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Fideiussione antitrust: la Cassazione fa chiarezza

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 7834/2024, ha rigettato il ricorso di un istituto di credito contro la decisione della Corte d’Appello che aveva dichiarato la nullità di una clausola in un contratto di fideiussione. Il caso riguarda una garanzia stipulata sulla base di uno schema ABI, dichiarato anticoncorrenziale dalla Banca d’Italia. La Suprema Corte ha confermato che la tutela contro le pratiche anticoncorrenziali si estende a tutti i soggetti del mercato, non solo ai consumatori. Ha inoltre stabilito che la nullità della clausola che deroga all’art. 1957 c.c. opera anche per i contratti stipulati prima dell’accertamento formale dell’intesa, se questa era già in atto. Questa decisione rafforza la tutela del garante in caso di fideiussione antitrust.

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Fideiussione Antitrust: la Cassazione Conferma la Nullità delle Clausole

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale in materia di fideiussione antitrust, consolidando la tutela dei garanti nei confronti delle clausole contrattuali derivanti da intese anticoncorrenziali. Con la decisione n. 7834 del 22 marzo 2024, i giudici hanno chiarito che la nullità di tali clausole non è un’arma a disposizione dei soli consumatori, ma di chiunque subisca un pregiudizio dalla violazione delle norme sulla concorrenza. Analizziamo nel dettaglio questa importante pronuncia.

I Fatti di Causa: Dall’Opposizione al Decreto Ingiuntivo alla Cassazione

La vicenda trae origine dall’opposizione a un decreto ingiuntivo emesso da un Tribunale per il pagamento di una cospicua somma. L’ingiunzione era rivolta a tre persone fisiche che avevano prestato una garanzia fideiussoria a favore di un istituto di credito per le obbligazioni di una società.

Inizialmente, il Tribunale di primo grado aveva respinto l’opposizione, ritenendo che i garanti non potessero far valere la violazione della normativa antitrust in quanto non qualificabili come consumatori.

La Corte d’Appello, tuttavia, ha ribaltato la decisione. I giudici di secondo grado hanno accolto il motivo di impugnazione dei garanti, dichiarando la banca decaduta dalla garanzia per la mancata osservanza del termine previsto dall’art. 1957 del codice civile. La Corte territoriale ha infatti ritenuto “non operativa” la clausola contrattuale che derogava a tale articolo, in quanto riproduceva pedissequamente una clausola dello schema contrattuale ABI, oggetto di un’intesa vietata accertata dalla Banca d’Italia con il provvedimento n. 55/2005. Secondo la Corte d’Appello, chiunque subisca un danno da un illecito anticoncorrenziale è legittimato ad agire, a prescindere dalla sua qualifica di consumatore.

Contro questa sentenza, l’istituto di credito ha proposto ricorso per cassazione, basato su diversi motivi, tra cui l’errata interpretazione della normativa antitrust e l’errata qualificazione dei garanti.

La Decisione della Corte di Cassazione e la Fideiussione Antitrust

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso della banca, confermando la decisione della Corte d’Appello e fornendo chiarimenti fondamentali su diversi aspetti della fideiussione antitrust.

Chi può agire contro le Intese Anticoncorrenziali?

La Cassazione ha smontato il primo motivo di ricorso della banca, ribadendo un principio già sancito dalle Sezioni Unite (sent. n. 2207/2005): la tutela offerta dalla legge antitrust non è riservata ai soli consumatori. La legge n. 287/1990 protegge la struttura concorrenziale del mercato nel suo complesso. Di conseguenza, tutti i soggetti del mercato – e quindi anche un garante professionista – che subiscono un danno da un’intesa illecita sono legittimati a far valere la nullità degli atti che ne costituiscono l’applicazione.

Onere della Prova e Nullità anche per Contratti Antecedenti

Un altro punto centrale del ricorso della banca riguardava la prova dell’intesa, dato che il contratto di fideiussione era stato stipulato nel 2001, quindi prima del provvedimento della Banca d’Italia del 2005. La Corte ha respinto anche questa argomentazione, chiarendo due aspetti:

1. La nullità dei contratti “a valle” di un’intesa illecita “a monte” si applica anche ai contratti stipulati prima dell’accertamento formale da parte dell’Autorità garante, a condizione che l’intesa fosse già materialmente in atto.
2. Non è necessario che la singola banca abbia partecipato attivamente all’intesa. È sufficiente che abbia applicato lo schema contrattuale standardizzato che ne è il risultato, contribuendo così a distorcere la concorrenza.

In sostanza, la Corte ha affermato che l’onere della banca era quello di dimostrare che le clausole del contratto non erano il frutto di una prassi uniforme e anticoncorrenziale, prova che nel caso di specie non è stata fornita.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si fondano su una visione ampia e sostanziale della tutela della concorrenza. I giudici hanno sottolineato che l’obiettivo della normativa antitrust è proibire il “fatto” della distorsione del mercato, indipendentemente dalla forma giuridica che esso assume. Qualsiasi comportamento che, frutto di un coordinamento tra imprese, crei un ostacolo al libero gioco della concorrenza è rilevante ai fini della violazione dell’art. 2 della legge n. 287/1990.

Di conseguenza, la clausola n. 6 del contratto di fideiussione, che derogava all’art. 1957 c.c. (la cosiddetta clausola di “rinuncia ai termini”), è stata considerata nulla perché riproduceva una delle clausole incriminate dallo schema ABI. La nullità della clausola a monte (nell’intesa) si propaga al contratto a valle, rendendo la clausola specifica inefficace. La Corte d’Appello, pur non dichiarando espressamente “nulla” la clausola ma definendola “non operativa”, l’ha di fatto espunta dal contratto, agendo correttamente e in linea con l’orientamento consolidato, successivamente confermato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 41994/2021.

La Corte ha anche respinto l’eccezione di giudicato esterno sollevata dalla banca, evidenziando che la precedente sentenza del Tribunale, pur essendo tra le stesse parti, riguardava un rapporto giuridico diverso (un’altra fideiussione per debiti differenti), mancando quindi l’identità del petitum necessaria per far valere il giudicato.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un’importante conferma della robustezza della tutela accordata ai fideiussori nel contesto della fideiussione antitrust. Le conclusioni pratiche che possiamo trarre sono le seguenti:

1. Tutela Estesa: Chiunque, persona fisica o impresa, abbia firmato una fideiussione contenente clausole conformi allo schema ABI dichiarato nullo, può agire in giudizio per farne valere la nullità parziale.
2. Irrilevanza della Data: La tutela non è limitata ai contratti successivi al 2005. Anche le fideiussioni stipulate in precedenza possono essere oggetto di contestazione se si dimostra che applicavano prassi uniformi anticoncorrenziali già in atto.
3. Effetto Pratico della Nullità: La dichiarazione di nullità della clausola di deroga all’art. 1957 c.c. ripristina la protezione per il garante. La banca, per non perdere la garanzia, è obbligata ad agire contro il debitore principale entro sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione.

Questa pronuncia consolida un orientamento giurisprudenziale fondamentale, che bilancia la posizione del garante rispetto a quella, spesso dominante, degli istituti di credito, sanzionando l’applicazione di modelli contrattuali che alterano la libera concorrenza.

Chi può contestare una fideiussione basata su un’intesa anticoncorrenziale?
Secondo la Corte di Cassazione, la legittimazione ad agire per far valere la nullità delle clausole derivanti da un’intesa anticoncorrenziale spetta a tutti i soggetti del mercato che abbiano subito un danno, non solo ai consumatori. Pertanto, anche un imprenditore o un professionista che ha prestato garanzia può contestare la validità di tali clausole.

Una clausola di una fideiussione stipulata prima del provvedimento della Banca d’Italia del 2005 può essere dichiarata nulla?
Sì. La Corte ha stabilito che la nullità dei contratti “a valle” si applica anche a quelli stipulati prima dell’accertamento formale dell’intesa da parte dell’Autorità, a condizione che l’intesa illecita fosse già materialmente in atto al momento della stipula del contratto.

Cosa succede alla clausola che deroga all’art. 1957 c.c. se deriva da un’intesa vietata?
La clausola viene considerata nulla e, di conseguenza, inefficace. Ciò significa che viene rimossa idealmente dal contratto. Per effetto di ciò, riprende piena applicazione la norma dell’art. 1957 c.c., che impone al creditore (la banca) di agire contro il debitore principale entro sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione, pena la decadenza dal suo diritto nei confronti del fideiussore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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