Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 13216 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 13216 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/05/2025
SENTENZA
sul ricorso n. 13465/2024 R.G. proposto da:
DI NOMECOGNOME c.f. DFLNGL59P16G282Q, DI NOMECOGNOME c.f. DFLGLN61R30G282N, DI NOMECOGNOME c.f. DFLLGU57M28G282P, DI NOME, c.f. DFLNGL63R63G282O, DI NOME, c.f. DFLSLV70R46G282X, DI NOME c.f. DFLMRA67C56G282D, DI NOME, c.f. DFLGPP65L52G282U, DI NOME, c.f. DFLSVT68R24A089F, COGNOME NOME, c.f. SCRPTR37S69G282P, NOME, c.f. MZZGPP66A27G282Z, NOME c.f. MZZNNT69A48G282I, NOME c.f. MZZNGL71M28G282E, NOME, c.f. MZZFNC77L16G282F, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME
ricorrenti
contro
NOMECOGNOME c.f. CPTFBA53B261824G, NOME COGNOME c.f. CPTLSN50B27G273K, COGNOME NOMECOGNOME CMNLRS25A64B486D, NOME COGNOME
OGGETTO:
revocazione ex
art. 391-bis c.p.c.
RG. 13465/2024
P.U. 8-5-2025
CPTLRD51E231824W, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME controricorrenti
nonché nei confronti di
PALUMBO VENERA, COMPARATO COGNOME, COMPARATO COGNOME, COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME
intimati avverso l’ordinanza n. 1317/2024 della Corte Suprema di Cassazione -seconda sezione civile depositata il 12-1-2024,
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 8-5-2025 dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME il quale ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità del ricorso,
uditi gli avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME per i ricorrenti e gli avv.
NOME COGNOME e NOME COGNOME per i controricorrenti
FATTI DI CAUSA
1.Con ordinanza n.1317/2024 pubblicata il 12-1-2024 la Corte Suprema di Cassazione, seconda sezione civile, ha rigettato il ricorso proposto da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso la sentenza non definitiva n. 1368/2017 della Corte d’appello di Palermo; specificamente, l’ordinanza ha rigettato i primi due motivi di ricorso e ha ritenuto l’inammissibilità dei successivi cinque motivi di ricorso avverso la sentenza impugnata n. 1368/2017 del la Corte d’appello di Palermo che, in riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato la falsità del testamento pubblico di NOME COGNOME ricevuto il 244-1981 dal notaio NOME COGNOME nella parte in cui ha affermato che il
testatore aveva esposto al notaio le sue volontà alla presenza dei testimoni.
2. Avverso l’ordinanza gli originari ricorrenti NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e, quali eredi di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per revocazione ex artt. 391-bis cod. proc. civ. e 395 n. 4 cod. proc. civ., sulla base di unico motivo per la fase rescindente; hanno riproposto per la fase rescissoria i cinque motivi di ricorso dichiarati inammissibili dall’ordinanza n. 1317/2024 , con riguardo alla cui decisione, secondo la loro tesi, si era verificato l’errore revocatorio.
Hanno resistito con unico controricorso NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME.
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME sono rimasti intimati.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ex artt. 380bis.1 e 375 co. 2 n. 4-ter cod. proc. civ. e per l’udienza fissata il Pubblico Ministero ha depositato memoria con le sue conclusioni e hanno depositato memoria illustrativa entrambe le parti; con ordinanza interlocutoria n. 32823/2024 emessa all’esito della camera di consiglio del 4-12-2024 la causa è stata rimessa alla decisione in pubblica udienza ai sensi dell’art. 375 co. 1 cod. proc. civ. e, fissata la pubblica udienza per la data 8-5-2024, nei termini di cui all’art. 378 cod. proc. civ. entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente si dà atto che, in ragione dell’esito del giudizio, non si pone questione sulle modalità di esecuzione della notificazione del ricorso per cassazione alle parti rimaste intimate -in particolare per
NOME COGNOME non si rinviene in atti l’avviso di ricevimento della notificazione eseguita a mezzo posta-, in applicazione del principio sulla ragionevole durata del processo, che impone di evitare condotte che ostacolino una sollecita definizione del giudizio, tra le quali rientrano quelle che si traducono in un inutile dispendio di attività processuale, non giustificata dalla struttura dialettica del processo; ingiustificata sarebbe nella fattispecie la fissazione di termine per rinnovare le notifiche che non risultassero andate a buon fine, in quanto la fissazione di tale termine si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione, senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti (Cass. Sez. 1 11-3-2020 n. 6924 Rv. 657479-01, Cass. Sez. 6-3 17-6-2019 n. 16141 Rv. 654313-01, Cass. Sez. 2 21-5-2018 n. 12515 Rv. 648755-01).
