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Fallimento società incorporata: è possibile? Analisi

Una società è stata posta in liquidazione giudiziale nonostante fosse stata precedentemente cancellata dal registro delle imprese a seguito di una fusione per incorporazione in un’altra società. La Corte d’Appello ha respinto il reclamo del suo ex legale rappresentante, stabilendo un principio chiave: in tema di fallimento, la norma speciale che consente di dichiarare fallita un’impresa entro un anno dalla sua cancellazione (art. 10 L.Fall.) prevale sulla regola generale del diritto societario che decreta l’estinzione della società incorporata. Pertanto, la procedura è stata correttamente instaurata nei confronti della società originaria, anche se legalmente estinta, per tutelare i creditori.

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Fallimento Società Incorporata: La Legge Fallimentare Prevale sul Diritto Societario

Una recente sentenza della Corte d’Appello di Roma affronta un tema cruciale all’incrocio tra diritto societario e fallimentare: è possibile dichiarare il fallimento di una società incorporata e cancellata dal registro delle imprese? La decisione chiarisce che, per la tutela dei creditori, la società estinta “sopravvive” ai soli fini della procedura concorsuale, grazie a un principio di specialità della legge fallimentare.

I Fatti del Caso

Il Tribunale di Latina aveva dichiarato l’apertura della liquidazione giudiziale (procedura che ha sostituito il fallimento) nei confronti di una società. Il legale rappresentante di quest’ultima ha presentato reclamo alla Corte d’Appello, sostenendo che la società non potesse essere soggetta a tale procedura. Il motivo? La società era stata cancellata dal registro delle imprese diversi mesi prima, a seguito di una fusione per incorporazione in un’altra società con sede negli Stati Uniti.

Secondo il reclamante, l’azione avrebbe dovuto essere intentata contro la società incorporante, unica entità giuridica esistente dopo la fusione. Contestava inoltre la validità della notifica e l’effettiva sussistenza dello stato di insolvenza.

La Decisione della Corte d’Appello e il Fallimento della Società Incorporata

La Corte d’Appello ha rigettato integralmente il reclamo, confermando la decisione di primo grado. I giudici hanno stabilito che la procedura di liquidazione giudiziale era stata correttamente avviata nei confronti della società originaria, sebbene estinta e cancellata dal registro.

La Corte ha fondato la sua decisione su un consolidato orientamento della Corte di Cassazione, che bilancia le norme sull’estinzione societaria con le esigenze di tutela del ceto creditorio tipiche del diritto fallimentare.

Le Motivazioni Giuridiche della Sentenza

Il cuore della pronuncia risiede nell’applicazione del principio di specialità. La Corte ha spiegato che, sebbene la fusione per incorporazione (art. 2504 c.c.) determini l’estinzione della società incorporata e il trasferimento universale dei suoi rapporti giuridici all’incorporante, in materia di insolvenza si applica una disciplina speciale.

Questa disciplina è contenuta nell’art. 10 della Legge Fallimentare (applicabile al caso), il quale prevede che un imprenditore possa essere dichiarato fallito entro un anno dalla sua cancellazione dal registro delle imprese, se l’insolvenza si è manifestata prima della cancellazione o nell’anno successivo. Questa norma crea una sorta di “ultrattività” della soggettività giuridica del debitore ai soli fini della procedura concorsuale.

La ratio di questa norma è duplice:
1. Evitare condotte elusive: Impedire che un imprenditore insolvente possa sottrarsi alle procedure concorsuali attraverso operazioni straordinarie come la fusione.
2. Garantire la stabilità giuridica: Tutelare le legittime aspettative dei creditori alla garanzia patrimoniale del loro debitore originario.

Di conseguenza, ai fini della corretta instaurazione del contraddittorio, il soggetto passivo della procedura di liquidazione giudiziale è proprio la società incorporata, anche se estinta. La sua identità viene conservata fittiziamente per consentire l’apertura della procedura fallimentare. La Corte ha inoltre ritenuto infondate le altre doglianze, confermando la sussistenza di un ingente stato di insolvenza derivante da debiti tributari e contributivi per circa mezzo milione di euro, la cui solvibilità da parte della società incorporante non era stata in alcun modo provata.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: la fusione societaria non è uno scudo contro il fallimento. Il fallimento di una società incorporata è giuridicamente possibile e la procedura deve essere avviata contro di essa entro il termine di un anno dalla sua cancellazione. Gli amministratori e i legali rappresentanti non possono invocare l’estinzione della società per bloccare le istanze dei creditori. Questa interpretazione garantisce un solido presidio a tutela del ceto creditorio, affermando la prevalenza delle norme speciali sulla crisi d’impresa rispetto alle regole generali del diritto societario.

Una società che è stata fusa per incorporazione in un’altra può essere dichiarata fallita?
Sì, può essere dichiarata in liquidazione giudiziale (ex fallimento) entro un anno dalla sua cancellazione dal registro delle imprese, anche se la cancellazione è conseguenza della fusione.

Contro chi deve essere avviata la procedura di fallimento: la vecchia società incorporata o la nuova società incorporante?
La procedura deve essere instaurata nei confronti della società originaria incorporata. Ai soli fini della procedura concorsuale, la legge considera che questa mantenga una propria identità giuridica per un anno dopo la cancellazione.

Perché la legge fallimentare prevale sulla regola generale che estingue la società dopo una fusione?
Per il principio di specialità. Le norme fallimentari sono state create con lo scopo specifico di tutelare i creditori e l’ordine economico, e quindi prevalgono sulle norme generali del diritto societario per evitare che operazioni come la fusione vengano usate per eludere i debiti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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