Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14703 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 14703 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 15218 – 2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME -c.f. CODICE_FISCALE -elettivamente domiciliato, con indicazione dell’indirizzo p.e.c., in RAGIONE_SOCIALE, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO che lo rappresenta e difende in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al ricorso.
RICORRENTE
contro
CURATORE del fallimento d ella ‘ RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona del dottor NOME COGNOME, rappresentato e difeso in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al controricorso dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliato in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME .
CONTRORICORRENTE
avverso la sentenza n. 629/2021 della Corte d’Appello di L’Aquila , udita la relazione nella camera di consiglio del 25 marzo 2024 del AVV_NOTAIO NOME COGNOME,
RILEVATO CHE
Con sentenza n. 70 del l’8 .7.2014 il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE dichiarava il fallimento della ‘RAGIONE_SOCIALE ‘ -in liquidazione su ricorso della medesima RAGIONE_SOCIALE ed a seguito di delibera degli entisoci, tra i quali il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE.
NOME COGNOME, amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE fallita dal 2010 al 2013, ovvero dalla sua costituzione alla sua messa in liquidazione, proponeva reclamo. Instava per la revoca della dichiarazione di fallimento.
Con sentenza del 2.3.2015 la Corte d’Appello di L’Aquila accoglieva il reclamo e, dato atto della legittimazione del reclamante, dichiarava la non assoggettabilità a fallimento della ‘RAGIONE_SOCIALE‘, in quanto RAGIONE_SOCIALE ‘ in RAGIONE_SOCIALE ‘ (cfr. ricorso, pag. 3) .
Con sentenza n. 5346/2019 questa Corte opinava per la fallibilità della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e cassava la sentenza del 2.3.15 della Corte di L’Aquila (cfr. ricorso, pag. 3) .
La curatela del fallimento attendeva alla riassunzione del giudizio.
Resisteva NOME COGNOME.
Con sentenza n. 629/2021 la Corte d’Appello di L’Aquila rigettava il reclamo e condannava NOME COGNOME alle spese di lite.
Premetteva la corte che il mancato deposito, nonostante la prefigurazione dell’art. 14 l.fall., delle scritture contabili e fiscali obbligatorie non ostava al riscontro del superamento dei parametri dimensionali e della sussistenza dello stato di insolvenza mercè le ulteriori acquisizioni documentali (cfr. sentenza impugnata, pag. 7) .
Indi, la corte, evidenziava che il compendio documentale nel complesso acquisito -ossia lo stato particolareggiato ed estimativo delle attività, l’elenco
nominativo dei creditori con indicazione dei rispettivi crediti, l’indicazione dei ricavi lordi per ciascuno dei tre esercizi, il bilan cio dell’esercizio 2011 approvato e depositato presso l’ufficio del registro delle imprese, il bilancio dell’esercizio 2012 nel testo predisposto dall’amministratore e nel testo predisposto dal liquidatore ed il bilancio del 2013 predisposto dal liquidatore (cfr. sentenza impugnata, pag. 7) – concorreva a dar ragione sia del superamento del parametro dimensionale di cui all’ art. 1, 2° co., lett. b), l.fall. sia della sussistenza dello stato di insolvenza ovvero dell’eccedenza, alla data della dichiarazione di fallimento, degli elementi patrimoniali passivi sugli elementi patrimoniali attivi (cfr. sentenza impugnata, pag. 8) .
Evidenziava segnatamente quanto segue circa le esperite contestazioni.
In primo luogo, che la situazione di piena alterità-autonomia intercorrente tra la RAGIONE_SOCIALE fallita ed il socio RAGIONE_SOCIALE induceva a riconoscere come senz’altro sussistenti il debito di euro 445.427,24 ed il debito di euro 1.049,31; che invero il trasferimento bimestrale al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE delle somme riscosse dalla RAGIONE_SOCIALE poi fallita ‘costituiva non un mera partita di giro contabile ma (…) una transazione commerciale soggetta ad i.v.a.’ (così sentenza impugnata, pag. 11) ; che propriamente l’omissione del trasferimento bimestrale era atta render e la ‘RAGIONE_SOCIALE‘ debitrice del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE per l’importo delle somme riscosse nel bimestre di riferimento al netto dei corrispettivi maturati e degli acconti ricevuti (cfr. sentenza impugnata, pagg. 11 – 12) .
In secondo luogo, che senza dubbio il bilancio allegato alla relazione del liquidatore in data 14.11.2013 non risultava approva to e la ‘situazione patrimoniale’ al 26.3.2014 allegata al ricorso per la dichiarazione di fallimento risultava incompleta e di difficile comprensione (cfr. sentenza impugnata, pag.
12) ; ch e nondimeno rivestivano precipua valenza l’elenco nominativo dei creditori e lo stato particolareggiato ed estimativo delle attività; che propriamente l’ammontare complessivo delle passività era pari ad euro 675.183,25 (cfr. sentenza impugnata, pag. 13) e l’ammontare complessivo delle attività era pari ad euro 128.825,16 (cfr. sentenza impugnata, pag. 14) .
In terzo luogo, che, pur a dar seguito a taluni degli ulteriori profili di contestazione, ossia pur ad opinare per il minor ammontare dell’esposizione debitoria nei confronti del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, le passività sarebbero diminuite ad euro 457.812,88 (cfr. sentenza impugnata, pag. 15) e le attività sarebbero aumentate ad euro 275.266,57 (cfr. sentenza impugnata, pag. 15) .
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME; ne ha chiesto sulla scorta di sei motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione.
Il curatore del fallimento della ‘RAGIONE_SOCIALE liquidazione ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.
Il ricorrente ha depositato memoria.
Il controricorrente del pari ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 5 e 14 l.fall.
Deduce che la Corte di L’Aquila si è avvalsa della lista dei creditori e dello stato estimativo, benché si trattasse di ‘prospetti redatti (…) proprio da chi aveva richiesto l’auto -fallimento’ (così ricorso, pag. 17) e benché siffatti documenti costituissero la naturale proiezione della situazione patrimoniale
dichiaratamente considerata ‘incompleta e difficilmente comprensibile’ (così ricorso, pag. 17) .
Deduce quindi che la corte d’appello ha giudicato sulla scorta di un quadro molto lacunoso (cfr. ricorso, pag. 18) .
Deduce del resto , con riferimento ai crediti della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ appostati nel bilancio di liquidazione, che la corte di merito ha provveduto ad incrementarli di euro 146.441,41 (cfr. ricorso, pag. 23) e, con riferimento ai debiti della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ appostati nel bilancio di liquidazione, che la corte di merito ha provveduto ad espungere il debito di euro 50.273,83 (cfr. ricorso, pag. 24) .
Deduce dunque che questi due errori, emendati dalla corte distrettuale, danno il segno dell’inattendibilità ‘di quanto era stato al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE‘ (così ricorso, pag. 24) , cosicché non vi è margine per reputare attendibili l’ an ed il quantum ‘delle ulteriori voci esposte nell’elenco dei creditori e nello stato estimativo’ (così ricorso, pag. 24) .
Deduce ulteriormente che la svalutazione dei crediti appostati nel bilancio di liquidazione -da euro 477.457,16 ad euro 57.794,10 -è di certo abnorme (cfr. ricorso, pag. 25) .
Il primo motivo di ricorso va respinto.
Invero, l’esperito mezzo di impugnazione si risolve nella sollecitazione a questa Corte, per giunta, formulata in termini ipotetico-interrogativi (‘perché mai bisogn erebbe credere all’an e al quantum delle ulteriori voci esposte nell’elenco dei creditori e nello stato estimativo mai ritoccate dalla Corte di merito?’: così ricorso, pag. 24) e perciò non rigorosamente specifici, a delibare ex novo le doglianze di merito (‘è come dire (…) che bisogna credere a quanto
espone nei documenti formati ad hoc per corredare la sua richiesta’: così ricorso, pag g. 27 – 28) già addotte nelle pregresse fasi (‘qui è utile considerare quanto già scritto a pag. 32 del reclamo del 6.8.2014 (…)’: così ricorso, pag. 25) .
Evidentemente in questi termini soccorre in chiave dirimente l’elaborazione di questa Corte .
Ossia l’insegnamento secondo cui i motivi di ricorso per cassazione devono connotarsi, a pena di inammissibilità, in conformità, peraltro, al requisito della specificità (cfr. Cass. 17.7.2007, n. 15952) .
Ossia l’insegnamento secondo cui con i motivi di ricorso per cassazione la parte non può limitarsi a riproporre le tesi difensive svolte nelle fasi di merito e motivatamente disattese dal giudice dell’appello, senza considerare le ragioni offerte da quest’ultimo, poiché in tal modo si determina una mera contrapposizione della propria valutazione al giudizio espresso dalla sentenza impugnata che si risolve, in sostanza, nella proposizione di un ‘non motivo’, come tale inammissibile ex art. 366, 1° co., n. 4, c.p.c. (cfr. Cass. (ord.) 24.9.2018, n. 22478; Cass. sez. lav. 25.8.2000, n. 11098) .
Ossia l’insegnamento secondo cui c on il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito, poiché la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità (cfr. Cass. (ord.) 7.12.2017, n. 29404. Cfr. altresì Cass. 27.3.2014, n. 7252, secondo cui il convincimento espresso dal giudice di merito circa la sussistenza dello stato di insolvenza costituisce apprezzamento di fatto, incensurabile in cassazione, ove sorretto da motivazione esauriente e giuridicamente corretta) .
In ogni caso, la motivazione dell’impugnato dictum -di cui dapprima si è dato conto – risulta ineccepibile in diritto ed immune da qualsivoglia forma di ‘anomalia motivazionale’ destinat a ad acquisire significato alla stregua della pronuncia n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte.
D’altronde, il ricorrente si duole per l’asserita erronea valutazione de gli esiti probatori (la svalutazione dei crediti ‘era stata operata dal liquidatore in base ad una motivazione affatto convincente ‘: cfr. ricorso, pag. 25 ; ‘alla fine la Corte territoriale ha dato per quanto la RAGIONE_SOCIALE aveva redatto di proprio pugno (…)’: così memoria ricorrente, pag. 4 ) .
E tuttavia il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ., né in quello del precedente n. 4, disposizione che per il tramite dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ. – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892; Cass. (ord.) 26.9.2018, n. 23153; Cass. (ord.) 19.7.2021, n. 20553) .
Il ricorrente ha altresì addotto che la corte territoriale ha riscontrato la sussistenza del parametro di cui alla lett. b) del 2° co. dell’art. 1 l.fall. – il volume dei ricavi – unicamente sulla scorta del bilancio del 2011, che nulla prova quanto ai bilanci relativi agli anni successivi (cfr. ricorso, pag. 27) .
Nondimeno siffatta ragione di doglianza non si correla compiutamente alla ‘ ratio decidendi ‘.
Difatti -lo si è premesso – la Corte di L ‘Aquila si è comunque avvalsa del bilancio dell’esercizio 2011 approvato e depositato presso l’ufficio del registro
delle imprese nel quadro dell’intero compendio documentale acquisito e nel segno particolare dello stato particolareggiato ed estimativo delle attività e dell’elen co nominativo dei creditori con indicazione dei rispettivi crediti.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 4, cod. proc. civ. la nullità della sentenza o del procedimento in relazione agli artt. 24 e 111, 1° co., Cost. ed all’art. 112 cod. proc. civ.
Premette che la sentenza dichiarativa di fallimento del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE si basava sul bilancio di liquidazione risalente al 2013 (cfr. ricorso, pag. 30) .
Premette che nessun altro dato eccedente quanto risultante dalla sentenza dichiarativa di fallimento ‘era stato portato dalla Curatela alla Corte aquilana’ (così ricorso, pag. 32) .
Deduce quindi che la premessa cui è ancorata l ‘impugn ata sentenza della Corte di L’Aquila, ‘è stata immessa nel giudizio di secondo grado dallo stesso Collegio di merito, senza che venisse effettivamente dalla Curatela (oltre che specificamente dedotta nel ricorso di cui all’art. 6 l.f.)’ (così ricorso, pagg. 36 – 37) .
Deduce dunque che la corte d’appello ha statuito in violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ed in violazione del diritto di difesa e del giusto processo (cfr. ricorso, pag. 37) .
Il secondo motivo di ricorso del pari va respinto.
Il reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, limitatamente ai procedimenti -è il caso de quo – in cui trova applicazione la riforma di cui al d.lgs. 12.9.2007, n. 169, è caratterizzato da un effetto devolutivo pieno, con conseguente inapplicabilità dei limiti previsti dagli artt. 342 e 345 cod. proc. civ., sicché le parti sono abilitate a proporre anche questioni non affrontate nel
giudizio innanzi al tribunale (cfr. Cass. 24.3.2014, n. 6835; Cass. (ord.) 19.2.2019, n. 4893) , fermo restando -certo – che, se il devolvibile non incontra i limiti previsti dalle predette norme, il devoluto resta pur sempre soltanto quello definito dal reclamo (cfr. Cass. 19.3.2014, n. 6306) .
Nondimeno -così come nella fattispecie di cui alla pronuncia n. 6306-2014 testé citata (fattispecie in cui questa Corte ha ritenuto che il giudice del reclamo, prendendo in considerazione un credito originariamente non valutato dal tribunale, avesse fatto corretto uso dei propri poteri officiosi, essendogli stata devoluta dalle parti la questione dell ‘ insolvenza) -nel caso de quo agitur è stata prospettata sin dal ricorso ex art. 14 l.fall. (della ‘RAGIONE_SOCIALE‘) e poi devoluta alla corte d’appello (da NOME COGNOME) la quaestio della sussistenza -insussistenza dell ‘insolvenza della medesima ‘RAGIONE_SOCIALE‘ in liquidazione evidentemente in dipendenza dell’eccedenza (o meno) delle ‘passività’ sulle ‘attività’ .
Su tale scorta si tenga conto dei seguenti ulteriori rilievi.
Per un verso, NOME COGNOME aveva formulato motivi di reclamo ad ampio spettro, adducendo la minore consistenza dei debiti e la maggiore consistenza dei crediti della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ (cfr. ricorso, pagg. 8 – 9) .
Per altro verso, la corte di merito ha riscontrato lo stato di insolvenza sulla scorta dell’elenco nominativo dei creditori con indicazione dei rispettivi crediti e dello stato particolareggiato ed estimativo delle attività – si badi ‘allegati al ricorso per la dichiara zione di fallimento secondo quanto previsto dall’art. 14 l.f.’ (cfr. sentenza impugnata, pag. 13. Per giunta, in sede di reclamo, ai sensi dell’art. 18, 10° co., l.fall. ‘il collegio (…) assume, anche d’ufficio, (…) tutti i mezzi di prova c he ritiene necessari’ ) .
In questi termini invano il ricorrente prospetta che ‘nessuno mai aveva parlato della lista dei creditori e dello stato estimativo’ (così ricorso, pag. 32) ; che ‘la Corte ha fatto molte voci contabili e diversi importi mai esposti da nessuno e, comunque, mai devoluti dalla Curatela’ (così ricorso, pag. 37) .
Si tenga conto che, con riferimento per giunta all’appello, questa Corte ha puntualizzato che il giudizio di appello, pur limitato all’esame delle sole questioni oggetto di specifici motivi di gravame, si estende ai punti della sentenza di primo grado che siano, anche implicitamente, connessi a quelli censurati, sicché non viola il principio del ‘ tantum devolutum quantum appellatum ‘ il giudice di secondo grado che fondi la propria decisione su ragioni diverse da quelle svolte dall’appellante nei suoi motivi ovvero esamini questioni non specificamente da lui proposte o sviluppate, le quali, però, appaiano in rapporto di diretta connessione con quelle espressamente dedotte nei motivi stessi e, come tali, comprese nel ‘thema decidendum ‘ del giudizio (cfr. Cass. sez. lav. 3.4.2017, n. 8604; Cass. 26.1.2016, n. 1377) .
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione dell’art. 5 l.fall. e degli artt. 1344, 2487, 1° co., lett. c), e 2489 cod. civ.
Premett e che la ‘RAGIONE_SOCIALE‘ è stata posta in liquidazione in data 13.9.2013 (cfr. ricorso, pag. 39) .
Premette che la sentenza dichiarativa di fallimento è stata assunta in data 26.6/8.7.2014 (cfr. ricorso, pag. 39) .
Indi deduce che il riscontro da parte della Corte di L’Aquila dell’insolvenza cosiddetta patrimoniale si è arrestato al 31.12.2013, ossia a data di pochi mesi successiva alla messa in liquidazione della RAGIONE_SOCIALE poi fallita, sicché la corte
d’appello non ha propriamente atteso ad una valutazione ‘in divenire’ (cfr. ricorso, pag. 39) .
Deduce propriamente che aveva addotto che ‘le attività di accertamento e di liquidazione compiute nel pregresso (…) avrebbero resi esigibili ulteriori e consistenti aggi’ (così ricorso, pag. 40) e che ‘il tema dei flussi in della RAGIONE_SOCIALE era stato più volte approfondito nell’atto di reclamo (cfr. ricorso, pag. 42) .
Il terzo motivo di ricorso parimenti va respinto.
Il mezzo impugnazione incorre per ampia parte nelle stesse controindicazioni che hanno indotto alla reiezione del primo.
La doglianza è analogamente formulata in termini ipotetici.
Invero, si assume che, p ur a considerare ‘il solo aggio previsto per l’ICI o per la Tarsu del 7% (…), detti accertamenti compiuti dalla RAGIONE_SOCIALE quasi per tutto il 2013 -avrebbero prodotto degli introiti considerevoli: 284.403,53 euro (…). Inoltre, pur volendo pensare che l’evasi one dei cittadini di RAGIONE_SOCIALE era smisurata, si supponga del 25%, erano prevedibili nel breve termine degli introiti liquidi di non meno 213.302,65 euro’ (così ricorso, pag. 44) .
E la formulazione ipotetica sottrae specificità al mezzo di impugnazione.
La censura si risolve in certa qual misura nella riproposizione di una doglianza già addotta in sede di reclamo (‘f) la mancata considerazione, inoltre, della ancora maggiore entità degli aggi già maturati (…)’: cfr. sentenza impugnata, pag. 10) e delibata dalla Corte aquilana (‘(…) il relativo importo non può essere quello prospettato dal reclamante (che fa riferimento al valore contabile delle , concernente aggi futuri, ovviamente incerti sia nell’an che nel quantum, essendo (…) correlate (…) sia l’esigibilità, sia la quantificazione
dei corrispettivi spettanti alla RAGIONE_SOCIALE (…) alla effettiva riscossione dei tributi stessi) ‘: così sentenza impugnata, pag. 15) .
La doglianza si risolve innegabilmente in censura di merito, afferente al concreto riscontro dell’insolvenza (‘due mesi e mezzo per sulle capacità liquidatorie di una impresa sono , sono un tempo ass olutamente insignificante (…)’: così memoria ricorrente, pag. 7) .
Con il quarto motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 4, cod. proc. civ. la nullità della sentenza e del procedimento in relazione all’art. 112 cod. proc. civ.
Deduce che la Corte di L’Aquila non si è pronunciata in ordine a talune delle eccezioni sollevate (cfr. ricorso, pag. 44) .
Deduce in particolare che la corte d’appello non si è pronunciata in ordine alla contestazione per cui il liquidatore, nel redigere il bilancio relativo al 2013, ‘aveva preso a riferimento degli importi non attuali, molto probabilmente quelli tratti dal bilancio 2011 , l’unico approvato’ (così ricorso, pag. 45) .
Deduce in particolare che la corte d’appello non si è pronunciata in ordine alla contestazione concernente gli aggi divenuti esigibili nel 2014, per giunta dopo la proposizione del ricorso di fallimento (cfr. ricorso, pag. 47) .
Deduce in particolare che la corte d’appello non si è pronunciata in ordine al rilievo per cui l’asserito credito di euro 404.595,40 del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE era stato contestato a pagina 25 del l’atto di reclamo (cfr. ricorso, pag. 49) .
Deduce in particolare ch e la corte d’appello non si è pronunciata in ordine alla contestazione per cui nel bilancio di liquidazione i crediti della RAGIONE_SOCIALE poi fallita erano stati ingiustificatamente svalutati del 90% (cfr. ricorso, pag. 49) .
25. Il quarto motivo di ricorso va rigettato.
Ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto (cfr. Cass. 29.1.2021, n. 2151; Cass. (ord.) 13.10.2017, n. 24155) .
In ques ti termini il prefigurato vizio ‘di attività’ per nulla si configura .
Difatti, la corte distrettuale, alla stregua dei rilievi dapprima riferiti, si è innegabilmente pronunciata.
D’altra parte, il ricorrente si duole per l’asserito omesso esame, p iù esattamente, di argomentazioni difensive.
E tuttavia questa Corte spiega che l’ art. 360, 1° co., n. 5, cod. pro. civ. (come riformulato dall’art. 54 del dec. leg. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012) ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, nel cui paradigma non è inquadrabile la censura concernente la omessa valutazione di deduzioni difensive (cfr. Cass. 14.6.2017, n. 14802; Cass. (ord.) 18.10.2018, n. NUMERO_DOCUMENTO) .
28. Con il quinto motivo il ricorrente denuncia ‘ nullità della sentenza e del procedimento con riguardo all’art. 112 c .p.c., all’art. 15, co. 4, c.c. e all’art. 24 Cost. (art. 360, n. 4, c.p.c.)’ (così ricorso, pag. 52) .
Premette che con il reclamo aveva sollecitato la Corte di L’Aquila a far luogo all’aggiornamento economico, patrimoniale e finanziario della RAGIONE_SOCIALE (cfr. ricorso, pag. 53) .
Indi deduce che la corte d’appello ha ingiustificatamente disatteso tale istanza (cfr. ricorso, pag. 53) .
Deduce segnatamente che l’aggiornamento invocato sarebbe stato più che opportuno onde salvaguardare il suo diritto di difesa (così ricorso, pag. 54) .
Il quinto motivo di ricorso del pari va rigettato.
In sostanza il ricorrente si duole perché non è stata disposta consulenza tecnica d’ufficio ‘ in grado di conoscere tutte le somme transitate sui conti correnti della RAGIONE_SOCIALE dopo la cessazione del suo incarico’ (cfr. ricorso, pag. 53) .
E tuttavia questa Corte spiega che la consulenza tecnica d ‘ ufficio è mezzo istruttorio diverso dalla prova vera e propria, sottratto alla disponibilità delle parti e affidato al prudente apprezzamento del giudice di merito, rientrando nel suo potere discrezionale la valutazione di disporre la nomina dell ‘ ausiliario e potendo la motivazione dell ‘ eventuale diniego del giudice di ammissione del mezzo essere anche implicitamente desumibile dal contesto generale delle argomentazioni svolte e dalla valutazione del quadro probatorio unitariamente considerato (cfr. Cass. (ord.) 13.1.2020, n. 326; Cass. 5.7.2007, n. 15219) .
In tal guisa la circostanza per cui la corte distrettuale non ha inteso far luogo all’aggiornamento economico, patrimoniale e finanziario della RAGIONE_SOCIALE non è censurabile in questa sede, viepiù che la corte territoriale, alla stregua del complessivo spettro delle motivazioni che ne sorreggono il dictum , ha dato implicitamente conto del le ragioni del mancato ricorso all’ausilio di un consulente.
Con i l sesto motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e 1364 cod. civ.
Premette che con il reclamo aveva addotto a censura della sentenza dichiarativa di fallimento che la delibera del 31.12.2013 del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
prefigurava un debito, di importo pari ad euro 14.980,00, e non un credito del medesimo RAGIONE_SOCIALE nei confronti della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ (cfr. ricorso, pagg. 55 – 56) .
Indi de duce che la Corte di L’Aquila ha erroneamente inteso le univoche e chiare risultanze di tale delibera, allorché ha assunto che si trattava di un ‘impegno e non di pagamento’ (così ricorso, pag. 56) .
Il sesto motivo di ricorso parimenti va rigettato.
In fondo il ricorrente si duole – in chiave ermeneutica – per la supposta erronea valutazione di un atto amministrativo asseritamente idoneo a dar ragione d ella maggiore consistenza delle ‘attività’ in capo alla RAGIONE_SOCIALE fallita.
E tuttavia -pur a prescindere dall’insegnamento di questa corte in tema di interpretazione di un atto amministrativo a contenuto non normativo (cfr. Cass. sez. lav. 23.7.2010, n. 17367) – si tratta di un elemento probatorio non decisivo, siccome la considerazione del suindicato presunto credito comunque non avrebbe comportato il venir meno del deficit patrimoniale, ossia dell’eccedenza delle passività sulle attività (cfr. sentenza impugnata, pag. 15) .
Tanto, per giunta, nel quadro dell’elaborazione di questa Corte già menzionata -secondo cui il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione.
In dipendenza del rigetto del ricorso il ricorrente va condannato a rimborsare al controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo.
36. Ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. 30.5.2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del
ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.P.R. cit., se dovuto.
P.Q.M.
La Corte così provvede:
rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente, NOME COGNOME, a rimborsare al controricorrente, curatore del fallimento d ella ‘RAGIONE_SOCIALE in liquidazione , le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 6.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge;
ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. n. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ex art. 13, 1° co. bis , d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sez. civ. della Corte