Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 26318 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 26318 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/09/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 27404/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOMEricorrente- contro
COGNOME rappresentato dal procuratore generale COGNOME e NOME COGNOME quali eredi di NOME COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocata NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
-controricorrenti, ricorrenti incidentali- avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO CATANZARO n. 2075/2019 depositata il 29/10/2019.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME sentiti il Sostituto Procuratore Generale dott. NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto sia del ricorso principale, sia del ricorso incidentale, e i difensori delle parti presenti, avv. NOME COGNOME per RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione, e avv. NOME COGNOME per gli eredi di NOME COGNOME di Lizzano, che hanno richiamato le tesi difensive già svolte.
FATTI DI CAUSA
Le vicende che hanno portato al sorgere del presente contenzioso si possono riassumere, in fatto, come segue: in data 24.12.1973 era stato concluso un contratto di compravendita immobiliare tra NOME COGNOME di Lizzano, quale venditrice, e RAGIONE_SOCIALE, quale acquirente, avente ad oggetto un appezzamento di terreno di 175.000 mq sito in Nocera Terinese, confinante a ovest con il Demanio Marittimo; la società era rappresentata da due amministratori, uno dei quali era la stessa venditrice, pure socia; nella stessa data dell’atto pubblico le parti avevano redatto una scrittura privata nella quale intervenivano sull’estensione dell’area compravenduta e sul prezzo; nel 1983 il Demanio Marittimo aveva introdotto una causa, alla quale aveva partecipato anche NOME COGNOME di Lizzano,
rivendicando la proprietà di circa 82.000 mq, ricompresi secondo la compravendita del 1973 nel terreno ceduto; l’azione di rivendica, respinta con sentenza del Tribunale di Lamezia Terme nel 1986, era stata accolta all’esito della proposta impugnazione con sentenza n.549/2004, passata in giudicato il 6.12.2005, dalla Corte d’Appello di Catanzaro che, dopo una complessa istruttoria articolatasi in diverse consulenze tecniche d’ufficio, aveva accertato la proprietà dell’Amministrazione del Demanio sull’immobile di mq 82.000 rivendicato.
RAGIONE_SOCIALE aveva quindi introdotto la presente controversia nei confronti della venditrice lamentando l’evizione parziale dell’immobile compravenduto, con richiesta di restituzione del prezzo pagato per la parte evitta e di risarcimento di tutti i danni subiti. NOME COGNOME di Lizzano (deceduta in corso di causa e per ella, ora, gli eredi) si era costituita facendo valere la scrittura privata coeva all’atto, attestante nella sua prospettazione difensiva la simulazione relativa dello stesso quanto ad estensione e prezzo, indicata la prima nell’atto pubblico in misura superiore al reale ma pagata in relazione alla minor estensione effettiva risultante dalla scrittura; la convenuta aveva quindi chiesto il pagamento del residuo dovutole, da calcolare in base alle indicazioni della scrittura privata e da compensare con il credito eventuale della controparte conseguente all’evizione. RAGIONE_SOCIALE aveva eccepito la prescrizione delle pretese di controparte correlate alla prospettata simulazione. Nel corso del giudizio di primo grado il Tribunale di Lamezia Terme aveva pronunciato ordinanza-ingiunzione in data 7.4.2009, con la quale aveva ingiunto alla convenuta il pagamento di € 45.715,00 a titolo di restituzione di parte del prezzo versato e, all’esito, accolte l’eccezione di prescrizione in relazione alla prospettata simulazione e la domanda risarcitoria della società attrice, aveva infine condannato la venditrice, e per lei gli eredi, a pagare a titolo di risarcimento del danno l’importo di € 786.701,51, respingendo tutte le altre domande ed eccezioni proposte.