2. Con l’unico motivo di ricorso i ricorrenti sostengono che l’ordinanza impugnata sia frutto di una serie di errori revocatori che affliggono la decisione sui loro motivi di ricorso dal terzo al settimo, dichiarati inammissibili.
In primo luogo, i ricorrenti lamentano che, con riguardo al terzo, quarto e settimo motivo di ricorso , l’ordinanza abbia dichiarato che era stata omessa l’indicazione delle ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrandone la diversità come richiesto nell’ipotesi di ‘doppia conforme’ dall’art. 348 -ter cod. proc. civ.; ciò in quanto la sentenza d’appello aveva riformato la sentenza di primo grado e quindi non si verteva in ipotesi di ‘doppia conforme’; evidenziano che, in ragione dell’errore revocatorio, non sono stati esaminati i motivi quarto, sesto e settimo, con i quali era stato dedotto l’omesso esame di fatto decisivo. Aggiungono che il terzo motivo di ricorso deduceva violazione di legge; lamentano che nella motivazione dell’ordinanza non si faccia
cenno né al quinto motivo, con il quale si era dedotta l’apparenza e intrinseca contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata, né al sesto motivo di ricorso.
3.Osserva la Corte come siano ampiamente acquisiti, anche alla luce delle pronunce delle Sezioni Unite, i principi in tema di revocazione ex art. 391-bis cod. proc. civ. dei provvedimenti della Corte di cassazione, secondo i quali l’errore rilevante ai sensi dell’art. 395 n. 4 cod. proc. civ.:
a)deve consistere nell’erronea percezione dei fatti di causa che abbia indotto la supposizione dell’esistenza o dell’inesistenza di un fatto, la cui verità è incontestabilmente esclusa o accertata dagli atti di causa (sempre che il fatto oggetto dell’asser ito errore non abbia costituito terreno di discussione delle parti);
b)non può concernere l’attività interpretativa e valutativa;
c)deve possedere i caratteri dell’evidenza assoluta e dell’immediata rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti di causa, senza necessità di argomentazioni induttive o di particolari indagini ermeneutiche;
d)deve essere essenziale e decisivo, nel senso che tra la percezione erronea e la decisione revocanda deve esistere un nesso causale tale da affermare con certezza che, ove l’errore fosse mancato, la pronuncia avrebbe avuto un contenuto diverso;
e)deve riguardare solo gli atti interni al giudizio di cassazione e incidere unicamente sulla pronuncia della Corte e non sul contenuto della decisione (Cass. Sez. U 19-7-2024 n. 20013 Rv. 671759-01).
In ordine al requisito della decisività dell’errore, derivante dalla natura straordinaria del rimedio e dall’esigenza di stabilità del giudicato, la decisività non sussiste quando il provvedimento impugnato trovi fondamento anche in ulteriori e autonome rationes decidendi, rispetto alle quali non sia contestato errore percettivo (Cass.
Sez. 3 14-2-2022 n. 4678 Rv. 664195-01, Cass. Sez. 1 31-10-2017 n. 25871 Rv. 646006-01).
Invece, non costituiscono vizi revocatori delle sentenze della Suprema Corte ex artt. 391bis e 395 n. 4 cod. proc. civ. né l’errore di diritto sostanziale o processuale né l’errore di giudizio o di valutazione, per la scelta del legislatore finalizzata ad assicurare la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici, nonché l’ordinata amministrazione della giustizia, esigenze che la giurisprudenza europea e quella costituzionale riconoscono necessario tutelare (Cass. Sez. U 11-4-2018 n. 8984 Rv. 648127-02, Cass. Sez. U 27-12-2017 n. 30994 Rv. 646963-01, Cass. Sez. U 28-5-2013 n. 13181 Rv. 626610-01).
