Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 29422 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 29422 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. NUMERO_DOCUMENTO) proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo legale rappresentante pro -tempore , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, nel cui studio in Roma, INDIRIZZO, ha eletto domicilio;
-ricorrente –
contro
Fallimento della RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo curatore pro -tempore , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO ;
-controricorrente – avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 2907/2024, pubblicata il 26 aprile 2024, notificata a mezzo PEC il 2 maggio 2024;
R.G.N. 16275/24
C.C. 22/10/2025
Appalto
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22 ottobre 2025 dal Consigliere relatore NOME COGNOME;
lette le memorie illustrative depositate nell’interesse delle parti, ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c.;
FATTI DI CAUSA
1. -Con decreto ingiuntivo n. 257/2013, notificato il 13 maggio 2013, il Tribunale di Cassino intimava il pagamento, a carico della RAGIONE_SOCIALE e in favore del Fallimento della RAGIONE_SOCIALE, della somma di euro 215.021,00, oltre interessi, a titolo di residuo dovuto in esito all’esecuzione del subappalto relativo ai lavori della ferrovia AV Roma -Napoli, come ultimati e accettati prima della dichiarazione di fallimento, di cui euro 197.082,96 erano costituiti da mere ‘ritenute a garanzia’, ossia da un accantonamento effettuato dal committente sui corrispettivi maturati dall’appaltatore a garanzia dell’adempimento delle obbligazioni relative al pagamento delle retribuzioni e dei contributi per i lavoratori impiegati nell’appalto, condizione -cui era sottoposto lo svincolo delle ritenute -reputata inopponibile al fallimento.
Con atto di citazione notificato il 18 giugno 2013, la RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione avverso l’emesso decreto ingiuntivo, deducendo l’inesigibilità del credito, in ragione del fatto che l’appaltatore RAGIONE_SOCIALE poi divenuto RAGIONE_SOCIALE -non aveva mai sanato la propria posizione debitoria nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE, sicché la pendenza di tali esposizioni debitorie avrebbe legittimato
la sospensione dei pagamenti e sarebbe stata opponibile al Fallimento.
Si costituiva in giudizio il fallimento della RAGIONE_SOCIALE, la quale contrastava la ricostruzione di controparte ed insisteva nel rigetto dell’opposizione.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 4/2020, depositata il 7 gennaio 2020, accoglieva parzialmente l’opposizione avverso il provvedimento monitorio, ritenendo opponibile al Fallimento la ‘condizione’ contemplata nel contratto di subappalto, secondo cui l’importo di euro 197.082,96, oggetto di ritenuta a garanzia -ossia l’accantonamento effettuato dal committente sui corrispettivi maturati dall’appaltatore a garanzia dell’adempimento delle obbligazioni relative al pagamento dei contributi per i lavoratori impiegati nell’appalto -, sarebbe stato inesigibile sino all’effettivo assolvimento di tali obblighi.
2. -Con atto di citazione notificato il 7 luglio 2020, il fallimento della RAGIONE_SOCIALE proponeva appello avverso la pronuncia di prime cure, lamentando: 1) che era inopponibile alla procedura concorsuale la clausola contrattuale che prevedeva il trattenimento del 5% del corrispettivo a garanzia dell’assolvimento degli obblighi contributivi dell’appaltatore, poiché un eventuale pagamento da parte del terzo committente del credito vantato da RAGIONE_SOCIALE nei confronti del fallimento sarebbe stato affetto da inefficacia ex art. 44 legge fall. vigente ratione temporis , in quanto lesivo della par condicio creditorum ; 2) che la ritenzione da parte dell’impresa committente delle somme
trattenute in garanzia aveva perso ogni giustificazione alla luce della sopravvenuta estinzione per prescrizione del diritto di RAGIONE_SOCIALE di richiedere in sostituzione l’adempimento degli obblighi contributivi al committente.
