Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15425 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 15425 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 10/06/2025
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 11710/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME COGNOME -ricorrente- contro
COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– ricorrente incidentale-
Avverso la sentenza della C orte d’appello di GENOVA n. 1492/2018 depositata il 04/10/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Il Tribunale di Genova, con sentenza non definitiva, dichiarò, pronunciando sulla domanda di divisione formulata da NOME COGNOME, che l’immobile sito in Comune di Vobbia, frazione Alpe era di esclusiva proprietà di Serra Carlo, non essendo caduto nella comunione dei beni e respinse la domanda di divisione dello stesso. Dichiarò, inoltre, che l’immobile sito in Genova INDIRIZZO, essendo caduto nella comunione dei beni, era di proprietà anche di NOME COGNOME.
Si evidenziò come la separazione tra i coniugi fosse intervenuta nel 1998 sicché gli immobili acquistati, rispettivamente, nel 1983 e nel 1990, erano certamente parte della comunione legale.
2.Con particolare riferimento all’acquisto effettuato nel 1983 si osservò , tuttavia, che la COGNOME fosse parte venditrice nell’atto di talché tale circostanza dovesse considerarsi equivalente, quanto agli effetti, alla dichiarazione di cui all’art. 179, comma 2, c.c.
Ossia tale circostanza integrava una confessione dell’uso personale del bene per essere l’COGNOME venditrice e costituiva la manifestazione di volontà adesiva a tale uso.
Non vi erano elementi di prova di segno contrario, sicché doveva escludersi la sua appartenenza dell’immobile alla comunione legale.
3.In relazione all’acquisto del 1990 si respinse l’eccezione del convenuto secondo cui si sarebbe trattato di una donazione indiretta paterna essendo provato che la somma conferita dal padre era ben inferiore a quella complessivamente dovuta per l’acquisto del bene.
4.La decisione fu oggetto di appello da parte del COGNOME che venne parzialmente accolto, mentre venne respinto l’appello incidentale della COGNOME.
Per quel che rileva in questa sede, fu evidenziato come, in relazione all’immobile sito in Vobbia, dovesse confermarsi la statuizione di non appartenenza del bene alla comunione fatta dal giudice di primo grado.
Si osservò (aderendo al ragionamento effettuato dal giudice di primo grado) al riguardo che la odierna ricorrente avesse partecipato all’atto in qualità di uno dei venditori e che ciò, pur in assenza di una dichiarazione esplicita da parte del Serra, dovesse considerarsi come equivalente alla dichiarazione resa ai fini dell’art. 179, comma 2, c.c. ed integrasse gli estremi di una confessione all’uso personale.
Nessun elemento di prova era stato fornito in punto di uso non personale del bene; il giudice osservò che ‘ il fatto che COGNOME non abbia effettuato alcuna dichiarazione di voler acquistare l’immobile per uso strettamente personale con denaro proprio e che la COGNOME abbia partecipato all’atto nella qualità di comproprietaria di un sesto non paiono circostanze rilevanti proprio in considerazione del ruolo contrapposto che le odierne parti hanno avuto nell’atto. Appare in realtà poco conforme alla logica ipotizzare, senza alcun altro elemento concreto su cui fare affidamento che chi assume la qualità di venditore voglia in realtà acquisire per effetto dell’istituto della comunione legale. Neppure appare convincente l’ipotesi di un’acquisizione delle altre quote, con esclusione della sua, in mancanza di esplicita dichiarazione e comunque perché procedura alquanto contorta rispetto alla più semplice cessione delle sole quote di comproprietà dei terzi. Il silenzio manifestato di fronte a questa problematica appare altamente significativo della volontà di cedere, escludendo cioè dalla comunione l’immobile acquistato dal marito ‘.
5.NOME COGNOME venne condannata, sulla scorta di quanto sancito da Cass. n. 10896 del 2005 (in tema di debenza dei frutti civili da parte del coniuge rimasto nel possesso dei beni dopo lo scioglimento della comunione), al pagamento pro quota in favore di NOME COGNOME dei frutti civili per il godimento dell’abitazione sita in INDIRIZZO in via esclusiva, a decorrere dalla data del provvedimento di revoca dell’assegnazione della casa coniugal e nonché del 50% di quanto da lui corrisposto a titolo di imposte e tasse sulla casa in INDIRIZZO
6.Avverso la prefata decisione ricorre NOME COGNOME con due motivi. Resiste con controricorso e propone ricorso incidentale affidato ad un motivo NOME COGNOME In prossimità dell’udienza è stata depositata memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1 .Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1148, 1102, 192 e 194 c.c. Sarebbe illegittimo il riconoscimento pro quota dei frutti civili a compenso dell’uso diretto da parte di un comproprietario del bene comune, costituendo ciò in realtà espressione del diritto dominicale salvo l’obbligo di non alterarne la destinazione economica. Con la stessa
censura si chiede in subordine che i frutti siano dovuti dal giorno della domanda.
2 .Con la seconda censura del ricorso principale ci si duole della violazione dell’art. 179 comma 2 c.c. Sarebbe stato violato l’obbligo che, per essere beni personali, per gli immobili acquistati dopo il matrimonio, la loro esclusione dalla comunione legale debba risultare dall’atto di acquisto se di esso sia stato parte anche l’altro coniuge, ancorché risulti essere stato tra i venditori in detto atto. Ci si duole inoltre della violazione dell’art. 2729 c.c. Secondo la Oberti, pertanto, in assenza di una dichiarazione espressa, l’immobile ceduto al Serra, sito in Vobbia, località Alpe, dovrebbe rientrare nella comunione legale ed essere oggetto di divisione.
3 .Passando al ricorso incidentale, NOME COGNOME impugna la decisione per violazione dell’art. 191 comma 2 c.p.c. per aver statuito che l’immobile sito in Genova in INDIRIZZO fosse caduto in comunione, essendo intervenuta la separazione tra le parti a seguito del passaggio in giudicato della sentenza nel 1998. Troverebbe applicazione nella specie l’art. 191, come modificato dalla l. n. 55 del 2015, e quindi lo scioglimento della separazione andrebbe anticipato, come previsto dal nuovo testo della citata norma, con l’ordinanza con la quale i coniugi sono autorizzati a vivere separati, ordinanza pronunciata nella specie il 13 giugno 1989. La disposizione, infatti, prevede che le disposizioni di cui agli artt. 1 e 2 si applica ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge, anche nei casi in cui il procedimento di separazione che ne costituisce il presupposto risulti ancora pendente alla medesima data.
4 . Il Collegio rileva che il vaglio della questione posta con il secondo motivo del ricorso principale implica apprezzamenti nomofilattici. Si ravvisa, dunque, l’opportunità che l’esame della questione sopra evidenziata al punto 2 avvenga all’esito di udienza pubblica che, nell’attuale assetto del giudizio di legittimità, costituisce il ‘luogo’ privilegiato nel quale devono essere assunte, in forma di sentenza e mediante più ampia e diretta interlocuzione tra le parti e tra queste e il P.M., le decisioni con peculiare rilievo di diritto (v. Cass. n. 6274/2023; Cass. n. 19115/2017).
P.Q.M.
La Corte rinvia la causa in pubblica udienza. Si comunichi. Così deciso in Roma, il 10/04/2025.