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Factoring e concordato: a chi spetta il credito?

Una società di factoring agisce per il pagamento di crediti ceduti da un’azienda poi ammessa a concordato preventivo. Le corti di merito ritengono la domanda inammissibile, in quanto doveva essere proposta nelle forme del procedimento concorsuale. La Cassazione, con un’ordinanza interlocutoria sul tema del factoring e concordato, rinvia la decisione alla Prima Sezione Civile, competente per materia, per risolvere la complessa questione sulla tutela dei diritti del terzo cessionario.

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Factoring e concordato: la Cassazione fa il punto sulla tutela del cessionario

Il rapporto tra factoring e concordato preventivo solleva complesse questioni giuridiche, specialmente quando un’azienda in crisi decide di sciogliere un contratto di cessione dei crediti. Un’ordinanza interlocutoria della Corte di Cassazione ha recentemente affrontato un caso emblematico, rinviando la decisione alla Sezione competente per definire i confini della tutela del factor (cessionario) rispetto ai poteri del Tribunale fallimentare.

I Fatti di Causa

Una società operante nel settore dell’abbigliamento, dopo aver stipulato un contratto di factoring pro solvendo per la cessione di crediti presenti e futuri verso un noto gruppo commerciale, depositava istanza di concordato preventivo. Ottenuta l’autorizzazione dal Tribunale, l’azienda comunicava alla società di factoring la volontà di sciogliersi dal contratto per i crediti non ancora scaduti. Contestualmente, invitava i debitori ceduti a effettuare i pagamenti direttamente a suo favore.

Nonostante una diffida inviata dalla società di factoring, i debitori saldavano i propri debiti nelle mani dell’azienda in concordato. Di conseguenza, la società di factoring citava in giudizio i debitori davanti al Tribunale di Milano, chiedendo l’accertamento della propria titolarità sui crediti e la condanna al pagamento delle somme.

Il Percorso Giudiziario: la Tesi dell’Inammissibilità

Sia il Tribunale di Milano che la Corte d’Appello hanno dichiarato inammissibile la domanda della società di factoring. Secondo i giudici di merito, l’azione non poteva essere trattata in un giudizio ordinario, poiché rappresentava, di fatto, un’impugnazione del provvedimento del Tribunale fallimentare che aveva autorizzato lo scioglimento del contratto.

La Corte d’Appello ha specificato che, sebbene l’ordinanza del Tribunale fallimentare non avesse carattere decisorio definitivo, essa incideva sui diritti di terzi (la società di factoring). Pertanto, qualsiasi pretesa sui crediti presupponeva una valutazione, anche solo incidenter tantum, di tale provvedimento, che avrebbe dovuto essere contestato nelle sedi e con gli strumenti propri del diritto fallimentare, come previsto dall’art. 26 della Legge Fallimentare.

La questione di competenza nel factoring e concordato

La Suprema Corte di Cassazione, investita del ricorso, ha emesso un’ordinanza interlocutoria. Senza entrare nel merito della controversia, ha rilevato che le questioni sollevate—inerenti la violazione degli articoli 169 bis, 72 e 26 della Legge Fallimentare—riguardano una materia di competenza tabellare della Prima Sezione Civile. Per questo motivo, ha disposto il rinvio della causa a tale Sezione per la decisione finale.

Le Motivazioni

La motivazione principale dietro il rinvio risiede nella complessità e nella rilevanza dei principi di diritto coinvolti. Il caso impone di risolvere un conflitto cruciale: da un lato, il diritto del cessionario (factor) a veder rispettato un contratto di cessione già perfezionato; dall’altro, il potere dell’organo concorsuale di sciogliere contratti pendenti per favorire il risanamento dell’impresa. La decisione che verrà presa dalla Prima Sezione dovrà chiarire quale sia lo strumento di tutela corretto per il terzo i cui diritti sono pregiudicati da un provvedimento emesso nell’ambito di una procedura di concordato preventivo. Si tratta di stabilire se la sua unica via sia l’impugnazione all’interno della procedura concorsuale o se possa agire autonomamente in sede ordinaria per far valere la titolarità del proprio credito.

Le Conclusioni

In conclusione, l’ordinanza interlocutoria, pur non decidendo la controversia, ne sottolinea l’importanza strategica. La futura sentenza della Prima Sezione Civile è attesa con grande interesse dagli operatori del settore finanziario e legale. Essa fornirà un’indicazione fondamentale su come bilanciare la protezione degli investitori e dei cessionari di crediti con le esigenze di flessibilità delle procedure di risanamento aziendale. La pronuncia definirà i confini procedurali per la tutela dei diritti dei terzi, stabilendo se il foro fallimentare sia l’unica arena competente a risolvere tali dispute o se rimanga spazio per l’azione giudiziaria ordinaria.

Un’azienda in concordato preventivo può sciogliere un contratto di factoring in corso?
Sì, secondo quanto emerge dal provvedimento, il Tribunale fallimentare ha autorizzato l’azienda in concordato a sciogliersi dal contratto di factoring per i crediti non ancora venuti a scadenza, in applicazione dell’art. 169 bis della Legge Fallimentare.

Come può tutelarsi la società di factoring se il suo contratto viene sciolto dal Tribunale?
Secondo le corti di merito (Tribunale e Corte d’Appello), la società di factoring avrebbe dovuto contestare il provvedimento di scioglimento utilizzando gli strumenti di impugnazione specifici previsti dalla legge fallimentare (art. 26 l. fall.), anziché avviare una causa ordinaria separata.

Perché la Corte di Cassazione non ha deciso subito il caso?
La Corte ha rilevato che le questioni giuridiche sollevate, relative all’interpretazione delle norme sul concordato preventivo e i loro effetti sui contratti pendenti, rientrano nella competenza specifica della Prima Sezione Civile. Pertanto, ha rinviato la causa a tale Sezione per assicurare una trattazione da parte dell’organo più specializzato in materia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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