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Factoring pro soluto: accordo scritto è decisivo

Una società fornitrice ha contestato un debito derivante da un contratto di factoring, sostenendo l’esistenza di una copertura ‘pro soluto’ basata su comportamenti concludenti, nonostante il contratto richiedesse una comunicazione scritta. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione di merito. La sentenza ribadisce che le contestazioni in sede di legittimità devono essere specifiche e non possono introdurre elementi nuovi non discussi nei gradi precedenti. In tema di factoring pro soluto, la forma scritta prevista dalle parti prevale su presunti accordi taciti se non contestata correttamente.

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Factoring Pro Soluto: La Cassazione Sottolinea l’Importanza della Forma Scritta

In ambito commerciale, i contratti di factoring sono uno strumento essenziale per la gestione della liquidità aziendale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 15872/2024) ha fatto luce su un aspetto cruciale di questi accordi: la validità della garanzia factoring pro soluto e l’importanza della forma scritta pattuita tra le parti. La decisione offre importanti spunti sia sul piano sostanziale che processuale, ribadendo principi fondamentali per chi opera nel settore.

Il Caso: Una Controversia sulla Garanzia nel Factoring

La vicenda trae origine da un decreto ingiuntivo ottenuto da un istituto bancario nei confronti di una società fornitrice per una somma ingente, derivante da un contratto di factoring. La società fornitrice si era opposta, sostenendo che l’accordo prevedesse una copertura pro soluto, ovvero con il rischio di insolvenza dei debitori ceduti a carico della banca (il factor). Secondo la società, tale garanzia era stata attivata tramite comportamenti concludenti, nonostante il contratto quadro richiedesse una procedura formale scritta.

La decisione del Tribunale

Il Tribunale di primo grado aveva respinto l’opposizione della società, accogliendo la tesi della banca. Secondo il giudice, il contratto era chiaro: per attivare la garanzia pro soluto erano necessari passaggi formali, tra cui una richiesta scritta del fornitore e una conferma, sempre per iscritto, da parte del factor. In assenza di tale comunicazione formale, la garanzia non poteva considerarsi operativa.

Il ricorso in Cassazione

Dopo che la Corte d’Appello aveva dichiarato inammissibile il gravame, la società fornitrice ha presentato ricorso in Cassazione, basandolo su due motivi principali:
1. Violazione delle norme sull’interpretazione del contratto: La società sosteneva che il Tribunale avesse errato nel non considerare i comportamenti concludenti delle parti, che avrebbero dimostrato una rinuncia tacita alla forma scritta prevista dal contratto.
2. Carattere vessatorio della clausola: Il secondo motivo denunciava la clausola che subordinava la garanzia a un’espressa accettazione scritta del factor come clausola vessatoria e, quindi, inefficace.

L’Importanza della Forma Scritta nel Factoring Pro Soluto

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, offrendo chiarimenti fondamentali. Il cuore della decisione ruota attorno al rispetto delle forme pattuite contrattualmente. Anche se in linea di principio le parti possono rinunciare a un requisito di forma da loro stesse stabilito, la volontà di farlo deve essere provata e, soprattutto, l’argomento deve essere correttamente introdotto nel processo.

I Motivi di Inammissibilità: Lezioni di Procedura Civile

La pronuncia è un’importante lezione anche dal punto di vista processuale. La Corte ha bocciato i motivi del ricorso per ragioni tecniche precise che meritano attenzione.

Il divieto di “novum” in Cassazione

Il primo motivo è stato giudicato inammissibile perché introduceva un novum, ossia una questione nuova. La società ricorrente non aveva specificato se la tesi della rinuncia tacita alla forma scritta fosse già stata oggetto di uno specifico motivo d’appello. Introdurre per la prima volta in Cassazione un tema così cruciale viola le regole del processo, che prevedono che il giudizio di legittimità si basi sulle questioni già dibattute nei gradi di merito.

La genericità del motivo di ricorso

Anche il secondo motivo, relativo alla presunta natura vessatoria della clausola, è stato respinto per genericità. La Corte ha sottolineato che non è sufficiente affermare assertivamente che una clausola sia vessatoria. Il ricorrente avrebbe dovuto confrontarsi in modo specifico con la motivazione del giudice di primo grado, spiegando perché il suo ragionamento fosse errato. Limitarsi a una generica lamentela, senza un’argomentazione puntuale, rende il motivo inammissibile.

Le motivazioni

La Corte Suprema ha motivato la sua decisione di inammissibilità evidenziando gravi carenze processuali nel ricorso. Per quanto riguarda il primo motivo, la Corte ha rilevato che l’argomento della rinuncia tacita alla forma scritta, basato su facta concludentia, non era stato adeguatamente coltivato nei gradi di merito, configurandosi come un inammissibile novum in sede di legittimità. Inoltre, la ricostruzione dei fatti proposta dalla ricorrente esondava dai limiti del giudizio di Cassazione, che non può riesaminare il merito della controversia. Sul secondo motivo, la Corte ha riscontrato una totale genericità. La ricorrente si è limitata a definire la clausola contrattuale come vessatoria senza articolare una critica specifica e puntuale alla decisione del Tribunale e senza dimostrare la sussistenza dei presupposti di fatto e di diritto di tale presunta vessatorietà, rendendo la censura del tutto inefficace.

Le conclusioni

In conclusione, questa ordinanza della Cassazione rafforza due principi fondamentali. Sul piano sostanziale, conferma che gli accordi formali previsti in un contratto, come la forma scritta per l’attivazione di una garanzia pro soluto, hanno piena efficacia a meno che una deroga non sia chiaramente provata e discussa nelle sedi opportune. Sul piano processuale, ribadisce la necessità di formulare i ricorsi in modo specifico, completo e non generico, evitando di introdurre questioni nuove nel giudizio di legittimità. Per le imprese, la lezione è chiara: la forma nei contratti è sostanza e va rispettata scrupolosamente.

È possibile derogare tacitamente a una forma scritta richiesta da un contratto di factoring?
In teoria, le parti possono rinunciare a una forma scritta convenzionale, anche tacitamente. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha chiarito che tale argomento deve essere sollevato e provato nelle sedi di merito e non può essere introdotto come un elemento nuovo (novum) nel giudizio di legittimità.

Quando una clausola contrattuale può essere considerata vessatoria in Cassazione?
La sentenza non definisce i criteri di vessatorietà, ma stabilisce un principio processuale: per contestare una clausola come tale, non basta una generica affermazione. È necessario confrontarsi specificamente con la motivazione del giudice di merito e dimostrare la sussistenza dei presupposti di fatto e di diritto, cosa che nel caso di specie non è avvenuta.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per due ragioni principali. Il primo motivo introduceva un argomento nuovo (novum) non discusso in appello, violando le regole processuali. Il secondo motivo era troppo generico e assertivo, non riuscendo a confrontarsi adeguatamente con la decisione del Tribunale e sconfinando in una valutazione di fatto riservata ai giudici di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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