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Estinzione del giudizio: la guida completa

In un caso di appello riguardante una cessione di quote societarie, le parti hanno raggiunto un accordo transattivo. Di conseguenza, la parte appellante ha rinunciato agli atti prima della costituzione in giudizio della controparte. La Corte d’Appello ha quindi dichiarato l’estinzione del giudizio, senza pronunciarsi sulle spese legali e chiarendo che non è dovuto il raddoppio del contributo unificato. La parola chiave del caso è estinzione del giudizio.

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Estinzione del Giudizio: Cosa Succede se le Parti si Accordano in Appello?

Quando una controversia legale arriva in appello, non è detto che debba concludersi con una sentenza che stabilisce chi ha torto e chi ha ragione. Spesso, le parti trovano un accordo per porre fine alla disputa. In questi casi, si verifica un’ipotesi di estinzione del giudizio, un meccanismo processuale con importanti conseguenze pratiche, come illustrato da una recente sentenza della Corte di Appello di Bologna.

I Fatti del Caso: Dalla Condanna in Primo Grado all’Appello

La vicenda trae origine da un contratto di cessione di quote di una società. L’acquirente non aveva saldato l’intero prezzo pattuito. Il venditore si era quindi rivolto al Tribunale delle Imprese, che aveva dato ragione a quest’ultimo, condannando l’acquirente a versare la somma residua di 230.000,00 euro, oltre interessi e spese legali. Il Tribunale aveva invece respinto le domande dell’acquirente, che chiedeva la risoluzione del contratto e il risarcimento dei danni, lamentando presunte violazioni degli accordi da parte del venditore.

Insoddisfatto della decisione, l’acquirente aveva proposto appello, chiedendo alla Corte di riformare la sentenza, risolvere il contratto e condannare il venditore al risarcimento dei danni.

La Svolta: Rinuncia all’Appello e Conseguente Estinzione del Giudizio

Il colpo di scena è avvenuto prima ancora che la causa entrasse nel vivo del secondo grado. Le parti, infatti, hanno raggiunto una transazione, ovvero un accordo per risolvere la lite in via amichevole.
A seguito di questo accordo, l’appellante ha depositato in tribunale un atto di ‘rinuncia agli atti del giudizio’.

Questo atto ha cambiato completamente le sorti del processo. Poiché la controparte (l’appellato) non si era ancora formalmente costituita in giudizio, la rinuncia ha prodotto il suo effetto immediatamente, senza bisogno di un’accettazione. Di conseguenza, la Corte d’Appello non è entrata nel merito della questione, ma si è limitata a prendere atto della situazione e a dichiarare l’estinzione del giudizio.

Conseguenze su Spese Legali e Contributo Unificato

La decisione della Corte ha avuto due importanti corollari pratici:

1. Nessuna Condanna alle Spese: Dato che l’appellato non si era ancora costituito, la Corte ha disposto ‘nulla sulle spese’. In altre parole, nessuna delle parti è stata condannata a pagare le spese legali dell’altra per la fase di appello.
2. Nessun Raddoppio del Contributo Unificato: La legge prevede che la parte che perde un’impugnazione debba versare un ulteriore importo pari al contributo unificato già pagato all’inizio del giudizio. La Corte, citando un precedente della Cassazione, ha chiarito che questa ‘sanzione’ non si applica nei casi di estinzione del giudizio. L’appellante, pur avendo rinunciato, non è stato quindi considerato ‘parte non vittoriosa’ ai fini di questa norma.

Le Motivazioni

La decisione della Corte si fonda sull’applicazione rigorosa dell’articolo 306 del Codice di Procedura Civile. Questa norma stabilisce che la rinuncia agli atti del giudizio, se fatta prima della costituzione della controparte, estingue il processo immediatamente, senza necessità di accettazione. La logica è che, finché la controparte non si è costituita, non ha ancora manifestato formalmente il suo interesse alla prosecuzione del giudizio e non ha sostenuto costi per difendersi in quella fase. Di conseguenza, il processo si chiude senza una pronuncia sulle spese. Per quanto riguarda il contributo unificato, la Corte ha seguito l’orientamento consolidato secondo cui la declaratoria di estinzione non equivale a un rigetto dell’impugnazione; pertanto, non scatta il presupposto per l’obbligo del versamento aggiuntivo previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002.

Le Conclusioni

Questa pronuncia offre un chiaro esempio di come la volontà delle parti, attraverso una transazione e una conseguente rinuncia agli atti, possa prevalere sulla prosecuzione del contenzioso. Dimostra l’importanza della tempistica nella gestione processuale: una rinuncia tempestiva, prima della costituzione della controparte, permette di chiudere il giudizio di appello senza ulteriori costi. Inoltre, conferma un principio di grande rilevanza pratica, escludendo l’applicazione della sanzione del ‘raddoppio del contributo unificato’ nei casi in cui il processo si estingue, offrendo così una via d’uscita ‘indolore’ dal punto di vista delle spese processuali accessorie.

Cosa succede se una parte rinuncia all’appello dopo aver raggiunto un accordo con la controparte?
Se la rinuncia avviene prima che la controparte si sia costituita in giudizio, come nel caso di specie, il processo si estingue immediatamente. La Corte prende atto della rinuncia e dichiara l’estinzione del giudizio senza decidere nel merito.

Chi paga le spese legali in caso di estinzione del giudizio per rinuncia prima della costituzione dell’appellato?
In questa specifica circostanza, la Corte non emette alcuna statuizione sulle spese legali (‘nulla sulle spese’). Poiché la parte appellata non si è ancora costituita, si presume che non abbia sostenuto costi per la fase di appello che debbano essere rimborsati.

L’appellante che rinuncia agli atti deve pagare il doppio del contributo unificato?
No. La sentenza chiarisce, richiamando la giurisprudenza della Cassazione, che la declaratoria di estinzione del giudizio esclude l’obbligo per la parte impugnante di versare un’ulteriore somma pari al contributo unificato. Questa norma si applica solo in caso di rigetto o inammissibilità dell’impugnazione, non di estinzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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