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Fideiussione consumatore: quando il socio è garante?

La Corte di Cassazione si è pronunciata sul tema della fideiussione del consumatore, analizzando il caso di due soci che avevano prestato garanzia personale per un contratto d’appalto pubblico della loro società. A seguito della risoluzione del contratto e del fallimento della società, i garanti sono stati chiamati a rispondere. La Corte ha stabilito che, avendo agito in qualità di soci e nell’interesse dell’attività imprenditoriale, non potevano essere qualificati come consumatori. Pertanto, la specifica tutela consumeristica non era applicabile alla loro garanzia.

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Fideiussione Consumatore: Il Socio che Garantisce per la Società è un Consumatore? La Cassazione Fa Chiarezza

La qualifica di consumatore e la relativa tutela sono temi centrali nel diritto moderno. Ma cosa accade quando a prestare una garanzia per un’obbligazione commerciale è una persona fisica che è anche socio dell’impresa garantita? Si può parlare di fideiussione consumatore? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato questo complesso quesito, offrendo un’analisi dettagliata dei criteri per distinguere tra garante-consumatore e garante-professionista, con importanti implicazioni per i contratti di garanzia collegati ad attività d’impresa.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine da un contratto d’appalto pubblico stipulato tra un Comune e un’Impresa Costruttrice per la realizzazione di un palazzo di giustizia. A garanzia della restituzione degli anticipi versati dal Comune, una Compagnia di Assicurazioni aveva rilasciato una polizza fideiussoria. A loro volta, i due soci dell’Impresa Costruttrice avevano firmato un atto di coobbligazione, garantendo personalmente la Compagnia di Assicurazioni per le somme che questa avesse dovuto pagare.

Durante i lavori, a causa di nuove normative in materia di sicurezza, l’opera subisce una lunga sospensione. L’Impresa Costruttrice, ritenendo che le varianti progettuali necessarie superassero i limiti di legge, manifesta la volontà di sciogliersi dal contratto. Successivamente, l’impresa viene dichiarata fallita. Il Comune agisce quindi in giudizio contro la Compagnia di Assicurazioni per ottenere la restituzione degli anticipi. La Compagnia, a sua volta, chiama in causa i due soci garanti per essere manlevata.

La Corte d’Appello condanna la Compagnia a pagare il Comune e, di conseguenza, condanna i soci a rimborsare la Compagnia. I soci decidono quindi di ricorrere in Cassazione.

I Motivi del Ricorso e la questione della Fideiussione Consumatore

I garanti hanno basato il loro ricorso su diversi motivi, ma il più rilevante riguarda la loro qualifica. Essi sostenevano di dover essere considerati ‘consumatori’, in quanto persone fisiche che avevano agito per scopi estranei all’attività professionale. Se accolta, questa tesi avrebbe permesso di applicare la disciplina a tutela del consumatore, con la possibilità di dichiarare vessatorie e quindi nulle le clausole del contratto di garanzia da loro sottoscritto.

Sostanzialmente, i ricorrenti chiedevano alla Corte di applicare l’orientamento giurisprudenziale più recente, secondo cui la qualità di consumatore deve essere valutata con riferimento alle parti del contratto di fideiussione, e non del contratto principale garantito.

Altri motivi di ricorso

Oltre alla questione principale, i ricorrenti lamentavano:
1. Un vizio procedurale: L’improcedibilità della domanda del Comune verso il fallimento avrebbe dovuto rendere improcedibile anche la conseguente chiamata in garanzia.
2. Errata interpretazione del contratto: La Corte d’Appello avrebbe erroneamente qualificato la comunicazione dell’impresa come ‘recesso’ anziché ‘risoluzione per inadempimento’, negandole così il diritto a un risarcimento.
3. Errata ripartizione delle spese legali.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo un’articolata motivazione su ciascun punto.

Sul tema centrale della fideiussione consumatore, la Corte, pur riconoscendo il recente mutamento giurisprudenziale che valuta la natura del garante in modo autonomo rispetto al debitore principale, ha ritenuto che nel caso di specie i soci non potessero essere considerati consumatori. L’affermazione della Corte d’Appello è stata giudicata corretta perché i garanti avevano rilasciato la coobbligazione proprio in quanto soci della società appaltatrice. Il loro atto non era estraneo alla loro attività, ma, al contrario, era strettamente funzionale e collegato all’attività imprenditoriale della società. Erano, in sostanza, ‘professionisti di riflesso’, e il loro impegno era direttamente connesso al business della società che gestivano. Pertanto, la tutela consumeristica non era applicabile.

Per quanto riguarda gli altri motivi:
Sulla questione procedurale: La Corte ha chiarito che il fallimento del debitore principale non blocca l’azione contro il garante solidale ‘in bonis’. La domanda contro il garante è autonoma e può proseguire nella sede ordinaria, senza essere attratta dalla procedura fallimentare.
Sull’interpretazione della volontà dell’impresa: La valutazione della Corte d’Appello, che ha qualificato l’atto come recesso e non risoluzione, è stata considerata un accertamento di fatto, logico e ben motivato, e come tale non sindacabile in sede di legittimità. La sospensione dei lavori era stata causata da legittime sopravvenienze normative, non da un inadempimento del Comune.
Sulle spese legali: La ripartizione è stata ritenuta corretta in applicazione del principio della soccombenza.

Le Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione offre un importante chiarimento sul perimetro della nozione di fideiussione consumatore. La decisione conferma che non è sufficiente essere una persona fisica per essere considerato un consumatore. È necessario valutare la finalità dell’atto. Quando un socio garantisce per la propria società, l’atto di garanzia è generalmente considerato funzionale all’attività d’impresa e, pertanto, esclude l’applicazione della normativa a tutela del consumatore. Questa pronuncia ribadisce la necessità di un’analisi caso per caso, sottolineando che il legame funzionale tra il garante e l’attività imprenditoriale garantita è l’elemento decisivo per escludere la qualifica di consumatore.

Un socio che presta una fideiussione per la propria società può essere considerato un ‘consumatore’?
No. Secondo la sentenza, se la garanzia è prestata da un socio ed è funzionalmente collegata all’attività imprenditoriale della società, il garante non agisce per scopi estranei alla sua attività professionale e quindi non può essere qualificato come consumatore ai fini dell’applicazione della relativa tutela.

Se l’azione giudiziaria contro il debitore principale fallito diventa improcedibile, il creditore può comunque agire contro il fideiussore?
Sì. La Corte ha stabilito che l’azione contro il fideiussore ‘in bonis’ (non fallito) è autonoma rispetto a quella verso il debitore principale. Pertanto, l’improcedibilità della domanda nei confronti del fallimento non impedisce la prosecuzione del giudizio contro il garante.

Qual è la differenza tra ‘recesso’ e ‘risoluzione’ in un contratto d’appalto in caso di sospensione dei lavori?
La ‘risoluzione’ per inadempimento si ha quando una parte non rispetta i propri obblighi, dando diritto all’altra di chiedere lo scioglimento del contratto e il risarcimento dei danni. Il ‘recesso’, in questo contesto, è la facoltà concessa all’appaltatore di sciogliersi dal contratto a seguito di una sospensione legittima dei lavori (ad esempio, per nuove leggi) che si prolunga oltre certi limiti, ma senza diritto a un risarcimento, bensì solo al pagamento dei lavori già eseguiti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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