Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 3373 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3   Num. 3373  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso 4545-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, entrambe in liquidazione, in persona , l’una, del legale rappresentante ‘ pro  tempore ‘ , NOME  COGNOME,  l’altra,  del liquidatore,  NOME  COGNOME,  domiciliate ‘ ex  lege ‘  in Roma,  INDIRIZZO,  presso  la  cancelleria  di  questa  Corte  di Cassazione, rappresentate e difese  dagli  Avvocati  NOME  COGNOME e NOME COGNOME;
– ricorrenti –
contro
COGNOME NOME, domiciliato ‘ ex lege ‘ in Roma, INDIRIZZO, presso la cancelleria di questa Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’ AVV_NOTAIO;
– controricorrente –
 nonché contro
Oggetto
REVOCATORIA ORDINARIA
Revocazione ex art. 391bis c.p.c. -Inammissibilità del ricorso
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 12/07/2023
Adunanza camerale
NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– intimati –
Avverso  l ‘ordinanza n.  22400/2022  della  Corte  Suprema  di Cassazione, depositata il 15/07/2022;
udita la relazione della causa svolta nell ‘adunanza camerale del 12/07/2023 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Le società RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi, ‘RAGIONE_SOCIALE‘) e RAGIONE_SOCIALE, entrambe in liquidazione, ricorrono, sulla base di unico motivo, per la revocazione dell’ordinanza di questa Corte n. 22400/22, del 15 luglio 2022, che ha rigettato il ricorso per cassazione dalle stesse esperito avverso la sentenza n. 1676/19, del 16 aprile 2019, resa dalla Corte d ‘a ppello di Milano, in qualità di giudice del rinvio, di accoglimento dell’azione revocatoria esperita da NOME NOME NOME COGNOME, nonché da NOME COGNOME, per la declaratoria di inefficacia del contratto di compravendita con il quale, il 17 novembre 1999, la società RAGIONE_SOCIALE trasferiva alla società RAGIONE_SOCIALE la proprietà di alcuni terreni in Cassano Magnago.
Riferiscono, in punto di fatto, le odierne ricorrenti di aver entrambe impugnato per cassazione la predetta decisione della Corte ambrosiana.
In particolare, la società RAGIONE_SOCIALE deduceva -quale unico motivo di ricorso -violazione dell’art. 409 cod. civ . e degli artt. 75 e 160 cod. proc. civ.
Essa lamentava che NOME COGNOME, vedova ed unica erede di NOME COGNOME (già socio di maggioranza e legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE), risultava sottoposta -all’epoca  della  notifica  dell’atto  di  citazione  del
giudizio di secondo grado, effettuata via ‘Pec’ alla RAGIONE_SOCIALE -ad amministrazione di sostegno, con conferimento all’Amministratore, in via esclusiva, ex art 409 cod. civ., dei poteri di rappresentanza generale dell’amministrata in tutti gli att i per cui la medesima era incapace di ricevere le notifiche, nonché di rappresentare in giudizio la predetta società RAGIONE_SOCIALE; di qui, pertanto, la nullità della notificazione e della dichiarazione di contumacia, in appello, della società suddetta.
Per parte propria, la società RAGIONE_SOCIALE denunciava violazione dell’art. 78 cod. proc. civ. sotto un duplice profilo. Da un lato, infatti, deduceva di essere stata priva -all’epoca della notifica dell’atto di citazione introduttivo del giudizio di secondo gra do -di legale rappresentante, per essere stata la liquidatrice NOME COGNOME revocata con sentenza del Tribunale milanese. Dall’altro, evidenziava come la medesima COGNOME versasse in una situazione di conflitto di interessi, per essere una delle tre parti in causa.
Di  conseguenza,  anche  in  questo  caso,  veniva  lamentata l’illegittimità della dichiarazione di contumacia.
Questa Corte, tuttavia, respingeva entrambi i ricorsi, ritenendo regolare la dichiarazione di contumacia -in appello -di entrambe le società ricorrenti, sul presupposto dell’ultrattività del mandato conferito al difensore nella precedente fase processuale.
Avverso l’ordinanza di questa Corte hanno proposto ricorso per  revocazione  le  società  RAGIONE_SOCIALE  e  RAGIONE_SOCIALE,  entrambe  in liquidazione, sulla base -come detto -di un unico motivo.
3.1. Esso denuncia -ex art. 395, comma 1, n. 4), cod. proc. civ. -l’esistenza di  un  errore  revocatorio,  in  quanto  non risulterebbe ‘da nessuno degli atti e dei documenti di causa che le  odierne  ricorrenti  fossero  costituite  nel  precedente  giudizio
avanti alla Corte di Cassazione, conclusosi con rinvio del procedimento appunto avanti alla Corte d’Appello di Milano’.
Ha resistito all’avversaria impugnazione, con controricorso, il  solo  NOME  COGNOME,  chiedendo  che  la  stessa  sia  dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata.
 Sono  rimasti  solo  intimati  NOME  COGNOME  e  NOME COGNOME.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380bis .1 cod. proc. civ.
Le ricorrenti e il controricorrente hanno depositato memoria.
Non consta, invece, la presentazione di conclusioni scritte da parte del Procuratore Generale presso questa Corte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è inammissibile.
9.1. Si dolgono le odierne ricorrenti -con l’unico motivo della proposta impugnazione ex art. 391bis cod. proc. civ. -che ‘ da nessuno degli atti e dei documenti di causa ‘ risultava che esse ‘ fossero costituite nel precedente giudizio avanti alla Corte di Cassazione ‘ , ovvero quello ‘ conclusosi con rinvio del procedimento appunto avanti alla Corte d’Appello di Milano’ , dal quale ha tratto origine la decisione oggetto, poi, di rinnovata impugnazione ex art. 360 cod. proc. civ., definita dall’ordinanza della quale è oggi chiesta la revocazione.
La censura è, però, inammissibile, perché prospetta il preteso errore di fatto, nel quale sarebbe incorso questo giudice di legittimità, addebitando all’ordinanza impugnata l’affermazione di un fatto, quello della costituzione dei difensori nel precedente giudizio avanti a questa Suprema Corte, che, invece, l’ordinanza impugnata non risulta aver compiuto, avendo essa -per quanto risulta a pagina 8 -alluso alla presenza di difensori nel giudizio di appello che aveva determinato il primo ricorso per cassazione.
Si  legge,  infatti,  nella  citata  pag.  8 che ‘il difensore era in possesso di un mandato rimasto ultrattivo ai fini del giudizio di appello e che, dunque, l ‘ avrebbe abilitato a svolgere il ministero costituendosi nel giudizio di rinvio ‘.
Il preteso errore di fatto è, pertanto, predicato ravvisandolo nell’affermazione di un fatto processuale che l’ordinanza impugnata non ha, invece, compiuto.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza, essendo pertanto poste a carico delle ricorrenti e liquidate come da dispositivo.
A carico delle ricorrenti, stante la declaratoria di inammissibilità del ricorso, sussiste l’obbligo di  versare  un ulteriore  importo  a  titolo  di  contributo  unificato,  se  dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 657198-01), ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
PQM
La  Corte  dichiara  inammissibile  il  ricorso,  condannando  le società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE,
entrambe in liquidazione, a rifondere, NOME COGNOME, le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi € 4.0 00,00, più € 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1,  comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei  presupposti  per  il  versamento  da  parte  delle  ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così  deciso  in  Roma,  all’esito  dell’adunanza  camerale della