qualità di consumatrici delle contraenti, non accolta dalla Corte di merito. E, come è chiaramente evincibile dal passo della sentenza impugnata, su tale questione pregiudiziale i
giudici di merito non hanno rigettato il motivo di appello per non avere le appellanti assolto l’onere della prova sulle loro qualità personali, ma perché, sulla base di quello che è emerso in giudizio, non le hanno ritenute consumatrici. Difatti, la Corte di merito ha fatto propria la considerazione del Tribunale nell’escludere detta qualità, ritenendo che le fideiubenti avessero prestato le fideiussioni agendo nell’ambito delle rispettive qualità professionali o comunque sulla base di un collegamento funzionale con la società RAGIONE_SOCIALE debitrice principale, alla luce della qualità di socie di tutte e quattro le garanti e di amministratrici di NOME COGNOME e NOME COGNOME soprattutto alla luce degli stretti legami familiari tra costoro, essendo la COGNOME la madre delle altre tre socie.
4.3. Si tratta pertanto di una motivazione incentrata sull’esito di una valutazione probatoria degli elementi acquisiti in corso di causa, liberamente valutati dal giudice, non conseguente all’applicazione di un onere probatorio posto a carico delle fideiubenti.
4.4. La questione della nullità della fideiussione, su cui la Corte di merito si è parimenti pronunciata assumendo come indeterminate le eccezioni sulle clausole ritenute nulle è pertanto assorbita dal suddetto rilievo in ordine alla ritenuta qualità personale delle fideiubenti, non idonea a rendere applicabile la normativa consumeristica nei loro confronti. L’eventuale erroneità della seconda (in ordine logico) valutazione di indeterminatezza della eccezione di nullità, non sarebbe pertanto in grado di inficiare la prima ratio decidendi , risultando comunque consolidata l’autonoma motivazione oggetto della censura dichiarata infondata alla luce dei fatti osservati dai giudici
di merito con decisione doppiamente conforme (Cass. Sez. 3 – , Ordinanza n. 15399 del 13/06/2018; Cass. Sez. 3 – , Ordinanza n. 5102 del 26/02/2024) .
Con il secondo motivo le parti ricorrenti denunciano la ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 1362, 1363, 1936 e 1957 cod. civ. in quanto la sentenza impugnata non ha ritenuto detta ultima norma applicabile interpretando il contratto per cui è causa un contratto autonomo di garanzia e non una fideiussione’.
5.1. Il motivo è inammissibile per gli stessi motivi di cui sopra.
5.2. La Corte di merito, con una prima ratio decidendi , ha ritenuto che ‘ Quanto sopra detto in ordine al primo motivo di appello ed alla impossibilità di accertare la violazione della disciplina consumeristica per assoluta genericità della doglianza impedisce di sostenere la nullità della clausola in parola per tale specifico motivo’.
5.3. Con una seconda ratio decidendi , oggetto della successiva doglianza, ha ritenuto che la garanzia rilasciata ha natura di fideiussione autonoma a prima richiesta, in ragione della quale il garante autonomo non può opporre al creditore le eccezioni che spettano per legge al fideiussore (tra cui la decadenza della garanzia per lo spirare del termine semestrale ex art. 1957 cc). Sicché l’eventuale erroneità di tale seconda valutazione riposta sulla asserita errata qualificazione della garanzia rilasciata, non sarebbe in grado di inficiare la prima ratio decidendi di non applicabilità al caso in questione della disciplina consumeristica, per le medesime ragioni esposte riguardo al primo motivo.
Con il terzo motivo le ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 1559, 1562 e 1956 cod. civ. là
dove la sentenza impugnata ritiene inapplicabile la norma in questione assumendo che il debito garantito non sarebbe una obbligazione futura, ma sarebbe sorta in occasione della stipula del contratto di somministrazione; inoltre, denunciano come errata l’affermazione che tutte le attrici sarebbero state consapevoli della situazione patrimoniale in quanto socie e familiari tra loro.
6.1. Il motivo è inammissibile in quanto non è in grado di mettere in crisi le due distinte rationes decidendi che sorreggono il rilievo di infondatezza del motivo di appello.
6.2. La Corte d’appello ha rilevato che ‘ nel caso di specie, viceversa, le attrici/appellanti avevano garantito il pagamento di tutte le forniture che Etruria avrebbe operato in favore di RAGIONE_SOCIALE per tutta la durata (4 anni) del contratto sottoscritto in data 1.3.2010, forniture che erano già predeterminate nel contratto stesso ‘ e su tale rilievo ha escluso l’applicabilità dell’art. 1956 c.c. al contratto di somministrazione in esclusiva de quo , della durata di quattro anni, che prevedeva come regola la continuità di forniture già predeterminate per tutta la durata dell’accordo, escludendo quindi che Etruria avesse tenuto un comportamento colpevole solo per avere continuato a rifornire il supermercato pur avendo ricevuto solo in parte il pagamento della merce fornita, non integrando l’adempimento di un impegno contrattuale l’ipotesi di erogazione di nuovo credito al soggetto garantito nonostante il peggioramento delle sue condizioni patrimoniali, contemplato nell’art. 1956 c.c.2.
6.3. Va in effetti osservato che, in linea di principio, nella fideiussione per obbligazione futura, in caso di peggioramento delle condizioni patrimoniali della società debitrice principale dopo la stipulazione del contratto di
garanzia, il fideiussore che ha lo status socio di minoranza della società garantita non è liberato in caso di mancanza di preventiva autorizzazione del creditore alla concessione di ulteriore credito, perché, nell’esercizio delle prerogative proprie di componente dell’assemblea (quantomeno in occasione dell’approvazione dei bilanci), ha la concreta possibilità di conoscere la situazione economica e la sua colpevole ignoranza non può giustificare un obbligo “sostitutivo” di vigilanza e controllo in capo alla creditrice (Cass.Sez. 3 – , Ordinanza n. 16822 del 17/06/2024) .
6.4. Con una seconda ratio decidendi la Corte di merito ha, poi , ritenuto che ‘ in ogni caso, quand’anche si volesse ritenere detta norma applicabile al caso concreto, sarebbe pur sempre condivisibile la motivazione del giudice appellato, che ha ritenuto, con valutazione in fatto insindacabile per quanto sopra detto, che tutte le attrici fossero ben consapevoli della condizione patrimoniale della società garantita non solo perché tutte quante socie di RAGIONE_SOCIALE (ed anzi due di loro perfino amministratrici della società), ma anche perché tutte legate da strettissimi vincoli familiari (essendo la (amministratrice) COGNOME la madre delle tre sorelle COGNOME) ‘.
6.5. Su tale punto il motivo non risulta invece autosufficiente ex art. 366 n. 6 c.p.c., in quanto deduce circostanze e allegazioni, in tesi non considerate dal giudice del merito, senza indicare il luogo e il tempo processuale in cui esse sono state poste alla sua attenzione (cfr. Sez. U, Sentenza n. 34469/2019).
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna le ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi € 6.200,00, di cui € 6.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13 .
Così deciso in Roma, il 16/10/2024