Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5603 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1   Num. 5603  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13976/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE,  elettivamente domiciliata  in  INDIRIZZO  INDIRIZZO,  presso  lo  studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE,  rappresentato  e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
controricorrente- avverso il decreto del Tribunale Venezia n. 3201/2019 depositato il 02/04/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. Il Tribunale di Venezia, con decreto del 2/4/2019, rigettava l’opposizione proposta dalla RAGIONE_SOCIALE (di seguito denominata per brevità ‘RAGIONE_SOCIALE‘) avverso il decreto di esecutività dello stato passivo del RAGIONE_SOCIALE con il quale era stato ammesso al passivo del RAGIONE_SOCIALE il solo credito insinuato da NOME di € 312,54 per RAGIONE_SOCIALE, compensato con il maggior controcredito di € 124.312,77, per acquisto di campionari, restando escluse tutte le altre voci di credito azionate dalla ricorrente (differenze provvigionali, provvigioni e F.I.R.R su differenza merce spedita, indennità sostitutiva di preavviso e indennità di clientela).
Il Tribunale di Venezia osservava: i) la documentazione versata in atti dall’opposta consentiva di ritenere provato il controcredito, almeno in misura corrispondente al credito ammesso di € 312,54, del RAGIONE_SOCIALE per campionario non restituito dall’agente; ii) la dichiarazione di fallimento del preponente integrava gli estremi dell’inadempimento a lui non imputabile , con conseguente non debenza dell ‘ indennità sostitutiva di preavviso e suppletiva di clientela, mentre la domanda di risoluzione del contratto per inadempimento del preponente non risultava essere stata mai proposta da RAGIONE_SOCIALE, né in sede di verifica né con l’opposizione allo stato passivo; iii) relativamente al credito per provvigioni sulle differenze tra merce ordinata e merce consegnata in meno ai clienti, l’opponente non aveva fornito idonea dimostrazione della raccolta di ordini accettati dalla preponente, in quanto i documenti prodotti, formati unilateralmente dall’agente, non costituivano prova dell’accettazione degli ord ini; iv) la dedotta prova per testi era inammissibile essendo i capitoli generici e riferiti a documenti tardivamente prodotti e l’ordine di esibizione era meramente esplorativo; v) in ogni caso poiché era contrattualmente convenuto tra le parti (art. 12.7) che la preponente avrebbe informato
l’agente  entro  90  giorni  dalla  chiusura  di  ogni  campagna  vendite della sua decisione di accettare o rifiutare gli ordini trasmessi e in assenza di comunicazione l’ordine si intendeva rifiutato, anche ove vi fosse stata prova degli ordini raccolti dall’agente e trasmessi al la preponente;  per  la  merce  ordinata  ma  non  consegnata  dalla mandante l’ordine raccolto doveva considerarsi rifiutato.
 NOME  ha  proposto  ricorso  per  Cassazione  affidato  a  quattro motivi; il RAGIONE_SOCIALE ha svolto difese con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
 Il  primo  motivo  denuncia  la  violazione  e  falsa  applicazione dell’art. 132, comma 2 ,  nr.  4,  c.p.c.  e  art.  118 disp att.  c.p.c., in relazione  all’art.  360,  comma  1 ,  nr.  4,  c.p.c.,  per  non  avere  il Tribunale  motivato  sul  fatto  che  la  merce  di  cui  al  campionario asseritamente non restituita dall’agente al la  preponente  era  priva di valore.
1.1 Il motivo è inammissibile, in quanto carente di specificità.
Il  provvedimento  impugnato  non  menziona  il  tema disputandum concernente  l’effettivo  valore  della  merce  consegnata  all’agente quale campionario  e  precisa solo che il conteggio era stato effettuato in base alle previsioni contrattuali vigenti tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE,  essendosi  stabilito  che  il campionario sarebbe stato fatturato all’agente per un valore pari al 50% del prezzo di listino.
1.2 Era, quindi, onere del ricorrente riportare dettagliatamente, nel corpo  del  motivo,  gli  esatti  termini  della  questione  posta,  ma  ciò non è avvenuto.
1.3 Il che rende superfluo osservare che la doglianza è infondata, in quanto, contrariamente all’assunto del ricorrente, i giudici veneziani  hanno  spiegato  le  ragioni  poste  a  fondamento  della
decisione  di  riconoscere  il  controcredito  della  preponente  per  il tratten imento,  ad  opera  dell’agente,  del la  merce  in  campionario, derivante da una precisa pattuizione contrattuale che determinava anche  il quantum che  l’agente  avrebbe  dovuto  corrispondere  al mandante.
Il secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 132, comma 2 , nr. 4, c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art 360 , comma 1, nr. 4, c.p.c., nonché la violazione e falsa applicazione degli artt. 1453 e 1455 c.c. e 72 l. fall., in relazione all’art. 360 , comma 1, nr. 3, c.p.c.; sostiene la ricorrente: i) che il contratto si era risolto prima del fallimento di RAGIONE_SOCIALE per fatto imputabile alla mandante; ii) che il Tribunale era incorso in una contraddizione nell’affermare , dapprima, che non risultava proposta alcuna domanda di inadempimento e nel precisare, successivamente, che le domande « sono state esaminate con il rigetto della domanda di risoluzione per inadempimento »; iii) che RAGIONE_SOCIALE aveva comunque richiesto in sede di verifica incidenter tantum l’accertamento dell’inadempimento della preponente.
2.1 Il motivo è inammissibile.
Il  Tribunale  ha  affermato  che  « non risulta  in  alcun  modo  che  sia stata  formulata  avanti  al  G.D.  la  domanda  di  risoluzione  per inadempimento » . Ed  ha  anche  escluso  che  prima  del  fallimento fosse stato promosso giudizio di risoluzione del contratto.
La  motivazione,  sia  dal  punto  di  vista  grafico  sia  sotto  il  profilo argomentativo è, dunque, presente.
2.2 Nessun vizio di insanabile contraddizione affligge la motivazione, in quanto il Tribunale solo in via ipotetica ha affermato che l’esplicita  pronuncia  di  scioglimento  del  rapporto  di agenzia  per  intervenuto  fallimento  portava  a  ritenere  che  « la domanda di risoluzione per inadempimento (e la relativa eccezione di  inammissibilità)  non  siano  state  esaminate  ovvero  siano  state
esaminate con il rigetto della domanda di risoluzione per inadempimento (stante l’intervenuto scioglimento solamente con il fallimento) ».
2.3  A  fronte  di  tale verifica il  ricorrente,  per  contestarne  la veridicità,  avrebbe  dovuto  incanalare  la  censura  entro  i  binari dell’omesso esame di fatto decisivo e non formulare la doglianza di carenza di motivazione o violazione di legge.
2.4 La difesa di NOME si è limitata a dedurre in maniera generica di aver proposto prima del fallimento e con l’insinuazione allo stato passivo domanda di risoluzione del contratto di agenzia per colpa della preponente, senza tuttavia minimamente specificare la sede del giudizio di merito in cui tale difesa era stata prospettata o riportare, neanche in via riassuntiva, nel corpo del ricorso il contenuto degli atti attraverso i quali l’agente avrebbe esercitato tale diritto potestativo.
Il terzo motivo prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 72 e 78 l. fall., 1741 c.c., art. 9 e 10 AEC 10/7/2014 e 20/3/2002, in relazione all’art. 360 , comma 1, nr. 3, c.p.c.: assume la ricorrente che il Tribunale ha errato, muovendo dall’applicazione analogica dell’art. 78 l. fall, a ritenere in via automatica sciolto il contratto di agenzia con la dichiarazione di fallimento della preponente, con la conseguente esclusione delle indennità sostitutiva di preavviso e suppletiva di clientela per essersi il contratto sciolto incolpevolmente.
Rileva che, fallito il  preponente,  il  rapporto  è  regolamentato dall’art. 72 l. fall., che prevede per i rapporti in corso la sospensione  degli  effetti  del  contratto  sino  alla  manifestazione  di volontà del curatore di subentrarvi ovvero di sciogliersi.
3.1 Il motivo è fondato.
Il Tribunale, nell’asserire che in caso di fallimento del preponente lo scioglimento del rapporto di agenzia avviene sempre per causa a lui  non  imputabile,  si  è  posto  in  aperta  contrapposizione  con  il
seguente principio enunciato da un recente arresto di questa Corte, dal quale il Collegio non ha motivo di discostarsi: «Nel caso di fallimento del preponente, al contratto di agenzia pendente si applica, in assenza di una disciplina specifica, la regola generale di sospensione stabilita dall’art. 72, comma 1, e non l’art. 78, vigente “ratione temporis”, l. fall. -il quale, peraltro, prevede lo scioglimento del contratto per il fallimento del mandatario, non anche del mandante -, non essendo possibile assimilare tipologicamente il rapporto di agenzia a quello di mandato alla luce dei caratteri distintivi del primo, dati dalla continuità e stabilità dell’attività dell’agente; ove il rapporto di agenzia si sciolga, ai sensi dell’art. 72, comma 1, l. fall., per fatto concludente – con provvedimento di esclusione dei crediti relativi al predetto rapporto dallo stato passivo del fallimento del preponente -, i crediti maturati a titolo di indennità sostitutiva del preavviso e suppletiva di clientela possono essere ammessi allo stato passivo in questione, avuto riguardo alla natura non retributiva, né risarcitoria, bensì indennitaria di entrambe le indennità» (cfr. Cass. 10046/2023; vedi anche Cass. 27384/2023).
4. Il quarto motivo deduce: a) la violazione e falsa applicazione dell’art. 16-bis, comma 9, del d.l. 179/2012, in relazione agli artt. 363 e 153, comma 2, c.p.c., per non avere il Tribunale accolto l’istanza di produzione della documentazione in forma cartacea destinata a provare gli ordini non evasi dalla preponente, che non era stata potuta depositare in via telematica in quanto il sistema non ne consentiva l’invio ; la ricorrente ha chiesto, in ogni caso, la rimessione in termini per la produzione della documentazione; b) la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112, 61, 210 c.p.c., 99 nr. 4 l.fall., 24 Cost., 1749, comma 3, c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, nr. 3, c.p.c., perché il Tribunale non aveva applicato il principio di vicinanza della prova, in base al quale appariva lecita la pretesa dell’agente , per assolvere agli oneri
probatori a proprio carico, di addossare alla preponente l’onere di procurare tutte le necessarie informazioni, né aveva ordinato di depositare la documentazione contabile di cui l’opponente aveva richiesto l’esibizione; c) la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 244 e segg. c.p.c., 2697 c.c., 112, 115 e 183, comma 7, c.p.c., in relazione all’art . 360, comma 1, nr. 3, c.p.c., per non aver il Tribunale ammesso le prove orali; d) la violazione e/o falsa applicazione dell’art 6 AEC 10/7/2014 e 20 marzo 2002, per non avere il Tribunale riconosciuto all’agente provvigioni a cui la medesima aveva diritto, in quanto la prova della mancata esecuzione per causa imputabile all’agente incombeva sul la preponente.
4.1 La censura risulta in parte infondata, in parte inammissibile.
4.2 Va rilevato che l’unica ipotesi in cui il Giudice può autorizzare il deposito di atti e documenti con modalità non telematiche è quella del malfunzionamento dei servizi informatici del dominio giustizia.
4.3  L’art.  16 -bis,  comma  8,  d.l.  179/2012  prevede,  infatti,  che « fermo  quanto  disposto  al  comma  4,  secondo  periodo,  il  giudice può autorizzare il deposito degli atti processuali e dei documenti di cui ai commi che precedono con modalità non telematiche quando i sistemi informatici del dominio giustizia non sono funzionanti ».
4.4  Diversa,  invece,  è  la  formulazione  del  comma  nono  della medesima disposizione a tenore della quale « il giudice può ordinare il deposito di copia cartacea di singoli atti e documenti per ragioni specifiche »; la disposizione si riferisce alle ipotesi in cui i documenti sono già stati depositati telematicamente.
4.5  Il Tribunale  ha  rigettato  la richiesta di  autorizzazione  al deposito  cartaceo  dei  documenti  affermando,  sulla  base  di  un insindacabile  accertamento, che  l’istante  non  aveva  dimostrato l’impossibilità di procedere al deposito di più buste , così accogliendo  l’eccezione  del  RAGIONE_SOCIALE  per  tardività  dell’istanza  di deposito della documentazione.
La censura non si confronta con questa ratio decidendi.
4.6 Con riferimento profilo della doglianza che lamenta il mancato accoglimento dei mezzi istruttori, va rilevato che il diritto dell’agente di esigere tutte le informazioni necessarie per verificare l’importo delle provvigioni liquidate presuppone l’onere di provare che gli affari da lui promossi siano andati a buon fine o che il mancato pagamento sia dovuto a un fatto imputabile al preponente, cosicché, qualora quest’ultimo non gli abbia trasmesso i dati e le informazioni necessarie per esercitare i suoi diritti di credito quantificando esattamente negli atti di causa le sue spettanze, il giudice deve, su istanza di parte, emanare nei confronti del preponente l’ordine di esibizione delle scritture contabili, a norma dell’art. 210 c.p.c. (Cass. 17575/2022): dovendo, peraltro, la parte che agisca al fine di ottenere l’esibizione documentale – essendo il diritto all’accesso ed alla documentazione contabile, riconosciuto dall’art. 1749 c.c., funzionalmente e strumentalmente collegato al soddisfacimento del diritto alle provvigioni ed alle indennità collegate al rapporto di agenzia (in quanto l’acquisizione della documentazione in possesso del solo preponente deve essere indispensabile per sorreggere, sul piano probatorio, la domanda formulata in relazione a diritti determinati o determinabili) dedurre e dimostrare l’esistenza dell’interesse ad agire con circostanziato riferimento alle vicende rilevanti del rapporto (tra cui, innanzitutto, l’invio o meno degli estratti conto e del loro contenuto) e l’indicazione dei diritti, determinati o determinabili, al cui accertamento sia finalizzata l’istanza (Cass. 19319/2016 e 12660/2019).
4.7  Al  riguardo  il  decreto  impugnato  ha  ritenuto  esplorativa  la richiesta di esibizione dei documenti in conseguenza della carenza probatoria,  da  parte dell’opponente ,  dei  fatti  costitutivi  del  diritto alla provvigione.
4.8 La censura si risolve, così, in una mera contestazione dell’argomentata valutazione del Tribunale sulla non ricevibilità dell’istanza di esibizione documentale , ancora una volta in esito ad un accertamento in fatto insindacabile in sede di legittimità, siccome oggetto di un potere discrezionale del giudice del merito, il cui esercizio è censurabile in sede di legittimità soltanto qualora il giudice ometta del tutto di motivare sull’istanza proposta dalla parte, che versi nell’impossibilità di provare altrimenti il suo assunto e che abbia altresì offerto elementi presuntivi a conforto del medesimo ( cfr. Cass. 16047/2004, 11603/2009 e 6439/2010).
4.9 Irricevibile è la richiesta di remissione in termini, in primo luogo perché l’istanza andava rivolta al giudice avanti al quale è maturata la decadenza e non, per la prima volta, davanti al giudice di legittimità, in secondo luogo perché l’istituto presuppone la sussistenza in concreto di una causa non imputabile, riferibile ad un evento che presenti il carattere dell’assolutezza – e non già un’impossibilità relativa, né tantomeno una mera difficoltà – e che sia in rapporto causale determinante con il verificarsi della decadenza in questione (cfr. Cass. 30512/2018).
4.10  Inammissibile  è  la  doglianza  che  contesta  il  rigetto  della richiesta di ammissione  della prova per testi per difetto di autosufficienza,  in  quanto  i  capitoli  di  prova,  per  come  risultano dall’impugnato  provvedimento,  fanno  riferimento  a  documenti  di cui  non  si  conosce  il  contenuto  e  gli  stessi  non  stati  trascritti  o riassunti nel corpo del motivo.
In ogni caso, le valutazioni compiute dal Tribunale a sostegno del giudizio di inammissibilità della prova per testi (perché i capitoli di prova  sono  riferiti  a  documenti  tardivamente  depositati  o  perché vertono su circostanze generiche, in quanto non precisano come e quando  gli  ordini  eventualmente  raccolti  siano  stati  trasmessi  al preponente  e  per  quali  parti  le  provvigioni  risultate  dagli  estratti
conto della preponente non sarebbero state pagate) non sono state oggetto di specifica contestazione da parte della  ricorrente.
4.11  Venendo  all’ esame della  doglianza  concernente l’onere  della prova  della  mancata  esecuzione  da  parte  del  preponente  degli ordini  procurati  dall’agente,  va  rilevato  che  spetta  all’agente  la dimostrazione dei fatti costitutivi del diritto alla provvigione (conclusione degli affari, trasmissione degli stessi  e  mancata esecuzione  per  fatto  imputabile  a  quest’ultimo);  il  Tribunale  ha escluso  che  fosse  stata  fornita  la  prova  della  conclusione  degli affari.
4.12 Va, infine, rilevato che il Tribunale ha negato il diritto dell’agente alle provvigioni non solo per la carenza di prova della raccolta degli ordini da parte dell’agente e dell’accettazione degli stessi da parte della preponente, ma anche per l’ulteriore ratio decidendi , che non è stata sottoposta a censura, della mancata prova della comunicazione da parte della preponente della sua decisione di accettazione o rifiuto degli ordini trasmessi entro il termine di novanta giorni dalla chiusura di ogni campagna vendite.
5.  In  conclusione,  in  accoglimento  del  terzo  motivo  di  ricorso l’impugnato decreto deve essere cassato con rinvio della causa al Tribunale  di  Venezia,  in  diversa  composizione,  che  si  atterrà  ai principi  sopra  esposti  e  provvederà  anche  alla  regolamentazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, dichiara inammissibili i restanti  motivi,  cassa  il  decreto  impugnato  in  relazione  al  motivo accolto  e  rinvia  la  causa  al  Tribunale  di  Venezia,  in  diversa composizione, cui demanda anche la regolamentazione delle spese del presente giudizio.
Così deciso nella Camera di Consiglio del 16 gennaio 2025.