Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 24248 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 24248 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/08/2025
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11239/2024 R.G. proposto da:
COGNOME NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), NOME (CODICE_FISCALE,
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE COGNOME , titolare dell’omonima ditta individuale, elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO (INDIRIZZO COGNOMEINDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME Leonardo (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende,
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Perugia n. 216/2024 depositata il 3/4/2024,
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’ 8/7/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d’Appello di Perugia, con sentenza del 3/4/2024, ha rigettato il reclamo proposto da COGNOME NOME COGNOME avverso la sentenza emessa da Tribunale di Spoleto, che aveva dichiarato il
Ud.
8/7/2025
CC
fallimento della ‘ supersocietà ‘ di fatto costituita, tra l’altro, tra COGNOME NOME, titolare dell’omonima ditta individuale, già dichiarata fallita, COGNOME Cosimo Mauro e la RAGIONE_SOCIALE in persona del l.r.p.t. COGNOME NOME Mauro e aveva , per l’effetto , dichiarato il fallimento di COGNOME NOME Mauro, quale socio illimitatamente responsabile, nonché amministratore di fatto, della ‘ supersocietà ‘ .
1.1. Queste le argomentazioni a sostegno della decisione della Corte territoriale: i) in materia di apertura, dopo il 15/7/2022, di una procedura concorsuale liquidatoria c.d. ‘ in estensione ‘ nei confronti di una società di fatto (e dei suoi soci illimitatamente responsabili), di cui risulti aver fatto parte una società già dichiarata fallita prima di quella data, si deve ritenere applicabile la disciplina di cui all ‘ art. 147 l.fall. in ragione della ultrattività della legge fallimentare prevista dall ‘ art. 390, comma 2°, d.lgs. n. 14/2019 (di seguito indicato, per brevità, CCII); ii) la disciplina della decadenza annuale dalla possibilità di chiedere il fallimento di cui all’art. 147 l.fall. trova applicazione limitatamente all’ipotesi di cessazione del rapporto sociale da parte del socio palese in società regolari, ma non, come nel caso di specie, allorquando si chieda di accertare giudizialmente il vincolo sociale di fatto prospettato tra il fallito e altri soggetti e rimasto occulto; iii) il Tribunale, nella formazione del proprio convincimento circa la sussistenza di una società di fatto che vedeva la partecipazione, quale socio, anche del ricorrente, ha correttamente utilizzato i documenti e gli atti contenuti nel procedimento penale conclusosi con la sentenza di applicazione della pena su richiesta, ben potendo il giudice decidere anche in base prove raccolte in un diverso giudizio; iv) gli elementi desunti dal procedimento penale – in particolare le dichiarazioni rese in quella sede dallo stesso ricorrente – e la relazione del curatore del fallimento di Settimi COGNOME (moglie del ricorrente),
hanno consentito di ritenere sussistente la ‘ supersocietà ‘ di fatto e il ruolo gestorio avuto dal COGNOME.
COGNOME NOME COGNOME ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza affidato a cinque motivi. Il Fallimento ha svolto difese con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 380 bis1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione ex art. 360, comma 1°, n. 3, c.p.c., degli artt. 7, 40, 256 e 390 CCII e dell’art. 18 l.fall., per non avere la Corte rilevato l’inammissibilità e/o improcedibilità del ricorso in estensione, promosso secondo il rito previgente ex artt. 6 e 147 l.fall. anziché ex artt. 7 e 40 CCII, dovendosi ritenere, in mancanza di una normativa transitoria, applicabile al caso di specie la disciplina del CCII, atteso che, alla data del deposito dell’atto introduttivo (9/8/2022), erano già in vigore le norme di cui al procedimento unitario (ex d.lgs. 12.1.2019, n. 14, e successiva integrazione di cui al d.lgs. n. 83/2022).
Il motivo è infondato.
2.1. La censura pone la questione se, una volta dichiarato il fallimento di un soggetto sotto la vigenza della normativa contenuta nella legge fallimentare del 1942, il procedimento del fallimento in estensione della ‘ supersocietà ‘ di fatto, promosso dalla curatela del primo f allimento dopo l’entrata in vigore del Codice della Crisi, debba o meno sottostare alla disciplina normativa della nuova legge.
2.2. L’art. 390 CCII prevede ai commi 1° e 2°, per quanto qui di interesse, che « I ricorsi per dichiarazione di fallimento e le proposte di concordato fallimentare depositati prima dell’entrata in vigore del presente decreto sono definiti secondo le disposizioni del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 . Le procedure di fallimento e le altre procedure di cui al comma 1,
pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché le procedure aperte a seguito della definizione dei ricorsi e delle domande di cui al medesimo comma sono definite secondo le disposizioni del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 ».
2.3. Il richiamo alle « procedure aperte a seguito della definizione dei ricorsi e delle domande di cui al primo comma » consente di fondare una interpretazione, ancorata al dato letterale, per cui tutte le fasi e le sottofasi che originano dalla procedura ‘madre’, comprese le eventuali impugnazioni (concordati fallimentari riaperture di fallimento), saranno regolamentate ratione temporis -sotto il profilo temporale – dalla normativa vigente rispetto alla procedura madre.
2.4. Tra gli effetti che si producono con la pronuncia del fallimento dichiarato con la vecchia procedura vi è quello dell’applicazione dell’art. 147 l.fall. all’istanza del curatore di estensione del fallimento ad altri soggetti depositata nella vigenza del Codice della Crisi.
2.5. Va altresì rilevato che l’art. 256 CCII prevede letteralmente che solo quando sia aperta una procedura di liquidazione giudiziale di una società regolata nei capi III, IV e VI del titolo V del codice civile o di un suo socio, può aprirsi la liquidazione giudiziale anche nei confronti di soci illimitatamente responsabili, mentre non considera l’ipotesi dell’estensione conseguente ad una precedente dichiarazione di fallimento.
2.6. Del resto, l’applicazione della normativa contenuta nel CCII all’ipotesi di fallimento pregresso apertosi nel regime della vecchia procedura determinerebbe l’irragionevole conseguenza di rendere difficoltosa la gestione unitaria (richiesta dall’art. 148 l.fall. o dall’art. 257 CCII) delle procedure aperte prima e dopo il 15.7.22, a fronte della diversa di disciplina che caratterizza le stesse.
Il secondo motivo deduce violazione ed erronea applicazione dell’art. 147 l.fall. e dell’art. 33 CCII, in relazione all’art. 360,
comma 1°, n. 3 c.p.c., per avere la Corte erroneamente disatteso l’eccezione di decadenza dall’istanza, proposta dalla Curatela in data 22/8/2022, di estensione del fallimento anche a COGNOME NOME Mauro, dal momento che quest’ultimo non ricopriva più alcuna carica in seno alla società RAGIONE_SOCIALE fin dal 2.11.2020 e la ditta individuale RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME Mauro era cessata, con cancellazione dal Registro delle Imprese, fin dal 7.3.2018, mentre il fallimento della ditta individuale di COGNOME NOME è stato pronunciato con sentenza n. 25/2016 (ben sei anni prima della proposizione del ricorso in estensione).
Evidenzia il ricorrente che il curatore era ben a conoscenza dei fatti posti a sostegno della richiesta di apertura della procedura concorsuale anche nei confronti di COGNOME NOME, quale socio della società di fatto, quanto meno dalla data di deposito della relazione ex art. 33 l.fall.
4. Il motivo non merita accoglimento, in quanto questa Corte ha ripetutamente affermato il principio per cui il termine di un anno dalla cessazione dell’attività, previsto dall’art. 10 l.fall. ai fini della dichiarazione di fallimento, decorre, tanto per gli imprenditori individuali quanto per quelli collettivi, dalla cancellazione dal registro delle imprese e non può trovare, quindi, applicazione per quegli imprenditori che, come la società di fatto, non siano stati iscritti nel menzionato registro, in quanto, da un lato, si tratta di beneficio riservato soltanto a coloro che abbiano assolto all’adempimento formale dell’iscrizione e in quanto , dall’altro, i creditori ed il pubblico ministero, ai sensi dell’art. 10, comma 2°, l.fall., possono dare la prova della data di effettiva cessazione dell’attività d’impresa soltanto nei confronti di soggetti cancellati dal registro, d’ufficio o su richiesta , e, quindi, comunque in precedenza necessariamente iscritti (Cass. n. 5520/2017; conf. Cass. nn. 6029/2021, 7350/ 2023, 7531/2023 e 36378/2023).
Trattandosi, dunque, di società irregolare, l’invocato termine decadenziale di cui all ‘art. 10 l.fall. non sia applica, con la conseguenziale infondatezza dell’eccezione di improcedibilità della domanda di fallimento proposta ai sensi dell ‘art. 147 l.fall.
5. Il terzo motivo prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 444 e 445 c.p.p. e degli artt. 2247 e 2729 c.c., in relazione all’ art. 360, comma 1°, n. 3, c.p.c.: lamenta il ricorrente che la Corte abbia illegittimamente posto a base della decisione la produzione documentale allegata dal curatore al ricorso in estensione riferita al procedimento penale conclusosi con sentenza ex art. 444 c.p.p., resa nei confronti di COGNOME NOME, del marito COGNOME NOME e del figlio COGNOME NOMECOGNOME non utilizzabile in quanto non formatasi in dibattimento, nonché la relazione del curatore, che è documento assimilabile ad una deduzione di parte.
Soggiunge che neanche la sentenza di patteggiamento può costituire, di per sé, un indizio utilizzabile, in quanto non accompagnata da elementi probatori esterni rispetto agli atti di indagine compiuti nel procedimento penale.
5.1. Il quarto motivo deduce violazione ed erronea applicazione degli artt. 2297 e 2693 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1° , n. 3, c.p.c.; il ricorrente evidenzia che, contrariamente a quanto affermato dall’impugnata sentenza, non vi era prova che il RAGIONE_SOCIALE rivestisse la carica di amministratore della socRAGIONE_SOCIALE, pertanto, disconosciuta qualsivoglia valenza probatoria alle informative della Guardia di Finanza e agli altri atti relativi al procedimento penale nonché alla relazione del curatore per le ragioni esposte al terzo motivo, gli unici elementi valutabili – il legame familiare tra il soggetto fallito e COGNOME NOME, la corrispondenza di indirizzo tra la sede della ditta individuale fallita di Settimi Graziella e la società RAGIONE_SOCIALE -erano del tutto inidonei a provare l’esistenza della società di fatto secondo i rigorosi indici probatori elaborati dalla giurisprudenza. Con
l’ulteriore conseguenza per cui non erano esistenti né i requisiti richiesti dalla legge per l’esistenza della qualità di amministratore di fatto della c.d. ‘ supersocietà ‘ di fatto in capo al Pignalosa né quelli per l’esistenza della ‘ supersocietà ‘ di fatto e per la qualifica di socio occulto della c.d. supersocietà di fatto in capo al ricorrente. 6. Il terzo e il quarto motivo, da esaminarsi unitariamente in quanto strettamente connessi, sono in parte inammissibili ed in parte infondati.
6.1. Va preliminarmente puntualizzato che l’impugnata sentenza ha tratto gli indici rivelatori dell’esistenza dall’entità societaria occulta non dalla sentenza di applicazione della pena su richiesta ex art. 444 e segg. c.p.p., in sé considerata, ma dall’esame degli atti e della documentazione contenuti nel fascicolo delle indagini preliminari relativo al procedimento penale promosso nei confronti di COGNOME NOME COGNOME NOME e COGNOME NOME.
6.2. Al riguardo questa Corte ha ripetutamente ribadito il principio secondo il quale nell’ordinamento processuale vigente manca una norma di chiusura sulla tassatività tipologica dei mezzi di prova e il giudice civile può, quindi, legittimamente porre a base del proprio convincimento prove cd. atipiche, tra le quali anche le prove raccolte in diverso giudizio fra le stesse o altre parti e pure le risultanze derivanti da atti di indagini preliminari svolte in sede penale, ove, come nel caso in esame, della loro utilizzazione il giudice civile abbia fornito adeguata motivazione, si tratti di prove idonee ad offrire sufficienti elementi di giudizio e non siano smentite dal raffronto critico con le altre risultanze istruttorie, non potendosi, in tal caso, ravvisare la violazione del principio di cui all ‘ art. 101 c.p.c., posto che, sebbene raccolte al di fuori del processo, il contraddittorio in ordine alle relative emergenze istruttorie si instaura con la loro formale produzione nel giudizio civile e la conseguente possibilità per le parti dello stesso di farne oggetto di valutazione critica e stimolare la valutazione giudiziale
su di esse (cfr., ex multis , Cass. nn. 9055/2022, 31600/2021, 19521/2019, 3689/2021, 8459/2020 e 18025/2019).
6.3. Assodato che il Giudice ben poteva utilizzare, ai fini della prova dell’esistenza della ‘ supersocietà ‘ , il materiale investigativo contenuto nel fascicolo del pubblico ministero che ha promosso il procedimento penale nei confronti COGNOME NOME, va rilevato che la Corte ha indicato tutti i documenti e gli atti dell’indagine poste dal giudice per le indagini preliminari a fondamento della sentenza ex art. 444 c.p.p.
6.4. Essi sono costituiti: i) dalle dichiarazioni rese da COGNOME NOME NOME e COGNOME NOME, secondo le quali le ditte individuali di COGNOME NOME e della moglie COGNOME NOME, lavoravano presso la stessa struttura, per lo svolgimento dei lavori affidati a sé in fase di commissione, e dal primo trimestre 2014, data di costituzione della RAGIONE_SOCIALE, tutta la forza lavoro e i macchinari delle due ditte individuali della moglie e del figlio erano stati trasferiti alla società; ii) dalle dichiarazioni rese dal medesimo COGNOME, in sede di perquisizione, agli operatori della Guardia di Finanza di Foligno relativamente ai macchinari della RAGIONE_SOCIALE (mai ceduti a COGNOME Massimo) e provenienti dalla Impresa Individuale di COGNOME Graziella; iii) dalle dichiarazioni rese da COGNOME Massimo, di conferma della natura fittizia e simulata della detta cessione; iv) dal verbale di perquisizione del 2/3/2020 nei confronti della RAGIONE_SOCIALE redatto dalla Guardia di Finanza di Foligno; v) dall’ordinanza del 2/11/2020 del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Spoleto, di applicazione di misura cautelare interdittiva della durata di dodici mesi a carico del COGNOME, e dal coevo decreto di sequestro preventivo della somma di € 187.649,15 nei confronti dell’indagato COGNOME NOME COGNOME; vi) dalle emergenze risultanti dalla richiesta del Pubblico Ministero di sequestro e di applicazione della misura cautelare; vii)
dalle relazioni 19/12/2019 e 7/2/2020 della Guardia di Finanza di Foligno.
6.5. Si tratta di elementi, confermati dalla relazione del curatore, che sono stati congiuntamente apprezzati e posti a fondamento dai giudici di merito per riconoscere la ‘ supersocietà ‘ di fatto e la partecipazione ad essa del RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE, mentre era del tutto ininfluente il ruolo rivestito dal ricorrente all’interno della RAGIONE_SOCIALE.
6.6. Per il resto le censure sono inammissibili, in quanto, per come concretamente argomentate, si rivelano essere, sostanzialmente, una critica al complessivo accertamento fattuale operato dal giudice di merito, così dimostrando di voler sollecitare, attraverso l’apparente deduzione di vizi di violazione di legge, una rivisitazione del suo giudizio non consentita alla Corte, alla quale non spetta il riesame della vicenda processuale, ma solo il controllo della correttezza giuridica e della coerenza logica delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, cui competono, in via esclusiva, l’individuazione delle fonti del proprio convincimento ed il controllo della loro attendibilità e concludenza, nonché la scelta, tra le complessive risultanze processuali, di quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (cfr. tra le tante Cass. nn. 12568/2019, 13881/2015, 24679/2013, 27197/2011 e 6694/2009).
Il quinto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 147 l.fall. in relazione all’art. 360, comma 1° , n. 4 e n. 5 c.p.c., per avere la Corte dichiarato il fallimento della socRAGIONE_SOCIALE anche se tale società era di capitali e non era più amministrata da COGNOME NOME.
Il motivo è inammissibile, in quanto si infrange contro l’accertamento della Corte, secondo il quale « la RAGIONE_SOCIALE non risulta dichiarata fallita quale socio illimitatamente responsabile e comunque non ha impugnato la sua qualificazione come socio di
fatto della supersocietà fallita, costituita con gli altri due soci… la RAGIONE_SOCIALE non ha impugnato la declaratoria di fallimento in estensione inclusa la sua qualificazione come socio di fatto della supersocietà fallita, costituita con gli altri due soci… si è detto che il fallimento in estensione non è stato impugnato da RAGIONE_SOCIALE ».
9. Conclusivamente il ricorso è infondato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano, come da dispositivo, in favore dello Stato, giacché il Fallimento vittorioso è stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato ex art. 144 del d.P.R. n.115/2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano, in favore dello Stato ex art 133 d.P.R. n. 115/2002, in € 6. 500,00, oltre rimborso forfetario e accessori di legge e oltre spese prenotate a debito.
Dà atto, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. del 30.5.2002, n. 115, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, se dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella Camera di Consiglio tenutasi in data 8 luglio 2025.