Si costituiva nel giudizio d’impugnazione la RAGIONE_SOCIALE, la quale instava per il rigetto dell’appello.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Roma, con la sentenza di cui in epigrafe, accoglieva l’appello e, in parziale riforma della pronuncia impugnata, condannava la RAGIONE_SOCIALE a corrispondere, in favore del fallimento della RAGIONE_SOCIALE, la somma di euro 197.082,96, oltre interessi in misura legale a decorrere dall’8 maggio 2012 sino all’effettivo pagamento, compensando per intero tra le parti le spese di lite.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che la condizione alla quale le parti avevano subordinato il diritto dell’appaltatore ad esigere, una volta intervenuta l’accettazione dei lavori, il pagamento degli importi trattenuti in garanzia -ossia la regolarità contributiva -, doveva considerarsi avverata, una volta intervenuto il fallimento dell’appaltatore creditore, venendo in considerazione il divieto normativo che impediva alla procedura di procedere al pagamento dei crediti anteriori al di fuori delle regole del concorso, il che rappresentava una sorta di factum principis ; b ) che un argomento normativo a sostegno di tale ricostruzione sistematica poteva rinvenirsi nell’art. 5, secondo comma, del decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali del 30 gennaio 2015, il quale -occupandosi del fallimento con esercizio provvisorio -prevedeva che l’impresa dovesse considerarsi
regolare con riferimento agli obblighi contributivi, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, scaduti anteriormente alla data di autorizzazione all’esercizio provvisorio, evidentemente muovendo dalla premessa per cui l’adempimento fosse inibito da una disposizione normativa, conclusione, questa, corroborata dal più esplicito disposto di cui all’art. 5, secondo comma, lett. b), del decreto del medesimo Ministero del 24 ottobre 2007, secondo cui la regolarità contributiva è attestata dagli istituti previdenziali qualora sia integrata la condizione delle sospensioni dei pagamenti a seguito di disposizioni legislative.
-Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, la RAGIONE_SOCIALE
Ha resistito, con controricorso, l’intimato fallimento della RAGIONE_SOCIALE
4. -Il consigliere delegato ha formulato proposta di definizione del giudizio depositata il 13 gennaio 2025, comunicata il 13 gennaio 2025, ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c., alla stregua della ritenuta manifesta infondatezza del ricorso.
Con atto depositato il 24 febbraio 2025, la RAGIONE_SOCIALE ha chiesto la decisione del ricorso.
5. -Le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Si premette che il consigliere delegato che ha formulato la proposta di definizione può far parte ed essere nominato relatore del collegio investito della definizione del giudizio ai sensi
dell’art. 380 -bis .1 c.p.c., non versando in situazione di incompatibilità agli effetti degli artt. 51, primo comma, n. 4, e 52 c.p.c. (Cass. Sez. U, Sentenza n. 9611 del 10/04/2024).
2. -Tanto chiarito, con l’unico motivo articolato la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 1353, 1453, 1460 c.c. e degli artt. 44, 110 e 113 del r.d. n. 267/1942 vigente ratione temporis , per avere la Corte di merito ritenuto che il fallimento dell’appaltatore comportasse l’avveramento per factum principis della condizione avente ad oggetto l’assolvimento delle obbligazioni contributive relative ai dipendenti impiegati nell’appalto, alla quale era subordinata l’esigibilità del credito relativo allo svincolo delle ritenute a garanzia.
Ad avviso dell’istante, il mancato avveramento di tale condizione avrebbe comunque precluso al fallimento del subappaltatore di esigere il residuo dovuto, con la conseguente persistente legittimità della sospensione del pagamento.
2.1. -Il motivo è infondato.
Si evidenzia, in primis , che la condizione ben può contemplare, quale evento futuro e incerto, l’adempimento degli obblighi di una parte del contratto verso terzi, come nella specie.
Si tratta, in questa dimensione, di una condizione di esigibilità del credito.
Orbene, per effetto della dichiarazione di fallimento della subappaltatrice, si è determinato lo scioglimento ipso iure del contratto di subappalto con efficacia ex nunc , ai sensi dell’art. 81, primo comma, legge fall. vigente ratione temporis , con la
conseguente spettanza al curatore dei pagamenti che competevano alla subappaltatrice in ragione delle opere eseguite.
Ed invero, la condizione che subordina il pagamento del compenso residuo dovuto all’assolvimento degli obblighi contributivi in favore dei lavoratori -ossia che consente all’appaltante di sospendere i pagamenti delle somme trattenute a garanzia in favore dell’appaltatore, in attesa della prova della regolarità contributiva -deve ritenersi riferita all’ipotesi in cui il rapporto di appalto sia in corso con un’impresa in bonis e, dunque, non è applicabile nel caso in cui, con la dichiarazione di fallimento, il contratto di appalto si scioglie; ne consegue che al curatore è dovuto dall’appaltante il corrispettivo delle prestazioni eseguite fino all’intervenuto scioglimento del contratto e che gli enti verso cui devono essere versati i contributi devono essere considerati creditori concorsuali dell’appaltatore come gli altri, da soddisfare nel rispetto della par condicio creditorum e dell’ordine delle cause di prelazione (come può desumersi dalla motivazione di Cass. Sez. U, Sentenza n. 5685 del 02/03/2020, sebbene riferita alla diversa fattispecie, ma assimilabile quanto al principio anzidetto, in cui il pagamento del compenso dal committente all’appaltatore di opera pubblica sia subordinato ex lege al previo pagamento dell’appaltatore in favore del subappaltatore; nello stesso senso Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 22890 del 16/08/2024; Sez. 1, Ordinanza n. 22834 del 14/08/2024; Sez. 1, Ordinanza n. 20603 del 24/07/2024; Sez. 1, Ordinanza n. 215 del 04/01/2024; Sez. 1, Ordinanza n. 23522 del 27/07/2022; Sez. 1, Ordinanza n. 23447 del 27/07/2022; Sez. 6-1, Ordinanza n. 24472 del 10/09/2021).
All’esito, è illegittimo il rifiuto del sub -committente di versare il prezzo residuo del subappalto in favore della procedura fallimentare, rilevando che tali somme dovrebbero essere corrisposte -in virtù della funzione di garanzia ex lege ed ex contractu -all’ente previdenziale, poiché il credito relativo al corrispettivo del subappalto è acquisito alla massa, con la conseguenza che un eventuale pagamento successivo effettuato in favore dell’ente previdenziale con denaro del fallito sarebbe inefficace ai sensi dell’art. 44 legge fall. vigente ratione temporis , poiché violativo della par condicio creditorum , così consentendo di ottenere in prededuzione una somma che sarebbe dovuta con privilegio di grado posteriore.
Ne discende che il divieto normativo di procedere al pagamento dei crediti anteriori al fallimento al di fuori delle regole del concorso consente l’equiparazione di tale fattispecie all’avveramento della condizione prevista, per effetto dell’intervenuto fallimento del subappaltatore -creditore, in base ad una sorta di factum principis , come prospettato dalla sentenza impugnata.
La condizione di esigibilità del credito non può, al riguardo, più essere soddisfatta, competendo la possibilità di onorare i crediti contributivi cui era subordinato il pagamento del saldo in favore del subappaltatore, nelle more fallito, all’insinuazione al passivo atto a far valere detti obblighi, insinuazione nella specie effettivamente avvenuta, proprio per effetto dello scioglimento dell’appalto entro cui si iscriveva la condizione di esigibilità (venuta meno in via sopravvenuta).
Diversamente, dovrebbe attendersi il completamento della procedura concorsuale con la (eventuale) soddisfazione degli enti previdenziali affinché il subappaltatore possa ottenere il residuo compenso dovuto per le opere ultimate e accettate, peraltro senza che per tale soddisfazione la massa attiva possa giovarsi di quanto dovuto dal subappaltante in favore del subappaltatore fallito.
D’altronde, il sub -committente non avrebbe potuto valersi neanche dell’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c., non solo perché tale eccezione non può essere opposta a fronte di un contratto sciolto, ma anche e soprattutto perché la pretesa di pagamento del residuo compenso dovuto è stata pacificamente avanzata all’esito dell’ultimazione e dell’accettazione dell’opera.
Sicché nessuna eccezione intrinseca alla mancata o irregolare esecuzione del contratto di appalto si profila nel caso in disputa, tale da inibire, a monte, la spettanza del compenso in chiave sinallagmatica con l’attuazione della prestazione dell’assuntore (da ciò la non pertinenza del richiamo a Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 26573 del 30/09/2021).
3. -In definitiva, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese e compensi di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Poiché il giudizio è stato definito in conformità alla proposta, deve essere applicato l’art. 96, terzo e quarto comma, c.p.c., con la conseguente condanna ulteriore della ricorrente soccombente al pagamento, in favore della controparte, di una somma equitativamente determinata nonché, in favore della cassa delle ammende, di una somma di denaro non inferiore ad euro 500,00
e non superiore ad euro 5.000,00, somme che si liquidano come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla refusione, in favore della controricorrente, delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 5.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge; condanna altresì la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, della somma equitativamente determinata in euro 5.000,00 e al pagamento, in favore della cassa delle ammende, della somma di euro 2.000,00.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, in data 22 ottobre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME