Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 1138 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 1138 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/01/2025
Oggetto: revocazione -omesso rilievo di una clausola ‘abusiva’ – errore percettivo esclusione.
O R D I N A N Z A
sul ricorso n. 24768/23 proposto da:
-) COGNOME NOME COGNOME NOME e COGNOME NOME , domiciliati ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore , difesi dall’avvocato NOME COGNOME;
-) Fallimento della società RAGIONE_SOCIALECOGNOME RAGIONE_SOCIALE, di COGNOME NOME e di COGNOME NOME , in persona del curatore, domiciliato ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore, difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrenti –
contro
– controricorrente –
avverso l’ordinanza della Corte di cassazione 31 ottobre 2023 n. 30214; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15 novembre 2023 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Nel 2012 NOME COGNOME donò ai due figli NOME COGNOME e NOME COGNOME la nuda proprietà di un immobile sito ad Avezzano, esteso su due piani e composto da 11,5 vani, nonché la circostante corte di 240 metri quadrati. Contestualmente donò alla moglie il 50% del diritto di abitazione, riservando a sé la restante metà.
Nel 2014 la Banca del Fucino s.p.a., e nel 2015 la Unicredit s.p.a., con distinti atti di ci tazione impugnarono la donazione ai sensi dell’art. 2901 c.c.. Dedussero di essere creditori di NOME COGNOME in virtù di due decreti ingiuntivi non opposti, fondati su due fideiussioni rilasciate dal suddetto NOME COGNOME a favore dei due istituti di credito.
I due giudizi vennero dichiarati interrotti a causa del fallimento di NOME COGNOME, a sua volta conseguente al fallimento della società di persone ‘ COGNOME Antonio RAGIONE_SOCIALE NOME RAGIONE_SOCIALE ‘ , di cui NOME COGNOME era socio.
La Curatela fallimentare riassunse il giudizio introdotto da Unicredit, coltivando l’azione pauliana proposta da quest’ultima società, ex art. 66 l. fall..
Nel 2018 il Tribunale di Avezzano, riuniti i giudizi, accolse la domanda e dichiarò inefficace la donazione.
La Corte d’appello de L’Aquila rigettò il gravame proposto dai donatari. Questa Corte, adìta dai soccombenti, con ordinanza 31.10.2023 n. 30214 rigettò il ricorso proposto da NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Di tale ordinanza NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno chiesto la revocazione ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c., con ricorso fondato su due motivi.
La Curatela del fallimento di NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Col primo motivo i ricorrenti deducono che costituì ‘errore percettivo’ il non avere questa Corte rilevato che le due fideiussioni prestate da NOME COGNOME a favore della Banca del Fucino e della Unicredit si sarebbero dovute ritenere nulle, perché contenenti clausole frutto di un accordo limitativo della concorrenza concluso da vari istituti di credito, tra i quali i due enti attori, e sanzionato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.
1.1. Il motivo è temerario.
Sia perché – a tutto concedere il non rilevare la nullità d’un contratto è un errore di diritto e non un errore percettivo; sia perché l’eventuale inesistenza del credito a garanzia del quale fu proposta l’azione revocatoria si sarebbe dovuta far valere nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, non certo in questa sede.
1.2. Completezza impone di aggiungere che in ogni caso la presenza in un contratto di fideiussione di clausole frutto di intese restrittive della concorrenza vitiatur se non vitiat (come stabilito da Sez. U, Sentenza n. 41994 del 30/12/2021), e nel caso di specie NOME COGNOME rimarrebbe debitore insolvente anche se dai contratti di fideiussione fossero espunte le clausole contestate. Pertanto – lo si rileva solo ad abundantiam – il preteso error iuris fu anche inesistente.
Col secondo motivo i ricorrenti deducono che costituì ‘errore percettivo’ il non avere l’ordinanza revocanda rilevato che ambedue i decreti ingiuntivi, fonte dell’obbligazione a cautela della quale fu proposta l’azione revocatoria, non contenevano alcun avviso ‘ circa la possibile abusività del contratto posto alla base dell’ingiunzione’ .
Deducono che è obbligo del giudice della fase sommaria nel rito monitorio rilevare d’ufficio la possibile abusività delle clausole contenute nel contratto posto a base dell’ingiunzione; che tale obbligo è stato affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 9479 del 2023; che ciò nel caso di specie non era avvenuto.
2.1. Il secondo motivo è ancora più temerario del primo. Infatti:
quello denunciato – ammesso che esista – sarebbe un errore di diritto e non un errore percettivo;
in ogni caso l’eventuale contrarietà al diritto comunitario d’un decreto d’ingiunzione, il quale non abbia rilevato l’esistenza d’una clausola abusiva inserita in una fideiussione stipulata dal consumatore , va fatta valere
N.R.G.: 24768/23
Camera di consiglio del 15 novembre 2024
col rimedio dell’opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c., non col rimedio della revocazione (come statuito dalle Sezioni Unite di questa Corte proprio con la sentenza invocata dai ricorrenti, ovvero Sez. U, Sentenza n. 9479 del 06/04/2023);
NOME COGNOME era comunque un imprenditore, non un consumatore;
(quel che più rileva) l’azione revocatoria è ammessa anche a tutela di crediti contestati , sicché l’eventuale contestazione sulla validità della fideiussione non avrebbe potuto impedire l’accoglimento della domanda .
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza, ai sensi dell’art. 385, comma 1, c.p.c., e sono liquidate nel dispositivo. La palese inconsistenza delle ragioni addotte dai ricorrenti ne giustifica la condanna ai sensi dell’art. 96, comma terzo, c.p.c. , nella misura indicata in dispositivo.
P.q.m.
(-) dichiara inammissibile il ricorso;
(-) condanna COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, in solido, alla rifusione in favore del Fallimento della società ‘COGNOME RAGIONE_SOCIALE, di COGNOME NOME e di COGNOME NOME, delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di euro 10.700, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, d.m. 10.3.2014 n. 55;
(-) condanna COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, in solido, al pagamento in favore del Fallimento della società ‘COGNOME RAGIONE_SOCIALE, di COGNOME NOME e di COGNOME NOME, della somma di euro 5.000 ex art. 96, comma terzo, c.p.c.;
(-) ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della