Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 840 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 840 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18819/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che l a rappresenta e difende;
-ricorrente- contro
BANCA ALPI MARITTIME CREDITO COOPERATIVO CARRU’ SCPA, COGNOME NOME;
-intimati-
Avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di TORINO n. 549/2022 depositata il 19/05/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/11/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. La società RAGIONE_SOCIALE ed i garanti, NOME COGNOME e NOME COGNOME, proposero opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 1720/2015 con il quale il Tribunale di Cuneo, su richiesta della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, gli aveva ingiunto il pagamento della somma di € 1.034.448,23, oltre interessi, derivante da apertura di credito, utilizzati dalla debitrice principale oltre il limite massimo.
A sostegno dell’opposizione i garanti eccepivano, anche, la decadenza dall’azione nei confronti dei fideiussori, per non aver agito giudizialmente entro i sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale; la liberazione dei fideiussori ai sensi dell’art. 1956 c.c., per aver concesso ulteriore credito nonostante le precarie condizioni patrimoniali della debitrice principale e senza l’autorizzazione dei fideiussori, deducendo altresì la dismissione dalla carica di socio e amministratore del fideiussore NOME.
Gli opponenti, censurando la violazione del canone di buona fede e di correttezza, da parte della banca nella esecuzione del contratto, contestavano inoltre l’eccesso di garanzia, in rapporto al credito concesso e la nullità della commissione di massimo scoperto, concludendo per la revoca del decreto ingiuntivo opposto e, in via riconvenzionale, richiedendo l’accertamento di plurime violazioni nell’esecuzione del rapporto, in particolare deducendo l’illegittimo addebito di spese e commissioni non determinate, la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi, la nullità della clausola di commissione di massimo scoperto, concludendo con conseguente richiesta di rideterminazione del saldo contabile del conto corrente, previa ammissione di CTU e ordine di esibizione nei confronti della banca.
Con la sentenza n. 921/2019, il Tribunale di Cuneo dichiarava l’estinzione del giudizio relativo al rapporto processuale tra
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e tra RAGIONE_SOCIALE NOME NOME e RAGIONE_SOCIALE Rigettava l’opposizione e per l’effetto confermava il decreto ingiuntivo n. 1720/2015 emesso dichiarandolo esecutivo, ai sensi dell’art. 653 c.p.c
Con la sentenza n. 549 del 19 maggio 2022, la Corte d’appello di Torino, in accoglimento dell’appello principale proposto da NOME COGNOME e in parziale riforma della sentenza impugnata revocava il decreto dal Tribunale di Cuneo.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito, RAGIONE_SOCIALE propone ora ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
5.1. Con il primo motivo, parte ricorrente lamenta la falsa applicazione dell’art. 1363 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.
S ostiene che la Corte d’appello, in violazione delle regole di ermeneutica giuridica, ha interpretato in modo parziale la portata precettiva del contratto, qualificandolo come negozio fideiussorio, sulla base della sola locuzione ‘a semplice richiesta scritta’» (cfr. p. 18, ricorso). Così facendo la Corte non ha considerato adeguatamente che il rapporto garantito ed azionato mediante decreto ingiuntivo ‘era di durata indeterminata’, in quanto la garanzia era correlata all’integrale soddisfacimento delle obbligazioni nei confronti della banca. Di conseguenza, l’art. 1957 c.c. risulterebbe inapplicabile (cfr. p. 22 e 24, ricorso).
5.2. Con il secondo motivo, COGNOME denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, costituito dalla durata della garanzia, qui illimitata, perché coincidente con l’adempimento dell’obbligazione e non con la sua scadenza. Aspetto, afferma la ricorrente, che non è stato
considerato dalla Corte di merito, malgrado la sua incidenza sull’inapplicabilità dell’art. 1957 c.c. (art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.).
In particolare, l’errore in cui è incorsa la Corte è consistito nel contestare alla banca l’intervenuta estinzione del contratto di fideiussione -per non aver azionato il ricorso monitorio nel termine di sei mesi dalla costituzione in mora e, per l’effetto, aver dichiarato l’estinzione della garanzia quando proprio perché di durata illimitata, l’art. 1957 c.c. non troverebbe applicazione.
Le censure articolate da RAGIONE_SOCIALE nel primo motivo di ricorso sono infondate.
La specifica questione di diritto oggetto di censura (qualificazione della garanzia prestata dal debitore come fideiussione ovvero contratto autonomo di garanzia) è stata affrontata, anche di recente, dalla giurisprudenza di questo giudice di legittimità, che, proprio con riferimento alla clausola ‘a prima richiesta’ ovvero, come nel caso, a quella ‘immediatamente a semplice richiesta scritta’, ha chiarito che non può considerarsi come elemento decisivo per configurare un contratto autonomo, dovendo tale previsione essere considerata, dal giudice del merito, nel bilanciamento del più ampio contesto contrattuale, avendo quindi riguardo alle altre pattuizioni (così, da ultimo, Cass. civ., Sez. III, Ord., 16 luglio 2024, n. 19573; Cass. civ., Sez. I, Ord., 1° luglio 2024, n. 18079; Cass. civ., Sez. I, Ord., 12 marzo 2024, n. 6440; Cass. civ., Sez. I, Ord., 29 febbraio 2024, n. 5478).
Nella fattispecie, la Corte torinese, in linea con tale insegnamento, ha concretamente e diffusamente compiuto questo tipo di considerazioni, valutando il motivo di appello e traendo il proprio convincimento esplicitato in una motivazione adeguata, completa e logica (v. pp. 9-12 sentenza impugnata n. 549/2022).
Detto ciò, rileva inoltre questo collegio che la scelta della ricorrente di sottoporre all’attenzione di questa Corte una questione
sull’interpretazione delle clausole contrattuali ‘non può investire il risultato interpretativo in sé, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ed afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica’, nel caso, rispettati dal giudice del gravame (cfr., ex aliis, Cass. civ., Sez. III, Ord., 10 ottobre 2024, n. 26495; Cass. civ., Sez. I, Ord., 10 ottobre 2024, n. 26380; Cass. civ., Sez. II, Ord., 31 luglio 2024, n. 21487; Cass. civ., Sez. III, Ord., 19 giugno 2024, n. 16962; nello stesso senso, nelle rispettive motivazioni, v. Cass. civ., Sez. I, Ord., 16 maggio 2024, n. 13621; Cass. civ., Sez. I, Ord., 22 aprile 2024, n. 10786; Cass. civ., Sez. I, 29 gennaio 2024, n. 2607).
Del resto, la stessa giurisprudenza ha precisato che l’interpretazione della clausola contrattuale fornita dal giudice di merito è sottratta al sindacato di legittimità quando non è l’unica ‘possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili interpretazioni, per cui, quando siano possibili due o più interpretazioni (plausibili), non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (su tali principi, sempre Cass. civ. n. 13621/2024 cit.; Cass. civ. n. 10786/2024 cit.; Cass. civ. n. 2607/2024 cit.).
Ne consegue, nella fattispecie in esame, l’infondatezza di ogni critica alla ricostruzione della volontà privata operata dalla Corte d’appello di Torino, traducendosi in una diversa valutazione degli elementi di fatto da questa già esaminati, più favorevole alla ricorrente.
6.1. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
Si osserva, innanzitutto che costituiscono principi già affermati da questa Corte quelli secondo cui: ‘i) la decadenza del creditore dal diritto di pretendere l’adempimento dell’obbligazione fideiussoria, sancita dall’art. 1957 c.c. per effetto della mancata tempestiva proposizione delle azioni contro il debitore principale, può essere
preventivamente rinunciata dal fideiussore, trattandosi di pattuizione rimessa alla disponibilità delle parti che non urta contro alcun principio di ordine pubblico, comportando soltanto l’assunzione, per il garante, del maggior rischio inerente al mutamento delle condizioni patrimoniali del debitore’ (cfr., in termini, Cass. civ., Sez. III, Ord., (data ud. 06/06/2024) 22/10/2024, n. 27389; Cass. civ., Sez. I, 29 gennaio 2024, n. 2607; Cass. civ., Sez. III, Ord., 26 luglio 2019, n. 20306; Cass. civ., Sez. I, Ord., 16 aprile 2018, n. 9379; Cass. civ., Sez. VI-1, Ord., 4 dicembre 2017, n. 28943); ii) nell’ipotesi in cui la durata di una fideiussione sia correlata non alla scadenza dell’obbligazione principale ma al suo integrale adempimento, l’azione del creditore nei confronti del fideiussore non è soggetta al termine di decadenza previsto dall’art. 1957 c.c.’ (cfr. Cass. civ. n. 2607/2024 cit.; Cass. civ., Sez. III, Ord., 20 settembre 2023, n. 26906; Cass. civ., Sez. III, Ord., 13 dicembre 2019, n. 32795; Cass. civ., Sez. III, Ord., 26 luglio 2019, n. 20306).
Nel caso di specie la corte territoriale ha fatto buon governo dei suddetti principi, decidendo la questione di diritto sottoposta al suo vaglio in modo ad essi conforme (pp. 11-13 sentenza impugnata n. 549/2022), in particolare là dove ha affermato che la garanzia si è estinta, non avendo il creditore provato di avere con diligenza proposto e continuato le azioni nei confronti del debitore nei termini di legge.
Con le mosse censure la ricorrente mira in realtà ad inammissibilmente accreditare una ricostruzione della vicenda e un apprezzamento delle prove in termini diversi da quelli dei giudici di merito, in contrasto con il consolidato principio in base al quale nel giudizio di legittimità non sono proponibili censure dirette a provocare una nuova valutazione delle risultanze processuali, diversa da quella espressa dal giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze che
ritenga più attendibili ed idonee nella formazione dello stesso, essendo sufficiente, al fine della congruità della motivazione del relativo apprezzamento, che da questa risulti che come nella specie l’ accertamento dei fatti si sia realizzato attraverso una valutazione dei vari elementi acquisiti al compendio probatorio.
7. Non è a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio d i cassazione, non avendo l’intimata svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza