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Esclusione socio lavoratore: risarcimento e giudicato

Una lavoratrice, socia di una cooperativa, veniva esclusa dalla compagine sociale e di conseguenza licenziata. Dopo una prima causa per licenziamento illegittimo respinta, ne intentava una seconda per ottenere il risarcimento del danno derivante dall’illegittima esclusione come socia. I giudici di merito rigettavano la domanda, ritenendo che sulla questione si fosse formato il giudicato. La Corte di Cassazione ha invece accolto il ricorso, stabilendo che la domanda di risarcimento per l’illegittima esclusione socio lavoratore si fonda su una ‘causa petendi’ (ragione giuridica) diversa da quella per l’illegittimo licenziamento. Pertanto, non vi è giudicato e la lavoratrice ha diritto a un nuovo esame della sua richiesta di risarcimento.

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Esclusione Socio Lavoratore: Risarcimento Possibile Anche Dopo una Causa per Licenziamento

L’ordinanza in esame affronta un’importante questione relativa alla tutela del socio lavoratore di cooperativa, distinguendo nettamente le azioni legali esperibili in caso di cessazione del rapporto. Il caso riguarda una lavoratrice che, dopo aver perso una causa per licenziamento, ne ha intentata un’altra per i danni derivanti dall’illegittima esclusione socio lavoratore. La Corte di Cassazione chiarisce che si tratta di due domande distinte, basate su presupposti giuridici diversi, e che la reiezione della prima non impedisce l’accoglimento della seconda.

I Fatti di Causa: Dal Doppio Rapporto alla Doppia Azione Legale

Una socia lavoratrice di una cooperativa sociale riceveva la comunicazione di esclusione dalla compagine sociale, con conseguente e immediata risoluzione del rapporto di lavoro. La lavoratrice decideva di contestare tale atto su due fronti diversi:

1. Dinanzi al Giudice del Lavoro: impugnava il licenziamento, chiedendo la reintegra e il risarcimento del danno. La sua tesi era che il rapporto associativo fosse simulato e che si trattasse in realtà di un normale rapporto di lavoro subordinato.
2. Dinanzi al Giudice Ordinario (Sezione Imprese): impugnava la delibera di esclusione dalla cooperativa, chiedendo il risarcimento del danno per l’illegittima estromissione, quantificato nelle retribuzioni non percepite.

Il Giudice del Lavoro rigettava la domanda di reintegra. Successivamente, anche il Tribunale e la Corte di Appello rigettavano la domanda di risarcimento per l’esclusione, sostenendo che la questione fosse già stata decisa e coperta da giudicato per effetto della prima causa.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla tutela del socio lavoratore

La Suprema Corte ha ribaltato le decisioni dei giudici di merito, accogliendo il ricorso della lavoratrice. Il punto centrale della decisione è la distinzione fondamentale tra la causa petendi (la ragione giuridica della domanda) dell’azione contro il licenziamento e quella contro l’esclusione dalla cooperativa.

La Corte ha stabilito che i giudici di merito hanno commesso un errore nell’interpretare la domanda della lavoratrice e nel ritenere che vi fosse un giudicato. Le due azioni, sebbene collegate e miranti a un risultato economico simile (il recupero delle retribuzioni perse), sono giuridicamente autonome e non sovrapponibili.

Le Motivazioni: La Differenza tra le ‘Causae Petendi’

La motivazione della Corte si fonda su un principio cardine del diritto processuale: l’identificazione di una domanda giudiziale. I diritti di credito, come quello al risarcimento del danno, sono ‘eterodeterminati’, il che significa che sono definiti non solo da ciò che si chiede (petitum), ma anche e soprattutto dalla ragione per cui lo si chiede (causa petendi).

Nel caso specifico:

L’azione davanti al Giudice del Lavoro aveva come causa petendi* la simulazione del rapporto associativo. La lavoratrice sosteneva di essere una dipendente a tutti gli effetti e che il licenziamento era illegittimo in quel contesto.
L’azione davanti al Giudice Ordinario aveva come causa petendi* l’illegittimità della delibera di esclusione dalla cooperativa. Questa domanda, al contrario della prima, presuppone la validità e l’efficacia del rapporto associativo, ma ne contesta un atto specifico, ovvero l’estromissione.

Essendo le causae petendi diverse, la decisione sulla prima domanda (licenziamento) non può costituire giudicato sulla seconda (esclusione). Sono due diritti distinti che, pur potendo portare a una prestazione identica (risarcimento), nascono da fatti costitutivi differenti.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza offre importanti spunti di riflessione per i soci lavoratori e per le cooperative:

1. Autonomia delle Tutele: Il socio lavoratore gode di una doppia tutela, una legata al rapporto di lavoro e una al rapporto associativo. La cessazione del rapporto può essere impugnata sotto entrambi i profili, con azioni distinte.
2. Nessun Automatismo del Giudicato: La reiezione di una domanda di impugnazione del licenziamento non preclude automaticamente un’azione volta a far dichiarare illegittima l’esclusione dalla base sociale e a ottenere il relativo risarcimento.
3. Corretta Impostazione della Domanda: È cruciale per il lavoratore e il suo legale identificare correttamente la causa petendi su cui fondare la propria azione. Un’errata interpretazione da parte del giudice può essere contestata in Cassazione, come avvenuto in questo caso.

In conclusione, la Corte di Cassazione ha riaffermato che l’analisi del giudicato deve essere rigorosa e attenta a non confondere domande che, sebbene simili nell’obiettivo economico, poggiano su fondamenta giuridiche diverse. La lavoratrice avrà quindi diritto a un nuovo giudizio di merito che valuti, questa volta senza l’ostacolo del presunto giudicato, la legittimità della sua esclusione dalla cooperativa.

Qual è la differenza tra una domanda per licenziamento illegittimo e una per illegittima esclusione da una cooperativa?
La domanda contro il licenziamento illegittimo si basa sulla violazione delle norme che regolano il rapporto di lavoro subordinato. La domanda contro l’esclusione illegittima si basa invece sulla violazione delle norme statutarie o di legge che regolano il rapporto associativo all’interno della cooperativa. Le ragioni giuridiche (causae petendi) sono distinte.

Una sentenza che respinge la richiesta di risarcimento per licenziamento impedisce di chiedere un risarcimento per illegittima esclusione da socio?
No. Secondo la Corte di Cassazione, una sentenza negativa sul licenziamento non forma un ‘giudicato’ che impedisce di agire per il danno derivante dall’illegittima esclusione. Poiché le cause legali si fondano su presupposti giuridici diversi, possono essere portate avanti separatamente.

Cosa ha deciso la Corte di Cassazione in questo caso?
La Corte ha accolto il ricorso della lavoratrice, annullando la sentenza della Corte d’Appello. Ha stabilito che i giudici di merito avevano erroneamente ritenuto che sulla domanda di risarcimento per l’esclusione si fosse formato un giudicato. Il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello per una nuova valutazione nel merito della domanda della lavoratrice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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