Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 24434 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 24434 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29100/2020 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE; rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrente-
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di GENOVA n. 117/2020, depositata il 28/01/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’ 1/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
PREMESSO CHE
Con la sentenza n. 632/2017 il Tribunale di La Spezia ha respinto la domanda di NOME COGNOME di riduzione del prezzo relativo alla compravendita conclusa quale acquirente con NOME COGNOME ed avente ad oggetto porzioni di terreni siti in Sarzana, identificati catastalmente dalle particelle nn. 815, 142 e 143. COGNOME aveva lamentato di avere scoperto dopo la compravendita che la destinazione urbanistica di parte dei lotti n. 815 e n. 142 era quella corrispondente alla categoria ‘Col a IS CE’ anziché ‘Col a IS MA’, che risultava invece indicata nel certificato di destinazione urbanistica allegato dal venditore alla compravendita. Il Tribunale ha rilevato che dalla lettura del certificato di destinazione urbanistica risultava che la dicitura ‘IS MA’ riferita solo a due parti dei lotti n. 815 e n. 142 era frutto di un errore materiale commesso dal Comune di Sarzana.
La sentenza è stata impugnata da COGNOME. Con la pronuncia n. 117/2020 la Corte d’appello di Genova ha rigettato il gravame.
Avverso la sentenza ricorre per cassazione NOME COGNOME.
Resiste con controricorso NOME COGNOME.
Memoria è stata depositata dal ricorrente.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso si articola in tre motivi.
Il primo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1489 c.c.: secondo unanime dottrina e giurisprudenza l’art. 1489 c.c. – secondo il quale, se la cosa venduta è gravata da oneri che ne diminuiscono il libero godimento e non sono stati dichiarati nel contratto, il compratore che non ne abbia avuto conoscenza può domandare la riduzione del prezzo – è disposizione che si applica anche nell’ipotesi in cui il bene compravenduto si scopra gravato da oneri e limitazioni di natura pubblicistica, quali i vincoli
alla edificabilità; nel caso di specie, come risulta dal certificato di destinazione urbanistica allegato al contratto di compravendita, una parte dei terreni acquistati dal ricorrente risultavano di destinazione ‘Col a IS MA’, tipologia di destinazione che consente, a determinate condizioni, la realizzazione di nuovi edifici ad uso abitativo rurale; al momento della sottoscrizione del contratto il ricorrente era quindi certo di acquistare lotti di terreni pienamente utili all’edificabilità, quantomeno potenziale, e si convinceva così a concludere il contratto.
Il motivo non può essere accolto. Il giudice di merito ha infatti ritenuto che nel caso in esame non sia stata dichiarata una destinazione urbanistica che consentiva l’edificabilità dei terreni oggetto di vendita, dato che il certificato di destinazione urbanistica allegato al contratto conteneva un errore materiale in riferimento a due parti dei lotti n. 815 e n. 142, errore materiale imputabile al Comune e non al venditore. Il giudice di merito ha inoltre reputato che l’errore materiale fosse facilmente percepibile dall’acquirente, in quanto nello stesso certificato, nella successiva esplicazione della destinazione urbanistica, è riportata la dicitura ‘IS CE’ e non la dicitura ‘IS MA’ e nell’atto di compravendita si prevede che ‘viene dato e preso atto che i terreni in oggetto sono stati interamente asserviti per la costruzione di fabbricato limitrofo e quindi sono privi dell’indice di edificabilità’. Alla luce di tale specificazione contenuta nel contratto, l’acquirente ha concluso il giudice d’appello non può sostenere che all’atto dell’acquisto i beni apparissero edificabili o che il venditore gli avesse ingenerato tale convinzione a causa della documentazione allegata.
2. Il secondo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1489 c.c. in relazione al n. 3 dell’art. 360 c.p.c. per avere il giudicante travisato le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio svolta in primo grado: il consulente tecnico d’ufficio nominato in primo grado ha attribuito una differenza di valore di mercato tra le
due diverse destinazioni d’uso, con maggiore valore in caso di ‘Col a IS MA’ in misura percentuale pari al 33%, rilevando espressamente che i terreni con destinazione ‘Col a IS CE’ valgono il 24,54% in meno rispetto a quelli con destinazione ‘Col a IS MA’.
Il motivo non può essere accolto. La Corte d’appello ha infatti chiarito che le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, che hanno appunto evidenziato come i terreni con la classificazione ‘Col a IS MA’ valessero di più rispetto a quelli con classificazione ‘Col a IS CE’, non avvalorano la tesi di COGNOME, ma piuttosto la confutano, in quanto evidenziano come il prezzo pattuito e pagato fosse nettamente inferiore a quello prospettabile in relazione ai terreni classificabili ‘Col a IS MA’.
3. Il terzo motivo lamenta violazione e/o falsa applicazione dell’art. 96 c.p.c.: la Corte d’appello ha confermato la decisione di primo grado nella parte in cui ha condannato il ricorrente a pagare euro 6.800 a titolo di responsabilità processuale ex art. 96 c.p.c.; tale condanna appare illegittima alla luce delle censure svolte nel corso del procedimento di primo grado, così come delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio; la condanna è illegittima anche sotto il profilo della quantificazione, determinata sulla base di euro 1.200 per ogni anno di durata del processo.
Il motivo è infondato. Il ricorrente censura la condanna ex art. 96 c.p.c., muovendo dalla contestazione della decisione di primo grado che ha appunto respinto la domanda di riduzione del prezzo perché basata su un documento che conteneva un evidente parziale errore materiale. In ogni caso, ‘in materia di responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., ai fini della condanna al risarcimento dei danni, l’accertamento dei requisiti costituiti dall’avere agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, ovvero dal difetto della normale prudenza, implica un apprezzamento di fatto non censurabile in sede di legittimità’ (cfr. in tal senso Cass., n. 19298/2016). Quanto alla quantificazione, va sottolineato che la
liquidazione del risarcimento del danno per responsabilità aggravata può essere compiuta anche equitativamente (v. Cass. n. 20995/2011), come riconosce in modo espresso il terzo comma dell’art. 96 c.p.c., liquidazione equitativa che ha portato il primo giudice a correlare la somma oggetto di condanna agli anni di durata del processo e che il secondo giudice ha ritenuto congrua e correttamente rapportata alla gravità della condotta dell’attore.
II. Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/ 2002, si d à atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore del controricorrente che liquida in euro 2.600, di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.
Sussistono, ex art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione