Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23872 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23872 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6488/2022 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
Fallimento RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE,
-controricorrente-
nonché contro
Procura della Repubblica della Repubblica presso il Tribunale di Crotone e Procura Generale presso la Corte d’Appello di Catanzaro , -intimati- avverso la sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro n. 123/2022 depositata il 02/02/2022,
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d’Appello di Catanzaro rigettava il reclamo proposto, ex art 18 l.fall., da RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del Tribunale di Crotone, che aveva dichiarato l’inammissibilità della domanda di concordato preventivo proposta da RAGIONE_SOCIALE e, contestualmente, dichiarato il fallimento della stessa.
1.1. La Corte territoriale, per quanto di interesse in questa sede, ravvisava gli estremi dello stato di insolvenza, desumibili, in primo luogo, dalla stessa presentazione della domanda di concordato preventivo, confessoria della tendenziale incapacità della impresa di fare fronte con mezzi normali al pagamento di propri debiti; venivano, inoltre, valorizzati, quali elementi indiziari dello stato di decozione in cui versava la società, l’ingente esposizione debitoria tributaria e il trasferimento dell’unico immobile in titolarità della società ad un’altra interamente partecipata dalla fallenda.
1.2. Con riferimento all’inammissibilità della proposta concordataria, la Corte rimarcava che, a fronte delle articolate ed esaustive considerazioni svolte dalla sentenza di primo grado circa l’inidoneità del business plan, che si presentava eccessivamente lacunoso e generico, al raggiungimento degli obiettivi economici del programma concordatario e circa la non conformità della attestazione allegata al ricorso al paradigma degli articoli 161, comma 3°, e 186 bis, comma 2°, l.fall., ove non risultava esplicitato il percorso logico seguito nel formulare il giudizio di attendibilità dei dati aziendali e ove non era stato effettuato alcun raffronto sull’alternativa tra prosecuzione e liquidazione, il reclamante aveva replicato con i motivi di impugnazione le difese già svolte in primo grado, non confrontandosi con l’ iter argomentativo della appellata sentenza e non offrendo elementi concreti atti a consentire il superamento delle criticità del piano concordatario per come ricostruite dal Tribunale e condivise dalla Corte.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione del decreto, affidandolo a sette motivi. Il Fallimento ha svolto difese con controricorso e memoria ex art. 380bis1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. I mezzi di impugnazione possono così riassumersi:
primo motivo: violazione e falsa applicazione degli artt. 5, 7, 15 e 160 della l.fall., in relazione all’art. 360, comma 1° , n. 3, c.p.c. nonché dell’art. 111 Cost., per avere la Corte ritenuto lo stato di insolvenza mentre la società si trovava solo in stato di crisi; secondo motivo: omesso esame, ai sensi dell’art. 360 , comma 1° , n. 5, c.p.c. nonché dell’art. 111 Cost., di fatti decisivi per il giudizio, che sono stati oggetto di discussione tra le parti, costituiti: i) dalle plurime e variegate azioni che la società avrebbe approntato per reagire alla crisi; ii) dall’andamento aziendale durante l’esercizio provvisorio e dalla compatibilità dei risultati con quanto previsto nel business plan, come emerso dagli scritti difensivi; iii) dalle risultanze del business plan prodotto dalla ricorrente, come emerso dagli scritti difensivi; iv) dagli investimenti strutturali e dalla finanza esterna, come emerso dagli scritti difensivi; v) dalle azioni avviate per la riduzione dei costi, dagli accordi negoziali con i fornitori e dall’accordo di fornitura con la “RAGIONE_SOCIALE , come emerso dalla sentenza e dagli scritti difensivi; vi) dalle risultanze del Controllo di Gestione, come emerso dagli scritti difensivi; vii) dalle risultanze economiche dell’attività di RAGIONE_SOCIALE , come emerso dagli scritti difensivi; viii) dalle risultanze economiche della stress analysis, come emerso dagli scritti difensivi; ix) da quanto riferito in ordine alla attendibilità della attestazione del dott. COGNOME; terzo motivo: violazione e falsa applicazione degli artt. 160, 161, 162 e 186 bis l.fall e dell’ art. 2741 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1°, n. 3, c.p.c., per avere la Corte di Appello, in primo luogo, svolto erronee considerazioni sulla fattibilità economica del piano, le cui valutazioni sono riservate ai creditori, ed in secondo
luogo per aver fondato il giudizio di inidoneità del piano al raggiungimento dei risultati attesi sulla base di motivazioni meramente tautologiche;
quarto motivo: violazione e falsa applicazione degli artt. 160, 161 e 186 bis l.fall., in relazione all’art. 360, comma 1°, n. 3, c.p.c., perché la Corte non avrebbe ben valutato la manifesta inettitudine (prima facie) del piano a raggiungere gli obiettivi prefissati, in riferimento alle specifiche modalità indicate dal proponente per superare la crisi;
quinto motivo: «nullità della sentenza per carenza assoluta di motivazione come requisito di validità del provvedimento ex articolo 111 Cost., comma 6, la violazione dell’articolo 132 c.p.c., n. 4, e la inosservanza degli articoli 115 e 116 c.p.c. ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1°, n. 4, motivazione meramente apparente»;
sesto motivo: violazione e falsa applicazione dell’art. 61 c.p.c. , in relazione all’art. 360, comma 1° , n. 3, c.p.c., per il mancato svolgimento di una CTU come richiesta in sede di giudizio ex art. 162 l.fall. e in sede di giudizio di reclamo ex art. 18 l.fall;
settimo motivo: omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360, comma 1° , n. 5, c.p.c. nonché dell’art. 111 Cost., vizio di motivazione per il mancato svolgimento di una CTU, come richiesta in sede di giudizio ex art. 162 l.fall. e in sede di giudizio di reclamo ex art. 18 l.fall.
Il primo motivo è inammissibile.
2.1. Secondo il tradizionale orientamento di questa Corte «lo stato di insolvenza delle società che non siano in liquidazione va desunto non già dal rapporto tra attività e passività, bensì dall’impossibilità dell’impresa di continuare ad operare proficuamente sul mercato, che si traduca in una situazione d’impotenza strutturale (e non soltanto transitoria) a soddisfare regolarmente e con mezzi normali
le proprie obbligazioni, per il venir meno delle condizioni di liquidità e di credito necessarie allo svolgimento dell’attività» ( cfr. Cass. 7087/2022, 43/2023); ed ancora «ai fini della dichiarazione di fallimento, costituiscono indizi esteriori dell’insolvenza, gli elementi sintomatici che esprimono lo stato di impotenza funzionale e non transitoria dell’impresa a soddisfare le proprie obbligazioni, secondo una tipicità -desumibile dai dati dell’esperienza economica -rivelatrice dell’incapacità di produrre beni o servizi con margine di redditività da destinare alla copertura delle esigenze dell’impresa medesima» (Cass. 2019/ 6978 e 29913/2018).
2.2. La Corte territoriale si è adeguata a tale insegnamento, individuando gli indici dello stato di incapacità strutturale e non transeunte a far fronte alle obbligazioni nella stessa presentazione di un concordato preventivo, il cui piano prevedeva il pagamento dei creditori in un arco temporale di cinque anni: considerato un tempo non ragionevole di soddisfazione di un credito scaduto.
In altre parole, per i giudici di seconde cure la proposta di pagamento di tutti i debiti dilazionato in cinque anni è circostanza che di per sé rivela l’impossibilità del debitore adempiere regolarmente le obbligazioni come previsto dall’art. 5 l.fall .
2.3. Va del resto precisato che il convincimento espresso dal giudice di merito circa la sussistenza dello stato di insolvenza costituisce apprezzamento “di fatto”, incensurabile in cassazione, ove sorretto da motivazione non apparente (cfr. tra le tante Cass. 7252/2014 e 12984/2017) e ove non inficiato da “omesso esame circa fatto decisivo e controverso”.
2.4. La censura, nonostante l’indicazione di segno diverso di cui alla rubrica del motivo in disamina, sollecita questa Corte al riesame del giudizio “di fatto” cui la Corte territoriale, in parte qua, ha atteso.
Plurimi sono i profili di inammissibilità che investono in ogni sua articolazione il secondo motivo.
3.1. Esso, in primo luogo, difetta di specificità e di ‘autosufficienza’, in quanto, pur facendo riferimento ad atti e documenti eterogenei (‘business plan’, ‘accordi negoziali’, ‘stress analysis’, ‘risultanze del Piano di Gestione’ e attestazione dell’esperto) , il loro contenuto non viene riportato negli elementi essenziali, né vi è indicazione della loro allocazione nel fascicolo di merito.
3.2. Le singole ipotesi di omesso esame che segnano lo sviluppo del motivo, più che concernere fatti storici, intesi come precisi accadimenti e circostanze in senso storico-naturalistico, o investono questioni ed argomentazioni giuridiche, così discostandosi dal paradigma dell’art. 360, comma 1° n. 5, c.p.c., o si traducono nella sollecitazione ad una nuova valutazione dei fatti e delle risultanze istruttorie, non consentita in questa sede.
Il terzo e quarto motivo da scrutinarsi congiuntamente, in quanto intimamente connessi, sono infondati.
4.1. Secondo l’ormai consolidato orientamento di questa Corte, in tema di concordato preventivo il tribunale è tenuto ad una verifica diretta del presupposto di fattibilità del piano per poter ammettere il debitore alla relativa procedura, in particolare mentre il controllo di fattibilità giuridica non incontra particolari limiti, quello concernente la fattibilità economica, intesa come realizzabilità di esso nei fatti, può essere svolto nei limiti della verifica della sussistenza, o meno, di una manifesta inettitudine del piano a raggiungere gli obiettivi prefissati, individuabile caso per caso in riferimento alle specifiche modalità indicate dal proponente per superare la crisi (con ciò ponendosi il giudice nella prospettiva funzionale, propria della causa concreta). Tali principi vengono maggiormente in rilievo nell’ipotesi di concordato con continuità aziendale l.fall., ex art. 186-bis, laddove la rigorosa verifica della fattibilità “in concreto” presuppone un’analisi inscindibile dei presupposti giuridici ed economici, dovendo il piano con continuità
essere idoneo a dimostrare la sostenibilità finanziaria della continuità stessa, in un contesto in cui il “favor” per la prosecuzione dell’attività imprenditoriale è accompagnato da una serie di cautele inerenti il piano e l’attestazione, tese ad evitare il rischio di un aggravamento del dissesto ai danni dei creditori, al cui miglior soddisfacimento la continuazione dell’attività non può che essere funzionale (cfr. tra le tante Cass. 9061/2017, 11216/2021 e 17103/2023).
4.2. Al riguardo si legge nella motivazione della sentenza « Il reclamante lamenta che il provvedimento di inammissibilità si configura avulso dalla specifica procedura come se fosse stato aprioristicamente adottato senza l’esame della documentazione prodotta, ma in realtà sono le censure mosse a quel provvedimento che non si confrontano con la sua motivazione e, in particolare, con il nucleo essenziale della stessa che è il seguente: a fronte di una evidente crisi finanziaria e di una gestione in perdita che ha caratterizzato l’ultimo periodo antecedente la presentazione della istanza di concordato, non sono stati offerti elementi concreti atti a fare ritenere ragionevolmente verosimile un cambio di tendenza e, in particolare, un mutamento così radicale del rapporto tra costi e ricavi da consentire nell’arco di cinque anni di ripianare i debiti accumulati a causa di una gestione, che la stessa istante descrive come deficitaria senza tuttavia chiarire adeguatamente i punti di debolezza e, di conseguenza, i correttivi adottati per farvi fronte ».
4.3. La Corte, quindi, si è attenuta ai principi dapprima esposti, concludendo per l’irrealizzabilità in concreto del piano concordatario secondo apprezzamenti incensurabili in sede di legittimità se non tramite la deduzione del vizio di omesso esame di fatto decisivo ex art. 360, comma 1°, n. 5, c.p.c., così come perimetrato dalla giurisprudenza di questa Corte con il noto arresto delle Sez. Un. n. 8053/2014, vizio qui peraltro neanche dedotto nel motivo di ricorso in esame.
E’ infondato anche il quinto motivo a fronte di una motivazione certamente congrua e, in ogni caso, al di sopra alla soglia del ‘minimo costituzionale’ sindacabile in sede di legittimità, non rinvenendosi nella decisione impugnata alcuno dei possibili vizi riconducibili a ‘mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, “motivazione apparente”, “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (cfr. Cass. Sez. U., 8053/2014; Cass. 23940/2017, 22598/2018, 20042/2020, 26199/2021, 33961/2022 e 4784/2023).
Il sesto e settimo motivo, suscettibili di unitaria trattazione perché entrambi riferibili alla mancata ammissione della CTU, non meritano accoglimento.
6.1. Questa Corte ha affermato che «il giudizio sulla necessità ed utilità di far ricorso allo strumento della consulenza tecnica d’ufficio rientra nel potere discrezionale del giudice del merito, la cui decisione è, di regola, incensurabile nel giudizio di legittimità; tuttavia, giusta la nuova formulazione dell’art. 360, 1° comma, n. 5, c.p.c., è consentito denunciare in cassazione, oltre all’anomalia motivazionale, solo il vizio specifico relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che sia stato oggetto di discussione tra le parti, ed abbia carattere decisivo; ne consegue che il ricorrente non può limitarsi a denunciare l’omesso esame di elementi istruttori, ma deve indicare l’esistenza di uno o più fatti specifici, il cui esame è stato omesso, il dato, testuale o extratestuale, da cui essi risultino, il «come» ed il «quando» tali fatti siano stati oggetto di discussione processuale tra le parti e la loro decisività ».
6.2. Nel caso di specie la censura non si è attenuta ai principi sopra passati in rassegna, limitandosi a lamentare la mancata
ammissione della CTU, le ragioni della cui mancata ammissione, viceversa, sono desumibili dal contesto della motivazione.
7. In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in € 10.200, di cui € 200 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 13 giugno 2025.