Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 7814 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 7814 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 24/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5708/2017 R.G. proposto da Fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende
– ricorrente –
contro
– intimate – avverso il decreto cron. al n. 469/2017 del Tribunale di Messina, depositato il 24.1.2017;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13.2.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE propose due domande di ammissione al passivo del fallimento di RAGIONE_SOCIALE , parte in privilegio e parte in chirografo, per imposte e accessori dovuti, in via principale, da altrettanti contribuenti per i quali la fallita aveva prestato garanzia fideiussoria in favore dell’erario .
Il giudice delegato respinse le domande, ritenendo nulle le fideiussioni rilasciate da un cd. «confidi minore» al di fuori dell’amb ito dell’unica attività consentita a tal e tipo di soggetti, ovverosia il rilascio di garanzia collettiva dei fidi per conto delle imprese associate e in favore delle banche disposte a finanziarle.
RAGIONE_SOCIALE propose opposizione contro il decreto del giudice delegato, venendo autorizzata a chiamare in causa, ad adiuvandum , anche l’Agenzia delle Entrate.
L’ opposizione venne accolta dal Tribunale di Messina, ritenendo legittime e valide le fideiussioni prestate, perché previste espressamente dalle leggi tributarie, in deroga alle diverse previsioni delle norme in materia bancaria e finanziaria.
Contro il decreto del Tribunale il Fallimento RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo.
RAGIONE_SOCIALE e Agenzia delle Entrate sono rimaste intimate.
Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa nel termine di legge anteriore alla data inizialmente fissata per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c. Ulteriore memoria illustrativa è stata depositata prima della nuova data fissata per la camera di consiglio a seguito di rinvio su richiesta della parte, in pendenza di trattative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo i l ricorso censura il decreto impugnato per «violazione e falsa applicazione di norme di diritto, con riferimento agli artt. 106, 107 e 155 (come vigenti ratione temporis ) del d.lgs. n. 385 del 1993 (T.U.B.), in relazione all’ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.».
Pur dando atto di un «potenziale contrasto tra la normativa tributaria richiamata e la disciplina contenuta nel T.U.B.» , il ricorrente sostiene la prevalenza di quest’ultima -in forza della quale i «confidi minori» non possono rilasciare fideiussioni in favore dell’erario per crediti fiscali come del resto opinato sia dalla Banca d’Italia (che infatti, in epoca successiva al rilascio delle fideiussioni per cui è causa, revocò ad RAGIONE_SOCIALE l’iscrizione all’ elenco di cui all’art. 106 T.U.B.), sia dalla stessa Agenzia delle Entrate (opinione espressa nella circolare 32/E del 30.12.2014).
Da ciò il ricorrente fa conseguire la nullità virtuale delle due fideiussioni prestate da RAGIONE_SOCIALE a garanzia dei crediti fiscali, per violazione di norme imperative, con conseguente inesistenza del credito ammesso al passivo del fallimento della garante.
Il motivo è infondato, perché la decisione impugnata -seppure in esito a un diverso percorso motivazionale -è conforme alla corretta applicazione delle norme di diritto in materia, così come recentemente interpretate dalle Sezioni unite di questa Corte (sentenza n. 8472/2022), affermando un principio di diritto che questo Collegio fa proprio e condivide.
2.1. I presupposti di fatto e cronologici della vicenda non sono in discussione.
All’epoca del rilascio delle due fideiussioni per cui è causa (9.11.2009 e 26.5.2010) RAGIONE_SOCIALE era una società cooperativa iscritta all’«elenco generale» dell’art. 106 T.U.B. (d.lgs. n. 385 del 1993) e, in particolare, nella «apposita sezione» riservata ai «confidi» ai sensi de ll’art. 155, comma 4, T.U.B.
Entrambe le fideiu ssioni furono prestate nell’interesse di imprese socie della cooperativa.
2.2. Secondo le norme allora vigenti, RAGIONE_SOCIALE rientrava nella categoria dei «confidi minori» (detti anche «a vigilanza attenuata»), così chiamati per distinguerli da quelli che -sulla base di determinati «criteri oggettivi, riferibili al volume di attività finanziaria e ai mezzi patrimoniali» (art. 155, comma 4 -bis , T.U.B.) -venivano iscritti «nell ‘ elenco speciale previsto dall ‘ articolo 107» (sempre T.U.B.). A tali «confidi maggiori» («a vigilanza piena») era consentito di svolgere, tra le altre attività, anche la «prestazione di garanzie a favore dell ‘ amministrazione finanziaria dello Stato, al fine dell ‘ esecuzione dei rimborsi di imposte alle imprese consorziate o socie» (art. 155, comma 4 -quater , T.U.B., introdotto dall’art. 13, comma 32, del d.l. n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003).
Ai «confidi minori» doveva intendersi invece riferito il comma 2 del medesimo art. 13 del d.l. n. 269 del 2009, in forza del quale «I confidi, salvo quanto stabilito dal comma 32, svolgono esclusivamente l ‘ attività di garanzia collettiva dei fidi e i servizi a essa connessi o strumentali, nel rispetto delle riserve di attività previste dalla legge».
Non viene in rilievo nella presente controversia, ratione temporis, la riscrittura degli art. 106 e s. T.U.B. introdotta dal d.lgs. n. 141 del 2010 («Attuazione della direttiva 2008/48/CE relativa ai contratti di credito ai consumatori, nonché modifiche del titolo VI del testo unico bancario (decreto legislativo n. 385 del 1993) in merito alla disciplina dei soggetti operanti nel settore finanziario, degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi»), perché tale decreto è entrato in vigore il 19.9.2010 e, quindi, in epoca successiva al rilascio delle fideiussioni per cui è causa (tra l’altro prevedendo , all’ art. 10, comma 1, un regime transitorio di 12 mesi, a decorrere da ll’adozione degli atti attuativi, durante il quale tutti i confidi già esistenti potevano «continuare a operare»).
2.3. Il Tribunale di Messina ha ritenuto non applicabile nel caso di specie il limite desumibile dalla disciplina del T.U.B. e del d.l. n. 269 del 2003, in quanto, proprio con riguardo alle «garanzie a favore dell’amministrazione finanziaria dello Stato », diverse norme fiscali di rango legislativo prevedevano la possibilità che la fideiussione fosse «rilasciata dai consorzi di garanzia collettiva dei fidi (RAGIONE_SOCIALE) iscritti negli elenchi previsti dagli articoli 106 e 107 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia»; dunque considerando indistintamente sia i «confidi minori» che i «confidi maggiori» (nel decreto impugnato vengono citati: l’ art. 1, commi da 124 a 127, della legge n. 244 del 2007; l’ art. 38 -bis , comma 1, d.P.R. n. 633 del 1972; l’ art. 3 -bis , comma 1, d.lgs. n. 462 del 1997).
2.4. A tale ratio decidendi , riferita in modo specifico alle fideiussioni in favore dell’amministrazione finanziaria, subentra ora il più generale principio di diritto sancito dalle Sezioni unite, secondo cui « la fideiussione prestata da un c.d. ‘confidi minore’
… iscritto nell’elenco di cui all’art. 155, comma 4, T.U.B. ( ratione temporis applicabile), nell’interesse di un proprio associato a garanzia di un credito derivante da un contratto non bancario, non è nulla per violazione di norma imperativa, non essendo la nullità prevista in modo testuale, né ricavabile indirettamente dalla previsione secondo la quale detti soggetti svolgono ‘esclusivamente’ la ‘attività di garanzia collettiva dei fidi e i servizi a essa connessi o strumentali’ per favorire il finanziamento da parte delle banche e degli altri soggetti operanti nel settore finanziario ». Ciò, in quanto « Il rilascio di fideiussioni è attività non riservata a soggetti autorizzati (come gli intermediari finanziari ex art. 107 T.u.b.) » (Cass. s.u. n. 8472/2022 cit.).
Sulla scorta di una compiuta ricostruzione dei presupposti e dei principi sottostanti all’accertamento della nullità virtuale del contratto (alla quale si rinvia, ai sensi dell’art. 118 , comma 1, disp. att. c.p.c.), le Sezioni unite hanno statuito che le « previsioni limitative delle attività dei confidi non fanno perdere al Consorzio di Garanzia la capacità di agire che gli è propria quale società cooperativa e, dunque, la capacità di rilasciare garanzie non dirette a favorire il finanziamento da parte delle banche e degli altri operatori finanziari ». Ciò anche perché « La fideiussione non è un contratto indefettibilmente ‘bancario’, né tale la considera il codice civile; non è corredata di una disciplina negoziale ad hoc allorché uno dei suoi contraenti sia una banca o altro soggetto autorizzato dal TUB, ad eccezione che per le regole di trasparenza (titolo VI del T.u.b.) che qui non vengono in rilievo ».
In definitiva, « Dalle richiamate disposizioni … , secondo le quali i c.d. ‘ confidi minori ‘ svolgono ‘ esclusivamente ‘ l’attività
di garanzia collettiva dei fidi, al fine di favorire l’accesso al credito bancario delle piccole e medie imprese associate, non è possibile -come si è detto -desumere implicitamente un divieto assoluto di svolgere attività diverse. Si dovrebbe altrimenti postulare che, secondo il codice civile, chiunque possa rilasciare fideiussioni, ad eccezione delle cooperative, alle quali sarebbe inibito di prestarle a favore dei propri associati ».
Con l’ulteriore precisazione che, una volta stabilito che « non vi è nullità del contratto, non serve interrogarsi su quali siano i meccanismi idonei a realizzare gli effetti voluti dal precetto che impropriamente si assume violato e su quali siano i rimedi ». Infatti, dalla validità delle fideiussioni discende l’esistenza del diritto del creditore garantito nei confronti del fideiussore e la fondatezza della domanda del primo di ammissione del credito al passivo del fallimento del secondo.
Rigettato il ricorso, non occorre provvedere sulle spese di lite relative al presente giudizio di legittimità, non avendo svolto difese le parti rimaste intimate.
Si dà atto che, in base al l’esito del giudizio, sussiste il presupposto per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; dà atto, ai sensi dell ‘ art.13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del