Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 15862 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 15862 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19667/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE E RAGIONE_SOCIALE E DELLA SOCIA RAGIONE_SOCIALE.RA NOME COGNOME
-intimato- avverso il DECRETO del TRIBUNALE di MODENA n. 6709/2020 depositato il 07/06/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE è stata dichiarata fallita su iniziativa dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE con sentenza del tribunale di Modena del 24-1-2020, dopo esser stata ammessa al concordato preventivo liquidatorio, omologato dal medesimo tribunale in data 1-8-2007 con termine di scadenza dell’ultim o pagamento al 31-12-2011.
La RAGIONE_SOCIALE ha chiesto di essere ammessa al passivo per l’importo di 201.602,05 EUR, oltre interessi, a titolo di corrispettivo per la fornitura di energia elettrica.
Il credito è stato ammesso per la minor somma di 30.240,30 EUR, con la motivazione che, essendo stato insinuato al passivo per fatture emesse negli anni 2003 e 2004, su base analiticamente e nominativamente indicata nel bilanci della società in apposita sezione denominata ‘Creditori concordato classe 3’, relativi agli esercizi chiusi dal 2007 al 2018 compreso, il residuo non era riconoscibile, ‘ tenuto conto che alla procedura di concordato preventivo della RAGIONE_SOCIALE (..) omologata in data 1.8.2007 è seguita la dichiarazione di fallimento senza la preventiva risoluzione della stessa nel termine di cui al terzo comma dell’art. 186 L.Fall.’; sicché l a pretesa poteva essere ammessa al passivo del fallimento solo ‘ nella misura falcidiata del 15% ‘.
La RAGIONE_SOCIALE ha proposto opposizione ai sensi dell’art. 98 legge fall.
L’adito tribunale ha respinto l’opposizione , in sintesi ritenendo che:
il concordato non è una comune transazione, essendo soggetto non all ‘art. 1976 cod. civ. e nemmeno alla disciplina ordinaria in materia di risoluzione per inadempimento, ma solo al l’apposita disciplina per la risoluzione prevista dall’art. 186 legge fall., avente l’effetto di caducare l’accordo intercorso ;
-l’omologazione del concordato rende parzialmente inesigibili i debiti concordatari, e l’ inesigibilità può venir meno solo in caso di annullamento o risoluzione del concordato, oppure laddove intervenga il fallimento quando ancora i creditori potevano instare per la risoluzione;
-irrilevante era il fatto che nella specie un creditore si fosse tempestivamente attivato per chiedere la risoluzione del concordato, visto che il suo ricorso non era stato accolto per la scarsa importanza dell’ inadempimento;
invero solo la risoluzione, e non anche la semplice proposizione del relativo ricorso, consente di rimuovere l’ostacolo costituito dalla parziale inesigibilità del credito concordatario determinata dall’omologa del concordato , giacché il relativo effetto obbligatorio, una volta consolidatosi, non può essere pretermesso se non per il tramite degli strumenti previsti a livello normativo;
quindi era da confermare la valutazione del giudice delegato in ordine alla cristallizzazione dei crediti falcidiati, avendo di contro l’opponente assimilato ipotesi tra di loro ontologicamente diverse, quali l’ avvenuta risoluzione del concordato e la presentazione del ricorso per la risoluzione del concordato, rigettato; e la data da cui far decorrere il termine annuale per la risoluzione non si sarebbe potuta individuare diversamente da quella fissata per l’ultimo pagamento (31-12-2011), ciò essendo emerso da tutte le relazioni trasmesse ai creditori dal liquidatore giudiziale e dal commissario giudiziale.
La società RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione contro il decreto del tribunale di Modena, deducendo tre motivi.
Il Fallimento non ha svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Il primo e il terzo motivo di ricorso possono essere esaminati congiuntamente.
Col primo motivo la ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 186 legge fall. per avere il tribunale mancato di considerare che la dichiarazione di fallimento, nella specie avvenuta omissio medio , implicitamente conteneva la necessaria previa risoluzione del concordato – risoluzione, peraltro, tempestivamente richiesta da un creditore; cosa che avrebbe imposto di apprezzare la necessaria riviviscenza dell’originario credito vantato da lla RAGIONE_SOCIALE.
Col terzo motivo ulteriormente deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 1976 cod. civ., per avere il tribunale erroneamente ritenuto che l’omologa del concordato preventivo non determina la novazione del credito ma solamente la sua riduzione alla percentuale indicata nel piano, nell’ipotesi di adempimento da parte del debitore. Il mancato effetto novativo del concordato e la dichiarazione di fallimento determinano per il creditore il diritto di pretendere l’integrale credito in sede fallimentare, una volta venuto meno il patto concordatario in regione della dichiarazione di fallimento; e ciò a prescindere dal fatto che non sia stata accolta l’azione di risoluzione del concordato.
I motivi sono infondati per la ragione che segue.
II. – Anche dopo la precisazione fatta dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 4696 del 2022 (secondo la quale ‘ nella disciplina della legge fallimentare risultante dalle modificazioni apportate dai d.lgs. n. 5 del 2006 e n. 169 del 2007, il debitore ammesso al concordato preventivo omologato, che si dimostri insolvente nel pagamento dei debiti concordatari, può essere dichiarato fallito, su istanza dei creditori, del pubblico ministero o sua propria, anche prima ed indipendentemente dalla risoluzione del concorda to’), mantiene validità l’orientamento, con essa non incompatibile, secondo il quale , ai fini dell’insinuazione al passivo , se il fallimento sia stato dichiarato quando era ancora possibile la risoluzione ex art. 186 legge fall., il creditore istante non è tenuto a sopportare gli effetti esdebitatori e definitivi ex art. 184 stessa legge, posto che l’attuazione del piano è resa impossibile per un evento come il fallimento che, sovrapponendosi al concordato medesimo, inevitabilmente lo rende irrealizzabile (Cass. Sez. 1 n. 26002-18, Cass. Sez. 6-1 n. 12085-20).
Ciò, tuttavia, non giova alla ricorrente RAGIONE_SOCIALE.
Nella specie la dichiarazione di fallimento è avvenuta omissio medio anni dopo la scadenza del termine di cui all’art. 186, terzo comma, legge fall., e su iniziativa di un creditore (l’RAGIONE_SOCIALE) diverso sia dalla stessa RAGIONE_SOCIALE che da quello che aveva avanzato l’istanza di risoluzione già ritenuta infondata .
In tale condizione non può sostenersi che la dichiarazione di fallimento implicitamente contenesse la necessaria previa risoluzione del concordato.
L ‘effetto esdebitatorio (parziale) conseguente all’omologazione non viene meno in casi simili, perché scaduto il termine per la risoluzione del concordato (o rigettata la relativa domanda) il debitore continua a essere obbligato all’adempimento RAGIONE_SOCIALE obbligazioni così come derivanti dal piano ; sicché si riapre solo lo scenario RAGIONE_SOCIALE possibili iniziative dirette a farne accertare l’insolvenza, secondo quanto per l’appunto confermato dalla citata sentenza RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite.
III. – Può anche accedersi alla visione per cui il
IV. -Col secondo motivo la ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 186, terzo comma, legge fall. e l’ omesso esame di un fatto decisivo.
La tesi è la seguente.
A fronte di una domanda di concordato omologata che prevedeva un termine di esecuzione al 31-12-2011, un creditore, dopo la scadenza del termine, aveva chiesto la risoluzione del concordato.
Il rigetto era stato motivato dal tribunale con provvedimento dell’aprile 2013, per la non gravità dell’ inadempimento, essendosi trattato di un concordato con cessione dei beni rispetto al quale il termine di esecuzione indicato non si sarebbe dovuto considerare come termine per l’adempimento .
Il giudice dell’opposizione al passivo sarebbe dunque caduto in contraddizione, e comunque avrebbe omesso di valutare il fatto, perché, se il termine per l’esecuzione era il 31 -12-2011, allora la risoluzione sarebbe dovuta
essere dichiarata così come richiesto dai creditori – mentre invece essa non era stata dichiarata proprio perché si era ritenuto l’ inadempimento non grave nonostante che entro il termine il concordato non fosse stato eseguito, a dimostrazione del fatto che il termine , per l’appunto, non era da considerare come termine di esecuzione.
V. – Il secondo motivo è inammissibile.
Nella visione della ricorrente il fatto decisivo, di cui sarebbe stato omesso l’esame , è rappresentato dal decreto del medesimo tribunale del 19-4-2013, ampiamente conosciuto dalla procedura fallimentare tanto da essere stato ‘ espressamente richiamato ‘ .
A prescindere dal fatto che di ciò non v’è riscontro nel provvedimento impugnato, vi è che l ‘art. 360, n. 5, cod. proc. civ. attiene all’ omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia (v. Cass. Sez. U n. 8053-14).
Rispetto alla vicenda in esame la ricorrente sostiene che il fatto controverso sia il decreto citato in rapporto a ciò che da esso si sarebbe dovuto desumere, e cioè che l’indicazione della data del 31 -12-2011 non atteneva al termine di pagamento.
Decisivo sarebbe dunque stabilire questo: se, nel caso concreto, fosse in effetti individuabile un termine fissato per l’ultimo adempimento ai sensi dell’art. 186 legge fall.
Secondo la ricorrente il termine, in effetti stabilito, si sarebbe dovuto reputare irrilevante, essendosi trattato di concordato con cessione dei beni.
VI. – Sono agevoli due considerazioni ostative.
La prima è che quello indicato non è il fatto ‘storico’ controverso al quale allude l’art. 360, n. 5, cod. proc. civ.
Si tratta semmai della questione sottostante.
E una cosa è la questione di cui si controverte, altra cosa il fatto storico avente funzione dimostrativa.
La questione, nel caso di specie, è stata oggetto di una valutazione di merito, insindacabile come tale in Cassazione.
La seconda considerazione è che l ‘opponente aveva lamentato l’erronea indicazione della data del 31-12-2011 quale dies a quo del termine annuale per richiedere la risoluzione del concordato preventivo ai sensi dell’art. 186 legge fall., perché n ell’ipotesi di concordato con cessione dei beni non sarebbe possibile individuare una data precisa (ed esatta) di ultimazione RAGIONE_SOCIALE operazioni liquidatorie.
Ne deriverebbe questo: che il concordato, in quanto liquidatorio, non è ultimato se non al momento dell’effettivo pagamento RAGIONE_SOCIALE somme ricavate dalla liquidazione dei beni e dell’attivo concordatario ; per cui al l’atto della dichiarazione di fallimento, non essendo state ancora ultimate le operazioni liquidatorie, i creditori erano ancora in termini per richiedere la risoluzione.
L’ assunto è incentrato tuttavia su una considerazione astratta ed è in contrasto con la norma di legge, che non pone distinzioni a seconda del tipo di concordato.
Quel che invece appare dirimente è che il tribunale ha replicato alla tesi della RAGIONE_SOCIALE dicendo che quello del 31-12-2011 era proprio il termine indicato per l’ultimo dei programmati pagamenti, e che ciò si sarebbe dovuto desumere ‘senza margine di dubbio’ da ‘ tutte le relazioni trasmesse ai creditori dal liquidatore giudiziale e dal commissario giudiziale ‘.
Si tratta di una valutazione in fatto, della quale surrettiziamente la ricorrente pretende di ottenere la revisione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile, addì