Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 27404 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 27404 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/10/2024
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 1575/2023 R.G. proposto da:
DALLE RAGIONE_SOCIALE NOME, elettivamente domiciliato in RomaINDIRIZZO , presso lo studio dell’ AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE), che lo rappresenta e difende, unitamente all’AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE), giusta procura speciale allegata al ricorso
– ricorrente-
contro
FALLIMENTO della società di fatto fra RAGIONE_SOCIALE, DALLE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), che lo rappresentano e difendono giusta procura speciale in calce al controricorso
– controricorrente –
nonché contro
COGNOME NOMECOGNOME, COGNOME NOME, PROCURATORE della REPUBBLICA presso il TRIBUNALE di VICENZA, PROCURATORE GENERALE presso la CORTE D’APPELLO di VENEZIA
– intimati –
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’ AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE), che lo rappresenta e difende, unitamente all’AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE), giusta procura speciale in calce al ricorso
– ricorrente
–
contro
FALLIMENTO della società di fatto fra RAGIONE_SOCIALE, DALLE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), che lo rappresentano e difendono giusta procura speciale in calce al controricorso
– controricorrente –
nonché contro
NOME COGNOME, DALLE RAGIONE_SOCIALE NOME, PROCURATORE della REPUBBLICA presso il TRIBUNALE di VICENZA, PROCURATORE GENERALE presso la CORTE D’APPELLO di VENEZIA
– intimati – avverso la sentenza della Corte d’appello Venezia n. 2585/2022 depositata il 2/12/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/9/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Il Tribunale di Vicenza, con sentenza del 29 maggio 2020, dichiarava, ai sensi dell’art. 147, comma 5, l. fall. e su istanza del curatore del fallimento di NOME COGNOME, il fallimento in estensione della società di fatto ed occulta costituita fra il medesimo COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
La Corte d’appello di Venezia, a seguito del reclamo proposto da NOME COGNOME e NOME COGNOME, rilevava che il tribunale non aveva osservato il disposto dell’art. 25, comma 2, l. fall. (secondo cui il giudice delegato non può trattare i giudizi che abbia
autorizzato), perché il magistrato che aveva autorizzato il curatore a presentare il ricorso per l’estensione del fallimento aveva poi preso parte anche al collegio che, in accoglimento di tale ricorso, aveva dichiarato il fallimento dei reclamanti.
Sosteneva che l’inosservanza di questo precetto normativo aveva determinato un vizio di costituzione del giudice, il cui rilievo non era precluso dal fatto che i reclamanti non avessero presentato, nel corso del procedimento ex art. 15 l. fall., un’istanza di ricusazione, sia perché questi ultimi non avevano potuto conoscere, prima della pubblicazione della sentenza, quale sarebbe stata la composizione del collegio decidente, sia perché il decreto di delega al giudice relatore dell’audizione delle parti, pronunziato ai sensi dell’art. 15, comma 6, l. fall. con la partecipazione del giudice che aveva autorizzato l’esercizio dell’azione, aveva un contenuto ordinatorio e non serviva a prefissare la composizione del collegio giudicante.
Questa Corte, con ordinanza n. 4345/2022, dopo aver ricordato il principio secondo cui il giudice che abbia autorizzato il ricorso per la dichiarazione di fallimento non può, in quanto incompatibile, prendere parte alla decisione del medesimo e ha un obbligo di astensione, la cui violazione, però, può essere fatta valere dalla parte unicamente con l’istanza di ricusazione nei modi e termini di cui all’art. 52 cod. proc. civ. e non, tranne che per l’ipotesi di interesse diretto del giudice nella causa, come motivo di nullità della sentenza, constatava che nessuna istanza di ricusazione era stata presentata, traendone la conseguenza che rimaneva precluso al giudice del reclamo il rilievo di un vizio di costituzione del giudice ex art. 158 cod. proc. civ..
A seguito della riassunzione del giudizio la Corte d’appello di Venezia riteneva, in primo luogo, che alla stregua di quanto stabilito nell’ordinanza n. 4345/2022 si dovesse ritenere ormai preclus o l’esame del la questione concernente il dedotto vizio di costituzione del giudice, perché il giudice delegato al fallimento che aveva
autorizzato il promovimento del fallimento in estensione aveva poi fatto parte del collegio che aveva dichiarato il fallimento.
Osservava, in linea generale, che la sentenza dichiarativa di fallimento assoggetta alla procedura concorsuale l’attività imprenditoriale così come esercitata nel concreto dal soggetto fallito, a prescindere dalla sua più o meno esatta riconducibilità a quanto formalmente indicato nel registro delle imprese, escludendo, inoltre, che l’attività posta effettivamente in essere dall’imprenditore poi fallito debba corrispondere a quanto indicato all’interno del medesimo registro, la cui pubblicità, rispetto all’ imprenditore RAGIONE_SOCIALE, non riveste alcuna valenza costitutiva.
Rilevava che il COGNOME, ponendosi a capo di una serie di società di capitali delle quali deteneva -direttamente o indirettamente, a mezzo di società fiduciarie -quote o partecipazioni, aveva svolto in via professionale, con stabile organizzazione, l’indirizzo, il controllo e il coordinamento di tali compagini, realizzando svariate operazioni speculative attraverso l’utilizzo delle società del gruppo, con un’attività riconducibile all’ipotesi di una RAGIONE_SOCIALE personale.
Giudicava, infine, che dal complesso materiale probatorio acquisito in atti risultassero una serie di elementi idonei a far ritenere, in maniera grave, precisa e concordante, che il legame che avvinceva il COGNOME, il COGNOME e il COGNOME non fosse ragionevolmente spiegabile se non in termini di comune svolgimento dell’attività di RAGIONE_SOCIALE apparentemente esercitata dal solo COGNOME.
Reputava, quindi, che, essendo risultato che tale attività era stata svolta in via societaria insieme con il COGNOME e il COGNOME COGNOME, dovesse trovare applicazione la previsione di cui all’art. 147, comma 5, l. fall..
NOME COGNOME ha proposto ricorso per la cassazione di questa sentenza, pubblicata in data 2 dicembre 2022, prospettando sei motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso il
fallimento in estensione della società di fatto ed occulta costituita fra il medesimo COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME. NOME COGNOME, a sua volta, ha proposto ricorso per la cassazione della medesima statuizione, affidandosi a tre motivi di ricorso, a cui ha resistito con controricorso la medesima procedura fallimentare.
Gli intimati NOME COGNOME, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Vicenza e Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Venezia non hanno svolto difese.
Tutte le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ..
Considerato che:
Le impugnazioni proposte separatamente da NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso la medesima sentenza pronuncia dalla Corte d’appello di Venezia devono essere riunite, in applicazione di quanto stabilito dall’art. 335 cod. proc. civ..
Il collegio ritiene che i seguenti motivi di ricorso prospettino questioni di diritto sovrapponibili e di particolare rilievo.
7.1 Il terzo motivo del ricorso COGNOME denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione degli artt. 6 e 147, comma 5, l. fall. 2193, 2195 e 2247 cod. civ., in quanto la Corte d’appello ha ritenut o che agli effetti della pronuncia di estensione a terzi ritenuti soci di fatto di un imprenditore RAGIONE_SOCIALE dichiarato fallito fosse irrilevante la specifica identificazione dell’RAGIONE_SOCIALE della quale il fallito risultava titolare singolarmente e, per contro, sufficiente la generica qualità di imprenditore commerciale del fallito medesimo.
La richiesta di fallimento presentata dal P.M. aveva avuto ad oggetto l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE costituita nel 2011, avente ad oggetto l’attività commerciale di ‘costruzione di edifici residenziali e non’, mentre nessuno aveva mai sollecitato la dichiarazione di fallimento del COGNOME quale holder di un gruppo di società a lui facente capo.
Ora, una volta che possa attestarsi l’esistenza di una concreta organizzazione imprenditoriale, rilevante ex art. 2082 cod. civ. e altresì riferita alle attività di cui agli artt. 2193-2195 cod. civ., non è più possibile negare -sostiene il ricorrente che quell’RAGIONE_SOCIALE abbia acquistato la propria specifica individualità, distinta da quella delle altre imprese, sicché il suo eventuale fallimento non può estendersi a un diverso soggetto giuridico, imprenditore che eserciti un’a ttività totalmente diversa.
I giudici di merito, al contrario, sarebbero giunti al paradosso di configurare la sussistenza di una società occulta avente ad oggetto l’attività di etero -direzione di un gruppo di società generata da un’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE costituita alcuni anni più tard i al fine della realizzazione di un’iniziativa immobiliare specifica.
7.2 Il quarto motivo del ricorso COGNOME lamenta, ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione degli artt. 6 e 147, comma 5, l. fall. e 112 cod. proc. civ., perché la Corte d’appello, a fronte del la dichiarazione di fallimento di un imprenditore esercente una determinata attività commerciale, ha ritenuto legittima l’estensione del fallimento nei confronti di terzi ritenuti soci di fatto di una RAGIONE_SOCIALE di fatto, nei confronti della quale non risultava proposta alcuna istanza di fallimento da parte di soggetti legittimati.
La Corte distrettuale ha fatto risalire l’inizio dell’attività svolta dalla società di fatto e occulta, alla quale sarebbe riferibile l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, a un momento anteriore a quello di costituzione della stessa RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dichiarata originariamente fallita, senza considerare che il COGNOME non era stato dichiarato fallito quale titolare di una siffatta ipotetica RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, avente ad oggetto l’eterodirezione del gruppo di società in discorso, bensì quale titolare di un’RAGIONE_SOCIALE individ uale di costruzioni.
I giudici distrettuali sarebbero così incorsi nella palese violazione del combinato disposto dagli artt. 6 e 147 l. fall., dato che il curatore non
era legittimato a richiedere il fallimento di una diversa RAGIONE_SOCIALE, esercente una differente attività in forma collettiva già da tempo anteriore alla costituzione dell’RAGIONE_SOCIALE fallita.
La Corte territoriale, inoltre, pur essendo chiamata ad accertare l’esistenza di una società occulta cui fosse riferibile l’attività dell’imprenditore già dichiarato fallito, ha individuato i tratti caratteristici della RAGIONE_SOCIALE nell’utilizzo sistematico, da parte del COGNOME, di una serie di veicoli societari ovvero di società fiduciarie amministrate da terzi, senza curarsi di rinvenire alcun elemento di sovrapponibilità e riferibilità, anche temporale, tra l’attività svolta dall’RAGIONE_SOCIALE individu ale e quella svolta dalla società occulta di fatto.
7.3 Il secondo motivo del ricorso COGNOME prospetta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 147 l. fall., in quanto il giudice del rinvio ha compiuto un’estensione automatica del fallimento i ndividuale alla società di fatto occulta, ricostruendo l’attività non dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (che non aveva mai compiuto attività diverse e ulteriori rispetto all’unica operazione di acquisizione immobiliare per cui era stata appositamente ed espressamente costituita), ma del COGNOME personalmente quale vertice dell’omonimo gruppo, giungendo a ritenere che questa attività, consistente nella gestione di tutte le società del gruppo allo stesso riconducibili, dovesse essere ricondotta all’ipotesi di una RAGIONE_SOCIALE personale e coincidesse con quella ascrivibile alla società occulta.
La Corte d’appello, per di più, ha ignorato che una società di fatto esistente prima della costituzione della ditta RAGIONE_SOCIALE non poteva logicamente essere considerata l’ente attraverso cui veniva svolta l’attività della ditta RAGIONE_SOCIALE, proprio in ragione della sua preesistenza.
Si sarebbe così verificata una violazione dell’art. 147, comma 5, l. fall., in quanto una delle condizioni a cui è subordinata l’estensione
del fallimento dell’imprenditore apparentemente RAGIONE_SOCIALE alla società occulta (e per ripercussione ai soci occulti della stessa) è necessariamente che l’attività gestita dal socio e quella imputabile alla società siano coincidenti, giacché solo in questo caso gli atti che sono l’esplicazione dell’esercizio dell’attività di RAGIONE_SOCIALE, apparentemente esercitata in nome proprio dal soggetto già dichiarato fallito, possono essere imputabili alla società occulta che si sostiene sia il vero imprenditore; in mancanza di una simile identità, nel caso in cui l’imprenditore che gestisca una sua RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (per la quale è sia dichiarato fallito) sia anche socio, occulto o palese, di una società di persone che svolge una differente attività, deve trovare applicazione la differente disciplina del l’art. 149 l. fall., secondo cui il fallimento di uno o più soci illimitatamente responsabili non produce il fallimento della società.
7.4 Questa Corte (all’interno della sentenza n. 1106/1995) ha già avuto modo di affermare che ‘ se un imprenditore RAGIONE_SOCIALE esercita più imprese, ciò ai fini fallimentari è di regola irrilevante, nel senso che tutte le imprese devono confluire nell’unica procedura a suo carico. Se, invece, un imprenditore esercita un’RAGIONE_SOCIALE propria e sia nel contempo socio di un’RAGIONE_SOCIALE collettiva, la distinzione fra le due imprese può emergere da quanto si è già detto, a proposito dell’interpretazione da dare ai rapport i fra l’art. 147 e l’art. 149 legge fall.: se l’RAGIONE_SOCIALE sociale (di cui l’imprenditore fallito è socio) esercita un’attività diversa da quella dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, il fallimento di quest’ultima non è causa del fallimento della società. Pertanto, in quella interpretazione analogica dell’art. 147 supra riconfermata non può trascurarsi mai il suddetto rapporto di identità, fra l’imprenditore in un primo tempo ritenuto RAGIONE_SOCIALE e poi, nel corso della procedura fallimentare a suo carico, scoperto socio di una società (a sua volta distinguibile nelle tre tipologie della società di fatto, della società apparente e della società occulta). Soltanto tramite il rapporto di identità potrà farsi ricorso all’art. 147; se l’identità non sussiste, potrà
dichiararsi un autonomo fallimento della società emersa in un secondo momento (ma preesistente), in base ad autonomi presupposti, soprattutto in relazione all’insolvenza, che deve riguardare i debiti di quella diversa società della quale il fallito faceva parte, senza possibilità di trasferire automaticamente l’accertamento della sua personale insolvenza in quella sociale, come è avvenuto nella specie, in maniera giustificabile (secondo quanto si è già avvertito) solo se sussistono tutti gli elementi che giustificano a loro volta il ricorso all’art. 147 secondo comma, legge fall .’.
Le doglianze sollevate dai ricorrenti, muovendo da questi argomenti, sollecitano questa Corte ad affrontare una serie di questioni.
Più precisamente occorre valutare: i) se la sentenza dichiarativa del fallimento dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE comporti necessariamente l’accertamento non solo dell’esistenza dell’RAGIONE_SOCIALE, ma anche della natura della stessa; ii) se, in mancanza di un accertamento esplicito circa l’effettiva natura dell’RAGIONE_SOCIALE, si debba ritenere che tale accertamento abbia riguardato lo svolgimento dell’attività indicata presso il registro delle imprese; iii) se l’accertamento sulla natura dell’RAGIONE_SOCIALE possa essere in qualche mo do modificato e/o integrato dal tribunale nel momento in cui venga richiesta l’estensione del fallimento ad eventuali soci di fatto e occulti, al fine di stabilire se l’RAGIONE_SOCIALE sociale di cui l’imprenditore fallito era in tesi – socio esercitasse un’attività identica o diversa da quella dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Le questioni di diritto da affrontare rivestono particolare rilevanza e rendono opportuna la remissione in pubblica udienza.
P.Q.M.
La Corte, visto l’art. 375, comma 1, cod. proc. civ., rinvia a nuovo ruolo per la trattazione dei ricorsi riuniti in pubblica udienza. Così deciso in Roma in data 24 settembre 2024.