Con specifico riguardo alla revocazione per omessa pronuncia su uno o più motivi di ricorso, si aggiunge che l’impugnazione per revocazione delle sentenze della Corte di Cassazione è ammessa nell’ipotesi di errore commesso nella lettura degli atti interni al giudizio di legittimità; tale errore presuppone l’esistenza di divergenti rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti una dalla sentenza e l’altra dagli atti e documenti di causa; ne consegue che è esperibile la revocazione per l’errore di fatto in cui sia incorso il giudice di legittimi tà che non abbia deciso su uno o più motivi di ricorso; invece, il vizio revocatorio deve essere escluso tutte le volte in cui la pronuncia sul motivo sia effettivamente intervenuta, anche se con motivazione che non abbia preso specificamente in esame alcune delle argomentazioni svolte come motivi di censura del punto, perché in tal caso è dedotto non un errore di fatto -quale svista percettiva immediatamente percepibilebensì una errata considerazione e interpretazione dell’oggetto di ricorso e, quindi, un errore di giudizio (Cass. Sez. U 2711-2019 n. 31032 Rv. 656234-01, Cass. Sez. 6-3 15-2-2018 n. 3760 Rv. 647695-01, Cass. Sez. 2 12-5-2011 n. 10466 Rv. 617919-01). Quindi, l’errore di fatto revocatorio ai sensi dell’art. 395 n. 4 cod. proc.
civ. sussiste nel caso in cui il mancato esame di uno dei motivi di ricorso sia avvenuto nell’erronea supposizione, conseguente a una svista, dell’inesistenza del motivo stesso (Cass. Sez. L 13 -12-2016 n. 25560 Rv. 642243-01); non sussiste tale errore di percezione ove la Corte, pur non esplicitando il riferimento di una determinata valutazione a ben individuati motivi di ricorso, tuttavia fondi la decisione su una costruzione logico-giuridica incompatibile con quei motivi, tale che in questa restino assorbite anche le questioni poste dai motivi apparentemente trascurati (Cass. Sez. 3 4-8-2017 n. 19510 Rv. 645388-01).
4.Procedendo alla disamina del motivo di ricorso per revocazione alla luce dei principi esposti, si premette che l’ordinanza impugnata, da pag. 3 a pag. 6 in alto, ha esaminato il primo motivo di ricorso, esponendone in breve al punto 1.1 il contenuto e svolgendo al punto 1.2 le ragioni sulle quali ha fondato la statuizione di infondatezza. Di seguito, da pag. 6 in alto a pag. 11 in alto, ha esaminato il secondo motivo di ricorso, esponendone in breve al punto 2.1 il contenuto e trattando di seguito al punto 2.2 le ragioni sulle quali ha fondato la statuizione di infondatezza.
Di seguito, per quanto rileva in relazione alle doglianze dei ricorrenti, da pag. 11 in alto fino al termine di pag. 12, l’ordinanza ha esposto brevemente il contenuto dei motivi dal terzo al settimo, rispettivamente ai punti 3, 4, 5, 6 e 7 e dall’inizio di pag. 13 alla fine di pag. 14 -al punto 8- ha esaminato tali motivi congiuntamente. Infatti, l’ incipit del punto 8, a pag. 13 in alto, è testualmente: « I motivi, da trattare congiuntamente in quanto strettamente connessi, sono inammissibili ». Di seguito l ‘ordinanza ha esposto le ragioni della dichiarata inammissibilità, anche richiamando i precedenti di legittimità ai quali ha dato continuità, con riguardo al principio secondo il quale il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali non
dà luogo ad alcun vizio denunciabile con ricorso per cassazione, non essendo il vizio inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ., che attribuisce rilievo all’omesso esame di fatto storico, né ne l vizio di cui all’art. 360 co. 1 n. 4 cod. proc. civ., che dà rilievo all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante; ha aggiunto che la contestazione della persuasività del ragionamento del giudice di merito attiene alla sufficienza della motivazione, non censurabile ex art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. e che il ricorso per cassazione non poteva rimettere in discussione la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie concreta operate dai giudici di merito, trattandosi si accertamento di fatto, precluso in sede di legittimità, ugualmente richiamando i relativi precedenti; di seguito, ha rilevato che spettava al giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento, assumere e valutare le prove. Quindi ha dichiarato, testualmente: « Con le censure proposte, invece, le ricorrenti, anche sotto l’apparente sussunzione nella fattispecie di cui al n. 3 dell’art. 360, pretendono di rimettere in discussione la valutazione del compendio probatorio scelto e valutato dai giudici di merito, sollecitando una rivisitazione nel merito dello stesso, preclusa alla Corte di legittimità ». Infine, con l’ultimo periodo ha affermato « Peraltro, con riferimento al terzo, quarto e settimo motivo, i ricorrenti hanno del tutto omesso di indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello , dimostrando che esso sono tra loro diverse, come previsto nell’ipotesi di c.d. ‘doppia conforme’ dall’art. 348 -ter, quinto comma, cod. proc. civ., onde evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, primo comma, n. 5 , cod. proc. civ… ».
4.1. Con questo contenuto l’ordinanza impugnata non è incorsa in errore revocatorio per non avere esaminato un qualche motivo di
ricorso per una svista che abbia comportato l’erronea supposizione dell’inesistenza del motivo. Infatti, in primo luogo l’ordinanza ha dimostrato di avere esattamente percepito il contenuto del ricorso per cassazione, che conteneva anche i motivi dal terzo a settimo, dei quali ha esposto il contenuto. Di seguito, nell’ incipit del punto 8, ha dichiarato che i motivi erano da trattare congiuntamente in quanto strettamente connessi ed erano inammissibili; l’affermazione della trattazione congiunta dei motivi in ragione della loro connessione in sé esclude che sia stata omessa la disamina di un qualche motivo, in quanto la Corte ha espresso il concetto -risultato della sua attività valutativa del contenuto del ricorso- che le questioni logico-giuridiche oggetto dei motivi, per il loro contenuto, consentissero una trattazione unitaria.
Di seguito l’ordinanza ha proceduto alla disamina unitaria dei motivi, nel senso che ha esposto le ragioni che giustificavano la dichiarazione di inammissibilità; ha dimostrato di avere presente che vi erano motivi svolti ai sensi del n. 5 dell’art. 360 co.1 cod. proc. civ., in quanto ha dichiarato che tale motivo non poteva essere proposto deducendo il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove; ha altresì dimostrato di avere presente che motivo era proposto ai sensi del n. 4 dell’art. 360 c o. 1 cod. proc. civ. per vizio della motivazione, in quanto ha esposto che l’ anomalia di motivazione era rilevante solo in caso di violazione di legge costituzionalmente rilevante e non era più censurabile , secondo il nuovo parametro dell’art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ., l ‘in sufficienza della motivazione; ha dimostrato di essere consapevole che i ricorrenti avevano proposto motivi pure ai sensi del n. 3 dell’art. 360 co. 1 cod. proc. civ., in quant o ha dichiarato che, anche sotto l’apparente sussunzione in quella fattispecie, i ricorrenti pretendevano di rimettere in discussione la valutazione del compendio probatorio.
A fronte di questo contenuto della pronuncia, le ragioni dei ricorrenti non sono idonee a fare emergere errore revocatorio, che in effetti è inesistente; le ragioni sono in sostanza finalizzate a sostenere che la motivazione avrebbe dovuto essere svolta analiticamente con riguardo a ciascun motivo, esaminando le singole deduzioni, sulla base del l’implicito presupposto che, se ciò fosse stato fatto, il ricorso sarebbe stato accolto. Al contrario , l’ordinanza non ha preso in esame i singoli profili svolti nei cinque motivi trattati unitariamente proprio per il fatto che ha dichiarato, con valutazione che rimane estranea al perimetro del giudizio di revocazione, l’inammissibilità dei motivi in quanto finalizzati a rimettere complessivamente in discussione la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie concreta operate dai giudici di merito, e ciò con riferimento ai motivi proposti sia ai sensi del n.3, che del n. 4 e del n. 5 dell’art. 360 co. 1 cod. proc. civ. E’ evidente che il giudizio di revocazione, dovendosi svolgere nei limiti sopra esposti, non possa essere strumentalmente utilizzato per sostenere -in sostanzache la motivazione del provvedimento revocando avrebbe dovuto essere più analitica e così ottenere una nuova disamina dei motivi di ricorso.
