Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 65 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 65 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25606/2023 R.G. proposto da
AGENZIA delle ENTRATE – RISCOSSIONE, rappresentata e difesa legis dall’Avvocatura Generale dello Stato (NUMERO_DOCUMENTO
: ope
– ricorrente
–
contro
FALLIMENTO di RAGIONE_SOCIALE n. 11/2021
– intimato
–
avverso il decreto del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere in R.G. n. 9148/2021 depositato il 21/11/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il giudice delegato al fallimento di RAGIONE_SOCIALE ammetteva parzialmente (escludendo la somma di €. 976.978,15) il credito vantato da Agenzia per le Entrate-Riscossione (per un totale di €. 1.119.658,2) nei termini indicati all’interno della proposta del curatore.
Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, a seguito dell’opposizione proposta da Agenzia per le Entrate -Riscossione, dopo aver ricordato che l’estratto di ruolo è sufficiente per
l’ammissione al passivo di crediti tributari e previdenziali, riteneva, rispetto agli avvisi di accertamento numeri TF7030303472/2015, TF7030303481/2015, TF7030303482/2015 e TF7030402196/2016, che l’opposizione dovesse essere rigettata, in difetto di alcun elemento utile a collegare chiaramente tali avvisi e gli estratti di ruolo prodotti alle cartelle di pagamento su cui si fondava il petitum dell’opponente.
Osservava, inoltre, che il giudice fallimentare aveva piena giurisdizione rispetto ai crediti previdenziali opposti, dovendo, tuttavia, tenere conto del termine prescrizionale di cinque anni stabilito dall’art. 3, comma 9, l. 335/1995.
Constatava, con riguardo a nove avvisi di accertamento specificamente indicati all’interno del provvedimento impugnato, che nessun atto interruttivo della prescrizione era stato posto in essere in modo utile a evitare la completa decorrenza del termine di prescrizione quinquennale.
L’Agenzia delle Entrate -Riscossione ha proposto ricorso per la cassazione del decreto di rigetto dell’opposizione, pubblicato in data 21 novembre 2023, prospettando tre motivi di doglianza.
L’intimato fallimento di RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 99, comma 11, l. fall., 111 Cost., 132 e 156 cod. proc. civ., in ragione della radicale divergenza esistente tra la motivazione del provvedimento impugnato e il suo dispositivo, tale da determinare la sua insanabile nullità: la lettura della motivazione del decreto impugnato non consente -in tesi di parte ricorrente – di comprendere quale sia il contenuto del decisum , dato che il tribunale, dopo aver circoscritto la declaratoria di prescrizione a pochi avvisi di addebito, escludendola quindi per gli altri, ha rigettato, in sede di dispositivo, l’intero gravame presentato dall’ente opponente.
5. Il motivo non è fondato.
La doglianza in esame assume che ‘ il decreto del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere merita di essere annullato, attesa la radicale divergenza tra la motivazione e il dispositivo che ne determinano l’insanabile nullità ‘.
Ora, secondo la giurisprudenza di questa Corte il contrasto tra motivazione e dispositivo che determina la nullità della sentenza ricorre solo se ed in quanto esso incida sull’idoneità del provvedimento, nel suo complesso, a rendere conoscibile il contenuto della statuizione giudiziale (Cass. 26074/2018).
Nel caso di specie il provvedimento impugnato, nel suo complesso, è senza dubbio idoneo a rendere conoscibile il contenuto della statuizione giudiziale adottata, che è di rigetto dell’opposizione, e nessuna espressa statuizione all’interno del provvedimento impugnato si pone in contrasto con il dispositivo della decisione in tali termini assunta.
6. Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione degli artt. 87 e 88 d.P.R. 602/1973 e 33 d. lgs. 112/1999 in quanto il provvedimento impugnato si pone in contrasto con il principio, richiamato dallo stesso tribunale, secondo cui i crediti esattoriali, tributari e previdenziali, sono ammissibili al passivo sulla base del solo estratto di ruolo. Il tribunale, dopo aver dato atto della produzione dell’estratto di ruolo da parte del concessionario, avrebbe dovuto semplicemente fare applicare delle disposizioni di riferimento, ammettendo così l’Agenzia delle Entrate – Riscossione per i crediti parzialmente esclusi dal G.D. (pari a € 976.978,15).
