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Fallimento appaltatore: no pagamento diretto al sub

Un’impresa subappaltatrice ha richiesto il pagamento diretto dei suoi crediti a una stazione appaltante pubblica a seguito del fallimento dell’appaltatore principale. La Corte di Cassazione ha rigettato la richiesta, stabilendo che in caso di fallimento appaltatore, il contratto si scioglie e il subappaltatore non può bypassare la procedura fallimentare. Il suo credito deve essere insinuato nel passivo del fallimento per rispettare il principio della par condicio creditorum (parità di trattamento dei creditori).

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Fallimento appaltatore: niente pagamento diretto al subappaltatore

Il fallimento appaltatore rappresenta uno degli scenari più critici per le imprese subappaltatrici che, dopo aver eseguito lavori e forniture, rischiano di non vedere mai saldati i propri crediti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale in materia: il subappaltatore non può chiedere il pagamento diretto alla stazione appaltante pubblica, ma deve necessariamente insinuare il proprio credito nella procedura fallimentare. Vediamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I fatti del caso

Una società di costruzioni, in qualità di subappaltatrice, aveva eseguito lavori, noleggiato attrezzature e fornito materiali per un cantiere edile commissionato da un Comune. L’impresa appaltatrice principale, tuttavia, non aveva onorato i pagamenti dovuti, per un totale di circa 144.000 euro.

Successivamente, l’impresa appaltatrice veniva dichiarata fallita. La società subappaltatrice, a questo punto, si rivolgeva direttamente al Comune (la stazione appaltante), chiedendo il pagamento diretto del proprio credito. Di fronte al rifiuto dell’ente, la società otteneva un decreto ingiuntivo contro il Comune stesso.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello, però, davano ragione al Comune, revocando il decreto ingiuntivo. I giudici di merito sottolineavano che la normativa sugli appalti pubblici non consentiva il pagamento diretto in caso di fallimento dell’appaltatore. La questione è quindi giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

La disciplina del fallimento appaltatore negli appalti pubblici

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso della società subappaltatrice, confermando le decisioni dei gradi precedenti. I giudici supremi hanno chiarito che la tutela del subappaltatore non può prevalere su un principio cardine del diritto fallimentare: la par condicio creditorum, ovvero la parità di trattamento di tutti i creditori.

La Corte ha specificato che le norme che consentono il pagamento diretto al subappaltatore da parte della stazione appaltante sono applicabili solo quando il rapporto di appalto è in corso con un’impresa in bonis (cioè non fallita). Quando interviene la dichiarazione di fallimento, lo scenario cambia radicalmente.

La decisione della Cassazione e la tutela dei creditori

Il ricorso della società subappaltatrice è stato ritenuto infondato su tutta la linea. La Cassazione ha evidenziato che la Corte d’Appello aveva correttamente applicato i principi di diritto. In particolare, i motivi di ricorso sono stati giudicati generici e non in grado di scalfire il solido ragionamento dei giudici di merito.

Inoltre, la Corte ha sottolineato come la richiesta fosse inammissibile anche per la presenza di una “doppia conforme”: quando due sentenze di merito giungono alla stessa conclusione, le possibilità di impugnazione in Cassazione per vizi di motivazione sono limitate.

Le motivazioni

La motivazione centrale della decisione si fonda su un orientamento consolidato, espresso anche dalle Sezioni Unite della Cassazione (sentenza n. 5685/2020). Secondo tale principio, la dichiarazione di fallimento appaltatore provoca lo scioglimento automatico del contratto d’appalto pubblico.

Di conseguenza:

1. La stazione appaltante è tenuta a versare il corrispettivo residuo per le opere eseguite non all’appaltatore o ai suoi creditori, ma direttamente al curatore fallimentare. Queste somme entrano a far parte dell’attivo del fallimento.
2. Il subappaltatore perde la possibilità di azione diretta e diventa un creditore concorsuale come tutti gli altri. Per recuperare il proprio credito, deve presentare domanda di insinuazione al passivo del fallimento e sarà soddisfatto in base all’ordine delle cause di prelazione e nel rispetto della parità di trattamento con gli altri creditori chirografari.

Qualsiasi pagamento diretto da parte della stazione appaltante al subappaltatore violerebbe la par condicio creditorum, sottraendo risorse alla massa fallimentare destinata a soddisfare tutti i creditori in egual misura.

Conclusioni

L’ordinanza in esame conferma una regola fondamentale per chi opera nel settore degli appalti pubblici: in caso di fallimento appaltatore, la via per il recupero del credito da parte del subappaltatore non è l’azione diretta verso la stazione appaltante, ma la partecipazione alla procedura concorsuale. Questa decisione, pur potendo apparire penalizzante per il singolo subappaltatore, è volta a garantire l’integrità del sistema fallimentare e la parità di trattamento tra tutti i soggetti che vantano crediti nei confronti dell’impresa fallita.

Un subappaltatore può chiedere il pagamento diretto alla stazione appaltante se l’appaltatore principale fallisce?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la dichiarazione di fallimento dell’appaltatore principale scioglie il contratto d’appalto e impedisce al subappaltatore di agire direttamente contro la stazione appaltante per il pagamento.

Perché il subappaltatore non ha diritto al pagamento diretto in caso di fallimento dell’appaltatore?
Perché il pagamento diretto violerebbe il principio della par condicio creditorum (parità di trattamento dei creditori). Le somme dovute dalla stazione appaltante devono confluire nell’attivo fallimentare per essere distribuite tra tutti i creditori secondo le regole della procedura concorsuale, senza favorire il subappaltatore rispetto ad altri.

Cosa deve fare un subappaltatore per recuperare il proprio credito quando l’appaltatore fallisce?
Il subappaltatore deve presentare una domanda di insinuazione al passivo nel fallimento dell’appaltatore. Diventa così un creditore concorsuale e il suo credito sarà soddisfatto, in tutto o in parte, nell’ambito della procedura fallimentare, al pari degli altri creditori.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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