Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14525 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 14525 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 5569 del ruolo generale dell’anno 20 22, proposto
da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del curatore, rappresentato e difeso, giusta procura speciale in atti, dall’AVV_NOTAIO, col quale elettivamente si domicilia in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona dell’amministratore pro tempore , rappresentato e difeso, giusta procura speciale in atti, dall’AVV_NOTAIO, presso lo studio del quale in Roma, alla INDIRIZZO, elettivamente si domicilia
-controricorrente-
e nei confronti di
Oggetto: Concordato omologatoInadempimento degli obblighi concordatariDichiarazione di fallimento omisso medio .
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE 2 RAGIONE_SOCIALE, Procura della Repubblica presso il Tribunale di Velletri, Procura della Repubblica presso la Corte d’appello di Roma
-intimati-
per la cassazione della sentenza della C orte d’appello di Roma n. 334/22, pubblicata in data 18 gennaio 2022;
udita la relazione sulla causa svolta nell’adunanza camerale dell’8 maggio 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Emerge dalla sentenza impugnata che il Tribunale di Velletri dichiarò, su istanza di RAGIONE_SOCIALE, il fallimento di RAGIONE_SOCIALE, sebbene la società fosse stata ammessa alla procedura di concordato preventivo con cessione dei beni, il concordato fosse stato omologato e l’istanza fosse stata proposta oltre il termine fissato dall’art. 186 l.fall., ossia a distanza di oltre un anno dalla scadenza del termine assegnato per l’ultimo adempimento del relativo programma.
La Corte d’appello di Roma ha accolto il reclamo successivamente proposto dalla società, facendo leva sulla considerazione, ritenuta assorbente, che l’opzione concordataria fosse ormai prevalsa sull’apertura della procedura fallimentare .
Per conseguenza, ha argomentato, all’inadempimento degli obblighi assunti col programma concordatario si può porre rimedio con la domanda di risoluzione, da proporre entro il prescritto termine annuale dalla chiusura del programma; e, una volta pronunciata la risoluzione, il tribunale deve procedere a un’autonoma verifica dei requisiti di fallibilità.
Né, ha aggiunto, è configurabile alcuna ingiusta sperequazione rispetto ad altri imprenditori in bonis , in considerazione del dato dirimente rappresentato dall’assoggettamento alla procedura concordataria.
Contro questa sentenza il RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per ottenerne la cassazione, che affida a un unico motivo,
che illustra con memoria, cui replica la sola RAGIONE_SOCIALE, che altresì deposita memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Co n l’unico motivo di ricorso, il RAGIONE_SOCIALE lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 5, 6, 7, 167, 184, 185 e 186 l.fall., là dove la corte d’appello ha escluso la possibilità di dichiarare il fallimento di una società già ammessa al concordato preventivo, senza la preventiva risoluzione del concordato omologato e non eseguito.
Il ricorso è fondato.
Le sezioni unite di questa Corte (Cass., sez. un., n. 4696/22) hanno stabilito che , nella disciplina della legge fallimentare risultante dalle modificazioni apportate dai d.lgs. n. 5 del 2006 e n. 169 del 2007, il debitore ammesso al concordato preventivo omologato, che si dimostri insolvente nel pagamento dei debiti concordatari, può essere dichiarato fallito, su istanza dei creditori, del pubblico ministero o sua propria, anche prima e indipendentemente dalla risoluzione del concordato ex art. 186 l.fall.
1.1.- Indubbiamente, hanno argomentato, con l’omologazione lo stato di insolvenza è definitivamente e irrevocabilmente assegnato alla ristrutturazione debitoria concordata e alle modalità satisfattive in essa contemplate. E tuttavia, hanno sottolineato, questa è cosa ben diversa dal precludere la dichiarazione di fallimento ogniqualvolta queste modalità risultino inattuabili nel corso dell’adempimento dell’accordo definitivamente raggiunto, così da attestare che lo stato di insolvenza persiste pur dopo la vicenda concordataria.
2.- L ‘insolvenza, intesa quale fenomeno giuridico di sostrato economico, è sì rimossa dall’omologazione del concordato, ma nel duplice senso che, per effetto di questa, sul piano sostanziale, essa non rileva più nella sua manifestazione d’origine ma, eventualmente, solo in quella rinveniente dalla mancata esecuzione del patto
concordatario; e, sul piano processuale, le precedenti istanze di fallimento non possono avere corso.
