Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 7559 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 7559 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso 3877-2018 proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME e NOME COGNOME per procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE;
– intimato – avverso il DECRETO N. 6744/2017 DEL TRIBUNALE DI TREVISO depositato il 20/12/2017;
udita la relazione della causa svolta nell ‘adunanza c amerale del l’8 /2/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
FATTI DI CAUSA
1.1. NOME COGNOME ha proposto opposizione allo stato passivo del fallimento della RAGIONE_SOCIALE, chiedendo di esservi ammesso per il credito maturato nei confronti di quest ‘ ultima, tanto in forza della responsabilità facente capo alla stessa a norma dell’art. 1272 c.c. quale espromittente del debito originariamente contratto dalla RAGIONE_SOCIALE per le prestazioni professionali da lui svolte come architetto su
incarico di quest’ultima , quanto in ragione del vantaggio che la società poi fallita aveva conseguito a norma dell’art. 2041 c.c. da tali prestazioni professionali, nella misura conseguente alla compensazione legale o volontaria con il debito verso il Fallimento a titolo di rimborso delle spese legali maturate nel giudizio definito con sentenza della corte d’appello di Trieste n. 221/2013 , pari ad €. 18.521,46.
1.2. Il tribunale, in particolare, dopo aver rilevato che: l’opponente aveva dedotto di aver svolto la propria attività professionale quale progettista e direttore dei lavori su incarico conferitogli con disciplinare del 12/12/2006 dalla società RAGIONE_SOCIALE per la realizzazione di un complesso residenziale e commerciale da edificarsi nel Comune di RAGIONE_SOCIALE e di aver, di conseguenza, maturato, fino a tutto il mese di dicembre del 2007, il credito ad un compenso pari alla somma complessiva di € . 28.300,99; – la RAGIONE_SOCIALE (poi fallita con sentenza del 3/7/2008), con atto del 31/1/2008, ha venduto le aree destinate alla realizzazione del predetto complesso alla RAGIONE_SOCIALE (che ha contestualmente assunto la denominazione di RAGIONE_SOCIALE, poi divenuta RAGIONE_SOCIALE e come tale dichiarata fallita con sentenza del 22/6/2016); – l ‘ opponente, con atto del 17/4/2008, ha ‘ ceduto ‘ il credito maturato nei confronti della committente RAGIONE_SOCIALE alla società (acquirente delle aree in questione, e cioè la) RAGIONE_SOCIALE, la quale, nell ‘ accettare tale cessione, con atto del 24/4/2008 si è, a sua volta, dichiarata debitrice nei confronti del professionista; ha ritenuto che l ‘ opposizione proposta non poteva essere accolta sul rilievo che: a) la corte d ‘ appello di Trieste, con sentenza del 7/1/2016, divenuta irrevocabile, in accoglimento dell ‘ opposizione proposta dalla RAGIONE_SOCIALE in bonis avverso
il decreto ingiuntivo ottenuto dal professionista, ha ritenuto che l ‘atto di ‘ cessione ‘ intercorso tra quest ‘ ultimo e la società poi fallita in data 17/4/2008, anche se qualificato come espromissione ex art. 1272 c.c. piuttosto che come cessione di credito, non avrebbe potuto ‘ in ogni caso ‘ sorreggere la pretesa creditoria azionata dall ‘ opponente poiché la condizione sospensiva apposta dalle parti al contratto di cessione, dovendo essere qualificata come una condizione meramente potestativa, era nulla ex art. 1355 c.c., e che, di conseguenza, era viziato da nullità (e come tale era stato ‘ giudizialmente dichiarato ‘) anche l ‘ atto di assunzione dell ‘ obbligo (da parte della ‘ espromittente società fallita ‘ nei confronti del ‘ creditore espromissario ‘ NOME COGNOME) che alla stessa era stato ‘ subordinato condizionalmente ‘; b) il tribunale di Pordenone, con sentenza del 27/8/2013, ha dichiarato l ‘ inefficacia dell ‘ atto con il quale la RAGIONE_SOCIALE, in data 31/1/2008, ha venduto le aree nel Comune di RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE, poi RAGIONE_SOCIALE e infine RAGIONE_SOCIALE, sicché, in definitiva, ‘ nessun vantaggio consta avere ottenuto la fallita dalle prestazioni professionali svolte d(a)l ricorrente, siccome rese nei (soli) confronti dell ‘originaria committente, … in favore della quale è stata, nel frattempo, disposta pure la retrocessione delle aree ‘.
1.3. NOME COGNOME, con ricorso notificato in data 19/1/2018, ha chiesto, per tre motivi, la cassazione del decreto.
1.4. Il Fallimento è rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione dell ‘ art. 112 c.p.c. nonché degli artt. 52, 56, 93 e 98 l.fall. nonché degli artt. 1272, 2909 e 2697 c.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella
parte in cui il tribunale ha ritenuto che, in forza del giudicato formatosi sulla sentenza della corte d ‘ appello di Trieste del 7/1/2016, la pretesa vantata dall ‘ opponente nei confronti della cessionaria non poteva essere fondata sull ‘ atto di ‘ cessione del credito ‘ intercorso tra gli stessi, comunque lo stesso fosse qualificato, e cioè come espromissione piuttosto che come cessione di credito, senza, tuttavia, considerare che: – l ‘ indicata sentenza della corte d ‘ appello, che è opponibile al fallimento, in realtà, ‘ non ha affatto sostenuto che nemmeno l ‘ espromissione avrebbe potuto sorreggere la richiesta monitoria dell ‘ arch. COGNOME e ciò per il semplice motivo che, come emerge dagli atti processuali … e soprattutto dal decreto ingiuntivo, giammai il tecnico (né la fallita) hanno … qualificato il rapporto intercorso tra le parti come espromissione ‘; – la sentenza della corte d ‘ appello di Trieste, contrariamente a quanto sostenuto dal tribunale, ‘ non costituisce giudicato su tutte le questione emerse nel corso di quel giudizio: sia sul fatto che le parti hanno qualificato il contratto di cessione del credito …; sia sul fatto che detto contratto doveva essere, invece, qualificato come espromissione ‘ , avendo, in realtà, ritenuto che, pur a voler seguire la tesi del ricorrente (secondo il quale la clausola è una condizione meramente potestativa), il contratto in questione, in presenza di una clausola di tal fatta, sarebbe interamente nullo, qualificando, piuttosto, con forza di giudicato, il rapporto intercorso tra le parti come un ‘ espromissione ai sensi dell ‘ art. 1272 c.c. ma ‘ senza precisare che anche per questo contratto la clausola di cui sopra rende nulla l ‘ assunzione dell ‘obbligo’ .
2.2. Il motivo è inammissibile. Il ricorrente, infatti, pur invocando a sostegno della sua censura la qualificazione del rapporto contrattuale intercorso con la società poi fallita come un ‘ espromissione, asseritamente contenuta con forza di
giudicato opponibile al fallimento nella sentenza della corte d ‘ appello di Trieste 7/1/2016, non ha, tuttavia, provveduto a trascrivere in ricorso, per la parte necessaria, il testo di tale sentenza. Ed è, invece, noto che, nel giudizio di legittimità, il principio della rilevabilità del giudicato esterno dev ‘ essere coordinato con l ‘ onere di specificità dei motivi per cui il ricorrente che deduca il suddetto giudicato deve, a pena d ‘ inammissibilità del ricorso, riprodurre in quest ‘ ultimo il testo della sentenza che si assume essere passata in giudicato, non essendo a tal fine sufficiente il riassunto sintetico della stessa (Cass. n. 2617 del 2015; Cass. n. 15737 del 2017; Cass. n. 13988 del 2018).
2.3. Con il secondo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione dell ‘ art. 2041 c.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha ritenuto le prestazioni professionali svolte dal ricorrente, in quanto rese soltanto in favore dell ‘ originaria committente, non avevano arrecato alcun vantaggio alla società fallita, senza, tuttavia, considerare che, al contrario, nel caso in esame ‘ sussistevano tutti i presupposti per accogliere la domanda di insinuazione presentata dall ‘ arch. COGNOME a norma dell’ art. 2041 c.c., posto che la società poi fallita, essendo subentrata nella concessione edilizia rilasciata grazie all ‘ attività progettuale del tecnico opponente, aveva ottenuto l ‘ arricchimento costituito dall ‘erogazione di un contributo regionale per €. 1.491.250 che non ha restituito.
2.4. Il motivo è infondato. Intanto, l ‘ azione di ingiustificato arricchimento può essere proposta (autonomamente ovvero in via subordinata rispetto ad altra domanda principale) ove la diversa azione fondata sul contratto tra le parti si riveli in realtà carente ab origine del titolo giustificativo restando, viceversa, preclusa nel caso, come quello
in esame, in cui, al contrario, quest ‘ ultima sia stata rigettata per nullità derivante dall ‘ illiceità del titolo contrattuale (e cioè il dedotto contratto di espromissione tra l’opponente e la società fallita) per contrasto con norme imperative o con l ‘ ordine pubblico (Cass. SU n. 33954 del 2023; Cass. n. 13203 del 2023).
2.5. Il tribunale , d’altra parte, ha respinto la domanda di ammissione proposta, in via subordinata, a norma dell ‘ art. 2041 c.c. sul rilievo che ‘ nessun vantaggio consta avere ottenuto la fallita dalle prestazioni professionali svolte d(a)l ricorrente, siccome rese nei (soli) confronti dell ‘originaria committente, … in favore della quale è stata, nel frattempo, disposta pure la retrocessione delle aree ‘ , con una statuizione che, essendo fondata sulla ricognizione della fattispecie concreta (in termini di mancanza dell’arricchimento in capo alla società fallita) può essere, com’è noto, censurata in sede di legittimità solo per il vizio (nella specie, neppure invocato) previsto dall ‘ art. 360 n. 5 c.p.c., e cioè per l ‘ omesso esame di uno o più fatti controversi, emergenti dagli atti del giudizio e decisivi, nel senso che, ove esaminati, avrebbero senz ‘ altro comportato l ‘ accertamento della vicenda storica in termini tali da integrare la fattispecie normativa (come quella prevista dall’art. 2041 c.c.) reclamata nel giudizio di merito, come fatto costitutivo (o, per converso, estintivo, modificativo o impeditivo) della pretesa azionata, dalla parte poi ricorrente in cassazione: ai sensi dell ‘ art. 2041 c.c., infatti, l ‘ azione generale di arricchimento senza causa annovera fra i suoi elementi costitutivi, oltre al pregiudizio dell ‘ attore, anche l ‘ arricchimento dell ‘ obbligato nonché la correlazione fra i suddetti elementi e la mancanza di una giusta causa (cfr. Cass n. 12700 del 2007).
2.6. Il terzo motivo, che lamenta la violazione la v iolazione dell’art. 112 c.p.c. nonché degli artt. 52, 93 e 98 l.fall.
e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., è assorbito dal rigetto del primo, avendo sostenuto l’erroneità del decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha sostenuto che la corte d’appello di Trieste, con sentenza definitiva, aveva dichiarato la nullità del rapporto negoziale intercorso tra l’opponente e la società fallita, senza considerare che, al contrario, tale sentenza aveva qualificato tale contratto come un’espromissione ai sensi dell’art. 1272 c.c. ma non che pure ‘ per questo contratto la clausola di cui sopra rende nulla l’assunzione dell’obbligo’ .
Il ricorso dev’essere, quindi, rigettato.
Nulla per le spese di giudizio, in difetto di costituzione del resistente.
La Corte dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte così provvede: rigetta il ricorso; dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, nella Camera di consiglio della Prima Sezione Civile, l’ 8 febbraio 2024.
Il Presidente
NOME COGNOME