Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 215 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 215 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5154/2018 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione (già RAGIONE_SOCIALE, in persona del liquidatore p.t. NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE in persona dell’amministratore unico p.t. NOME COGNOME, rappresentate e difese dagli Avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME;
-ricorrenti e controricorrenti – contro
COMUNE DI COGNOME, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME;
-controricorrente –
e
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t. NOME COGNOME rappresentata e difesa dagli Avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME con
domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, INDIRIZZO; -controricorrente e ricorrente incidentale –
e
NOME COGNOME NOME RAGIONE_SOCIALE e BANCA RAGIONE_SOCIALE;
-intimati -avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova n. 1167/17, depositata il 25 settembre 2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 5 ottobre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. La RAGIONE_SOCIALE, subappaltatrice dei lavori di ampliamento di un impianto per la raccolta differenziata dei rifiuti, affidati in appalto alla RAGIONE_SOCIALE convenne in giudizio il Comune di Villanova d’Albenga, la Banca Ifis S.p.a. e la Banca Carige S.p.a., per sentir condannare il Comune, in qualità di committente, al pagamento della somma di Euro 324.720,00, a titolo di corrispettivo per i lavori eseguiti, ed al risarcimento dei danni, e per sentir accertare l’inesigibilità del relativo credito, ceduto dall’appaltatrice alla Banca Ifis, limitatamente alla quota spettante ai subappaltatori.
Premesso di aver eseguito i lavori in virtù di un contratto di subappalto stipulato il 5 dicembre 2006, riferì che l’appaltatrice non aveva provveduto al pagamento del corrispettivo, aggiungendo di aver ottenuto dal Comune l’immediato blocco dei pagamenti, ai sensi dell’art. 118 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 e dell’art. 18 della legge 19 marzo 1990, n. 55.
Si costituì il Comune, e dichiarò di essere disponibile al pagamento del corrispettivo in favore della subappaltatrice, ove non vi avessero provveduto né l’appaltatrice né la Banca Ifis.
Si costituì inoltre la Banca Ifis, cessionaria dei crediti dell’appaltatrice in virtù di un contratto di factoring , e resistette alla domanda, chiedendo la condanna del Comune al pagamento in proprio favore del saldo del corrispettivo dei lavori e delle fatture nn. 67 e 70 del 2008, erroneamente pagate all’ap-
paltatrice.
Si costituì anche la Banca Carige, riferendo di aver accantonato su un libretto di deposito intestato al Comune la somma di Euro 359.017,49, pari al residuo dovuto per l’esecuzione dell’appalto, e dichiarandosi disponibile al versamento della stessa in favore dell’avente diritto.
Nel giudizio, spiegò intervento volontario la RAGIONE_SOCIALE assumendo di aver provveduto anch’essa all’esecuzione dei lavori in qualità di subappaltatrice per conto della RAGIONE_SOCIALE, e chiedendo la condanna del Comune al pagamento della somma di Euro 72.900,29, nonché l’accertamento dell’inesigibilità del credito ceduto dall’appaltatrice alla Banca Ifis, per la quota dovuta ai subappaltatori.
Su istanza del Comune, fu autorizzata la chiamata in causa dell’RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE e di NOME COGNOME, responsabile del settore finanziario del Comune, i quali si costituirono in giudizio, chiedendo il rigetto delle domande di manleva avanzate nei loro confronti.
Il Comune rinunciò invece alla chiamata in causa della RAGIONE_SOCIALE in considerazione dell’intervenuta dichiarazione di fallimento della stessa.
1.1. Con sentenza del 25 giugno 2013, il Tribunale di Savona, Sezione distaccata di Albenga: a) assegnò alla Dall’O’ la somma di Euro 290.416,49 e alla Coget la somma di Euro 68.601,72, depositate presso la Banca Carige, b) dichiarò quest’ultima liberata da ogni obbligazione, c) condannò il Comune al pagamento della somma di Euro 296.284,37, oltre interessi, in favore della Banca Ifis, d) rigettò le domande di risarcimento dei danni proposte dalle attrici, e) rigettò la domanda proposta dal Comune nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE f) dichiarò il difetto di giurisdizione del Giudice ordinario relativamente alla domanda proposta dal Comune nei confronti di NOME COGNOME
L’impugnazione proposta dalla RAGIONE_SOCIALE e dalla RAGIONE_SOCIALE e quella separatamente proposta dalla Banca Ifis sono state riunite dalla Corte d’appello di Genova, che con sentenza del 24 luglio 2017 ha rigettato la prima e accolto parzialmente la seconda, rigettando le domande proposte dalle subappaltatrici e condannandole a restituire al Comune le somme versate in esecuzione della sentenza di primo grado.
A fondamento della decisione, la Corte ha escluso innanzitutto che in ordine alla condanna del Comune al pagamento in favore delle subappaltatrici si fosse formato il giudicato, rilevando che tale pronuncia era stata impugnata dalla Banca Ifis, la cui posizione processuale risultava inscindibile da quella delle attrici, avendo le stesse proposto, in qualità di subappaltatrici, domande incompatibili con quella avanzata dalla convenuta, in qualità di cessionaria del credito. Ha escluso inoltre che la Banca Ifis avesse omesso di censurare una delle rationes decidendi della sentenza impugnata, rilevando che, in quanto avente ad oggetto l’esistenza in concreto di un accordo volto a modificare le condizioni contrattuali, l’impugnazione si estendeva anche alla modificabilità in astratto delle condizioni di pagamento previste dal bando e dal contratto e la natura derivativa del credito fatto valere dalla cessionaria.
Nel merito, la Corte ha ritenuto che dai documenti prodotti non emergesse l’esistenza di un accordo in ordine al pagamento diretto dei subappaltatori da parte del committente, non dedotto neppure dalle attrici, le quali si erano limitate a far valere l’esistenza di un impegno del Comune a garantire le loro ragioni, attraverso l’effettuazione di pagamenti contestuali. Ha escluso che il predetto accordo risultasse per implicito dall’impegno a sospendere i pagamenti in favore dell’appaltatrice, essendo quest’ultimo già previsto dalla legge e correlato alla modalità di pagamento alternativa a quella diretta. Rilevato peraltro che l’art. 118 del d.lgs. n. 163 del 2006, nel prevedere la sospensione del pagamento, ne esclude l’esigibilità fino a quando non siano soddisfatte le ragioni dei subappaltatori, e ciò anche successivamente alla conclusione dell’appalto e in caso di fallimento dell’appaltatore, ha ritenuto che le attrici dovessero far valere il proprio credito nei confronti del fallimento della RAGIONE_SOCIALE affermando inoltre la permanenza del vincolo di inesigibilità del credito di quest’ultima fino all’emissione della quietanza da parte delle subappaltatrici, e riconoscendo il diritto della Banca Ifis alla sola differenza tra il residuo credito ceduto e quello delle attrici.
3. Avverso la predetta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione lRAGIONE_SOCIALE in liquidazione (già RAGIONE_SOCIALE) e la RAGIONE_SOCIALE, per quattro motivi, illustrati anche con memoria. Hanno resistito con controricorsi, anch’essi illustrati con memoria, il Comune e la Banca Ifis, la quale ha proposto ricorso
incidentale, affidato a un solo motivo, al quale le ricorrenti hanno resistito a loro volta con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo d’impugnazione, le ricorrenti denunciano la violazione e la falsa applicazione degli artt. 333 e 343, primo comma, cod. proc. civ. e dell’art. 2909 cod. civ., censurando la sentenza impugnata per aver omesso di rilevare l’intervenuta formazione del giudicato in ordine alla condanna del Comune al pagamento in favore di esse ricorrenti, senza considerare che la stessa non era stata impugnata dal Comune, il quale aveva proposto appello incidentale esclusivamente in ordine alla condanna al pagamento delle spese processuali in favore della Banca Ifis e della Banca Carige.
1.1. Il motivo è infondato.
Correttamente, infatti, la Corte territoriale ha ritenuto che l’impugnazione della sentenza di primo grado da parte del Comune, nella sola parte riguardante la condanna al pagamento delle spese processuali in favore della Banca Ifis e della Banca Carige, non ne avesse comportato il passaggio in giudicato nella parte in cui aveva condannato il Comune al pagamento degl’importi dovuti alle subappaltatrici, essendo stata tale statuizione impugnata dalla Banca Ifis, e vertendosi in un’ipotesi di cause inscindibili, giacché la domanda proposta dalla Banca, in quanto avente ad oggetto il pagamento dell’intero corrispettivo dell’appalto, risultava incompatibile con quella avanzata dalle subappaltatrici, con la conseguenza che l’impugnazione proposta da una sola delle parti del rapporto processuale risultava idonea ad impedire il passaggio in giudicato della sentenza anche nei confronti dell’altra.
Benvero, nel caso in cui il convenuto contesti l’obbligazione nei confronti dell’attore, attribuendo ad un altro soggetto la titolarità attiva del rapporto obbligatorio, senza chiederne l’accertamento con efficacia vincolante anche per quest’ultimo, non si determina un litisconsorzio necessario nei confronti del terzo, dovendosi soltanto verificare, come in ogni altra ipotesi di legittimazione alternativa, se l’attore sia o meno titolare del credito azionato, e, in caso negativo, rigettare la domanda da lui proposta (cfr. Cass., Sez. II, 15/ 03/2004, n. 5252; Cass., Sez. I, 27/06/1994, n. 6156; Cass., Sez. lav., 17/
12/1983, n. 7458). Qualora invece il predetto accertamento venga richiesto dal terzo, attraverso l’intervento volontario nel giudizio, o da una delle parti, mediante la chiamata in causa del terzo, il rapporto processuale che s’instaura tra quest’ultimo, l’attore e il convenuto assume carattere unitario, dovendosi verificare quale, tra i soggetti che affermano di essere creditori, sia effettivamente titolare del diritto azionato, e sussistendo pertanto un’incompatibilità tra le rispettive pretese, per effetto della quale l’accoglimento dell’una impedisce quello dell’altra, e viceversa: tale unitarietà, che dà luogo ad un litisconsorzio necessario di carattere processuale, deve necessariamente persistere anche in sede d’impugnazione, al fine di evitare possibili giudicati contrastanti in ordine alla stessa materia e nei confronti di quei soggetti che siano stati parti del giudizio di primo grado (cfr. Cass., Sez. VI, 29/03/2019, n. 8790; Cass., Sez. II, 12/02/2016, n. 2859; Cass., Sez. III, 26/01/2010, n. 1535), e comporta che l’impugnazione proposta da uno dei predetti soggetti estende i suoi effetti anche agli altri, impedendo il passaggio in giudicato della sentenza anche nei loro confronti, senza che risulti necessaria la proposizione dell’appello incidentale (cfr. Cass., Sez. VI, 12/03/2018, n. 5876; 11/09/ 2017, n. 21098; Cass., Sez. III, 26/10/2017, n. 25417).
2. Con il secondo motivo, le ricorrenti deducono la violazione e la falsa applicazione degli artt. 102 e 343, secondo comma, cod. proc. civ., censurando la sentenza impugnata per aver ritenuto ammissibile un secondo appello incidentale del Comune, proposto nel corso del giudizio ed avente ad oggetto la restituzione dell’importo versato in esecuzione della sentenza di primo grado, senza considerare che l’interesse all’impugnazione era ricollegabile agli appelli principali. Premesso che il Comune aveva consumato il proprio diritto all’impugnazione con la proposizione del primo appello incidentale, sostengono che le domande proposte da esse ricorrenti non erano inscindibili da quella proposta dalla Banca Ifis, avendo come titolo i contratti di subappalto, anziché la cessione del credito.
2.1. Il motivo è infondato.
La sentenza impugnata non si è in alcun modo pronunciata in ordine alla ammissibilità del secondo appello incidentale proposto dal Comune nel corso del giudizio, ma si è limitata a rilevare che lo stesso, pur essendo stato for-
mulato ai sensi dell’art. 343, secondo comma, cod. proc. civ., era volto ad ottenere la restituzione delle somme versate in esecuzione della sentenza di primo grado, osservando che, in quanto avente ad oggetto una pronuncia che può essere adottata anche d’ufficio, tale domanda poteva essere avanzata fino all’udienza di precisazione delle conclusioni. La domanda di restituzione non si traduce d’altronde in un distinto motivo d’impugnazione, configurandosi non già come una censura rivolta alla sentenza di primo grado, nella parte recante la condanna della parte al pagamento della somma versata, ma come un effetto della riforma di tale statuizione, conseguente all’accoglimento dei motivi d’impugnazione: ai fini della sua ammissibilità, non assume pertanto alcun rilievo l’individuazione del momento in cui è insorto l’interesse all’impugnazione, che viene in considerazione esclusivamente in riferimento alla proposizione dell’impugnazione incidentale, ma soltanto il momento in cui ha avuto luogo il pagamento, giacché, ove lo stesso sia stato effettuato precedentemente alla proposizione dell’impugnazione, la domanda dev’essere formulata con l’atto di appello, essendo ammissibile la sua proposizione nel corso del giudizio soltanto qualora l’esecuzione della sentenza sia avvenuta successivamente alla proposizione dell’impugnazione (cfr. Cass., Sez. I, 15/03/2021, n. 7144; Cass., Sez. lav., 30/01/2018, n. 2292; Cass., Sez. III, 26/01/2016, n. 1324). Nel caso in esame, peraltro, non solo non è stato in alcun modo dedotto che il versamento della somma dovuta sia stato effettuato in data anteriore a quella d’instaurazione del giudizio d’impugnazione, ma il Comune ha espressamente collegato la propria domanda alla proposizione dell’appello da parte della Banca Ifis, che, determinando la riapertura del dibattito processuale in ordine all’individuazione del titolare del credito azionato, aveva fatto sorgere il suo interesse ad ottenere la restituzione dello importo versato da parte di chi non avesse diritto a riceverlo, al fine di evitare una duplicazione del pagamento.
Con il terzo motivo, le ricorrenti lamentano la violazione e la falsa applicazione degli artt. 112 e 343, secondo comma, cod. proc. civ., rilevando che, nell’accogliere la domanda di restituzione delle somme versate in esecuzione della sentenza di primo grado, la Corte territoriale non ha considerato che l’appello incidentale proposto dal Comune al riguardo era espressamente
condizionato all’accoglimento di quello principale proposto dalla Banca Ifis.
3.1. Il motivo è infondato.
La sentenza impugnata non ha affatto rigettato l’appello proposto dalla Banca Ifis, ma lo ha accolto parzialmente, escludendo il diritto dell’appellante, in qualità di cessionaria del credito derivante dal contratto di appalto, al pagamento dell’importo dovuto alle subappaltatrici, per effetto della sospensione disposta dal committente, ma affermando l’inesigibilità di tale importo anche da parte delle attrici, in considerazione dell’intervenuta dichiarazione di fallimento dell’appaltatrice, e della conseguente necessità dell’insinuazione al passivo del relativo credito. Per effetto di tale pronuncia, che ha comportato la riforma della decisione di primo grado, nella parte in cui aveva riconosciuto alle attrici il diritto al pagamento della somma dovuta per i lavori da loro eseguiti, è divenuto attuale il diritto del Comune alla restituzione dell’importo versato, con la conseguente fondatezza della domanda da esso proposta nel corso del giudizio.
Con il quarto motivo, le ricorrenti non muovono infine una vera e propria censura alla sentenza impugnata, ma si limitano a chiedere che, in caso di accoglimento del ricorso, sulla somma loro dovuta vengano riconosciuti gli interessi moratori al tasso previsto dall’art. 133 del d.lgs. 163 del 2006, con decorrenza dalla data dello stato finale dei lavori, avendo il Giudice di primo grado omesso di pronunciare al riguardo.
4.1. Tale richiesta non solo resta preclusa dal rigetto degli altri motivi d’impugnazione, ma, anche in caso di accoglimento degli stessi, non avrebbe potuto trovare ingresso in sede di legittimità, trattandosi di una questione non esaminata dalla sentenza impugnata, che avrebbe potuto essere eventualmente riproposta nel giudizio di rinvio, subordinatamente alla dimostrazione dell’avvenuta proposizione della stessa con l’atto di appello.
Con l’unico motivo del ricorso incidentale, la Banca Ifis denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 118, comma terzo, del d.lgs. n. 163 del 2006, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha rigettato la domanda di assegnazione delle somme ancora dovute dal Comune in favore di essa controricorrente, in ragione dell’esistenza di un vincolo d’inesigibilità del relativo credito. Premesso infatti che l’art. 118, comma terzo, cit. non
prevede un vincolo di solidarietà tra il committente e l’appaltatore nei confronti dei subappaltatori, ma si limita ad attribuire al committente la facoltà di scegliere, nel bando di gara, tra il pagamento diretto in favore dei subappaltatori e un controllo successivo in ordine alla regolarità dei pagamenti, sostiene che, a seguito del fallimento dell’appaltatrice, i crediti delle subappaltatrici devono sottostare alle regole del concorso, con la conseguenza che l’intero corrispettivo dev’essere versato ad essa controricorrente, in qualità di cessionaria del credito, tenuta a riversarlo al fallimento, detratta la somma dovuta a copertura dell’esposizione derivante dalle anticipazioni effettuate in favore dell’appaltatrice in bonis . Aggiunge che la sentenza impugnata ha omesso di pronunciare in ordine al motivo di gravame con cui essa controricorrente aveva censurato la sentenza di primo grado, nella parte in cui aveva ritenuto che l’oggetto della cessione fosse costituito esclusivamente dalla quota di corrispettivo eccedente quella dovuta alle subappaltatrici, anzi dall ‘ intero corrispettivo dell’appalto.
5.1. Il motivo è parzialmente fondato.
La Corte territoriale non ha affatto omesso di pronunciare in ordine all’impugnazione della sentenza di primo grado, nella parte in cui aveva escluso il diritto della Banca Ifis al pagamento della somma richiesta dalle attrici, avendo affermato che quest’ultimo importo doveva considerarsi inesigibile fino a quando non fossero state soddisfatte le pretese delle subappaltatrici: tale osservazione, logicamente incompatibile con l’accoglimento anche della domanda di pagamento proposta dalla Banca Ifis in qualità di cessionaria del credito, deve ritenersi sufficiente ai fini dell’esclusione del vizio di cui all’art. 112 cod. proc. civ., per la cui configurabilità è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto, non risultando sufficiente la mancanza di una specifica argomentazione, quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa della parte, ne comporti il rigetto o l’assorbimento (cfr. Cass., Sez. III, 29/01/2021, n. 2151; Cass., Sez. VI, 4/06/2019, n. 15255; Cass., Sez. I, 9/05/2007, n. 10636).
A sostegno della decisione adottata, la Corte territoriale ha richiamato il principio, più volte ribadito in passato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui la sospensione del pagamento del corrispettivo da parte della sta-
zione appaltante, prevista dall’art. 118, comma terzo, del d.lgs. n. 163 del 2006 per l’ipotesi d’inadempimento degli obblighi gravanti sull’appaltatore nei confronti dei subappaltatori, determina un vincolo d’inesigibilità del credito destinato a perdurare anche in caso di fallimento dell’appaltatore, dovendo i subappaltatori far valere il proprio credito nella sede concorsuale, nell’ambito della quale possono ottenere l’ammissione al passivo in prededuzione, se ed in quanto alleghino che la stessa comporti un sicuro ed indubbio vantaggio per la procedura, consistente nel pagamento di una maggior somma da parte dell’Amministrazione committente (cfr. Cass., Sez. I, 22/06/2017, n. 15478; Cass., Sez. VI, 22/03/2017, n. 7392; 16/02/2016, n. 3003).
Tale principio ha costituito peraltro oggetto di rimeditazione da parte della giurisprudenza più recente, la quale ha affermato che il meccanismo previsto dall’art. 118, comma terzo, del d.lgs. n. 163 del 2006 non può trovare applicazione in caso di fallimento dell’appaltatore, essendo destinato ad operare soltanto nell’ipotesi in cui il rapporto di appalto sia ancora in corso con l’impresa in bonis : premesso infatti che il provvedimento di sospensione mira a tutelare soltanto indirettamente l’interesse del subappaltatore, avendo come obiettivo primario la tutela dell’interesse pubblico al regolare e tempestivo completamento dell’opera, nonché al controllo della sua corretta esecuzione, si è osservato che la dichiarazione di fallimento dell’appaltatore, determinando lo scioglimento del contratto di appalto, preclude definitivamente il conseguimento della predetta finalità, imponendo alla stazione appaltante di provvedere al versamento in favore del curatore del corrispettivo delle prestazioni eseguite fino a quel momento. Si è aggiunto che la sospensione non può trovare giustificazione neppure nella soddisfazione del credito del subappaltatore, il quale dev’essere considerato un creditore concorsuale dell’appaltatore, come tutti gli altri, e deve quindi insinuare il proprio credito al passivo, nel rispetto della par condicio creditorum e dell’ordine delle cause di prelazione, non essendo il suo credito espressamente qualificato come prededucibile da una norma di legge, né potendosi considerare sorto in funzione di una procedura concorsuale (cfr. Cass., Sez. Un., 2/03/2020, n. 5685; Cass., Sez. I, 21/12/2018, n. 33350).
Conformemente a quest’ultimo orientamento, che il Collegio condivide ed
intende ribadire anche in questa sede, deve escludersi che la mancata soddisfazione dei crediti fatti valere dalle attrici possa comportare, nella specie, l’inesigibilità dell’importo ancora dovuto dal Comune sul corrispettivo totale dei lavori, il quale, in applicazione del predetto principio, dovrebbe essere versato al curatore del fallimento dell’appaltatrice, per essere distribuito tra i creditori della stessa, secondo l’ordine delle rispettive cause di prelazione, senza che le subappaltatrici possano ottenere neppure il riconoscimento della prededucibilità dei loro crediti. Senonché, è pacifico che il credito avente ad oggetto il predetto importo ha costituito oggetto di cessione in favore della Banca Ifis, in epoca anteriore alla dichiarazione del fallimento, in esecuzione del contratto di factoring con la stessa stipulato, che ha condotto anche al trasferimento del credito avente ad oggetto l’importo eccedente quello dovuto alle attrici, per il quale non era stata disposta la sospensione del pagamento. Ai fini della verifica della legittimazione della cessionaria ad ottenere il pagamento dell’importo in questione, si pone pertanto l’esigenza di accertare se la cessione del credito sia opponibile al fallimento, o se il curatore abbia agito per ottenere la dichiarazione d’inefficacia della stessa, in quanto eventualmente posta in essere in pregiudizio delle ragioni della massa dei creditori: la mera circostanza che sia stato adottato un provvedimento di sospensione del pagamento ai sensi dell’art. 118, comma terzo, del d.lgs. n. 163 del 2006 non può infatti ritenersi sufficiente ad impedire la cessione del credito né a determinarne l’inefficacia, giacché, come recentemente affermato da questa Corte, la mancata presentazione da parte dell’appaltatore delle fatture quietanzate e del documento unico di regolarità contributiva determina unicamente la temporanea inesigibilità del credito, che non è di ostacolo alla circolazione dello stesso nelle forme ordinariamente previste (cfr. Cass., Sez. III, 16/02/ 2023, n. 4927).
Il ricorso principale va pertanto rigettato, mentre va accolto il ricorso incidentale, con la cassazione della sentenza impugnata, nella parte riguardante l’inesigibilità del credito della Banca Ifis.
La causa va conseguentemente rinviata alla Corte d’appello di Genova, che provvederà, in diversa composizione, anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
rigetta il ricorso principale, accoglie parzialmente il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata, nei sensi di cui in motivazione, e rinvia alla Corte di appello di Genova, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti principali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale dal comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 5/10/2023