Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8059 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 8059 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 26/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9563/2023 R.G. proposto da NOME RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata all’indicato indirizzo PEC dell’avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende
– ricorrente –
contro
– intimati – avverso la sentenza n. 154/2023 del la Corte d’Appello di Potenza, depositata il 23.3.2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12.2.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE impugna la sentenza con cui la Corte d’Appello di Potenza ha respinto il reclamo proposto contro la sentenza dichiarativa del fallimento della società pronunciata dal Tribunale di Matera.
Oggetto del reclamo è stato -così come è ora oggetto del ricorso per cassazione -il presupposto soggettivo per la dichiarazione di fallimento, «assumendo che la società fosse una cooperativa sociale a scopo prevalentemente mutualistico e, come documentato in atti, avesse i requisiti imposti dalla legge per la qualifica di cooperativa sociale e, pertanto, non fosse suscettibile di fallimento e che il Tribunale di Matera non avesse operato nessuno specifico accertamento volto a comprovare l’espletamento in concreto, da parte della società, di attività commerciale» (pag. 2 della sentenza impugnata).
Il ricorso è articolato in due motivi.
La curatela e le creditrici su istanza delle quali il fallimento venne dichiarato sono rimaste intimate.
La ricorrente ha altresì depositato richiesta di decisione in replica alla proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c. e memoria nel termine di legge anteriore alla data conseguentemente fissata per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso la ricorrente denuncia testualmente: «In via principale, Violazione e falsa applicazione ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. delle seguenti norme di diritto: – Art. 1 R.D. n. 267/1942 (c.d. Legge Fallimentare); Art. 2082 c.c.; -Normativa tutta relativa alla L. 381 del l’ 8/11/1981 ; – Articolo 2697 c.c. – In via secondaria, per omesso esame circa un fatto decisivo per il
giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, omessa e/o carente motivazione ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.».
La ricorrente ripropone la propria tesi secondo cui, in quanto cooperativa sociale, essa non sarebbe potuta essere assoggettata alla procedura concorsuale per « l’assenza della qualità di imprenditore commerciale, in esso intendendosi un ‘ attività economica concretamente organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi, con scopo di lucro» (pag. 12 del ricorso).
Nella memoria illustrativa, richiamando un recente precedente di questa Corte (sentenza n. 29801/2023), la ricorrente ha invocato per la prima volta l’applicazione dell’art. 14, comma 1, del d.lgs. n. 112 del 2017, in forza del quale «In caso di insolvenza, le imprese sociali sono assoggettate alla liquidazione coatta amministrativa, di cui al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni».
2. Il motivo è inammissibile.
2.1. Nella proposta di definizione anticipata del giudizio si è osservato che, « sotto l’egida applicativa del vizio di violazione e falsa applicazione di legge, la ricorrente pretenderebbe un nuovo scrutinio sui presupposti fattuali già valutati dai giudici del merito per ritenere commerciale o meno l’impresa attinta dalla dichiarazione di fallimento, scrutinio quest’ultim o invece inibito al giudice di legittimità, in quanto richiedente una nuova lettura degli atti istruttori e un rinnovato apprezzamento delle prove ».
A ciò si aggiunga che la pretesa della ricorrente di non essere imprenditore e, in particolare, imprenditore commerciale è contraddetta dalla costante giurisprudenza di legittimità (art.
360 -bis , n. 1, c.p.c.), posto, da un lato, che l’ art. 2082 c.c. non comprende lo scopo di lucro tra i requisiti che connotano l’imprenditore (v. Cass. n. 29245/2021 e gli ulteriori precedenti ivi richiamati) e , dall’altro lato, che l’art. 2195, comma 1, n. 5, c.c. qualifica come imprenditore commerciale anche chi svolge qualsiasi attività ausiliaria delle attività produttive di beni o di servizi (Cass. n. 15285/2018).
2.1. Dal momento che la tesi sostenuta dalla ricorrente davanti ai giudici del merito e anche nel ricorso per cassazione è sempre stata quella di non essere -in quanto cooperativa sociale con prevalente scopo mutualistico -né imprenditore, né tanto meno imprenditore commerciale, non può giovare al l’accoglimento del primo motivo di ricorso la tardiva invocazione, nella memoria illustrativa, della citata disposizione di legge secondo cui, «In caso di insolvenza, le imprese sociali sono assoggettate alla liquidazione coatta amministrativa, di cui al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni» (art. 14, comma 1, d.lgs. n. 112 del 2017).
Se è vero, infatti, che a i sensi dell’art. 1, comma 4, del medesimo d.lgs. tra le «imprese sociali» rientrano senz’altro «Le cooperative sociali e i loro consorzi» (v. Cass. n. 29801/2023 cit.), è altrettanto vero che tale normativa non smentisce, ma anzi conferma, che la cooperativa sociale è, appunto, un’impresa, tant’è che , in caso di insolvenza, essa deve essere comunque assoggettata alla procedura concorsuale della liquidazione coatta amministrativa (procedura concorsuale speciale riservata a vari tipi di impresa, tra le quali le comuni cooperative esercenti un’impresa commerciale , seppure in regime alternativo rispetto all’assoggettabilità al fallimento oggi liquidazione giudiziale -secondo il criterio della priorità
cronologica: v., ratione temporis , art. 196 legge fall.; ad oggi, art. 295 c.c.i.i.).
La ricorrente, pur avendo invocato la propria condizione di cooperativa sociale quale presupposto per sostenere di non essere un imprenditore commerciale e di non essere quindi assoggettabile alla procedura concorsuale che all’imprenditore commerciale insolvente è riservata, non ha mai invocato -anche nell’atto fondativo dell’impugnazione per cassazione, oltre che nel reclamo di merito – la speciale disciplina contenuta nel d.lgs. n. 112 del 2017 per sostenere di essere sì un imprenditore commerciale, ma assoggettabile solo a liquidazione coatta amministrativa e non a fallimento. Tale diverso e inedito tema di indagine (che era rimasto estraneo al l’oggetto del giudizio anche nel processo deciso da Cass. n. 29245/2021, come rilevato, per distinguersene, nella motivazione di Cass. n. 29801/2023) non può essere introdotto nel presente processo con la memoria illustrativa successiva al ricorso per cassazione.
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: «Subordinatamente, Violazione e falsa applicazione ex art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. delle seguenti norme di diritto: – Art. 1 R.D. n.267/1942 (c.d. Legge Fallimentare); – Art. 2082 c.c.; Normativa tutta relativa alla L. 381 del 8/11/1981; – Art. 2545 -octies c.c.; – Artt. 2512 c.c.; 2513, u.c., c.c. – Articolo 2697 c.c. nonché Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, omessa e/o carente motivazione ex art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c.».
Il motivo ritorna sulla «assenza di scopo di lucro che, in ogni caso … esclude comunque l’assoggettabilità a fallimento del soggetto interessato».
Anche questo motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 360bis , n. 1, c.p.c., perché -come osservato nella proposta di definizione anticipata del giudizio -« lo scopo di lucro (c.d. lucro soggettivo) non è elemento essenziale per il riconoscimento della qualità di imprenditore commerciale, essendo individuabile l’attività di impresa tutte le volte in cui sussista una obiettiva economicità dell ‘ attività esercitata, intesa quale proporzionalità tra costi e ricavi (c.d. lucro oggettivo), requisito quest ‘ ultimo che, non essendo inconciliabile con il fine mutualistico, ben può essere presente -come qui spiegato dal giudice del merito -in una società cooperativa, la quale pertanto, ove svolga attività commerciale, in caso di insolvenza, può essere assoggettata a fallimento, in applicazione dell ‘ art. 2545-terdecies c.c. » (Cass. nn. 25478/2019; 14250/2016; oltre alle già citate Cass. nn. 29245/2021; 29801/2023).
Dichiarato inammissibile il ricorso, non occorre provvedere sulle spese di lite relative al giudizio di legittimità, non avendo svolto difese le parti intimate.
6 A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Inoltre, per il combinato disposto degli artt. 380 -bis , comma 3, e 96, comma 4, c.p.c., la ricorrente viene condannata
al pagamento dell’ulteriore somma di € 2.500 in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto; condanna la ricorrente al pagamento della somma di € 2.500 in favore della cassa delle ammende .
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del