Proposta impugnazione da NOME COGNOME e NOME COGNOME eredi di NOME COGNOME di Lizzano, all’esito del giudizio di appello, per quanto ancora interessa, la Corte d’Appello di Catanzaro aveva: -confermato la fondatezza dell’eccezione di prescrizione quanto alle pretese correlate dalle appellanti alla prospettata simulazione; preso atto dell’evizione definitivamente accertata, con la precisazione che la superficie evitta era stata edificata per circa 9.000 mq sui mq 82.000 circa da restituire al Demanio Marittimo; -riconosciuto il diritto della società alla restituzione del prezzo corrispondente alla parte di terreno evitta, corrispondente all’importo di € 45.715,00 già riconosciuto in primo grado con ordinanza -ingiunzione (pur non richiamata nella sentenza); -riconosciuto il diritto di RAGIONE_SOCIALE al risarcimento del danno da interesse negativo, ridotto al prezzo richiesto dal Demanio Marittimo per la cessione, previa sdemanializzazione, di parte dell’area da retrocedergli corrispondente alla porzione di essa già edificata dalla società (€ 175.920,00, oltre accessori, a fronte del maggior importo riconosciuto dal primo Giudice, che aveva tenuto conto anche delle spese di edificazione); il CTU aveva infatti accertato che dei metri quadrati evitti, cica 9000 mq erano stati edificati e, su questi, vi era stata la proposta di un accordo transattivo da parte del Demanio Marittimo con richiesta di pagamento di € 175.920,00, che dalle risultanze processuali, comprensive del comportamento difensivo della società, si considerava andato a buon fine o comunque in via di definizione; il danno subito da RAGIONE_SOCIALE doveva comunque essere limitato all’importo indicato perchè, ove l’accordo non si fosse perfezionato, sarebbe ricorsa l’ipotesi di cui all’at.1227 co 2 c.c. (la transazione proposta non sarebbe rientrata tra le attività gravose o eccezionali o tali da comportare notevoli rischi o rilevanti sacrifici esulanti dall’ordinaria
diligenza), eccezione da considerare tempestivamente formulata; -respinto la rinnovata richiesta di risarcimento del danno da lucro cessante sul presupposto che vi fosse la prova della mancanza di colpa della venditrice idonea a superare la contraria presunzione ex art.1218 c.c., rilevando al riguardo che il fatto che la società fosse pienamente a conoscenza della questione della delimitazione del demanio fin dalla stipula emergeva da una serie di circostanze, e cioè: nella compravendita del 1973 vi era alla fine un articolo aggiunto del seguente contenuto: ‘ I compratori e la venditrice dichiarano di essere a conoscenza della linea di demarcazione di confine indicata dal Demanio Marittimo e di tanto si è tenuto conto nella pattuizione del prezzo ‘; da ciò emergeva che la società acquirente era a conoscenza della questione della delimitazione demaniale interessante il terreno compravenduto e la circostanza trovava conferma nel fatto che la venditrice era anche coamministratrice e socia della società acquirente; dalla memoria ex art.183 c.p.c. della convenuta, emerge il fatto, non contestato specificamente, che la società ha avuto conoscenza dell’evizione fin dal 1982 quando due soci della RAGIONE_SOCIALE furono sottoposti a procedimento penale per occupazione abusiva di suolo demaniale, conclusosi favorevolmente per loro; il Demanio Marittimo aveva proceduto ad una rettifica catastale con intestazione a sé della parte di terreni in contestazione nel 1981 e, in risposta, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE aveva nel giugno 1982 richiesto all’Intendenza di Finanza il riconoscimento della proprietà dei suoi danti causa sull’area con le conseguenti rettifiche catastali; l’edificazione di mq 9.000 sull’area evitta è stata iniziata nel gennaio 1982 ed ha interessato il periodo 1982/1985; -del resto, non risulta che RAGIONE_SOCIALE nelle circostanze descritte temporalmente successive alla stipula abbia sollevato lamentele in ordine ad una possibile evizione; -non si può opporre neppure che si sarebbe formato il giudicato sulla pretesa buona fede della società, per l’intervenuto rigetto della domanda risarcitoria proposta dall’Amministrazione, poiché ciò era avvenuto nei soli rapporti tra quest’ultima e la società con la precisazione, nella sentenza n.549/2004, che l’arbitraria occupazione del terreno ‘la cui demanialità viene riconosciuta nella presente sentenza’ era stata accertata ‘sulla base di difficoltose indagini tecniche’; del resto nella stipula del 1973 la venditrice aveva messo al corrente la società ‘della linea di demarcazione di confine indicata dal Demanio Marittimo’.
Avverso la sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE affidandolo ad otto motivi.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno depositato controricorso e proposto ricorso incidentale, affidato ad un solo motivo.
Il Procuratore Generale ha depositato requisitoria scritta e, in pubblica udienza, ha reiterato la richiesta di rigetto sia del ricorso principale che di quello incidentale.
I difensori della ricorrente e dei controricorrenti-ricorrenti incidentali, presenti all’udienza, hanno richiamato le difese già svolte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Si premette che non è questione sul fatto che RAGIONE_SOCIALE abbia subito l’evizione parziale del terreno compravenduto il 24.12.1973 per una parte corrispondente a mq 82.000,00, riconosciuta di proprietà del Demanio Marittimo con sentenza n.459/2005, passata in giudicato, della Corte d’Appello di Catanzaro. Nemmeno è in contestazione il riconosciuto diritto della società alla restituzione della parte di prezzo pagato in relazione alla porzione di terreno evitta, quantificata in € 45.720,00.
I motivi di ricorso principale proposti contestano per vari profili la decisione della Corte d’Appello in ordine all’identificazione e alla quantificazione dei danni, che si
affermano essere stati subiti dalla società ricorrente anche per il lucro cessante e comunque in misura molto maggiore del liquidato.
1. Con il primo motivo RAGIONE_SOCIALE lamenta la violazione degli artt.115 e 112, in relazione all’art.360 n.4 c.p.c. per avere la Corte territoriale posto a fondamento della decisione un fatto (la stipula del contratto con l’Agenzia del demanio) non allegato e non provato da alcuna parte.