4.2. Si impone l’ulteriore rilievo che n essuno degli argomenti dei ricorrenti è utile a ritenere che vi possa essere stato nell’ordinanza impugnata un qualche errore di percezione, non emergente dal contenuto della pronuncia per il fatto che la stessa non esplicita una valutazione analitica dei singoli profili di censura dedotti dai ricorrenti. Infatti, con il terzo motivo di ricorso i ricorrenti lamentavano che la Corte d’appello non avesse considerato la dichiarazione del notaio COGNOME secondo la quale ‘i testi erano presenti al momento della redazione e della lettura del testamento’ . Al contrario, la sentenza n. 1368/2017 della Corte d’appello di Palermo a pag. 7, laddove ha riportato le dichiarazioni della teste COGNOME ha riportato anche quella
frase (ultima riga di pag.7), così dimostrando che la Corte d’appello aveva letto il verbale nel suo esatto contenuto e non fraintendendo le frasi cancellate; prima, a pag. 6 la sentenza ha riportato testualmente le dichiarazioni del notaio anche in ordine al fatto che il testamento era stato redatto in una stanza alla presenza di numerosi parenti, alcuni al di là di un drappo che consentiva di sentire perfettamente cosa avveniva; poi, a pag. 9 la sentenza ha fatto riferimento alla frase cancellata nel verbale delle dichiarazioni rese dal notaio esclusivamente per evidenziare l’atteggiamento di prudenza del notaio nel rendere la testimonianza. La circostanza che di seguito la sentenza abbia ricostruito i fatti nel senso di giungere alla conclusione che non era stato provato che i testimoni indicati nel testamento fossero presenti nel momento in cui il notaio aveva raccolto la volontà del testatore è il risultato di quella valutazione delle risultanze probatorie spettante al giudice di merito ed estraneo al sindacato di legittimità, come dichiarato dall’ordinanza impugnata.
Ugualmente, con il quarto motivo di ricorso i ricorrenti lamentavano ex art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. che la Corte d’appello non avesse considerato che tutte le persone presenti avevano sentito le ultime volontà espresse dal testatore. Al contrario, la sentenza della Corte d’appello a pag. 8 ha espressamente dichiarato che , nel momento in cui il cugino del testatore manifestava il suo disappunto per il fatto che il terreno sul quale era installato il campeggio era destinato a COGNOME, il notaio faceva allontanare i presenti dalla stanza da letto del testatore. Quindi, la sentenza aveva considerato anche la circostanza alla quale si riferiva il terzo motivo, con la conseguenza che non era configurabile l’omesso esame di fatto decisivo , come è stato dichiarato dall’ordinanza impugnata laddove ha evidenziato che l’art. 360 co. 1 n. 5 « attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico» .
Inoltre, con il quinto motivo i ricorrenti avevano lamentato l’apparenza della motivazione, per non essere stata esaminata la dichiarazione del notaio sulla presenza dei testimoni al momento della stesura e della lettura del testamento. Diversamente, come già esposto, la Corte d’appello ha considerato quella dichiarazione perché l’ha riportata a pag. 7 della sentenza e di seguito, anche sulla base di quella dichiarazione, ha ricostruito l’andamento dei fatti, che poi ha dichiarato trovare conferma nelle dichiarazioni rese dal notaio al Procuratore della Repubblica . Quindi, come dichiarato nell’ordinanza impugnata, si rimaneva nell’ambito della contestazione della persuasività del ragionamento del giudice di merito in ordine alla valutazione delle risultanze istruttorie, aspetto attinente alla sufficienza della motivazione non censurabile in sede di legittimità secondo il nuovo parametro dell’art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ .
Ancora, con il sesto motivo i ricorrenti avevano lamentato il difetto di una indagine sulla valenza probatoria delle dichiarazioni del notaio al Pubblico Ministero e avevano dedotto l’efficacia privilegiata del testamento pubblico. Al contrario, a pag. 7 e a pag. 9 la sentenza della Corte d’appello aveva considerato anche le dichiarazioni del notaio al Procuratore della Repubblica e quindi, come dichiarato dall’ordinanza impugnata, gli argomenti non potevano valere per rimettere in discussione la valutazione del compendio probatorio eseguito dal giudice di merito sollecitandone una rivisitazione, preclusa in sede di legittimità.
Infine, con il settimo motivo i ricorrenti avevano lamentato la mancata disamina delle dichiarazioni rese dai testimoni COGNOME e COGNOME in ordine al fatto che entrambi i testi avevano dichiarato che il notaio trascriveva quella che era la volontà del testatore; al contrario, è evidente che, nel momento in cui la Corte d ‘appello ha ricostruito l’andamento dei fatti, sulla base delle dichiarazioni del notaio, nel senso
di escludere che i testimoni fossero presenti nel momento in cui il testatore manifestava la sua volontà al notaio, non aveva ragione di procedere alla disamina analitica delle dichiarazioni di quei due testimoni. Quindi anche sotto questo profilo si rimane, come esposto nell’ordinanza impugnata, nell’ambito dell’esercizio del potere spettante al giudice di merito di individuazione e di scelta delle fonti del proprio convincimento, con facoltà di escludere anche con giudizio implicito la rilevanza di una prova.
4.3.Diverse considerazioni si impongono con riguardo all’affermazione dell’ordinanza impugnata (pag.14) in ordine al fatto che con riferimento ai motivi terzo, quarto e settimo i ricorrenti avevano omesso di indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e della sentenza di appello, come previsto nell’ipotesi di c.d. ‘doppia conforme’ dall’ art. 348-ter co. 5 cod. proc. civ. ratione temporis vigente per evitare l’inammissibilità del motivo ex art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. L’af fermazione è realmente affetta dall’errore di fatto lamentato dai ricorrenti, perché è stato evidentemente frutto di svista ritenere che la sentenza d’appello impugnata avesse confermato la sentenza di primo grado; ciò, dopo che la stessa ordinanza -pagg. 2 e 3- aveva dichiarato che il Tribunale di Agrigento con sentenza n. 402/2011 aveva rigettato la querela di falso avverso il testamento pubblico e la Corte d’appello con sentenza n. 1368/2017 aveva riformato la sentenza di primo grado, dichiarando la falsità del testamento nella parte in cui affermava che il testatore aveva esposto al notaio le sue volontà alla presenza dei testimoni.
Tale errore è esistente, ma non può essere qualificato come errore revocatorio, in quanto è carente del requisito dell’essenzialità e decisività. Infatti, nell’ordinanza impugnata tutta la precedente motivazione è stata diffusamente svolta al fine di evidenziare l’inammissibilità dei cinque motivi in quanto involgenti l’apprezzamento
delle prove riservato al giudice di merito; la trattazione congiunta ha riguardato tutti e cinque i motivi e perciò anche i tre motivi con riguardo ai quali è stata aggiunta la notazione di inammissibilità per ‘doppia conforme’ . Se nella lettura dell’ordinanza si eliminano le tredici righe di pag. 1 4 affette dall’errore , la motivazione risulta ugualmente compiuta, in quanto sono le osservazioni precedenti che svolgono in modo comprensibile il ragionamento a sostegno della dichiarazione di inammissibilità dei cinque motivi di ricorso. L ‘ultima notazione -introdotta da « Peraltro», che nel contesto indica una argomentazione aggiuntiva- in concreto non aggiunge alcunché di decisivo; ciò in quanto la notazione è finalizzata a indicare una ulteriore causa di inammissibilità di quei tre motivi di ricorso, dopo che tutti e cinque i motivi sono già stati ritenuti inammissibili per le distinte ragioni, in sostanza riferite al fatto che tutti gli argomenti erano finalizzati a sollecitare una complessiva rivalutazione nel merito del materiale probatorio. Quindi, essendo le precedenti ragioni in sé pienamente sufficienti a fondare la dichiarazione di inammissibilità, manca il nesso causale tra la percezione erronea che inficia l’ulteriore profilo di inammissibilità e la decisione revocanda; cioè, manca l’elemento necessario al fine di affermare che, ove l’errore fosse mancato, la pronuncia avrebbe avuto un contenuto diverso ed è, al contrario, evidente che, seppure l’affermazione erronea non vi fosse stata, la pronuncia sarebbe stata la medesima.
5.Per le ragioni esposte il ricorso è dichiarato inammissibile e, in applicazione del principio della soccombenza, i ricorrenti sono condannati alla rifusione a favore dei controricorrenti delle spese del presente giudizio, in dispositivo liquidate.
In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co . 1quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti,
di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
condanna i ricorrenti alla rifusione a favore dei controricorrenti delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 5.000,00 per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso delle spese, iva e cpa ex lege.
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione