Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 555 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 555 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/01/2024
R.G.N. 11181/19
C.C. 19/12/2023
ORDINANZA
Vendita -Alloggi di edilizia economica e popolare -Esecuzione specifica -Rilascio sul ricorso (iscritto al N.R.G. 11181/2019) proposto da: NOME COGNOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE, in proprio e quale erede di NOME COGNOME, rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME nel cui studio in Roma, INDIRIZZO ha eletto domicilio;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME (C.F.: BTT MMM 44M62 H501H) e COGNOME NOME (C.F.: BTT NLN 38H50 H501R), rappresentate e difese, giusta procure in calce al controricorso, dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME elettivamente domiciliate in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME;
-controricorrenti –
e
Comune di LATINA, in persona del suo legale rappresentante pro -tempore , COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME, COGNOME NOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, in qualità di erede di Canale Maria, e COGNOME NOME, in qualità di erede di Canale Maria;
-intimati –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 476/2019, pubblicata il 23 gennaio 2019, notificata il 31 gennaio 2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19 dicembre 2023 dal Consigliere relatore NOME COGNOME
lette le memorie illustrative depositate nell’interesse delle parti, ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c.
FATTI DI CAUSA
1. -Con atto di citazione notificato il 14 luglio 1998, COGNOME NOME e COGNOME NOME convenivano, davanti al Tribunale di Latina, COGNOME Bruno e COGNOME NOME nonché il Comune di Latina e gli eredi di NOME, al fine di sentire: a ) pronunciare il trasferimento della proprietà dell’alloggio sito in Latina, INDIRIZZO, piano terra, assegnato dal Comune di Latina in affitto, con patto di futura vendita, con contratto del 15 dicembre 1959, rep. n. 13.121, in favore del loro dante causa COGNOME NOME; b ) condannare i convenuti COGNOME
Canale al rilascio immediato del bene, oltre al risarcimento dei danni.
Si costituivano in giudizio COGNOME Bruno e COGNOME i quali contestavano la fondatezza, in fatto e in diritto, delle domande proposte e -in via riconvenzionale -chiedevano che fosse accertata la loro proprietà del cespite, in forza dell’atto di acquisto del 15 dicembre 1979, come convalidato dalla sentenza passata in giudicato del Tribunale di Latina n. 930/2013, e -in via ulteriormente gradata -che fosse pronunciata la risoluzione del contratto preliminare concluso con COGNOME NOME per inadempimento del promittente venditore, con la condanna delle attrici alla restituzione delle somme corrisposte per il miglioramento del bene e al risarcimento dei danni.
Si costituiva in giudizio altresì il Comune di Latina, il quale eccepiva l’inammissibilità e/o improponibilità delle domande avversarie, in ragione della copertura di giudicato intervenuto tra le stesse parti, di cui alla sentenza n. 930/2013, e -in ogni caso -l’infondatezza delle pretese, per avere il COGNOME perso il diritto oggetto di causa, non avendo rispettato le condizioni stabilite dall’art. 9 dell’originario contratto stipulato e, in specie, avendo i vigili urbani accertato che l’immobile era occupato dai coniugi COGNOME –COGNOME.
Nel corso del giudizio era espletata consulenza tecnica d’ufficio.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 214/2012, depositata il 24 gennaio 2012, disponeva il trasferimento della proprietà del cespite individuato, in ragione della quota indivisa di 2/3, in favore di COGNOME NOME e COGNOME NOME,
nonché della quota indivisa di 1/3, in favore degli eredi contumaci di COGNOME Ida, ordinandone il rilascio immediato verso COGNOME e COGNOME; condannava altresì i beneficiari del trasferimento al pagamento, in favore di COGNOME e COGNOME, della somma di euro 23.247,63, a titolo di restituzione delle somme spese per i miglioramenti e le riparazioni eseguiti sull’immobile, mentre dichiarava l’inammissibilità di tutte le altre domande spiegate in via riconvenzionale.
2. -Con atto di citazione del 16 aprile 2012, proponevano appello avverso la sentenza di primo grado COGNOME e COGNOME, i quali lamentavano: 1) l’erroneo accoglimento della domanda di esecuzione in forma specifica dell’obbligo a contrarre, senza considerare che tale accoglimento sarebbe stato precluso dal passaggio in giudicato del rigetto della domanda di riscatto, di cui alla sentenza del Tribunale di Latina n. 930/1993; 2) l’indebita interpretazione della sentenza citata del Tribunale di Latina n. 930/1993, la quale non avrebbe pronunciato l’annullamento del contratto di compravendita manoscritto del 15 dicembre 1979, intervenuto tra i coniugi COGNOME/COGNOME e i coniugi COGNOME/COGNOME sicché esso sarebbe stato pienamente produttivo di effetti (nel corpo dello stesso motivo, era contestato che indebitamente sarebbe stata accolta la domanda di rilascio, la quale avrebbe presupposto il passaggio in giudicato della sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c., e che immotivatamente la domanda restitutoria e risarcitoria sarebbe stata limitata all’importo dovuto per le migliorie dell’immobile).
Si costituiva nel giudizio di impugnazione il Comune di Latina, il quale concludeva per l’accoglimento dell’appello principale e, in
via subordinata, instava per l’accoglimento dell’appello incidentale, con il quale chiedeva che fosse riformata la statuizione di accertamento della sua rinuncia ad avvalersi della clausola risolutiva espressa contemplata dall’art. 9 del contratto di affitto e di futura vendita (sulla non spettanza del diritto all’acquisto in difetto dell’attuale occupazione del cespite).
Si costituivano altresì separatamente in appello COGNOME NOME e COGNOME NOME, le quali chiedevano che l’appello principale e l’appello incidentale fossero disattesi.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Roma, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettava l’appello principale e l’appello incidentale spiegati e, per l’effetto, confermava integralmente la sentenza impugnata.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che la domanda di accertamento del diritto al riscatto dell’immobile, formulata nel primo giudizio conclusosi con la sentenza del Tribunale di Latina n. 930/1993, non era perfettamente sovrapponibile alla domanda di esecuzione in forma specifica proposta nell’odierno giudizio; b ) che, quand’anche si fosse potuto ritenere che la seconda domanda includesse la prima come presupposto e antecedente logico-giuridico, doveva rilevarsi che nessun accertamento giudiziale di tale presupposto era contenuto nella sentenza n. 930/1993, la quale, nel rigettare tutte le altre domande formulate da parte attrice, aveva motivato tale rigetto con argomentazioni di natura esclusivamente processuale, sicché detta pronuncia non poteva esplicare efficacia di giudicato in ordine all’accertamento della situazione di fatto e giuridica addotta dalla parte e
segnatamente sull’accertamento, in capo alle eredi COGNOME, della situazione di fatto e giuridica idonea a legittimare il riscatto dell’immobile, accertamento sul quale il Tribunale non si era mai pronunciato; c ) che, più specificamente, nella motivazione della citata sentenza il rigetto della domanda di accertamento della titolarità del diritto di riscatto, in capo alle eredi COGNOME, era stato giustificato esclusivamente alla stregua del fatto che, per effetto del decesso in corso di causa di Raccuja NOME, moglie di COGNOME NOME, era stata introdotta in giudizio una domanda di divisione ereditaria in realtà mai istruita; d ) che, con la medesima sentenza, era stata definitivamente accertata l’invalidità delle scritture intercorse tra i coniugi COGNOME/COGNOME e COGNOME/Canale del 15 dicembre 1979, con il conseguente rigetto della domanda di esecuzione in forma specifica formulata da questi ultimi, e -in particolare -era stata dichiarata la nullità del preliminare dattiloscritto per apocrifia della firma di COGNOME NOME ed era stato pronunciato l’annullamento della vendita con scrittura manoscritta per incapacità di intendere e di volere dello stesso COGNOME e per l’indisponibilità del bene in capo all’alienante; e ) che il fondamento della legittimazione delle attrici a richiedere la condanna al rilascio, benché non munite di titolo dominicale, doveva essere ravvisato proprio nella domanda ex art. 2932 c.c., atteso che l’accoglimento della domanda di esecuzione in forma specifica era funzionalmente connesso alla realizzazione dell’interesse al conseguimento del rilascio dell’immobile; f ) che la domanda di condanna al pagamento delle spese per le migliorie eseguite sull’immobile trovava il suo titolo nel fatto pacifico dell’occupazione del bene in favore dei coniugi COGNOME/COGNOME,
mentre la relativa individuazione e quantificazione erano avvenute in base alle risultanze dell’elaborato peritale; g ) che era in facoltà delle parti rinunciare alle clausole del contratto, com’era accaduto nel caso di specie, in forza della condotta assolutamente significativa di abdicazione ad avvalersi della clausola risolutiva a cura del Comune di Latina.
-Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, COGNOME Bruno, in proprio e quale erede di Canale Maria.
Hanno resistito con controricorso COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Sono rimasti intimati il Comune di Latina, in persona del suo legale rappresentante pro -tempore , COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, in qualità di erede di Canale Maria, e COGNOME NOME, in qualità di erede di Canale Maria.
4. -Le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2909 c.c. e 112 c.p.c., per avere la Corte di merito escluso che la domanda di esecuzione in forma specifica fosse coperta dal giudicato, per effetto della definitività della sentenza n. 930/1993 resa dal Tribunale di Latina tra le stesse parti.
Al riguardo, l’istante obietta che il rigetto della domanda di riscatto avrebbe precluso l’esecuzione in forma specifica del preliminare, posto che non si sarebbe trattato di una pronuncia in rito, ma che avrebbe statuito in senso negativo nel merito, come tale idonea a passare in cosa giudicata e divenuta ormai irretrattabile.
1.1. -Il motivo è infondato.
Premesso che la censura è stata articolata in chiave di mera valutazione antitetica alle risultanze della sentenza impugnata, e non già in senso proprio come vizio di violazione o di sussunzione di precise norme di legge, in ogni caso, si rileva, per un verso, che i fatti costitutivi e i petita delle due domande non sono esattamente sovrapponibili e, per altro verso, che -secondo la stessa ricostruzione del ricorrente -la sentenza n. 930/1993 del Tribunale di Latina non si è pronunciata sul merito della domanda di riscatto.
Sotto il primo profilo, le domande di riscatto e di esecuzione in forma specifica sono diverse per eterogeneità dei rispettivi presupposti costitutivi ( causae petendi ), oltre che dei petita , rispettivamente dichiarativo e costitutivo (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 30721 del 27/11/2018; Sez. 2, Sentenza n. 22494 del 26/10/2007; Sez. U, Sentenza n. 11334 del 17/05/2007; Sez. 2, Sentenza n. 13420 del 12/09/2003).
E segnatamente, in ordine agli alloggi di edilizia economica e popolare, il riscatto presuppone la maturazione dei requisiti in favore dell’assegnatario, in base ad un contratto di locazione, che abbia inoltrato la relativa richiesta, cui sia seguita l’accettazione da parte dell’istituto, con la comunicazione del prezzo di cessione
(cui lo stesso assegnatario abbia fatto tempestivamente fronte), mentre l’esecuzione in forma specifica postula la ricorrenza di un patto di futura vendita annesso all’assegnazione in detenzione qualificata, con la determinazione del prezzo (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4400 del 21/02/2017; Sez. 1, Sentenza n. 85 del 08/01/2007).
Quanto al secondo profilo, in base allo stesso assunto del ricorrente, che riporta il passaggio testuale della sentenza n. 930/1993 (a pag. 7), l’accertamento del diritto di riscatto, in favore delle sorelle COGNOME e nei confronti degli eredi di NOME deceduta nelle more di quel giudizio, quale moglie in seconde nozze di COGNOME NOME, in misura rispettivamente di 2/3 e 1/3, avrebbe introdotto in causa una domanda di divisione ereditaria, non istruita come tale, e che non avrebbe consentito la pronuncia nel merito, in ragione della mancanza di integrità del contraddittorio.
Si tratta, dunque, di una pronuncia in rito, che non ha efficacia preclusiva di giudicato sostanziale, poiché non ha accertato l’inesistenza dei presupposti per l’esercizio del riscatto.
2. -Con il secondo motivo il ricorrente si duole, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, c.p.c., della violazione e/o falsa applicazione dell’art. 81 c.p.c., con la conseguente nullità della pronuncia, per avere la Corte territoriale negato il difetto di legittimazione ad agire delle sorelle COGNOME, nei confronti dei coniugi COGNOME/COGNOME, in ordine alla pretesa di ottenere il rilascio del cespite, benché queste fossero prive di alcun titolo atto a consentire tale rivendicazione.
Ad avviso dell’istante, l’immobile sarebbe rimasto di proprietà del Comune di Latina fino al passaggio giudicato della sentenza di esecuzione in forma specifica, non ancora intervenuto, con l’effetto che, nelle more, sarebbe stato carente il titolo di legittimazione idoneo a giustificare l’esercizio della pretesa di rilascio, senza che la connessione tra le domande, oltretutto di diversa natura, potesse sanare il vulnus eccepito sin dalla genesi del giudizio.
2.1. -Il motivo è infondato.
Premesso che nella domanda ex art. 2932 c.c. non è implicita la richiesta di condanna al rilascio (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 25941 del 05/09/2023; Sez. 3, Sentenza n. 10875 del 28/06/2012; Sez. 3, Sentenza n. 12883 del 04/06/2009; Sez. 2, Sentenza n. 1616 del 07/04/1978), in ogni caso, a fronte della espressa domanda -correlata e conseguenziale -di condanna alla restituzione del bene, quale precipitato dell’accoglimento della domanda presupposta volta ad ottenere la produzione degli effetti traslativi cui le parti si erano obbligate, la pretesa di rilascio si configura come condanna funzionalmente collegata alla produzione dell’effetto traslativo, in forza di sentenza costitutiva, e dunque connotata da un rapporto di stretta sinallagmaticità con la domanda di esecuzione in forma specifica.
Con l’effetto che l’eventuale accoglimento di tale domanda collegata di condanna al rilascio diviene esecutivo solo per effetto del passaggio in giudicato della pronuncia costitutiva presupposta di esecuzione in forma specifica, con la contemporanea acquisizione dell’immobile al patrimonio del destinatario della pronuncia (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8693 del 03/05/2016; Sez.
3, Sentenza n. 4907 del 28/02/2011; Sez. U, Sentenza n. 4059 del 22/02/2010).
Ricorre, pertanto, la legittimazione ad agire per il rilascio della parte che abbia chiesto che si producano gli effetti del contratto traslativo non concluso, benché l’esecutività della condanna al rilascio sia postergata sino al passaggio in giudicato della presupposta pronuncia costitutiva e non possa essere, nelle more, fatta valere la provvisoria esecutività della condanna funzionalmente collegata ad una pronuncia costitutiva non ancora passata in cosa giudicata (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 12817 del 18/12/1997).
Tale legittimazione è collegata (e dipende), in una relazione di successione diacronica, all’acquisto della proprietà del bene per effetto dell’accoglimento della domanda di trasferimento coattivo ex art. 2932 c.c.
Né si frappongono ostacoli all’ammissibilità nel nostro ordinamento giuridico delle condanne condizionate ad un evento futuro ed incerto (nella fattispecie di una condanna subordinata al passaggio in giudicato della domanda presupposta di esecuzione in forma specifica), sempre che non siano richiesti ulteriori accertamenti in fatto da compiersi in un successivo giudizio di cognizione (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 19895 del 06/10/2015; Sez. 3, Sentenza n. 21013 del 12/10/2010; Sez. 3, Sentenza n. 16135 del 09/07/2009; Sez. 3, Sentenza n. 16621 del 19/06/2008; Sez. 3, Sentenza n. 12444 del 25/08/2003; Sez. 3, Sentenza n. 1934 del 10/02/2003).
Dunque, sussiste la legittimazione ad agire ex art. 81 c.p.c., poiché le attrici hanno fatto valere un diritto proprio (verso i terzi
detentori e non già verso il promittente alienante), sebbene subordinato al definitivo accoglimento della domanda pregiudiziale.
E ricorre altresì la titolarità attiva del diritto fatto valere, fondato sulla causa petendi rappresentata dal pregiudiziale accoglimento della domanda di esecuzione specifica dell’obbligo a concludere il contratto traslativo (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 325 del 08/02/1972).
3. -Con il terzo motivo il ricorrente contesta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c., per avere la Corte distrettuale riconosciuto la spettanza del solo rimborso delle spese per i miglioramenti eseguiti sull’immobile, negando la spettanza dell’importo dovuto a titolo di incremento del valore di mercato del bene, come accertato dal consulente tecnico d’ufficio, senza motivare sul rigetto di tale ulteriore pretesa.
Sul punto, il ricorrente assume che l’indagine tecnica svolta nel giudizio di primo grado avrebbe accertato che il valore dell’appartamento all’attualità ammontava ad euro 126.720,00, mentre, all’epoca dell’atto di vendita del 15 dicembre 1979, il valore era pari ad euro 53.935,59, con la conseguenza che la differenza di valore di mercato sarebbe stata pari ad euro 72.784,41, con il contestuale accertamento degli incrementi apportati dai coniugi COGNOME/COGNOME nella misura di euro 23.247,63 e dei lavori condominiali sostenuti per euro 1.579,68.
3.1. -Il motivo è inammissibile.
E tanto perché, in violazione dei principi di specificità e autosufficienza, il ricorrente non ha addotto a quale titolo
avrebbe potuto rivendicare il diritto a conseguire l’importo corrispondente all’incremento di valore del bene, determinato dal decorso del tempo, oltre al rimborso delle spese debitamente riconosciute per i miglioramenti attuati.
Ed invero, ai sensi dell’art. 1150, ultimo comma, c.c., l’indennità spettante per i miglioramenti eseguiti non avrebbe potuto consentire il cumulo della spesa sostenuta per la loro esecuzione e dell’importo corrispondente all’aumento di valore del cespite.
4. -In definitiva, il ricorso deve essere respinto.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla refusione, in favore delle controricorrenti, delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 3.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda