Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 21596 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 21596 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7248/2024 R.G. proposto da : COGNOME rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE e dall’avvocato COGNOME domiciliazione telematica legale
-ricorrente-
contro
DI NOME COGNOME rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, domiciliazione telematica legale
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO n. 49/2024 depositata il 16/02/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 3/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che
il Tribunale di Isernia accoglieva per quanto di ragione la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti di NOME COGNOME a titolo di risarcimento di danni per falso giuramento ai sensi dell’art. 2738 cod. civ.;
il giuramento decisorio in oggetto era stato pronunciato da COGNOME nell’ambito di un giudizio intercorso tra lo stesso e il Condominio “La Rotonda”, con la chiamata in causa del precedente amministratore COGNOME che aveva deferito il giuramento, avente ad oggetto il pagamento di somme per lavori di manutenzione straordinaria e di rifacimento dell’impianto di illuminazione esterno, dovute da COGNOME in qualità di condomino;
COGNOME che, nella prospettazione di COGNOME, si era fatto consegnare le ricevute di pagamento degli importi dovuti senza avere effettivamente pagato, giurava invece di averlo fatto negando, al contempo, di aver riferito a terzi del mancato saldo;
in conseguenza del giuramento COGNOME era risultato soccombente nel giudizio civile e, in esecuzione della pronuncia, aveva corrisposto la somma stabilita al Condominio di cui era stato amministratore;
a séguito di denuncia proposta da COGNOME COGNOME era poi stato riconosciuto responsabile del reato di cui all’art. 371 cod. pen., e condannato al risarcimento dei danni in favore della parte civile, con sentenza confermata dalla Corte d’appello;
questa Corte, con sentenza n. 49857 del 2012, aveva annullato senza rinvio la sentenza impugnata, per essersi il reato estinto per prescrizione;
conclusa la vicenda penale, COGNOME agiva, come anticipato, in sede civile, per ottenere la condanna di COGNOME al risarcimento dei danni;
il Tribunale riteneva provata la falsità del giuramento sulla base d’indizi ricavabili in specie dalla sentenza penale di appello, nella parte in cui aveva fatto riferimento alle deposizioni di testimoni che avevano riferito «in modo concorde, di avere raccolto…la confessione dell’…odierno appellante del proprio mancato pagamento delle quote…pur essendo in possesso delle ricevute di pagamento», tenuto altresì conto dell’atto di appello penale proposto da COGNOME, nella cui narrativa si leggeva che «il COGNOME ed il COGNOME, in modo molto generico, hanno riferito che il COGNOME avrebbe detto loro di non aver pagato le quote condominiali perché non era stata seguita la procedura per ottenere uno sgravio fiscale»;
la Corte di appello di Campobasso, con sentenza n. 49 del 2024, riformava la decisione di prime cure, osservando in particolare che:
-la pronuncia di annullamento senza rinvio di questa Corte, in sede penale, aveva travolto le due pronunce di merito precedenti;
-le sentenze che avevano definito i due precedenti gradi di merito avevano per converso valenza di documento suscettibile di essere apprezzato in termini probatori;
-la valutazione in sede civile doveva però essere nuova e autonoma, non sussistendo vincoli specifici sul punto, e doveva avvenire secondo le regole proprie civilistiche;
-ciò posto, a fronte delle quietanze liberatorie, attestanti l’avvenuto pagamento, le dichiarazioni testimoniali, rese in sede penale, che, come discusso, avevano riferito di ammissioni nel senso del non avvenuto pagamento da parte del condomino COGNOME, non integravano confessione in quanto non rese alla controparte, COGNOME, bensì a terzi, e come tali erano liberamente valutabili, trovando pertanto ostativo il portato degli artt. 2726 e
2729, cod. civ., e, dunque, il divieto di una tale prova testimoniale contraria alla quietanza;
-erroneo era anche il riferimento, ad opera del Tribunale, all’assunto valore confessorio dell’atto di appello penale proposto da COGNOME, in cui quest’ultimo non aveva ammesso di non aver pagato ma si era diversamente riferito, al condizionale e in chiave di confutazione, alle deposizioni sopra ricordate;
-non risultando elementi sufficienti ad affermare una verità contraria a quella così emergente dalle suddette quietanze, non vi era dimostrazione della falsità del giuramento;
avverso questa decisione ricorre per cassazione NOME COGNOME articolando tre motivi;
resiste con controricorso NOME COGNOME
le parti hanno depositato memorie.
Rilevato che
con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2738, cod. civ., 198, cod. pen., 578, cod. proc. pen., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando in particolare di considerare che:
-la conseguenza risarcitoria della condotta dell’imputato permaneva anche nel caso di dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione;
-la sentenza di legittimità di annullamento senza rinvio non aveva esteso la stessa caducazione agli effetti civili, oggetto di statuizioni conformi da parte del Tribunale e della Corte di appello penale;
-non poteva quindi affermarsi la necessità di una nuova valutazione dei fatti ai fini in parola;
-il fatto integrante il reato era stato accertato, e solo una sentenza penale di proscioglimento avrebbe potuto eliderne gli effetti ai fini civili;
-non essendo stato disposto rinvio al giudice civile, in sede cassatoria penale, era stata evidentemente ritenuta definitivamente accertata la responsabilità risarcitoria riferibile a COGNOME;
con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 651, cod. proc. pen., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che il deducente si era costituto parte civile nel procedimento penale, a fini risarcitori, indipendentemente dalla sorte del giudizio penale;
con il terzo motivo si prospetta l’errore in cui sarebbe incorsa la Corte di appello mancando di considerare che nulla impediva al giudice civile di valutare i fatti conformandosi allo stesso percorso argomentativo dei giudici penali, in coerente apprezzamento, nel contraddittorio tra le parti, della prova atipica costituita dalle decisioni penali di merito.
Considerato che
il primo motivo è infondato;
va premesso che in tema di giudicato, la disposizione di cui all’art. 652 cod. proc. pen., così come quelle degli artt. 651, 653 e 654 dello stesso codice, costituisce un’eccezione al principio dell’autonomia e della separazione dei giudizi penale e civile e non è, pertanto, applicabile in via analogica oltre i casi espressamente previsti: ne consegue che soltanto la sentenza penale irrevocabile di assoluzione (per essere rimasto accertato che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto è stato compiuto nell’adempimento di un dovere o nell’esercizio di una facoltà legittima), pronunciata a séguito a dibattimento, ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno, mentre le sentenze di non
doversi procedere perché il reato è estinto per prescrizione o per amnistia non hanno alcuna efficacia extrapenale, a nulla rilevando che il giudice penale, per pronunciare la sentenza di proscioglimento, abbia dovuto accertare i fatti e valutarli, sicché, in questo caso, il giudice civile, pur tenendo conto degli elementi di prova acquisiti in sede penale, deve interamente ed autonomamente rivalutare il fatto in contestazione (Cass., 12/06/2024, n. 16422);
in questo quadro si è precisato che:
qualora il giudice penale, nel dichiarare estinto il reato per prescrizione, pronunci condanna generica dell’imputato al risarcimento del danno in favore della parte civile, a tale statuizione deve viceversa riconoscersi efficacia vincolante, in ordine all’affermata responsabilità dell’imputato, nel successivo giudizio civile risarcitorio, che resta deputato unicamente all’accertamento -secondo le sue proprie regole -dell’esistenza ed entità in concreto di un pregiudizio risarcibile (Cass.18/10/2024, n. 27055);
qualora poi, in sede penale, sia stata pronunciata in primo o in secondo grado la condanna (generica) alle restituzioni e al risarcimento dei danni cagionati dal reato a favore della costituita parte civile, e questa Corte di cassazione, nell’annullare senza rinvio la pronuncia per essersi il reato estinto per prescrizione, tenga «ferme le statuizioni civili, attesa la sentenza di condanna in primo grado e l’assenza d’impugnazione sul punto», una tale decisione dà luogo alla formazione del (relativo) giudicato sulla statuizione resa dal giudice penale, a norma dell’art. 578 cod. proc. pen., sulla domanda civile portata nella sede penale, come tale vincolante in ogni altro giudizio tra le stesse parti in cui si controverta sulle conseguenze derivanti dal fatto (Cass., 15/06/2020, n. 11467);
è necessario quindi verificare se, in sede di annullamento senza rinvio per prescrizione del reato, pronunciato da questa Corte di legittimità penale, siano state tenute ferme le statuizioni di condanna generica pronunciate nei precedenti gradi di merito;
nella fattispecie ciò non è avvenuto, anzi, questa Corte ha così motivato e statuito in quella sede, con la pronuncia n. 49857 del 2012: «il ricorso eccepisce violazione delle norme in materia di valutazione delle prove, formulando rilievi sulla prevalenza, attribuita dal giudicante alle risultanze di prove testimoniali rispetto alle risultanze di segno contrario congiuntamente scaturenti sia dal giuramento di cui si assume la falsità, che dalla prova scritta proveniente da uno dei testimoni. Il rilievo non risulta manifestamente inammissibile sulla base dell’accertamento svolto nella sentenza impugnata, circostanza che, in via preliminare, impone di verificare, ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., l’intervento della causa estintiva del reato, effetto della prescrizione maturata il 25 agosto 2012, che impone l’annullamento senza rinvio della pronuncia impugnata»;
ne discende che:
la sentenza in parola ha pronunciato il proscioglimento per prescrizione perché la deduzione svolta nel merito cassatorio non era apparsa ‘manifestamente inammissibile’, quindi non tenendo ferme le statuizioni di merito, neppure ai fini civili;
il giudice civile doveva rivalutare i fatti, secondo le regole sue proprie anche probatorie (v. Cass. 31/05/2024, n. 15290), sia pur tenendo conto, come ha fatto, del valore di prova atipica delle sentenze penali di merito;
il secondo e terzo motivo, da esaminare congiuntamente per connessione, sono inammissibili;
fermo quanto si è appena detto esaminando il primo motivo, le censure:
non tengono conto che non è intervenuta alcuna sentenza irrevocabile di condanna in sede penale neppure agli effetti civili;
non si misurano compiutamente con la ragione decisoria della Corte territoriale secondo cui, in sintesi, non vi erano confessioni rese alla controparte tali da poter superare le risultanze contenute nelle quietanze;
spese secondo soccombenza, con la richiesta distrazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di parte controricorrente liquidate in 3.500,00 euro oltre a 200,00 euro per esborsi, 15% di spese forfettarie e accessori legali, con distrazione in favore dell’avvocato NOME COGNOME
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte ricorrente, al competente ufficio di merito, se dovuto e nella misura dovuta, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 3/06/2025.