7. Il motivo è inammissibile.
Il G.D. ha disposto l’ammissione parziale dei crediti vantati dall’Agenzia delle Entrate – Riscossione recependo in toto la proposta del curatore.
Quest’ultimo, tuttavia, aveva chiesto l’ammissione delle somme indicate ‘ in ogni singolo estratto di ruolo ‘ in relazione a una serie di
cartelle di pagamento, proponendo, invece, il rigetto della domanda ‘ per gli importi nascenti da tutti gli altri avvisi di addebito ‘ (come risulta a pag. 4 del provvedimento impugnato).
La doglianza in esame risulta inficiata tanto da genericità, perché non spiega a quali crediti intende fare riferimento. Inoltre si fonda su un accertamento che il tribunale non ha affatto compiuto, avendo (il tribunale) sostenuto in diritto la sufficienza dell’estratto di ruolo ai fini dell’insinuazione al passivo , ma non avendo acclarato in fatto che per ogni credito non ammesso era stato prodotto un estratto di ruolo.
8. Il terzo motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. in ragione dell’erronea ricostruzione dei fatti compiuta dal giudice di merito: l’agen te della riscossione, diversamente da quanto ritenuto dal tribunale, fin dalla domanda di ammissione al passivo fallimentare aveva rappresentato il collegamento sussistente tra gli avvisi di accertamento n. NUMERO_CARTA,
NUMERO_CARTA e NUMERO_CARTA indicati nel frontespizio della domanda di insinuazione al passivo, e gli avvisi n. TF7030303472/2015, TF7030303481/2015, TF7030303482/2015 e TF7030402196/2016 riportati negli estratti di ruolo allegati, attraverso l a produzione dell’avviso di accertamento nella sua interezza, il quale espressamente riproduceva entrambe le numerazioni in contestazione.
Per di più, con riguardo all’interruzione della prescrizione in ordine agli avvisi di addebito nn. NUMERO_CARTA, NUMERO_CARTA, NUMERO_CARTA, NUMERO_CARTA, NUMERO_CARTA, NUMERO_CARTA, 32820130005344172000, 328 20130004584206000 e 32820130001421188000, l’ente esazione, nel proporre opposizione, aveva di documentato l’interruzione del termine di prescrizione applicato dal giudice, dato
che aveva prodotto in giudizio gli avvisi di intimazione notificati alla società fallita con cui tale interruzione era avvenuta.
Il giudice di merito, non avendo dato riscontro al contenuto di questa documentazione, è pervenuto -in tesi di parte ricorrente – a un’erronea ricostruzione della quaestio facti, che lo ha indotto ad applicare erroneamente le norme di diritto alla fattispecie dedotta in giudizio.
Il motivo è inammissibile perché nella sostanza finalizzato a sostenere il travisamento della prova documentale, in contrasto con quanto di recente chiarito dalle Sezioni Unite.
Secondo le Sezioni Unite il travisamento del contenuto oggettivo della prova – che ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé e non di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio – trova il suo istituzionale rimedio nell’impugnazione per revocazione per errore di fatto, laddove ricorrano i presupposti richiesti dall’art. 395, n. 4, cod. proc. civ., mentre se il fatto probatorio ha costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare – e, cioè, se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti – il vizio va fatto valere ai sensi dell’art. 360, n. 4, o n. 5, cod. proc. civ., a seconda che si tratti di fatto processuale o sostanziale (Cass., Sez. U., 5792/2024).
La doglianza in esame di contro lamenta come error iuris il mancato esame, da un lato, dell’avviso di accertamento nella sua interezza (nella parte in cui dava conto del legame esistente fra gli avvisi di accertamento indicati nella domanda di insinuazione al passivo e gli avvisi riportati negli estratti di ruol o allegati), dall’altro degli avvisi di intimazione con cui era stata (asseritamente) interrotta la prescrizione. Risulta dunque inammissibile, perché il momento percettivo del dato probatorio nella sua oggettività -ove si assuma incontroverso – è destinato ad essere controllato solo attraverso lo strumento della revocazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di c ontributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto. Così deciso in Roma in data 28 novembre 2024.