Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 965 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 965 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso 14542-2020 proposto da:
COGNOME NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 606/2019 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 15/10/2019 R.G.N. 637/2017;
Oggetto
Previdenza lavoratori agricoli, spese giudiziali in materia di previdenza e assistenza
R.G.N. 14542/2020
COGNOME
Rep.
Ud.13/11/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/11/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO IN FATTO
che, con sentenza depositata il 15.10.2019, la Corte d’appello di Salerno ha confermato, con diversa motivazione, la pronuncia di primo grado che aveva rigettato la domanda di NOME COGNOME volta alla reiscrizione negli elenchi dei braccianti agricol i e a conseguire l’indennità di disoccupazione per l’anno 2014, in relazione al contratto di piccola colonia stipulato con NOME COGNOME, e ha condannato l’appellante alla rifusione delle spese del grado;
che avverso tale pronuncia NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, deducendo quattro motivi di censura, successivamente illustrati con memoria;
che l’INPS ha resistito con controricorso;
che, chiamata la causa all’adunanza camerale del 13.11.2024, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (articolo 380bis .1, comma 2°, c.p.c.);
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con il primo motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 21, l. n. 203/1982, e 2164 c.c., nonché omessa e insufficiente motivazione, per avere la Corte di merito ritenuto che il contratto di piccola colonia fosse invalido in quanto stipulato su fondi di cui la concedente era a sua volta concessionaria;
che, con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c., 2126 e 2697 c.c. e 24 Cost., per avere la Corte territoriale ritenuto la superfluità dei mezzi istruttori che ella aveva richiesto al fine di dimostrare la genuinità del dedotto rapporto di piccola colonia;
che, con il terzo motivo, la ricorrente si duole di violazione e falsa applicazione dell’art. 31, l. n. 203/1982, per avere la Corte di merito ritenuto che la stipulazione per il medesimo anno 2014 di altro contratto di piccola colonia con un terzo fosse s intomatica di un’artificiosa frammentazione del fabbisogno di manodopera in frode alla legge;
che, con il quarto motivo, la ricorrente deduce violazione degli artt. 1 prel. c.c. e 152 att. c.p.c. per avere la Corte territoriale confermato la sentenza di prime cure nella parte in cui l’aveva condannata a rifondere le spese del grado per non avere personalmente sottoscritto la dichiarazione prescritta ai fini dell’esonero delle spese di lite e altresì per averla condannata a rifondere le spese del gravame, sul presupposto che la dichiarazione concernente il possesso di un reddito utile ai fini dell’esonero fosse stata resa successivamente all’instaurazione del giudizio di appello e difettasse dell’indicazione dell’anno al quale si riferiva;
che, con riguardo ai primi tre motivi, va premesso che la sentenza impugnata non ha negato in astratto la configurabilità della piccola colonia su un terreno già oggetto di concessione (come nella vicenda decisa da Cass. n. 13810 del 2024, richiamata da parte ricorrente nella memoria dep. ex art. 378 c.p.c.), ma ha invece negato in concreto che i fondi dedotti nel contratto fossero suscettibili, per caratteristiche intrinseche, di dar vita ad un contratto di piccola colonia e, soprattutto, che il rapporto de quo potesse essere realmente un rapporto di piccola colonia, in ragione della mancanza di alcuna previsione di stagionalità, dell’indicazione di specifiche colture stagionali e di equa suddivisione delle spese;
che, tanto premesso, i motivi di censura risultano inammissibili, risultando il primo estraneo alla ratio decidendi della sentenza
impugnata e il secondo e il terzo volti ad una rivisitazione delle risultanze processuali non consentita in questa sede di legittimità;
che, con riguardo al quarto motivo, deve anzitutto ribadirsi che la dichiarazione sostitutiva di certificazione delle condizioni reddituali, da inserire nelle conclusioni dell’atto introduttivo ex art. 152 att. c.p.c., nel testo sostituito dall’art. 42, co mma 11, d.l. n. 269/2003 (conv. con l. n. 326/2003), è inefficace se non sottoscritta dalla parte, implicando l’assunzione di una responsabilità non delegabile al difensore (così già Cass. n. 5363 del 2012, cui hanno dato seguito innumerevoli successive conformi);
che, di conseguenza, affatto correttamente la sentenza impugnata ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva negato rilevanza alla dichiarazione allegata al ricorso introduttivo in quanto sottoscritta dal solo difensore, non potendo parte ricorrente fondare alcun affidamento su di un’erronea interpretazione del dato normativo asseritamente fatta propria dai giudici territoriali in altre fattispecie;
che, con riguardo alla dichiarazione resa in grado di appello, i giudici territoriali ne hanno escluso la rilevanza ai fini dell’esonero sul presupposto che non recasse l’indicazione dell’annualità alla quale si riferiva il reddito posseduto, aggiungendo ulteriormente che, essendo stata depositata solo nell’imminenza dell’udienza di discussione, non sarebbe stata idonea ad esonerare l’odierna ricorrente dalle spese relative alle fasi pregresse (cfr. pag. 9 della sentenza impugnata);
che, con riguardo alla prima delle due statuizioni, questa Corte ha in effetti avuto occasione di affermare che una dichiarazione sprovvista dell’anno al quale riferire il possesso di un reddito inferiore alla soglia legale non sarebbe idonea a garantire
all’istante l’esonero in caso di soccombenza (cfr. Cass. n. 19887 del 2023);
che, nondimeno, reputa il Collegio che tale affermazione mal si concili con il prevalente orientamento di questa Corte secondo cui il legislatore non ha imposto all’interessato di formulare la dichiarazione sostitutiva di certificazione di cui all’art. 152 att. c.p.c. secondo uno schema rigido e predeterminato per legge, così suggerendo all’interprete la valorizzazione allo scopo di dichiarazioni che, ad es., pur difettando della specifica indicazione della misura del reddito personale e familiare posseduto, attestassero comunque che esso si colloca al di qua della soglia legale prevista per l’esonero (così da ult. Cass. n. 11511 del 2024);
che altrettanto questa Corte ha affermato con riguardo a dichiarazioni sprovviste dell’impegno a comunicare successivamente variazioni reddituali rilevanti ai fini dell’esonero, ritenendo che tale impegno derivasse direttamente dalla legge (cfr. Cass. n. 13367 del 2011 e succ. conf.);
che tanto, a parere del Collegio, deve dirsi anche per una dichiarazione che sia sprovvista della specifica indicazione dell’anno al quale riferire il possesso di un reddito inferiore alla soglia legale, ben potendo tale indicazione implicitamente desumers i dal tenore dell’art. 152 att. c.p.c., che all’uopo attribuisce espressamente rilievo ‘all’anno precedente a quello di instaurazione del giudizio’;
che, ciò posto, nemmeno rileva che la dichiarazione de qua sia stata depositata non già unitamente al ricorso in appello, bensì solo in prossimità dell’udienza di discussione della causa, dovendo riferirsi l’efficacia della dichiarazione ai fini dell’esonero all’intero grado di giudizio in cui essa risulta presen tata;
che contrari argomenti non possono desumersi da Cass. n. 16284 del 2011, cit. dalla sentenza impugnata, atteso che, in quel caso, questa Corte ha affermato che, ove le condizioni per l’esonero, originariamente insussistenti, si siano concretizzate nel pros ieguo del giudizio, è senz’altro facoltà dell’interessato rendere, anche nei gradi successivi, apposita dichiarazione diretta ad ottenere il riconoscimento del suddetto beneficio; che, per conseguenza, deve ritenersi che erroneamente i giudici territoriali abbiano gravato l’odierna ricorrente delle spese del grado di appello, prevedendo testualmente l’art. 152 att. c.p.c. che la parte che rende la prescritta dichiarazione ‘non può essere condannata al pagamento delle spese, competenze ed onorari’, a meno che non ricorra il caso di cui all’art. 96, comma 1°, c.p.c.;
che, in conclusione, la sentenza impugnata va cassata senza rinvio nella parte in cui ha disposto la condanna dell’odierna ricorrente al pagamento delle spese del grado di appello, risultando tale condanna emessa in una situazione di carenza di potere giurisdizionale affatto analoga a quella del giudice che abbia liquidato le spese in favore della parte rimasta contumace (per la necessità, in tale ultimo caso, di cassare senza rinvio la pronuncia sulle spese v. da ult. Cass. n. 13253 del 2024); che le spese del presente giudizio di legittimità vanno compensate in ragione dell’accoglimento solo parziale del ricorso;
P. Q. M.
La Corte accoglie per quanto di ragione il quarto motivo di ricorso, dichiarati inammissibili gli altri. Cassa la sentenza impugnata nella parte in cui ha condannato l’odierna ricorrente al pagamento delle spese del grado di appello e compensa le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 13.11.2024.