La Corte di merito avrebbe dato per avvenuta la stipula della transazione con il Demanio Marittimo -che avrebbe dovuto essere provata per iscritto-, in concreto mai intervenuta, che avrebbe avuto ad oggetto la cessione alla ricorrente della porzione di terreno evitta già edificata; la conclusione del contratto indicato non sarebbe mai stata neppure allegata dalle parti e quindi la Corte, in base al disposto dell’art.115 c.p.c., non avrebbe potuto darla per avvenuta; sarebbe stato violato pure il disposto dell’art.112 c.p.c. perché, decidendo su un’allegazione mai proposta dalla venditrice, la Corte d’Appello si sarebbe sostituita ad essa nel prospettare un fatto modificativo del diritto fatto valere dal compratore.
2. Con il secondo motivo, la ricorrente prospetta la falsa applicazione dell’art.1227 co 2 c.c., in relazione all’art.360 co 1 n.3 c.p.c., e motivazione apparente in violazione dell’art.132 co 2 n.4 c.p.c. in relazione all’art.360 co 1 n.4 c.p.c. per avere la sentenza gravata applicato la norma ad una fattispecie che non ne presentava gli elementi costitutivi (condotta gravosa e non discrezionale del creditore)
Secondo la Corte d’Appello RAGIONE_SOCIALE avrebbe potuto concludere il contratto con il Demanio con la semplice adesione alla proposta ricevuta, con la conseguenza che la ricorrente, in assenza di consenso e quindi per mancata conclusione dell’accordo per sua responsabilità, non potrebbe avere il risarcimento di un danno superiore alla somma che il Demanio le aveva proposto di pagare, in pretesa applicazione del disposto dell’art.1227 co 2 c.c. La Corte avrebbe a tal fine tenuto conto solo della proposta del demanio, senza considerare che per la sdemanializzazione dell’area avrebbe dovuto intervenire e consentire la Capitaneria di Porto, e senza in alcun modo motivare la pretesa insussistenza dei caratteri generali di gravosità o eccezionalità.
I due motivi di ricorso illustrati si esaminano unitariamente, perché colpiscono le due ragioni alternative sulla cui base la Corte di merito ha ridotto l’importo del risarcimento del danno da interesse negativo liquidato in primo grado, limitandolo a quanto RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto pagare al Demanio per mantenere/acquisire la proprietà della porzione di area evitta già edificata, e debbono essere respinti.
La Corte d’Appello di Catanzaro non dà propriamente per già avvenuto l’accordo transattivo tra la società ricorrente e il RAGIONE_SOCIALE comportante l’acquisto, da parte della prima, dell’area evitta edificata -previa sua sdemanializzazione- ma desume, anche dalla posizione difensiva della ricorrente, che l’accordo, seriamente proposto, se non già concluso lo sarebbe verosimilmente stato, identificando quindi l’interesse negativo nell’esborso da sostenere per il riacquisto.
La Corte di merito fonda detta valutazione su elementi emergenti dagli atti di parte del giudizio di primo grado, volti a dimostrare l’esistenza di trattative in tal senso, senza valorizzare il fatto che in appello (comparsa di costituzione in appello, della quale sono riportati in ricorso i passaggi che escludono l’intervento dell’accordo con il Demanio) RAGIONE_SOCIALE aveva negato che l’accordo fosse in concreto intervenuto; nemmeno la venditrice aveva mai allegato l’effettivo intervento dell’accordo, preso a riferimento, per le trattative in corso, quale criterio per la quantificazione del danno.
Appare dubbio che dalla pendenza delle trattative si possa dedurre che la transazione si sarebbe comunque conclusa, perché una tale conclusione non appare consequenziale e si fonda su valutazioni logiche di convenienza per la società ricorrente più che su concreti elementi indiziari -la questione della forma, necessaria ad probationem per la transazione, non appare invece di per sé rilevante, perchè nel giudizio l’esistenza o meno del contratto viene in rilievo solo in via di fatto, ai fini della quantificazione del danno correlato alla subita evizione-: si deve peraltro rilevare una potenziale contraddizione tra le argomentazioni a sostegno del primo motivo di ricorso e la richiesta, articolata con il terzo motivo di ricorso pur subordinato al rigetto dei primi due, di rimborso delle ‘spese accessorie sostenute per l’acquisto del fondo (notarili, imposte, tecniche, amministrative relative alla sdemanializzazione)’, che presuppone necessariamente l’effettuazione concreta delle spese indicate.
Non appare necessario, comunque, un approfondimento della questione, essendo da sola sufficiente a giustificare la decisione, in modo assorbente, in ordine all’individuazione della misura del danno da interesse negativo subito da RAGIONE_SOCIALE, la seconda ratio decidendi fatta valere dalla Corte di merito, previo rilievo che ‘alla medesima conclusione dovrebbe, comunque, pervenirsi nel caso in cui, invece, si ritenga che la transazione non sia andata a buon fine’.
La Corte di merito fa riferimento al disposto dell’art.1227 co 2 c.c., di cui accerta la tempestiva allegazione (senza rilievi critici in questa sede), rilevando come sarebbe emerso dagli atti che la conclusione dell’accordo dipendeva dalla scelta dell’acquirente evitta e che il versamento del prezzo richiesto sarebbe stato per essa un impegno non rientrante tra le ‘attività gravose o eccezionali o tali da comportare notevoli rischi o rilevanti sacrifici che esulano quindi dall’ordinaria diligenza’.
La ricorrente valorizza il fatto che per procedere all’accordo sarebbe stata invece necessaria la sdemanializzazione dell’area coinvolgente la Capitaneria di Porto, il fatto che essa aveva dovuto fermare la realizzazione del progetto iniziale di edificazione turistica a metà degli anni ’80, concluso solo per un quarto, perdendo a metà degli anni ’90 il finanziamento pubblico che aveva ricevuto, il fatto che era stata destinataria di numerosissime iniziative giudiziarie da parte dei terzi acquirenti, a loro volta evitti, il fatto che la venditrice, pur richiesta, non aveva dato disponibilità a sostenere l’esborso, il fatto che dopo la sentenza n.549/2004, impossibilitata a far fronte alle richieste dei terzi compratori, aveva posto in essere nel 2006 la fase di liquidazione: da tutto ciò deriverebbe, secondo RAGIONE_SOCIALE, che l’impegno di pagare il prezzo richiesto dal Demanio Marittimo non si poteva affatto considerare poco gravoso ai fini dell’applicazione del disposto dell’art.1227 co 2 c.c.
Si rileva peraltro che, anche tenendo conto delle circostanze evidenziate dalla ricorrente, le conseguenze risarcitorie dell’evizione a carico della ricorrente nei rapporti con i terzi acquirenti possono essere lette come un motivo che avrebbe dovuto favorire il perseguimento e la conclusione in tempi rapidi dell’accordo con il Demanio per l’acquisto dell’area evitta -cfr. la sentenza, a pag.31/32, che riporta le difese di RAGIONE_SOCIALE riguardanti anche questo profiloe che, comunque, l’importo richiesto dal Demanio Marittimo era, di per sé, oggettivamente contenuto rispetto alle proporzioni dell’impegno edificatorio che RAGIONE_SOCIALE -società di capitali- aveva progettato con una verosimile previsione di spesa congruente a monte, e cominciato a realizzare; la ricorrente nemmeno correla concretamente l’interruzione dell’edificazione e la perdita del finanziamento all’evizione subita, riguardante comunque solo una parte del terreno acquistato nel 1973, parte in relazione alla quale poteva rendersi conto quantomeno dal 1981 -con
la rettificazione catastale operata da parte del Demanio-, che avrebbero potuto esserci contestazioni sulla proprietà.
Non appaiono pertanto sussistenti violazioni nell’applicazione del disposto dell’art.1227 co 2 c.c. -come interpretato dalla giurisprudenza di legittimità: cfr. Cass. N.25750/2018: ‘ L’art. 1227, comma 2, c.c., escludendo il risarcimento per il danno che il creditore avrebbe potuto evitare con l’uso della normale diligenza, impone a quest’ultimo una condotta attiva, espressione dell’obbligo generale di buona fede, diretta a limitare le conseguenze dell’altrui comportamento dannoso, intendendosi comprese nell’ambito dell’ordinaria diligenza, a tal fine richiesta, soltanto quelle attività che non siano gravose o eccezionali o tali da comportare notevoli rischi o rilevanti sacrifici ‘; Cass.n.22352/2021 – da parte della Corte d’Appello di Catanzaro, la quale ha dato una motivazione effettiva, logica e non contraddittoria idonea a costituire quel nucleo minimo richiesto ex art.111 Cost.: la rivalutazione nel merito della correttezza e sufficienza del percorso argomentativo seguito dalla Corte d’Appello nell’interpretazione e verifica, tipicamente meritali, delle emergenze istruttorie esula invece dai limiti imposti al vaglio di legittimità che questa Corte deve operare -cfr., in proposito, Cass. N.3319/2020, secondo la quale ‘ In tema di risarcimento del danno, l’accertamento dei presupposti per l’applicabilità della disciplina di cui all’art. 1227, comma 2, c.c. – che esclude il risarcimento in relazione ai danni che il creditore (o il danneggiato) avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza – integra indagine di fatto, come tale riservata al giudice di merito e sottratta al sindacato di legittimità, se sorretta da congrua motivazione ‘: è in termini Cass. N.16484/2017 -.
Con il terzo motivo la società ricorrente afferma la falsa applicazione degli art.1479 co 2 e 1483 co 2 c.c., rilevanti ex art.360 co 1 n.3 c.p.c., per avere la sentenza erroneamente escluso le voci di danno rientranti nel risarcimento della lesione dell’interesse negativo.
La censura -subordinata al rigetto delle prime due- si fonda sulla considerazione che l’interesse negativo deve comprendere anche le spese e i pagamenti fatti per il contratto e quanto la società abbia dovuto rimborsare a terzi: non quindi le sole spese di riacquisto ma tutte le spese notarili, le spese di trasferimento a terzi, le spese legali per le azioni intentate dai terzi acquirenti per evizione totale, nonché tutte le spese accessorie per la sdemanializzazione dell’area e il risarcimento danni ulteriori.
La società ricorrente non considera correttamente il contenuto delle norme richiamate e il limite della loro applicazione in ipotesi di evizione parziale.
L’art.1479 c.c. disciplina l’ipotesi in cui, in caso di vendita di cosa altrui (art.1478 c.c.) il compratore abbia in buona fede ignorato, al momento della conclusione del contratto, che il bene compravenduto non era di proprietà del venditore: se questi non gliene abbia nel frattempo procurato la proprietà, il compratore in buona fede può chiedere la risoluzione del contratto e i rimborsi e il risarcimento del danno sono in tal caso regolati dai commi successivi della norma -che fa salvo, quanto al risarcimento dei danni, l’art.1223 c.c. -. L’art.1480 c.c., disciplinante la vendita di cosa parzialmente altrui, fa riferimento al risarcimento del danno secondo il disposto dell’art.1479 c.c. per la sola ipotesi in cui la parziale proprietà altrui della cosa compravenduta giustifichi la risoluzione del contratto concluso perché, ‘ secondo le circostanze ‘, il compratore non avrebbe acquistato la cosa senza la parte evitta.
Nel caso di specie il contratto di compravendita non è stato risolto per la parziale altruità del terreno compravenduto ma è stato ridotto il prezzo concordato (nella misura, ormai incontestata, di € 45.720,00): il danno, in questa ipotesi, segue le ordinarie regole di allegazione e prova.
L’art.1483 c.c. disciplina le conseguenze dell’evizione totale e non è quindi confacente al caso di specie.
L’art.1484 c.c., per l’evizione parziale, rimanda alle disposizioni dettate dall’art.1480 c.c., che sono nei termini sopra esposti, e alle disposizioni dell’art.1483 comma 2 c.c., che prevede che il venditore ‘ deve inoltre corrispondere al compratore il valore dei frutti che questi sia tenuto a restituire a colui dal quale è evitto, le spese che egli abbia fatto per la denuncia della lite e quelle che abbia dovuto rimborsare all’attore ‘.
Quest’ultimo richiamo operato all’art.1483 co 2 c.c. limita le spese rimborsabili in caso di evizione parziale a quelle descritte: non comprende tutte le spese sostenute e, in particolare, non richiama le spese sostenute per il risarcimento del danno ai terzi compratori, né le ‘ spese accessorie sostenute per l’acquisto del fondo (notarili, imposte, tecniche, amministrative relative alla sdemanializzazione)’ .
La ricorrente lamenta pertanto il mancato riconoscimento, come interesse negativo risarcibile, di spese il cui rimborso, in concreto, non è necessariamente consequenziale all’evizione parziale.
La violazione di legge prospettata dalla società ricorrente con il motivo in esame pertanto non sussiste.
4. Il quarto profilo di critica propone la violazione art.1479 co 3 c.c., per avere la sentenza escluso la colpa del venditore nonostante l’espressa garanzia di libertà del bene rilasciata in sede contrattuale da parte venditrice.
La Corte di merito non avrebbe considerato che la ricognizione della colpa o mala fede della parte venditrice non avrebbe dovuto prescindere dalla verifica della presenza di un’espressa garanzia, nel negozio giuridico, di libertà dell’immobile ceduto e dall’esame del rilievo che assumerebbe detta clausola pattizia, rafforzativa dell’obbligo di legge. La sentenza impugnata non darebbe invece conto dell’effettuazione di detta verifica, neanche per escluderne la rilevanza, nonostante la ricorrente avesse evidenziato e specificamente ribadito con l’appello incidentale che ‘l’intero fondo era stato alienato con espressa assunzione … di tutte le maggiori garanzie di legge, per franco e libero da censi, ipoteche ed altri gravami ‘, e nonostante risultasse la conoscenza della pretesa del Demanio da parte della venditrice fin dal 1970/1971.
5. Il quinto motivo di doglianza prospetta la violazione degli art.115 co 1, 112 c.p.c in relazione all’art.360 n.4 c.p.c., per avere la Corte territoriale posto a fondamento della decisione un fatto (l’informativa al compratore) non allegato e non provato dalle parti; violazione dell’art.1363 c.c., in relazione all’art.360 co 1 n.3 c.p.c., per avere la sentenza interpretato l” articolo aggiunto ‘ del rogito di vendita in maniera avulsa dal contratto, con motivazione apparente in violazione dell’art.132 co 2 n.4 c.p.c. in relazione all’art.360 co 1 n.4 c.p.c.;
Secondo la ricorrente, non si capirebbe da dove la Corte di merito abbia desunto che l’acquirente conosceva la situazione di contrasto con il Demanio, ritenendo sussistente un fatto che nemmeno la controparte avrebbe allegato; il riferimento al confine demaniale contenuto nell’atto non rileverebbe, perchè non potrebbe comportare affatto che fosse anche noto che detto confine era all’interno dell’area compravenduta. La sentenza si discosterebbe pure dai canoni legali dell’art.1363 c.c., date le dimensioni indicate per il terreno e la dichiarazione di libertà dello stesso contenuta nell’atto: in sostanza, le clausole del contratto non sarebbero state lette in relazione tra loro.
6. Con il sesto motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione degli artt.1394, 1395 e 2391 c.c. in relazione art.360 co 1 n.3 c.p.c. e motivazione apparente in violazione dell’art.132 co 2 n.4 c.p.c. in relazione all’art.360 co 1 n.4 c.p.c., per aver
la sentenza equiparato la conoscenza personale della COGNOME di Lizzano, partecipante al rogito di vendita sia come venditrice che come amministratrice della società acquirente, all’informativa sull’altruità del bene compravenduto.
Non avrebbe potuto essere valorizzato, secondo la ricorrente, per escludere la colpa il fatto che la venditrice partecipò all’atto anche quale amministratrice di RAGIONE_SOCIALE, perché questa circostanza confermerebbe invece l’esistenza della colpa, presunta dall’aver agito in conflitto di interessi non escluso dalla presenza di un altro amministratore per la società.
Il settimo motivo colpisce la decisione per violazione dell’art.2909 c.c. in relazione all’art.360 co 1 n.3 c.p.c. e motivazione apparente o perplessa in violazione dell’art.132 co 2 n.4 c.p.c. in relazione all’art.360 co 1 n.4 c.p.c., per aver la sentenza escluso la rilevanza di giudicato esterno formatosi sulla buona fede del compratore e ritenuto che lo stesso sarebbe stato in buona fede verso l’Agenzia del Demanio ma sarebbe stato informato dalla venditrice della linea di demarcazione del confine indicata dall’Amministrazione demaniale.
La buona fede dell’acquirente risulterebbe, secondo RAGIONE_SOCIALE, dal giudicato esterno costituito dalla sentenza n.549/2004, che non potrebbe essere limitato, come vorrebbe la Corte di merito, ai rapporti tra la società e il Demanio.
I quattro motivi sintetizzati sopra si esaminano congiuntamente, perché esaminano, sotto diversi profili, questioni analoghe che prospettano, con più censure ognuna delle quali è peraltro autonomamente leggibile nelle argomentazioni svolte e riferibile alle specifiche ipotesi dell’art.360 co 1 c.p.c. indicate, sia sotto il profilo della violazione di legge, sia sotto il profilo della violazione dell’obbligo motivazionale configurata come rilevante ex artt.132 co 2 n.4 e 360 co 1 n.4 c.p.c.
Si deve prima di tutto escludere che si possa considerare violativa del disposto dell’art.112 c.p.c. la considerazione dell’articolo aggiunto sopra riportato perché, a prescindere dalla valorizzazione puntuale che ne abbiano dato le parti, si tratta di una clausola negoziale facente parte del contenuto del contratto di compravendita del 24.12.1973, in relazione al quale si lamenta l’evizione parziale del bene compravenduto: la valutazione delle garanzie fornite dalla venditrice all’acquirente, per la valutazione dell’elemento soggettivo della prima in relazione all’altruità della porzione di terreno risultata di proprietà del Demanio Marittimo, deve essere effettuata pertanto tenendo conto del regolamento negoziale emergente dal contratto, valutato in rapporto all’insieme delle condizioni che lo caratterizzano, quindi anche all’articolo aggiunto.
La Corte di merito ha esaminato il regolamento negoziale del 24.12.1973 ed ha ritenuto di valorizzare il contenuto dell’articolo aggiunto, pattuito proprio in relazione alla compravendita di cui si discute, in cui, a prescindere dall’identificazione dei confini pure necessariamente contenuta nell’atto, si prevedeva che ‘ i compratori e la venditrice dichiarano di essere a conoscenza della linea di demarcazione di confine indicato dal Demanio Marittimo e di tanto si è tenuto conto nella determinazione del prezzo ‘ (che, a fronte dell’indicazione dei confini già contenuta appunto nel contratto, ha un senso se sottintende una situazione non del tutto chiarita con il Demanio quanto alla linea di confine stessa, valutata di conseguenza nella determinazione del prezzo); l’articolo aggiunto ed il suo contenuto non sono del resto in contraddizione con la clausola richiamata dalla ricorrente, in base alla quale l’intero fondo era stato alienato con ‘ espressa assunzione … di tutte le maggiori garanzie di legge, per franco e libero da censi, ipoteche ed altri gravami ‘ perché, semplicemente, ne circoscrive la portata quanto alla demarcazione del confine con il Demanio Marittimo.
La Corte d’Appello ha quindi interpretato le clausole negoziali verificandone la portata complessiva, ed ha altresì tratto conferma in ordine alla conoscenza della situazione del confine verso il Demanio in capo alla società dal fatto che essa fu rappresentata nel corso della compravendita anche dalla stessa NOME COGNOME di Lizzano, quale socia e amministratrice, assieme ad altro amministratore. La valorizzazione di questa rappresentanza della società è stata effettuata dalla Corte di merito come circostanza di fatto, volta a offrire supporto all’interpretazione del contratto di compravendita offerta, a prescindere dalla legittimità della ‘doppia posizione’ di NOME COGNOME di Lizzano e dall’esistenza di un conflitto di interessi tra la stessa e la società rappresentata che non sono state ritenute significative per affermare il comportamento reticente della venditrice -come prospettato invece dalla ricorrente-.
Dagli elementi esposti la Corte ha tratto la conclusione che si dovesse ritenere superata la presunzione di colpa a carico della venditrice al fine del riconoscimento a favore della compratrice del danno da lucro cessante, con esclusione in concreto della stessa, dovendo considerarsi accertata la conoscenza della situazione di potenziale contrasto sul confine in essere con il Demanio.
Nel contesto delineato la Corte non ha ritenuto di valorizzare la pronuncia di rigetto della domanda di risarcimento dei danni, pure proposta nell’ambito del giudizio conclusosi con la sentenza n.549/2004 dal Demanio nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, che aveva escluso ‘ l’elemento di dolo o colpa in relazione all’arbitraria occupazione di terreno la cui demanialità viene riconosciuta nella presente sentenza sulla base di difficoltose indagini tecniche ‘: secondo la Corte di merito la sentenza aveva statuito sui rapporti tra società e Demanio, senza coinvolgimento della posizione della venditrice nei rapporti con la società evitta.
La questione appare posta in modo suggestivo, perché il rilievo contenuto nella pronuncia di rigetto richiamata dalla ricorrente è compatibile anche con l’avvenuta comunicazione, da parte della venditrice, della situazione del bene compravenduto con riferimento alla particolarità del caso concreto: la demanialità dell’area evitta a Calabro RAGIONE_SOCIALE è stata accertata all’esito di un contenzioso complesso -nel giudizio erano state disposte più consulenze tecniche d’ufficio per la necessità di ‘difficoltose indagini tecniche’ – e di esito non affatto scontato -in primo grado la domanda del Demanio era stata respinta-, con la conseguenza che la buona fede nell’occupazione dell’area poi risultata demaniale da parte della società acquirente evitta poteva coesistere con l’informazione proveniente dalla venditrice sull’esistenza di una situazione fluida, con convinzione di entrambi della bontà della loro posizione rispetto alle pretese demaniali.
Anche il contesto dei motivi in esame non offre alcun riscontro per le prospettate violazioni di legge e, per contro, la decisione della Corte d’Appello si fonda su una motivazione effettivamente esistente, comprensibile e priva di insanabili contraddizioni, che non appare violativa del disposto degli artt.132 co 2 n.4 c.p.c. e 111 Cost.: in concreto, lo sviluppo dei motivi di ricorso è nel senso di una rimessa in discussione della valutazione degli elementi di prova acquisiti effettuata dalla Corte di merito, alla quale la società ricorrente vorrebbe sostituire la propria diversa valutazione, in modo inammissibile in sede di legittimità -cfr. Cass. a SSUU n.8053/2014; n.34476/2019; n5987/2021-.
8. Con l’ottavo motivo la ricorrente si duole della violazione dell’art.1483 co 2 c.c. in relazione all’ art.360 co 1 n.3 c.p.c. per avere la sentenza compensato integralmente le spese di lite e diviso in modo paritario le spese di CTU.
Anche questo motivo è infondato, non essendo stata violata dalla pronuncia di compensazione delle spese contestata la norma dell’art.1483 co 2 c.c., richiamata dall’art.1484 c.c.
Il diritto al rimborso delle spese è disposto a favore del compratore anche parzialmente evitto e a carico del venditore per le ‘ spese che egli abbia fatto per la denunzia della lite e quelle che abbia dovuto rimborsare all’attore ‘ -così l’art.1483 co 2 c.c. –
Ha condivisibilmente evidenziato la Corte di Cassazione nella sentenza n.18829/2023 che ‘ La formula letterale della norma menziona, più esattamente, le somme rimborsate all’attore e le spese fatte dal compratore ‘per la denunzia della lite’. Ma il fondamento della pretesa di rimborso non consente di escludere dal diritto al rimborso le spese fatte per la lite stessa, trattandosi di un effetto dannoso tipicamente conseguente all’inadempimento dell’impegno traslativo. Questa Corte ha, sul punto, affermato (v. Cass., n. 21625 del 12 ottobre 2009) che in caso di evizione parziale, qualora sia accertato il fatto che rende operante la relativa garanzia, all’acquirente, convenuto in giudizio, compete, ai sensi degli artt. 1483, secondo comma, e 1484 cod. civ., nei confronti del venditore chiamato in garanzia, il diritto al rimborso delle spese giudiziarie sopportate e di quelle che, a sua volta, abbia dovuto rimborsare al terzo vittorioso; tale diritto compete all’acquirente chiamante in garanzia anche nel caso in cui il giudice gli abbia negato la tutela risarcitoria per la carenza delle restanti condizioni e, segnatamente, per non essere stata fornita la prova del danno in concreto subito per effetto dell’evizione stessa’ .
Risulta chiaro dal contenuto della norma in esame, nell’interpretazione che ne offre questa Corte di legittimità, che le spese a cui fa riferimento l’art.1483 co 2 c.c., che debbono sempre essere riconosciute, sono quelle sostenute nel giudizio coinvolgente il terzo che pretende la proprietà di parte del bene compravenduto, con chiamata in garanzia del venditore che deve sostenere, in base alla norma, sia le spese processuali del compratore evitto, sia le spese da questi rimborsate al terzo vittorioso, indipendentemente dal fatto che sia stata accolta o negata la tutela risarcitoria. Non del presente giudizio si tratta quindi ma di quello introdotto per rivendica dal Demanio Marittimo nei confronti di RAGIONE_SOCIALE con la partecipazione di NOME COGNOME di Lizzano, che si è concluso con la sentenza n.459/2004 della Corte d’Appello di Catanzaro.
Con un unico motivo di ricorso incidentale gli eredi di NOME COGNOME di Lizzano lamentano la ‘ violazione dell’art.360 comma 1 n.3 c.p.c., per violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli art.35, 36, 112, 113 c.p.c. e degli art.1241, 1242, 1243, 1460 c.c. non avendo ritenuto la Corte d’Appello di Catanzaro i fatti addotti a sostegno della domanda riconvenzionale valutabili in termini di eccezione di compensazione, poiché ritenuto prescritto il diritto sotteso quantunque riferibile ad una compensazione impropria o atecnica; nonché violazione o falsa applicazione dell’art.360 comma 1 n.4 c.p.c. in relazione agli art.132 comma 2 n.4 c.p.c. e 111 Cost., essendo la motivazione sul punto mancante o comunque apparente o comunque perplessa, incomprensibile e contraddittoria ‘.
Nella sostanza i ricorrenti incidentali lamentano che non sia stata portata in compensazione con l’importo dovuto alla controparte il credito loro derivante dalla scrittura privata del 24.12.1973, pur dichiarato prescritto.
La Corte di merito aveva respinto la richiesta rilevando che il principio secondo cui la compensazione può operare anche relativamente ad una ragione creditoria già prescritta, desumibile dall’art.1242 c.c., non è applicabile alla compensazione giudiziale, come è qualificata quella invocata, ‘ potendo questa aver luogo soltanto
ope iudicis, con la conseguenza che l’effetto dell’estinzione dei due debiti dal giorno della loro coesistenza non può verificarsi ‘.
Nel caso di specie i crediti restitutorio e risarcitorio fatti valere da RAGIONE_SOCIALE sono sorti con il passaggio in giudicato della sentenza che ha accertato la parziale evizione del bene compravenduto il 24.12.1973, quando il preteso credito della parte venditrice per il residuo prezzo dovuto, calcolato sulla base della scrittura privata del 24.12.1973, era già estinto per maturata prescrizione decennale (definitivamente accertata).
Anche se si intendesse ritenere applicabile il disposto dell’art.1242 co 2 c.c. pure nell’ipotesi di compensazione impropria o atecnica (cfr., a fronte di Cass. n.23078/2005 che è nel senso evidenziato dalla Corte di merito, Cass.n.7018/20, che è di opposto avviso), come è quella di specie, non vi sono quindi i presupposti di applicazione della norma richiamata la quale evidenzia che ‘ la prescrizione non impedisce la compensazione, se non era compiuta quando si è verificata la coesistenza tra i due debiti ‘.
In conclusione, debbono essere respinti sia il ricorso principale, sia il ricorso incidentale.
Il rigetto di entrambi i ricorsi giustifica la compensazione delle spese processuali del giudizio di legittimità
Considerato il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto, sia da parte della ricorrente principale che da parte del ricorrente incidentale.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione respinge il ricorso principale e quello incidentale e compensa le spese processuali del giudizio di legittimità.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente e dei ricorrenti incidentali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il rispettivo ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, li 8 maggio 2025.
Il Presidente NOME COGNOME
Il Consigliere Relatore NOME COGNOME