Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 10846 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 10846 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11473/2023 R.G. proposto da
NOME COGNOME rappresentata e difesa dall ‘ Avv. NOME COGNOME (CODICE_FISCALE con domicilio digitale ex lege
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE nella qualità di mandataria di RAGIONE_SOCIALE procuratrice speciale di RAGIONE_SOCIALE
– intimate – avverso la sentenza della Corte d ‘ appello di Roma n. 7188 del 10/11/2022; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/2/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
–NOME COGNOME proponeva opposizione ex art. 615, comma 1, c.p.c. per contestare il diritto di procedere ad esecuzione forzata nei suoi confronti, minacciato dalla Banca di Viterbo con precetto del 30/6/2015 recante l ‘ intimazione di pagare Euro 700.000,00; sosteneva, infatti, che l ‘ atto
pubblico a ministero del notaio COGNOME del 6/10/2010 (denominato «consenso ad iscrizione ipotecaria») non costituiva titolo esecutivo, essendo invece riconducibile ad una promessa unilaterale ‘ pura ‘ e non titolata, di talché, difettando l ‘ assunzione di un ‘ obbligazione, determinava soltanto l ‘ inversione dell ‘ onere della prova circa la sussistenza del rapporto;
-nel costituirsi in giudizio la Banca di Viterbo s.c. chiedeva il rigetto dell ‘ avversa opposizione, rilevando che il predetto atto pubblico conteneva un ‘ esplicita assunzione, da parte dell ‘ opponente, del debito di RAGIONE_SOCIALE (per diversi finanziamenti erogati dalla banca alla società) e che doveva essere qualificato come espromissione o accollo;
-con la sentenza n. 1140 del 3/11/2017, il Tribunale di Viterbo respingeva l ‘ opposizione;
–NOME COGNOME proponeva appello avverso la decisione del giudice di prime cure;
-con la sentenza n. 7188 del 10/11/2022, la Corte d ‘ appello di Roma respingeva l ‘ impugnazione;
-per quanto qui rileva, la Corte di merito affermava che, con l ‘ atto pubblico del 6/10/2010, l ‘ appellante «ha inteso assumere, in parte, il debito della Vegauto, affiancandosi a questa, e ha concesso l ‘ ipoteca a garanzia. L ‘ obbligazione dell ‘ appellante è dunque sorta con l ‘ atto pubblico. Le clausole devono infatti esser lette unitariamente, in un ‘ ottica d ‘ insieme, e non in maniera parcellizzata e atomistica, non potendosi, a fronte del tenore complessivo dell ‘ atto, attribuire valenza determinante alla sola parte in cui la RAGIONE_SOCIALE si riconosce debitrice della Banca, per poi concludere, sulla base di questo periodo, che si tratta di mero riconoscimento di debito che presupporrebbe la esistenza del rapporto fondamentale. Correttamente, dunque, il primo Giudice ha qualificato il contratto come espromissione, richiamando in tal senso, a sostegno di siffatta conclusione, la pregressa scrittura privata del 30.9.2010 nella quale, come si legge in sentenza, ‘ in termini sostanzialmente analoghi ‘ l ‘ impegno espromissorio veniva assunto con riferimento a una maggiore esposizione debitoria maturata da soggetti terzi nei confronti della Banca. Del resto, la stessa appellante deduce che il
contenuto della missiva del 30.9.2010 era sovrapponibile a quello del successivo atto del 6.10.2010, il che conferma semplicemente che le parti intendevano pervenire, nell ‘ ottica di raggiungere un accordo che potesse definire la rilevante esposizione debitoria della Vegauto, all ‘ assunzione di una parte del debito in capo alla RAGIONE_SOCIALE, fermo restando che l ‘ unico contratto fonte di obbligazioni è l ‘ atto pubblico.»;
-avverso tale decisione NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione, affidato a due motivi;
-non svolgevano difese nel giudizio di legittimità le intimate Banca di Viterbo s.cRAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, cessionaria del credito della Banca di Viterbo, che, tramite la procuratrice speciale RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE, si era costituita in appello con la mandataria di quest ‘ ultima Guber Banca S.p.A.;
-all ‘ esito della camera di consiglio del 26/2/2025, il Collegio si riservava il deposito dell ‘ ordinanza nei successivi sessanta giorni, a norma dell ‘ art. 380bis .1, comma 2, c.p.c.;
CONSIDERATO CHE
-col primo motivo si denuncia «violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 1272. c.c.», perché «la qualificazione adottata dal Giudice di appello, nel perpetuare l ‘ errore di quello di prime cure, appare caratterizzarsi da un grave errore di sussunzione»; ad avviso della ricorrente, la dichiarazione resa nell ‘ atto pubblico era meramente ricognitiva e solo strumentale alla costituzione della garanzia ipotecaria, senza alcuna volontà di assumere il pregresso debito della Vegauto e di obbligarsi solidamente con questa;
-il motivo è inammissibile, perché si risolve in una mera contrapposizione tra la personale lettura dell ‘ atto pubblico del 6/10/2010 data dalla ricorrente e quella fatta propria dalla Corte di merito;
-infatti, lungi dall ‘ esporre i motivi per cui il giudice d ‘ appello sarebbe incorso in vizio di sussunzione nell ‘ ipotesi dell ‘ art. 1272 c.c., la COGNOME ribadisce che in quell ‘ atto mancava l ‘ assunzione del debito della Vegauto e, per contrastare l ‘ opposta conclusione della Corte romana, apoditticamente afferma che difettavano dichiarazioni negoziali in tal senso;
-col secondo motivo si deduce «violazione e falsa applicazione degli artt. 1272, 1361 e 1362 c.c.», perché la Corte d ‘ appello ha inteso «suffragare la tesi della espromissione attraverso l ‘ assunto che in tal senso sarebbe interpretabile l ‘ atto pubblico oggetto di disamina. E che, dunque, la volontà della dichiarante di obbligarsi solidalmente in via di espromissione sarebbe ricostruibile attraverso un esercizio di ermeneutica contrattuale», eseguito senza evidenziare la connessione logica tra i riportati elementi del testo contrattuale e la fattispecie di cui all ‘ art. 1272 c.c. («la Corte territoriale non ha inteso indicare quali espressioni del testo negoziale deporrebbero nel senso di escludere che la dichiarante e odierna ricorrente non abbia pronunciato un mero riconoscimento di debito, ma, appunto, obbiettivamente nessuno degli elementi enumerati presenta una, anche solo generica, riferibilità all ‘ elemento caratterizzante l ‘ espromissione: id est l ‘ assunzione del debito altrui e di un ‘ obbligazione solidale.»);
-anche questo motivo è inammissibile;
-in primis , contrariamente agli assunti della ricorrente (la quale, dunque, svolge una censura eccentrica rispetto al decisum ), la Corte di merito ha espressamente individuato gli elementi che l ‘ hanno indotta ravvisare un ‘ assunzione di debito: «L ‘ COGNOME, ai soli fini della realizzazione della garanzia ipotecaria, ‘ spontaneamente ‘ si è dichiarata e riconosciuta debitrice nei confronti della Banca dell ‘importo di € 700.000,00 ‘ a soddisfacimento della suindicata maggiore esposizione debitoria ‘ . La predetta, inoltre, si è obbligata a corrispondere tale somma entro e non oltre trenta mesi, espressamente rinunciando a qualsiasi eccezione che ‘ potrebbe spettare alla Vegauto ‘ . La Banca si è impegnata ad astenersi, per la durata di trenta mesi dalla stipula, dal promuovere qualsiasi iniziativa e attività giudiziale e comunque contenziosa nei confronti della Vegauto e dei garanti della medesima, nonché dall ‘ escutere la garanzia ipotecaria costituita con l ‘ atto pubblico. Per effetto della fruttuosa escussione da parte della Banca della costituenda garanzia ovvero del pagamento di € 700.000,00 al fine di prevenire l ‘ escussione, si sarebbero estinte tutte le obbligazioni della Vegauto
e dei garanti. L ‘ ipoteca è stata concessa dalla COGNOME a garanzia del puntuale adempimento dell ‘ obbligazione assunta.»;
-poi, ricercando nel testo negoziale la volontà delle parti, il giudice d ‘ appello ha svolto un tipico accertamento di fatto e ha fornito una non implausibile ricostruzione dell ‘ atto del 6/10/2010, oltretutto corroborata dalla precedente condotta (scrittura privata del 30/9/2010), esplicitamente considerata dalla sentenza;
-la stessa Corte d ‘ appello, infine, stigmatizza il tentativo della ricorrente, anche qui reiterato, di dare una lettura atomistica dell ‘ atto notarile, estrapolando la frase «ai soli fini della realizzazione della garanzia ipotecaria» dal suo più ampio contesto;
-la censura, dunque, lungi dal chiarire quale canone ermeneutico avrebbe violato la Corte territoriale, si risolve nell ‘ inammissibile prospettazione di un ‘ interpretazione alternativa a quella scelta dal giudice di merito tra le plurime letture del testo negoziale (in proposito, Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 11254 del 10/05/2018, Rv. 64860201: «… non è consentito alla parte, che aveva proposto l ‘ interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un ‘ altra»; nello stesso senso, Cass., Sez. L, Ordinanza n. 18214 del 03/07/2024, Rv. 671915-01);
-non occorre provvedere sulle spese, attesa la indefensio delle intimate;
-va dato atto, però, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente ed al competente ufficio di merito, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , d.P.R. n. 115 del 2002, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13;
p. q. m.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso;
ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente
ed al competente ufficio di merito, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, qualora dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile,