Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 10367 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 10367 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/04/2025
OGGETTO:
azione ex art.
2932 cod. civ.
RG. 23743/2020
C.C. 4-4-2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 23743/2020 R.G. proposto da:
COGNOME COGNOME rappresentati e difesi NOME COGNOME
dall’avv.
ricorrenti contro COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME controricorrente avverso la sentenza n. 596/2020 della Corte d’ appello di Catanzaro, depositata il 4-6-2020, udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 4-4-
2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno convenuto avanti il Tribunale di NOME COGNOME e NOME COGNOME perché, accertato l’inadempimento al contratto preliminare di compravendita concluso il 4-2-1998, fosse emessa sentenza costitutiva traslativa del diritto di proprietà degli immobili promessi in vendita ex art. 2932 cod. civ., con contestuale riduzione del prezzo in ragione dell’esistenza di ipoteca sul bene del valore di Lire 56.000.000, iscritta successivamente al
preliminare. Hanno dedotto di avere concluso il preliminare del terreno con sovrastante fabbricato in corso di costruzione, sito in INDIRIZZO Belvedere Marittimo, per il prezzo di Lire 220.000.000 e di avere pattuito un pagamento rateizzato; hanno lamentato che, nonostante vari inviti ad adempiere, i promittenti venditori non avevano voluto concludere il contratto definitivo.
Si sono costituiti i convenuti, resistendo alla domanda e deducendo nel merito il mancato pagamento della totalità del prezzo e il mancato avveramento della condizione sospensiva dedotta nel contratto, relativa alla costruzione di una rampa di accesso; hanno chiesto perciò il rigetto della domanda.
Con sentenza n. 597/2004 il Tribunale di Paola ha accolto la domanda proposta da NOME COGNOME trasferendole ex art. 2932 cod. civ. l’immobile e autorizzandola a impiegare la somma residua del prezzo per la cancellazione dell’ipoteca.
I convenuti soccombenti hanno proposto appello e con sentenza n. 1056/2009 la Corte d’appello di Catanzaro, in riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato inammissibile la domanda, sulla base del dato che non era stata pagata l’ultima rata del pre zzo alla quale il contratto preliminare subordinava la conclusione del contratto definitivo.
Avverso la sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, che è stato deciso con la sentenza n. 23683/2015 pubblicata il 19-11-2015 della Suprema Corte.
Questa Corte, accogliendo i motivi di ricorso della Spatera, ha affermato che l’inadempimento del promittente venditore all’obbligo di provvedere alla cancellazione di pregresse ipoteche o la sopravvenienza di iscrizioni o trascrizioni non ostava a che il promissario acquirente esercitasse la facoltà di chiedere l’esecuzione in forma specifica ex art. 2932 cod. civ. e comportava che il promissario
medesimo, ove si avvalesse di tale facoltà, era dispensato dall’onere del pagamento e poteva chiedere al giudice di fissare le condizioni e modalità di pagamento idonee ad assicurare l’acquisto del bene libero da vincoli. Ha dichiarato che erroneamente la sentenza impugnata aveva ritenuto inammissibile l’azione ex art. 2932 cod. civ., in quanto era stata proposta cumulativamente domanda di riduzione del prezzo ex art. 1489 cod. civ. per l’esistenza di ipoteca sull’immobile acquistato per importo di Lire 56.000.000, da detrarre da quello complessivo di Lire 220.000.000, tenuto conto che erano state versate Lire 178.000.000; ha rilevato che la domanda di riduzione del prezzo era stata accolta dal Tribunale, non era stata investita di specifici motivi di appello e quindi, in merito alla riduzione e alla misura del prezzo, si era formato il giudicato e l’esame delle condizioni di ammissibilità dell’azione ex art. 2932 cod. civ. non poteva prescindere dalla verifica circa il prezzo effettivamente dovuto in forza dell’accoglimento della domanda ex art. 1489 cod. civ. Per l’effetto ha cassato la sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Catanzaro.
NOME COGNOME ha riassunto la causa e, con sentenza n. 596/2020 pubblicata il 4-6-2020, la Corte d’appello di Catanzaro in sede di rinvio ha rigettato l’appello proposto da NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso la sentenza n. 597/2004 del Tribunale di Paola, condannandoli alla rifusione delle spese di lite di tutti i gradi e del giudizio di legittimità.