2.1.- E allora, hanno rimarcato le sezioni unite, l’avvenuta omologazione, la chiusura della procedura concordataria e l’accesso del debitore alla fase puramente esecutiva dell’accordo (anche se sotto sorveglianza ex art. 185 l.fall.) comportano l’applicazione dei principi generali di responsabilità; compresa, se dall’inesecuzione dell’accordo si debbano trarre elementi di insolvenza, la dichiarazione di fallimento: il favore per il concordato e per la sua missione preventiva non può spingersi oltre l’evidenza dell’impossibilità di esecuzione della proposta concordataria omologata.
3.Non può essere accolta l’istanza proposta in controricorso e ribadita in memoria dalla società di rimettere nuovamente la questione all’esame delle sezioni unite di questa Corte.
Si adduce, a fondamento dell’istanza, che, diversamente da quanto stabilito con la sentenza n. 4696/22, vi è continuità normativa tra l’art. 186 l.fall. e l’art. 119 del d.lgs. n. 14/19, il comma 7 del quale stabilisce che « Il tribunale dichiara aperta la liquidazione giudiziale solo a seguito della risoluzione del concordato, salvo che lo stato di insolvenza consegua a debiti sorti successivamente al deposito della domanda di apertura del concordato preventivo » e che sarebbe dunque di utilità interpretativa.
Con la memoria, di rincalzo, si adombra l’ incoerenza delle sezioni unite, le quali, con la sentenza n. 42093/21 avrebbero invece, in una fattispecie di effettiva discontinuità tra la legge fallimentare e il codice della crisi, fatto leva sull’art.6 del C.C.I.I. per interpretare la prededuzione dell’art.111 l.f.; laddove la continuità di fattispecie tra l’ar t. 186 l.fall . e l’art. 119, comma 7, del C. C.I.I. indurrebbe dubbi sulla tenuta della sentenza n. 4696/22, posto che il fallimento omisso medio è escluso dal C.C.I.I.
3.1.- Da un lato, le considerazioni spese in ricorso si risolvono in una diversa, soggettiva interpretazione della relazione tra l’art. 186 l.fall. e l’art. 119 del d.lgs. n. 14/19, che non riesce a minare la tenuta della valutazione svolta dalle sezioni unite, le quali hanno escluso la continuità normativa, facendo leva sulla novità del conferimento della legittimazione a chiedere la risoluzione, oltre che ai creditori, anche al commissario giudiziale, seppure su istanza di uno o più creditori, che ha conformato con accenti inediti il ruolo del commissario giudiziale nella fase esecutiva del concordato.
Dall’altro, quanto alle osservazioni trasfuse in memoria, la lettura della sentenza n. 42093/21 è errata, posto che in quel caso le argomentazioni tratte dal CRAGIONE_SOCIALE erano solo confermative della permanenza di una lettura ordinamentale comune restrittiva della prededuzione dei professionisti, sulla base delle indicazioni selettive della direttiva UE n. 1023/19, ma pur sempre alla luce della legge fallimentare.
E comunque, va ribadito, il giudice non può che applicare al caso concreto « la legge intesa secondo le comuni regole dell’ermeneutica » (Corte cost. n. 155/90), in modo da disvelarne sì il corretto significato, ma purché esso vi sia insito.
L’attività di interpretazione, per quanto la si voglia dilatare in funzione ‘evolutiva’ , non si può mai spingere fino a superare il limite di tolleranza e di elasticità di un enunciato, ossia del significante testuale della disposizione che il legislatore ha posto, giacché da quel significante, previamente individuato, non può che muovere la dinamica di inveramento della norma nella concretezza del suo operare (Cass., sez. un., n. 7737/24, punto XXIII, giustappunto a proposito della rilevanza del C.C.I.I. in relazione a fattispecie disciplinate dalla legge fallimentare).
4.- In definitiva, la censura proposta va accolta.
4.1.- La sentenza impugnata è cassata, con rinvio, anche per le spese, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, che si atterrà ai principi indicati e regolerà le spese.
PER QUESTI MOTIVI
la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.
Così deciso in Roma, l’8 maggio 2024 .