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Estratto di ruolo inammissibile: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un Agente della Riscossione contro la parziale esclusione di un credito in una procedura fallimentare. La Corte ha stabilito che l’impugnazione era inammissibile perché l’estratto di ruolo presentato era generico e non provava il collegamento con i crediti specifici contestati. Inoltre, ha chiarito che un presunto errore del giudice nella valutazione delle prove documentali non può essere contestato in Cassazione come violazione di legge, ma attraverso altri rimedi specifici.

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Estratto di Ruolo Inammissibile: La Cassazione Sulla Prova del Credito

Nelle procedure fallimentari, la corretta prova del credito è fondamentale per i creditori che intendono partecipare alla ripartizione dell’attivo. Uno strumento spesso utilizzato dall’Agente della Riscossione è l’estratto di ruolo. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda che questo documento non è sempre sufficiente, soprattutto se presentato in modo generico e senza un chiaro collegamento con i crediti sottostanti. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dal fallimento di una società di costruzioni. L’Agente della Riscossione aveva presentato una domanda di ammissione al passivo per un credito totale di oltre 1,1 milioni di euro. Il Giudice Delegato, accogliendo la proposta del curatore, ammetteva il credito solo parzialmente, escludendo una somma significativa di quasi 977.000 euro.

L’Ente Esattore si opponeva a questa decisione davanti al Tribunale, sostenendo che l’esclusione fosse illegittima. Il Tribunale, tuttavia, rigettava l’opposizione. Pur riconoscendo in linea di principio la validità dell’estratto di ruolo come prova, riteneva che, nel caso specifico, l’opponente non avesse dimostrato il collegamento tra gli avvisi di accertamento e gli estratti prodotti. Inoltre, per altri crediti, il Tribunale rilevava l’avvenuta prescrizione quinquennale, non essendo stati prodotti atti interruttivi validi.

Insoddisfatto, l’Agente della Riscossione ricorreva in Cassazione, basando la sua impugnazione su tre motivi principali.

L’inammissibilità dell’estratto di ruolo e gli altri motivi del ricorso

L’Agente della Riscossione ha articolato il suo ricorso su tre punti cruciali:

1. Contrasto tra motivazione e dispositivo: Si lamentava una radicale divergenza tra la motivazione del decreto del Tribunale (che sembrava riconoscere in parte le ragioni del creditore) e la decisione finale (dispositivo) di rigetto totale dell’opposizione. Tale contrasto, a dire del ricorrente, rendeva nullo il provvedimento.
2. Violazione delle norme sull’ammissibilità dei crediti: Il ricorrente sosteneva che il Tribunale, dopo aver affermato la sufficienza dell’estratto di ruolo per l’ammissione al passivo, avrebbe dovuto semplicemente ammettere i crediti esclusi senza richiedere ulteriori prove.
3. Errata ricostruzione dei fatti: Si contestava al Tribunale di non aver considerato la documentazione prodotta che, secondo l’Ente, dimostrava sia il collegamento tra avvisi di accertamento ed estratti di ruolo, sia l’interruzione della prescrizione per altri crediti.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, rigettando tutte le doglianze.

Sul primo motivo, la Corte ha escluso la sussistenza di un contrasto insanabile tale da determinare la nullità del provvedimento. Secondo gli Ermellini, la decisione del Tribunale di rigettare l’opposizione era chiara e comprensibile nel suo complesso, rendendo irrilevanti eventuali apparenti contraddizioni nella motivazione.

Il secondo motivo è stato giudicato inammissibile per genericità. La Corte ha sottolineato che il ricorso non specificava a quali crediti si riferisse e si basava su un’errata interpretazione della decisione del Tribunale. Quest’ultimo non aveva negato in astratto il valore probatorio dell’estratto di ruolo, ma aveva constatato, in fatto, che per i crediti non ammessi mancava la prova concreta del loro fondamento.

Infine, anche il terzo motivo è stato dichiarato inammissibile. La Corte ha qualificato la censura non come un errore di diritto, ma come un tentativo di far valere un ‘travisamento della prova’.

Le Motivazioni

La motivazione della Cassazione è di grande interesse pratico. In primo luogo, viene ribadito un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione deve essere specifico e non generico. Non basta lamentare una violazione di legge; occorre indicare con precisione quali crediti sono stati ingiustamente esclusi e perché la decisione del giudice di merito è errata.

Il punto cruciale, tuttavia, riguarda la distinzione tra ‘error in iudicando’ (errore nell’applicazione della legge) e ‘travisamento della prova’ (errore nella percezione materiale di un fatto provato). Il ricorrente lamentava che il Tribunale non avesse visto o considerato correttamente i documenti prodotti. La Cassazione, richiamando un recente intervento delle Sezioni Unite (sent. 5792/2024), ha chiarito che questo tipo di errore, una svista percettiva, non costituisce una violazione di legge denunciabile con il ricorso per Cassazione ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c. Si tratta, invece, di un errore di fatto che può essere fatto valere solo con lo strumento specifico della revocazione, a determinate condizioni.

In sostanza, il giudice di legittimità non può riesaminare il merito della causa e valutare se il giudice precedente abbia ‘letto bene’ i documenti. Il suo compito è verificare la corretta applicazione delle norme di diritto.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre due importanti lezioni. La prima è che l’estratto di ruolo, pur essendo uno strumento valido, non è una formula magica: per essere efficace come prova in un’insinuazione al passivo, deve essere specifico e permettere di collegare in modo inequivocabile le somme richieste alle cartelle di pagamento e agli avvisi di accertamento originari. La seconda lezione, di natura processuale, è che non tutti gli errori del giudice di merito possono essere contestati in Cassazione. Gli errori che riguardano la percezione e la valutazione dei fatti e delle prove documentali devono essere impugnati con gli strumenti appropriati, come la revocazione, e non possono essere mascherati da presunte violazioni di legge.

L’estratto di ruolo è sempre una prova sufficiente per ammettere un credito al passivo fallimentare?
No. Secondo la decisione in esame, non è sufficiente se è generico e non consente di collegare chiaramente gli importi richiesti agli specifici avvisi di accertamento o alle cartelle di pagamento sottostanti. La prova del credito deve essere specifica.

Cosa succede se la motivazione di un provvedimento sembra contraddire la decisione finale (dispositivo)?
La nullità del provvedimento si verifica solo se il contrasto è così radicale da rendere impossibile comprendere il contenuto della decisione. Se, nel suo complesso, il provvedimento è idoneo a far conoscere la statuizione del giudice, eventuali discrasie non ne determinano la nullità.

È possibile contestare in Cassazione un errore del giudice nella lettura di un documento?
No, non come violazione di legge. Secondo la Corte, un errore del giudice che consiste in una svista nella percezione del contenuto di una prova (travisamento della prova) è un errore di fatto. Questo tipo di errore, se ricorrono i presupposti, deve essere contestato con il rimedio specifico della revocazione e non con il ricorso per Cassazione per violazione di norme di diritto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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