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Fallimento capogruppo ATI: onere della prova del credito

La curatela fallimentare di una società capogruppo di un’Associazione Temporanea di Imprese (ATI) ha agito contro un Comune per ottenere il pagamento di un appalto. La Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che, a seguito dello scioglimento del mandato per fallimento, l’onere della prova del credito spettante alla singola impresa ricade sulla curatela. Non essendo stata fornita la prova della quota specifica di lavori eseguiti, la domanda di pagamento dell’intero importo è stata rigettata.

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Fallimento Capogruppo ATI: la Cassazione chiarisce l’onere della prova del credito

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nei rapporti tra appalti pubblici e procedure concorsuali: l’onere della prova del credito in caso di fallimento della società capogruppo di un’Associazione Temporanea di Imprese (ATI). La pronuncia chiarisce che la curatela fallimentare non può limitarsi a richiedere il pagamento dell’intero corrispettivo dell’appalto, ma deve dimostrare la quota specifica di lavori eseguiti dall’impresa fallita.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dalla domanda presentata dalla curatela fallimentare di una società a responsabilità limitata, capogruppo di un’ATI, nei confronti di un Comune. La richiesta era volta a ottenere il pagamento di oltre 730.000 euro, quale corrispettivo per un servizio di raccolta e gestione di rifiuti solidi urbani. Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano rigettato la domanda. Secondo i giudici di merito, il fallimento dell’impresa mandataria aveva causato, ai sensi dell’art. 78 della Legge Fallimentare, lo scioglimento automatico del mandato di rappresentanza. Di conseguenza, la curatela non era più legittimata a riscuotere il credito per conto dell’intera ATI, ma poteva pretendere solo la quota di sua spettanza. Tuttavia, la curatela non era riuscita a fornire la prova di tale quota.

L’Onere della Prova del Credito secondo la Cassazione

La curatela ha proposto ricorso in Cassazione lamentando, tra i vari motivi, la mancata valutazione da parte dei giudici di merito della condotta del Comune, che non aveva ottemperato all’ordine di esibire il contratto di associazione. Inoltre, sosteneva che la Corte d’Appello non avesse considerato che il rapporto contrattuale si era già risolto prima della dichiarazione di fallimento e che, in ogni caso, avrebbe dovuto disporre una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) per quantificare il credito.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte d’Appello. Il punto centrale della motivazione, la ratio decidendi, risiede nell’effetto che il fallimento della mandataria produce sul rapporto di mandato interno all’ATI. I giudici hanno ribadito che, per effetto dello scioglimento del mandato previsto dall’art. 78 L.F., la capogruppo perde il potere di rappresentare le altre imprese associate.

Di conseguenza, la sua curatela fallimentare non può più agire per l’intero credito dell’ATI, ma è legittimata a richiedere solo la parte del corrispettivo relativa ai lavori effettivamente eseguiti dall’impresa fallita, secondo gli accordi interni del raggruppamento. L’onere della prova del credito per questa specifica quota ricade interamente sulla curatela. Non avendola fornita, la domanda è stata correttamente rigettata.

La Corte ha inoltre precisato che la richiesta di CTU non può supplire alla carenza probatoria della parte. La consulenza tecnica è uno strumento di valutazione di dati già acquisiti al processo, non un mezzo per ricercare prove che la parte aveva l’onere di produrre. Analogamente, la richiesta di una condanna generica è stata ritenuta infondata, poiché la questione sull’esistenza del diritto (an debeatur) era strettamente legata alla sua quantificazione (quantum), che non è stata provata.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale: in caso di fallimento della società capogruppo di un’ATI, la curatela che intende recuperare i crediti derivanti da un appalto deve attivarsi per dimostrare in modo puntuale e documentato la porzione di lavori e di corrispettivo di esclusiva spettanza dell’impresa fallita. Non è sufficiente basarsi sul ruolo di rappresentante che la società aveva prima del fallimento per pretendere il pagamento dell’intero importo contrattuale. La decisione sottolinea l’importanza di una gestione probatoria rigorosa nelle azioni di recupero crediti intraprese dalle procedure concorsuali in contesti complessi come quelli degli appalti pubblici gestiti tramite ATI.

Cosa succede al mandato di rappresentanza di una capogruppo ATI in caso di suo fallimento?
Secondo la Corte, il fallimento della società mandataria capogruppo determina l’automatico scioglimento del contratto di mandato, come previsto dall’art. 78 della Legge Fallimentare. Di conseguenza, la società fallita perde la legittimazione a rappresentare le altre imprese associate all’ATI nei confronti della stazione appaltante.

In caso di fallimento della capogruppo, chi ha l’onere di provare la quota di credito spettante e perché?
L’onere della prova della quota di credito specifica spetta alla curatela fallimentare della capogruppo. Poiché con lo scioglimento del mandato la curatela può riscuotere solo il corrispettivo per i lavori eseguiti direttamente dall’impresa fallita, deve dimostrare in giudizio l’esatta entità di tale quota. La mancata prova impedisce l’accoglimento della domanda.

Può il giudice disporre una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) per determinare il credito se la parte non ha fornito prove sufficienti?
No. La Corte ha chiarito che la CTU è un mezzo istruttorio per la valutazione tecnica di elementi già provati, ma non può essere utilizzata per sopperire alla carenza probatoria della parte. Se la parte che ha l’onere della prova non fornisce gli elementi necessari, il giudice non può disporre una CTU per ricercare tali prove.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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