Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 18341 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 18341 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8040/2023 R.G. proposto da : COGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME domiciliati presso l’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentante di RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE e rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BARI n. 188/2023 depositata il 9/2/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9/5/2025 dal Consigliere NOME COGNOME:
Rilevato che:
Per quanto qui interessa, Unicredit RAGIONE_SOCIALE quale creditrice, conveniva con atto di citazione notificato il 21 ottobre 2013 davanti al Tribunale di Bari i coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME per la revocatoria dell’atto di costituzione di un fondo patrimoniale che avevano compiuto il 23 ottobre 2008 avente ad oggetto una casa di proprietà della COGNOME.
Il Tribunale, dopo avere disposto consulenza tecnica d’ufficio, con sentenza n. 700/2019, rigettava la domanda, ritenendo difetto di eventus damni considerato il valore del restante patrimonio della Scavo.
Fino 1 RAGIONE_SOCIALE quale cessionaria di RAGIONE_SOCIALE mediante RAGIONE_SOCIALE proponeva appello, cui i suddetti coniugi resistevano.
La Corte d’appello di Bari, dopo avere trattenuta in decisione la causa la rimetteva in ruolo disponendo con ordinanza del l’ 1 giugno 2022 l’integrazione del contraddittorio nei confronti di Unicredit; successivamente la tratteneva una seconda volta, ovvero il 21 ottobre 2022, con assegnazione dei termini ex articolo 190 c.p.c.;
infine, con sentenza n. 188/2023, accoglieva il gravame, dichiarando quindi inefficace nei confronti dell’appellante l’atto di costituzione del fondo patrimoniale.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso, articolato in sette motivi, da cui si è difesa, sempre mediante doValue, Fino 1 Securitisation, che ha depositato formalmente una memoria, in realtà priva di contenuto.
Ritenuto che:
Con il primo motivo si denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.5 c.p.c., omesso esame di fatto decisivo, cioè che RAGIONE_SOCIALE di Scavo NOME era in proroga tacita.
Il giudice d’appello, a pagina 10 della sentenza, definisce ‘circostanza pacifica’ il fatto che i beni stimati dalla consulenza tecnica d’ufficio come della garante RAGIONE_SOCIALE ‘in realtà appartengono alla società RAGIONE_SOCIALE di Scavo NOME, tranne l’immobile ‘indicato con il numero sette’ dal consulente, del valore di euro 175.257,40.
La corte territoriale, ad avviso dei ricorrenti, avrebbe ‘omesso di esaminare le circostanze di fatto’ da cui derivava la sussistenza di tutela dei creditori particolari della Scavo della liquidazione della società. Eppure in primo grado la stessa Unicredit avrebbe prodotta, allegata alla seconda memoria ex articolo 183, sesto comma, c.p.c., la visura camerale di tale società, attestante che ‘aveva durata sino al 31. 12. 2015’, dopodiché si sarebbe tacitamente prorogata anno per anno, con conseguente applicazione del combinato disposto degli articoli 2270 e 2307 c.c.: dal 31 dicembre 2015 i creditori particolari del socio potevano chiedere la liquidazione della sua quota ai sensi dell’articolo 2307, terzo comma, c.c.
La questione sarebbe stata discussa, in quanto gli attuali ricorrenti nella replica del 10 maggio 2022 avrebbero evidenziato che il terzo creditore del socio poteva ‘aggredire la quota sociale composta dal
conferimento del debitore’; analogo rilievo era stato inserito nella seconda conclusionale del 23 dicembre 2022 riguardo alla quota della Scavo.
Con il secondo motivo, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., si denuncia violazione e/falsa applicazione degli articoli 2270, 2305, 2307 e 2740 c.c.
Per quanto osservato nel precedente motivo, in sostanza, si perviene ad affermare che la statuizione del giudice d’appello nel senso che solo ad avvenuta liquidazione di RAGIONE_SOCIALE i creditori particolari della odierna ricorrente avrebbero potuto soddisfarsi sulla quota di quest’ultima avrebbe violato il combinato disposto degli articoli 2270, 2305 e 2307, terzo comma, c.c.
Con il terzo motivo si denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.5 c.p.c., omesso esame di fatto decisivo: l’avvenuta trasformazione di RAGIONE_SOCIALE di Scavo NOME in RAGIONE_SOCIALE
La doglianza del ‘precedente motivo’ ( rectius : dei due motivi precedenti) sarebbe ‘superata da un altro, ancor più evidente’. La trasformazione da società in nome collettivo in società a responsabilità limitata risulterebbe nella replica di controparte del 26 maggio 2022 ove si afferma che RAGIONE_SOCIALE era la ‘nuova denominazione assunta dalla RAGIONE_SOCIALE‘ – e nella seconda replica del 2 gennaio 2023 sempre di controparte – che lo ribadisce -; e lo stesso fatto sarebbe stato dichiarato nella seconda comparsa conclusionale del 23 dicembre 2022 degli attuali ricorrenti (se ne riporta un passo a pagina 17 del ricorso).
La Corte d’appello sarebbe ‘parsa avvertita’ perché a pagina 7 della sentenza (‘Con la successiva comparsa conclusionale del 23 dicembre 2022 la difesa degli appellati ha sostenuto che il credito di UniCredit <> si è fortemente ridotto a seguito delle vendite disposte nella procedura di
esecuzione immobiliare promossa nei confronti del terzo datore di ipoteca (tale società RAGIONE_SOCIALE).’) si riferisce al terzo datore di ipoteca come ‘RAGIONE_SOCIALE‘, mentre dalle conclusionali del 6 maggio 2022 e del 19 dicembre 2022 risultava che terza datrice di ipoteca era stata RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME; e ciò risultava pure nella replica del 26 maggio 2022 di controparte.
Appurato allora che il terzo datore di ipoteca era RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME la corte territoriale non avrebbe potuto ‘esimersi dal rilevare che la medesima società si era trasformata in società a responsabilità limitata, con la denominazione 3 B’, così non essendo più discutibile la pignorabilità delle quote da parte dei creditori personali del socio ai sensi dell’articolo 2741 c.c.
Con il quarto motivo si denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 2741 c.c.
Per l”errore denunciato’ nel terzo motivo, il giudice d’appello avrebbe violato l’articolo 2741 c.c. Se avesse infatti riscontrato la trasformazione della società in nome collettivo in società a responsabilità limitata ‘non avrebbe potuto esimersi dal rilevare che le quote … di cui … COGNOME era titolare erano pacificamente aggredibili dai creditori della stessa ricorrente’. L’accertamento dell’ eventus damni , pertanto, ‘avrebbe dovuto essere svolto sulla base di elementi valutativi assai diversi’; e d’altronde l’interesse ad agire ai sensi dell’articolo 2901 c.c. ‘deve sussistere sino al momento della decisione’.
5.1 I primi due motivi si basano su un fatto – cioè che dal 31 dicembre 2015 in poi la società in nome collettivo cui appartenevano i beni stimati dalla CTU secondo l’accertamento del giudice d’appello era entrata in proroga annuale tacita – per il quale argomentano nel senso che sarebbe stato emergente fin dalla seconda memoria ex articolo 183 c.p.c. perché con questa era stata prodotta la relativa visura camerale, e altresì che la discussione sarebbe avvenuta nelle difese conclusive del secondo
grado, e precisamente nella replica attinente alla prima rimessione (20 maggio 2022) e nella conclusionale della seconda rimessione (23 dicembre 2022) sempre degli attuali ricorrenti.
È evidente l’inammissibilità: da quanto espongono i ricorrenti stessi, risulta che la discussione su tale fatto non era avvenuta nel primo grado, e che nel secondo grado vi era stata soltanto un’argomentazione di una sola parte (i ricorrenti, appunto) nelle difese conclusive, quindi – a prescindere dalla non partecipazione in tema di controparte, cioè dalla non discussione oltre il ‘tempo processuale’ previsto per circoscrivere e determinare il thema decidendum .
Si osserva per completezza che gli stessi ricorrenti dichiarano, all’ incipit del terzo motivo, che la doglianza era stata ‘superata’ da quella racchiusa nei due motivi seguenti, il che significa non essere più sorretta da interesse ad avviso di chi la propone.
Va tuttavia precisato che, comunque, il ‘superamento’ – ovvero la sopravvenuta eliminazione dell’interesse – non sussiste, giacché, come ora si verrà a dimostrare, non sono accoglibili il terzo e il quarto motivo.
5.2 Il terzo e il quarto motivo riguardano infatti un novum : la trasformazione della società in nome collettivo in società a responsabilità limitata è stata, come si è visto esponendo il contenuto della doglianza, affermata riconosciuta dalle parti nella discussione finale del secondo grado di giudizio – e non corrisponde al vero che il giudice d’appello stesso abbia ricevuto ‘avvertimento’ su ciò a pagina 7 della sentenza, nel passo sopra riportato, perché in esso non afferma che la RAGIONE_SOCIALE sia frutto della trasformazione di RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME, bensì che era ‘terzo datore di ipoteca’ -. Solo nel ricorso, poi, si sostiene che il giudice d’appello avrebbe dovuto conseguentemente riconoscere che i creditori potevano aggredire le quote di RAGIONE_SOCIALE di cui era proprietaria la RAGIONE_SOCIALE, inserendo appunto un novum .
Anche questi due motivi, dunque, cadono nella inammissibilità.
Con il quinto motivo si denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione dell’articolo 2901 c.c.
6.1 Quanto a ll’ eventus damni il giudice d’appello, pur partendo da ‘premesse … formalmente corrette’, le avrebbe rese ‘completamente avulse dalla fattispecie concreta’ di cui si tratta.
Si argomenta sui ‘dati obiettivi’ che la corte territoriale avrebbe dovuto vagliare, per sostenere che essi avrebbero costruito un ‘quadro generale’ tale da ritenere insussistente l’ eventus damni , e si ribadisce che la ‘quota della già RAGIONE_SOCIALE‘ apportava un valore ‘idoneo a soddisfare ampiamente le ragioni creditorie’; e controparte non avrebbe neppure ‘contestato la verità storica delle circostanze di fatto’ di cui ai documenti allegati alla seconda conclusionale del 23 dicembre 2022 degli attuali ricorrenti.
6.2 Si tratta, ictu oculi , di una ricostruzione fattuale alternativa, che conduce il motivo alla inammissibilità.
7.1 Con il sesto motivo si denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.4 c.p.c., nullità della sentenza o del procedimento per violazione dell’articolo 100 c.p.c.
Si sostiene che, se l’atto dispositivo non arrecasse pregiudizio alla garanzia patrimoniale del creditore, il creditore non avrebbe interesse ai sensi dell’articolo 100 c.p.c. per agire in revocatoria.
7.2 Con il settimo motivo si denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione dell’articolo 100 c.p.c.
Si ‘ripropone’ la censura del precedente motivo per l’ipotesi in cui si venga a ipotizzare che la violazione dell’articolo 100 c.p.c. non costituisce un error in procedendo -per cui invocare, allora, l’ articolo 360, primo comma, n.4 c.p.c. -bensì in iudicando , e precisamente in iudicando de iure procedendo -per cui è applicabile, appunto, l’ articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c. -.
7.3 Questi ultimi motivi vanno evidentemente vagliati insieme.
Si tratta infatti di un’unitaria doglianza che prende le mosse dal presupposto che sia accertato il difetto di eventus damni , il che non ha alcun senso poiché il giudice di merito di tale eventus damni accertato la sussistenza.
Si cade pertanto nella inammissibilità.
Il ricorso, in conclusione, risulta inammissibile.
Le ragioni della decisione, atteso il differente esito dei due gradi di merito, costituiscono giusti motivi per disporsi la compensazione tra le parti delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 9 maggio 2025