La Corte di rinvio ha dichiarato che il rilevato sulla pronuncia di riduzione del prezzo consentiva di ritenere ammissibile e fondata l’azione ex art. 2932 cod. civ., perché l’ultima rata del prezzo pattuito era di gran lunga inferiore all’ammontare delle somme per le quali era stata iscritta ipoteca; quindi non residuava prezzo da corrispondere e
la condizione di cui all’art. 4 del preliminare era inidonea a precludere l’azione ex art. 2932 cod. civ.
Il giudice di rinvio ha altresì affermato che l’azione ex art. 2932 cod. civ. non era preclusa neppure dalla condizione prevista dall’art. 7 del contratto preliminare, inerente alla realizzazione di una rampa di accesso all’immobile promesso in vendita; ciò perché quella condizione era posta nell’esclusivo interesse della promissaria acquirente, la quale, agendo ai sensi dell’art. 2 932 cod. civ. nonostante la mancata realizzazione della rampa da parte dei promittenti venditori, aveva dimostrato di non avere interesse al suo avveramento e di rinunciarvi, per cui doveva essere escluso che tale clausola condizionasse l’efficacia del contratto.
2.NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del 4-4-2025 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione ex art. 360 co. 1 n.3 cod. proc. civ. ‘degli artt. 1353, 1354, 1362, 1363, 2697 cod. civ.’, per avere il giudice del rinvio ritenuto che la condizione sospensiva di cui alla clausola 7 del contratto fosse rinunciabile in quanto l’interesse al suo verificarsi era del solo promissario acquirente, così andando oltre le intenzioni delle parti e il contenuto del contratto, in assenza della prova dell’unilateralità della clausola, che spettava al promissario acquirente dare.
I ricorrenti rilevano che la sentenza impugnata, nell’interpretare il contenuto della clausola 7, non abbia neppure fatto riferimento al tenore letterale delle espressioni utilizzate dai contraenti, perché la clausola non faceva riferimento a obbligo di costruire la rampa d’ac cesso gravante sui promittenti venditori; aggiungono che, neppure andando al di là del tenore letterale della clausola, si poteva ritenere che le parti avessero voluto porre a esclusivo carico dei promittenti venditori l’obbligo di cos truzione della rampa; sostengono che la Corte territoriale non abbia focalizzato la reale volontà delle parti di sospendere l’efficacia del contratto con riguardo al mero evento futuro e incerto della costruzione della rampa, non essendo neppure specificato su chi gravasse il relativo obbligo. Aggiungono che non vi era prova alcuna che la clausola fosse stata prevista e pattuita nell’esclusivo interesse del promissario acquirente, che il promissario acquirente aveva altri accessi da utilizzare per usufruire dell’immobile oggetto del preliminare ed era suo onere esclusivo provare l’esistenza di elementi utili a escludere che i promittenti venditori avessero interesse alla costruzione della rampa.
1.1.Il motivo è infondato.
E’ stato ripetutamente affermato che l’interpretazione del contratto, traducendosi in una operazione di accertamento della volontà delle parti, si risolve in una indagine di fatto riservata al giudice di merito e il ricorrente, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ., non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate e dei principi in esse contenute; è tenuto altresì a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice di merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di motivazioni illogiche o insufficienti; non
può la censura risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, in quanto l’interpretazione accolta non deve essere l’unica astrattamente possibile ma solo una delle plausibili interpretazioni, sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne fosse stata privilegiata l’altra (Cass. Sez. 1 9-4-2021 n. 9461 Rv. 661265, Cass. Sez. 3 28-11-2017 n. 28319 Rv. 646649-01, Cass. Sez. 1 15-11-2017 n. 27136 Rv. 646063-01).
Nella fattispecie, al fine di fare emergere la violazione del canone di interpretazione letterale e del canone della comune intenzione dei contraenti, la ricorrente in primo luogo avrebbe dovuto dimostrare che l’interpretazione della clausola data dalla sentenza impugnata -nel senso che la costruzione della rampa di accesso fosse prevista a vantaggio della parte promissaria acquirente- fosse contraria al suo contenuto letterale. Al contrario, la ricorrente rileva soltanto che la clausola non poneva l’obblig o di costruzione a carico dei promittenti venditori, ma tale dato non indica né che la lettura eseguita dalla sentenza impugnata non sia rispettosa del tenore letterale della clausola, né che non sia stata esattamente individuata la comune intenzione delle parti. La sentenza impugnata ha considerato che la realizzazione della rampa di accesso serviva all’immobile promesso in vendita a NOME COGNOME e sulla base di questo dato ha ritenuto che la clausola n.7 relativa alla realizzazione di quella rampa fosse posta nell’esclusivo interesse della promissaria acquirente. L’interpretazione è pienamente plausibile, in primo luogo a fronte del dato che gli argomenti dei ricorrenti non sono idonei a fare emergere i canoni di ermeneutica contrattuale violati; inoltre, a fronte della totale assenza di elementi utili a fare emergere, in termini ammissibili nel giudizio di
legittimità, quale sarebbe stato l’interesse della promittente venditrice alla realizzazione della rampa a servizio dell’immobile che si era obbligata a vendere e per quali ragioni i promissari acquirenti avrebbero potuto eseguire i lavori prima di ottenere il trasferimento della proprietà.
2.Con il secondo motivo proposto ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 4 cod. proc. civ. i ricorrenti sostengono la nullità della sentenza per irriducibile contraddittorietà e illogicità della motivazione, per non avere la Corte d’appello motivato sulla affermata unilateralità dell’interesse al verificarsi della condizione sospensiva di cui alla clausola n. 7, quale presupposto della rinunciabilità all’avveramento della condizione da parte della promissaria acquirente. Rilevano che la sentenza, dichiarando sic et simpliciter che la condizione era posta nell’esclusivo interesse della promissaria acquirente, era affetta da totale assenza della motivazione che doveva sorreggere il presupposto della rinunciabilità al verificarsi della condizione; lamentano che la Corte territoriale non abbia spiegato se l’accesso al garage fosse di esclusiva pertinenza di NOME COGNOME, se tale accesso fosse più agevole di altri, da quale elemento potesse desumersi l’insussistenza di qualsiasi interesse anche dei promittenti venditori alla costruzione della rampa; perciò sostengono che la sentenza non abbia spiegato neppure quale fosse l’interesse della promissaria acquirente alla costruzione della rampa.
2.1.Il motivo è manifestamente infondato.
E’ acquisito il principio secondo il quale, sulla base dell’attuale formulazione dell’art. 360 co.1 n. 5 cod. proc. civ., non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, ma i provvedimenti giudiziari non si sottraggono all’obbligo di motivazione previsto in via generale dall’art. 111 Cost. e nel processo civile dall’art. 132 co.2 n. 4 cod. proc. civ. e il sindacato
di legittimità rimane circoscritto alla sola verifica del rispetto del minimo costituzionale; tale obbligo è violato, concretandosi nullità processuale deducibile ex art. 360 co. 1 n.4 cod. proc. civ., qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, o viziata da manifesta e irriducibile contraddittorietà o sia perplessa e incomprensibile, purché il vizio risulti dallo stesso testo della sentenza, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; al di fuori di tali ipotesi il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un fatto storico, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia decisivo ai fini di una diversa ricostruzione della controversia (Cass. Sez. U 7-4-2014 n. 8053 Rv. 629830-01, Cass. Sez. 3 12-10-2017 n. 23940 Rv. 645828-01, Cass. Sez. 6-3 25-9-2018 n. 22598 Rv. 650880-01).
Nella fattispecie la motivazione rispetta pienamente il minimo costituzionale entro il quale è circoscritto il sindacato di legittimità in quanto, come già esposto, la sentenza ha considerato che la clausola 7 riguardava la realizzazione di rampa di accesso al servizio dell’immobile promesso in vendita a NOME COGNOME; tale dato era in sé logicamente sufficiente a ritenere che l’esecuzione di quell’opera fosse nell’interesse esclusivo della promissaria acquirente. Si esclude che la sentenza, al fine di giungere a tale conclusione rispettando il minimo costituzionale entro il quale è circoscritto il sindacato di legittimità, dovesse svolgere l’indagine proposta da i ricorrenti, in quanto dal testo della sentenza non risulta in alcun modo che la rampa dovesse servire altre proprietà, oltre a quella promessa in vendita a NOME COGNOME; infatti, il vizio di motivazione, per essere rilevante in sede di legittimità, deve risultare dal testo della sentenza, a prescindere dalle altre risultanze processuali.
Posto che la realizzazione della rampa era prevista nell’interesse della promissaria acquirente, la sentenza impugnata, con pronuncia
immune da qualsiasi vizio, ha altresì ritenuto che la promissaria acquirente potesse agire ex art. 2932 cod. civ. anche a fronte della mancata realizzazione della rampa, così dimostrando di rinunciare all’avveramento della condizione. Infatti la sentenza ha fatto applicazione del principio secondo il quale le parti, nell’ambito della loro autonomia privata, possono apporre al contratto una condizione sospensiva o risolutiva convenuta nell’interesse di uno solo dei contraenti, il quale resta libero di avvalersene o di rinunciarvi, sia prima che dopo il non avveramento della stessa, senza possibilità per la controparte di ostacolarne la volontà (Cass. Sez. 2 17-11-2017 n. 27320 Rv. 646085-01, Cass. Sez. 2 10 aprile 2012 n. 5692 Rv. 621785-01).
3.Con il terzo motivo proposto ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ. i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione dell’art. 2932 cod. civ., per avere il giudice del rinvio erroneamente ritenuto sussistenti le condizioni di ammissibilità dell’azione ex art. 2932 cod. civ. Sostengono che la Corte d’appello abbia omesso di considerare che la promissaria acquirente non aveva mai offerto l’estinzione integrale dell’ipoteca gravante sul bene , né aveva a ciò provveduto prima di proporre l’azione ex art. 2932 cod. civ.; aggiung ono che, non essendovi prova dell’intervenuta estinzione dell’ipoteca, mancavano i presupposti per l’accoglimento della domanda ex art. 2932 cod. civ. ; dichiarano che l’aggiunta manoscritta al preliminare, secondo la quale la Spatera aveva consegnato la somma di Lire 64.000.000 alla promittente venditrice per la restituzione di parte della somma mutuata, era patto aggiunto al preliminare, con la conseguenza che, oltre al prezzo ridotto, quale ulteriore prestazione richiesta alla promissaria acquirente vi era l’estinzione dell’ipo teca.
3.1.Il motivo è inammissibile in primo luogo per novità della censura riferita all’aggiunta manoscritta al preliminare: il motivo
prospetta tale questione che non risulta in alcun modo trattata dalla sentenza impugnata, senza allegare in quali termini e in quali atti la questione fosse stata dedotta innanzi al giudice di merito, per cui la Cassazione non è posta nella condizione di controllare ex actis la veridicità delle relative asserzioni prima di esaminare la questione nel merito (Cass. Sez. 2 24-1-2019 n. 2038 Rv. 652251-01, Cass. Sez. 61 13-6-2018 n. 15430 Rv. 649332-01). Per di più, il motivo nella parte in cui fa riferimento al patto aggiunto al preliminare è inammissibile in quanto presuppone un accertamento del contenuto del contratto che non risulta dalla sentenza impugnata e che avrebbe perciò potuto essere richiesto esclusivamente attraverso la proposizione di motivo ex art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ.
Del resto, il motivo non considera che il principio enunciato da Cass. Sez. 2 19-11-2015 n. 23683 (Rv. 637278-01) che ha disposto il rinvio è stato nel senso che la sopravvenienza di iscrizione ipotecaria sul bene non impedisce al promissario acquirente di esercitare l’azione ex art. 2932 cod. civ., il promissario può sospendere il pagamento del prezzo e chiedere che la sentenza fissi condizioni e modalità di versamento idonee per un acquisto libero da vincoli e garantito da evizione (nello stesso senso, Cass. Sez. Sez. 2 23-9-2004 n. 19135 Rv. 577313-01, Cass. Sez. 2 29-5-1999 n. 5228 Rv. 526817-01). Nella fattispecie, a fronte del fatto che la pronuncia di riduzione del prezzo per importo pari a quello per il quale era stata iscritta ipoteca emessa dal giudice di primo grado in accoglimento della domanda degli attori era già passata in giudicato, come dichiarato dalla sentenza della Cassazione che ha disposto il rinvio, il giudice del rinvio ha accertato che il prezzo già pagato copriva il prezzo dovuto; perciò ha escluso che la condizione di cui all’art. 4 del preliminare, secondo l a quale il trasferimento della proprietà sarebbe avvenuto dopo il pagamento dell’intero prezzo , impedisse la pronuncia ex art. 2932 cod. civ. La
decisione è stata perfettamente rispettosa dei principi posti dalla sentenza che ha disposto il rinvio, non risultando che nella fattispecie la promissaria acquirente avesse anche l’obbligo di offrire a i promittenti venditori l’estinzione dell’ipoteca o di eseguire tale estinzione al fine di ottenere la pronuncia ex art. 2932 cod. civ.
4.In conclusione il ricorso è interamente rigettato e, in applicazione del principio della soccombenza, i ricorrenti sono condannati in via solidale alla rifusione a favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità.
In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co . 1quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna i ricorrenti in solido alla rifusione a favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 5.000,00 per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese, iva e cpa ex lege. Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione