Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 22190 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 22190 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2549/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
nonchè
contro
RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE USA CORP. già RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE
SPA nuova denominazione di RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
RAGIONE_SOCIALE, incorporante di RAGIONE_SOCIALE a seguito di fusione rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO INDIRIZZO controricorrente
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE, intimata
sul controricorso incidentale proposto da
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in RAGIONE_SOCIALE, al INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende controricorrente e ricorrente incidentale-
contro
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE -intimati- avverso SENTENZA di CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE RAGIONE_SOCIALE n. 11658/2020 depositata il 16/06/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE, in proprio e quale mandataria di un’ATI costituita con altre società (d’ora in avanti, ATI), conveniva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE (d’ora in avanti, la committente o RAGIONE_SOCIALE), per sentir dichiarare risolto il contratto di appalto stipulato tra le parti il 30 dicembre 1997, avente ad oggetto il rifacimento della pista di volo 16L/34R dell’aeroporto di Fiumicino Leonardo da Vinci, per inadempimento della committente o, in subordine, per eccessiva onerosità e con condanna di quest’ultima al risarcimento dei danni.
Esponeva la attrice che, in data 30 dicembre 1997, la ATI composta da RAGIONE_SOCIALE, ora RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE (ora RAGIONE_SOCIALE) e la RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, committente, avevano sottoscritto un contratto d’appalto per la realizzazione di interventi per la riqualifica strutturale ed operativa delle infrastrutture di volo della pista 16L/34R dell’aeroporto Leonardo da Vinci, Fiumicino, per un prezzo pari a £. 121.720.405.058 (doc. 4). In particolare, prima della sottoscrizione del contratto, il progetto era stato approvato dal RAGIONE_SOCIALE con parere del 21 marzo 1997, nel quale il RAGIONE_SOCIALE aveva sottolineato che ‘ non completamente esauriente appare la documentazione esibita circa le proprietà meccaniche e fisiche del materiale di alleggerimento da usare come materiale da rilevato e come inerte nella pavimentazione bituminosa . Si raccomanda pertanto, prima del passaggio alla fase esecutiva, di ampliare e approfondire la sperimentazione in questa direzione e sulla densità del materiale in acqua, ricorrendo a prove di laboratorio anche su campioni di grandi dimensioni ‘ (pag. 26 e 27, doc. 5).
La Committente, invero, secondo la prospettazione attorea – si era resa inadempiente alla sua obbligazione di fornire, in una fase prodromica all’esecuzione dei lavori, un progetto esecutivo immediatamente cantierabile che indicasse precisi parametri qualitativi e prestazionali che l’ appaltatrive ATI avrebbe dovuto rispettare, così come era stato evidenziato nel menzionato Parere del 1997 (cfr. altresì la CTU del AVV_NOTAIO). Ciò nonostante, l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE attraverso campagne di sperimentazione ave va ottenuto la migliore miscela possibile di conglomerati bituminosi, idonei allo scopo e cioè, in particolare al (contemporaneo) raggiungimento dei parametri (elasticità, resistenza, etc.) richiesti.
Con comunicazione del 10 settembre 1999 ( doc. 9 ), il Direttore dei RAGIONE_SOCIALE aveva sospeso l’esecuzione delle opere per richiedere un (secondo) parere al RAGIONE_SOCIALE, emesso il 22 ottobre 1999 (di seguito, ‘ Parere 1999 ‘, doc. 10 ), con cui il RAGIONE_SOCIALE esortò le parti del Contratto a eseguire ulteriori sperimentazioni per una migliore definizione delle miscele, delle tecnologie e delle procedure di controllo.
Infine nell’impossibilità di addivenire ad un accordo conforme alla legge e al contratto, con atto di citazione dell’11 maggio 2000, la RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio la Committente al fine di far accogliere le seguenti conclusioni: ‘ Voglia il Tribunale adito -accertare l’inadempimento della RAGIONE_SOCIALE e, per l’effetto, dichiarare risolto il contratto di appalto..’.
La committente convenuta RAGIONE_SOCIALE, costituitasi in giudizio, chiedeva il rigetto della domanda e, in via riconvenzionale, la risoluzione del contratto per inadempimento dell’ATI, con condanna di quest’ultima al risarcimento dei danni. Nel processo intervenivano la RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE, ora RAGIONE_SOCIALE), direttrice dei lavori, e la RAGIONE_SOCIALE ora RAGIONE_SOCIALE, che aveva contribuito alla progettazione dell’opera, le quali
chiedevano il rigetto delle domande dell’RAGIONE_SOCIALE e, la prima, anche l’accoglimento delle domande riconvenzionali proposte di ADR.
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, in accoglimento delle domande dell’RAGIONE_SOCIALE, dichiarava il contratto di appalto risolto per inadempimento di RAGIONE_SOCIALE e condannava quest’ultima al risarcimento del danno da liquidarsi nel prosieguo del giudizio, rigettava le riconvenzionali di RAGIONE_SOCIALE e delle società intervenute. RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE proponevano appello in via principale e incidentale; sul fronte opposto, proponeva appello incidentale (anche in via autonoma, poi riunito) l’RAGIONE_SOCIALE, che chiedeva la condanna delle controparti al risarcimento di danni ulteriori. La RAGIONE_SOCIALE rimaneva contumace in appello. La Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza del 14 luglio 2014, in accoglimento dei gravami di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, dichiarava risolto il contratto di appalto per inadempimento dell’ATI; dichiarava improcedibile la domanda risarcitoria di RAGIONE_SOCIALE nei confronti del RAGIONE_SOCIALE Bau Gmbh; la rigettava nei confronti delle imprese costituite in ATI (RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE) e rigettava il gravame di queste ultime.
Avverso questa sentenza proponevano ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Bau Gmbh, la RAGIONE_SOCIALE (ora RAGIONE_SOCIALE) e la RAGIONE_SOCIALE (già partecipanti all’ATI), resistito con separati controricorsi da RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE (nuova denominazione di RAGIONE_SOCIALE) e RAGIONE_SOCIALE (incorporante la RAGIONE_SOCIALE).
La Suprema Corte con ordinanza nr. 11658 del 2020 rigettava il ricorso compensando le spese di giudizio e confermando così la sentenza di secondo grado.
Avverso l’ordinanza della Suprema Corte numero 11658 del 2020 hanno proposto ricorso per revocazione i ricorrenti RAGIONE_SOCIALE, in persona dei curatori fallimentari NOME, COGNOME NOME e RAGIONE_SOCIALE , il primo affidato a due motivi illustrati con memoria, il secondo ad un solo motivo.
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso e memoria; RAGIONE_SOCIALE , quale incorporante RAGIONE_SOCIALE, resiste con controricorso e memoria; RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, resiste con controricorso. RAGIONE_SOCIALE non ha svolto attività difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La revocazione del RAGIONE_SOCIALE è fondata su due motivi che censurano, sotto diversi profili, la decisione n. 11658/2020 di questa Corte, deducendo la sussistenza di errori revocatori, ai sensi dell’ art. 395 nr. 4 c.p.c. Assume il ricorrente che la Suprema Corte avrebbe fondato la decisione su una erronea percezione della realtà, ritenendo un fatto non esistente e cioè ritenendo non avvenuta la consegna di un progetto esecutivo mentre, al contrario, la sua esistenza non solo è provata documentalmente, ma è anche incontestata tra le parti. Inoltre la Corte avrebbe ritenuto il progetto costruttivo ‘non idoneo’ senza considerare che l’idoneità del progetto costruttivo andava valutata alla luce della sperimentazione che la ATI doveva ancora svolgere. In realtà la committente si sarebbe illegittimamente rifiutata di adeguare il progetto esecutivo alle risultanze conseguite dalla ATI a seguito della sperimentazione. Ciò sarebbe avvenuto nonostante fosse stato accertato dalla ATI che i parametri non erano raggiungibili se non modificando la percentuale di argilla espansa. In conclusione il corretto adempimento del contratto sarebbe stato impedito dal committente COGNOME , non disposto ad accettare modifiche della miscela pur se la sperimentazione sulla composizione dei materiali era stata imposta dallo stesso RAGIONE_SOCIALE.
Il ricorrente deduce, poi, che la decisione relativa alla derogabilità delle parti del principio in base al quale il committente di un opera
pubblica ha di regola l’obbligo di predisporre un progetto esecutivo immediatamente canteriabile si porrebbe in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte, che in altre decisioni avrebbe ritenuto non derogabili ed imperative le disposizioni di legge che pongono a carico della stazione appaltante l’obbligo di predisporre un progetto esecutivo immediatamente cantierabile.
Tutto ciò premesso va osservato, in via di principio – che l’errore di fatto rilevante ai fini della revocazione della sentenza, compresa quella della Corte di cassazione, presuppone l’esistenza di un contrasto fra due rappresentazioni dello stesso oggetto, risultanti una dalla sentenza impugnata e l’altra dagli atti processuali; il detto errore deve: a) consistere in un errore di percezione o in una mera svista materiale che abbia indotto, anche implicitamente, il giudice a supporre l’esistenza o l’inesistenza di un fatto che risulti incontestabilmente escluso o accertato alla stregua degli atti di causa, sempre che il fatto stesso non abbia costituito oggetto di un punto controverso sul quale il giudice si sia pronunciato, b) risultare con immediatezza ed obiettività senza bisogno di particolari indagini ermeneutiche o argomentazioni induttive; c) essere essenziale e decisivo, nel senso che, in sua assenza, la decisione sarebbe stata diversa (Cass. 16439/2021; Cass. 3190/2006). E’ opportuno anche rimarcare che non sono suscettibili di revocazione le sentenze della Corte di Cassazione per le quali si deduca come errore di fatto un errore che attiene alla valutazione di atti sottoposti al controllo della Corte stessa -atti che, come tali, essa abbia dovuto necessariamente percepire nel loro significato e nella loro consistenza – poiché un tale errore può risolversi al più in un inesatto apprezzamento delle risultanze processuali, in ogni caso qualificabile come errore di giudizio (Cass. 5326/2023; Cass. 4859/1998), e che, pertanto, non è deducibile con la revocazione pretesa errata valutazione od interpretazione delle risultanze processuali, essendo esclusa dall’area degli errori revocatori la sindacabilità di pretesi
errori di giudizio formatisi sulla base di una valutazione (Cass. 10040/2022; Cass.S.U. 8984/2018). Ed inoltre, l’impugnazione per revocazione delle sentenze della Corte di cassazione è ammessa nell’ipotesi di errore compiuto nella lettura degli atti interni al giudizio di legittimità, errore che presuppone l’esistenza di divergenti rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti una dalla sentenza e l’altra dagli atti e documenti di causa. pertanto, è esperibile, ai sensi degli artt. 391-bis e 395, comma 1, n. 4, c.p.c., la revocazione per l’errore di fatto in cui sia incorso il giudice di legittimità che non abbia deciso su uno o più motivi di ricorso, ma deve escludersi il vizio revocatorio tutte volte che la pronunzia sul motivo sia effettivamente intervenuta, anche se con motivazione che non abbia preso specificamente in esame alcune delle argomentazioni svolte come motivi di censura del punto, perché in tal caso è dedotto non già un errore di fatto (quale svista percettiva immediatamente percepibile), bensì un’errata considerazione e interpretazione dell’oggetto di ricorso e, quindi, un errore di giudizio (Cass.S.U. 31032/2019).
Nel caso concreto, il fallimento ricorrente censura due passaggi della sentenza di questa Corte n. 11658/2020, nei quali – a suo avviso la Corte sarebbe incorsa in alcuni errori revocatori. La Corte non avrebbe considerato che i ricorrenti, facenti parte dell’ATI appaltatrice avevano dedotto la violazione delle norme di cui agli artt. 16, 17 e 19 della l. 109/1994 (applicabile ratione temporis), per avere la Corte d’appello escluso che l’obbligo di predisporre un progetto cantierabile dell’opera fosse a c arico della committente RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE, e non della ATI appaltatrice, mentre – al contrario di quanto ritenuto da questa Corte -non era in contestazione l’inadempimento dell’ATI all’obbligo di fornire tale progetto – come previsto dal contratto intercorso tra le parti – atteso che era incontroverso tra le parti che il progetto era stato fornito. Quanto all’idoneità del progetto, esclusa dalla sentenza revocanda, «ulteriore corollario» dell’errore revocatorio, posto in essere da
questa Corte sarebbe stato «quello di ritenere il progetto costruttivo non idoneo», senza considerare che si trattava di un progetto «sperimentale», avendo il RAGIONE_SOCIALE previsto ulteriori sperimentazioni e studi. Sotto tale profilo, il ricorrente evidenzia che la Corte non avrebbe considerato i documenti «mix-design», attraverso i quali l’a ppaltatrice avrebbe perfezionato il progetto fornito, e neppure le missive intercorse tra le parti, il parere del RAGIONE_SOCIALE, le perizie svolte nel giudizio di merito, in tal modo sostanzialmente sulle difese proposte dalla parte ricorrente. L’errore di fatto nel quale sarebbe incorsa questa Corte, nella sentenza n. 11658/2020, sarebbe, dunque, quello di «avere considerato come non idoneo il risultato della sperimentazione e, in gene rale dell’attività della RAGIONE_SOCIALE in conformità del contratto». Ulteriore errore revocatorio sarebbe stato, inoltre quello di non avere esaminato gli atti difensivi dell’ATI e segnatamente il ricorso per cassazione, nel quale – in forza delle succitate n orme della l. 109/1994 – si era chiaramente dedotto che non era trasferibile all’appaltatore mediante una pattuizione provata – come, del resto, questa stessa Corte aveva affermato nelle decisioni citate dalla ordinanza revocanda – l’obbligo di predisporre un progetto esecutivo dell’opera. Tanto premesso, le censure suesposte si palesano del tutto inammissibili, poiché estranee al perimetro applicativo del giudizio di revocazione ex artt. 391 bis e 395 c.p.c., traducendosi le stesse in un evidente tentativo di ottenere una riesame ed una diversa valutazione delle risultanze processuali, correttamente esaminate dalla ordinanza impugnata. Ed invero, quest’ultima ha rilevato che l’art. 4 del contratto del 30 dicembre 1997, stipulato dalle parti, prevedeva l’obb ligo a carico dell’appaltatore di fornire la « progettazione costruttiva», e di effettuare ogni integrazione necessaria per «rendere l’opera idonea, completa e funzionale rispetto ai fini perseguiti», assumendo espressamente l’appaltatore una « obbligazione di risultato». La Corte ha, dipoi, correttamente osservato che costituiva «una
questione di fatto che sfugge al controllo giurisdizionale rimesso a questa Corte», in presenza di una adeguata motivazione da parte del giudice di appello, stabilire «se in concreto l’appaltatore abbia adempiuto alle obbligazioni assunte», non essendo stata peraltro la censura specificamente proposta «quanto al modo e alle considerazioni con le quali il giudice del merito si sarebbe discostato dai canoni legali di ermeneutica contrattuale». La Corte ha, infine, ritenuto che tale conclusione – cui, si badi , era pervenuta la Corte d’appello – non era dissonante con il principio secondo cui la stazione appaltante ha di regola, l’obbligo di predisporre un progetto esecutivo immediatamente cantierabile, essendo tale principio «evidentemente derogabile dalle par ti nell’esercizio dell’autonomia privata ,come avvenuto nel caso in esame, in cui l’appaltatore aveva assunto l’obbligo di predisporre il progetto costruttivo o di cantiere». Orbene, è del tutto evidente che – contrariamente all’assunto del ricorrente – no n competeva affatto a questa Corte stabilire se il progetto fornito dall’ATI fosse, o meno non idoneo, e tanto questa Corte non ha certamente fatto, poiché altrimenti avrebbe sconfinato nel merito. Tanto meno la Corte avrebbe potuto esaminare gli atti del giudizio di merito (missive, pareri, c.t.u.), non costituenti «atti interni al giudizio di legittimità», a cui valutazione era rimessa in via esclusiva al giudice di merito, fatti salvi errori di diritto e carenza di motivazione sul punto.
Nel pieno rispetto dei limiti del giudizio di legittimità, invero, la decisione impugnata si è limitata ad affermare che costituisce appunto valutazione di merito , che la Corte d’appello aveva effettuato con valutazione motivata ed incensurabile, stabilire se il progetto fornito dall’ATI – che lo fosse stato nessun dubbio era ipotizzabile – fosse, o meno, idoneo a consentire la realizzazione dell’opera. Tale conclu sione è perfettamente in linea con il principio, affermato da questa stessa Corte, secondo cui nei contratti con prestazioni corrispettive, in caso di denuncia – come nel caso di
specie – di inadempienze reciproche, è necessario comparare il comportamento di ambo le parti per stabilire quale di esse, con riferimento ai rispettivi interessi ed alla oggettiva entità degli inadempimenti, si sia resa responsabile delle trasgressioni maggiormente rilevanti ed abbia causato il comportamento della controparte, nonché della conseguente alterazione del sinallagma. Tale accertamento, fondato sulla valutazione dei fatti e delle prove, rientra nei poteri del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se – come nella specie – congruamente motivato (Cass. 13627/2017; Cass. 10477/2004).
L’ordinanza impugnata – sul piano della correttezza giuridica della sentenza di appello – ha poi osservato che l’avere tale decisione posto l’obbligo della progettazione a carico dell’ATI appaltatrice, in forza della previsione contrattuale di cui all’art. 4 succitato, che nell’esercizio legittimo dell’autonomia privata – le parti avevano formulato, non contrastava con il principio, sancito dalla l. 109/11994, secondo cui tale obbligo è a carico della stazione appaltante, in forza delle norme imperative di cui agli artt. 16, 17 e 19 della legge cit., che – peraltro – non escludono deroghe in modo assoluto a tale principio. Tanto più in un caso, come il presente, in cui l’appaltatrice aveva assunto un’obbligazione di risultato. Le pronunce citate dall’ordin anza n. 11658/2020 hanno, invero, affermato che, in tema di appalto di opere pubbliche, ai sensi degli artt. 16, 17 e 19 della legge n. 109 del 1994 (nel testo modificato dalla legge n. 415 del 1998 applicabile “ratione temporis”) l’amministrazione committente, al di fuori dei casi e dei modi specificamente previsti, ha l’obbligo pubblicistico, integrativo delle pattuizioni contrattuali e intrasferibile all’appaltatore, di predisporre un progetto esecutivo immediatamente “cantierabile”, non bisognoso cioè di ulteriori specificazioni, in quanto già contenente la puntuale e dettagliata rappresentazione dell’opera (Cass. 8779/2012; Cass. 28799/2018).
Ebbene, si tratta di valutazioni in diritto, circa la derogabilità de suddetto principio mediante, non un atto unilaterale della stazione appaltante, ma di una pattuizione tra le parti ex art. 1322 c.c., che questa Corte ha compiuto nella decisione impugnata, e che non costituiscono, sviste o errori di fatto censurabili in questa sede.
L’unico motivo di revocazione del ricorso incidentale di RAGIONE_SOCIALE è inammissibile. La ricorrente deduce che la Corte, nel valutare il terzo motivo di ricorso, che denunciava la violazione da parte della Corte d’appello, dell’art. 30 d.P.R. 1063/1962, non avrebbe rilevato incorrendo, perciò, in errore revocatorio – che mancava del tutto un ordine di servizio necessario per la ripresa dei lavori – dopo la sospensione per il parere del RAGIONE_SOCIALE – la cui mancata ripresa era stata ritenuta, dalla Corte territor iale, causa dell’inadempimento dell’impresa appaltatrice. Nessun errore revocatorio è ravvisabile, peraltro, neppure sotto tale profilo, avendo questa Corte recepito la difesa del resistente COGNOME, già positivamente valutata in appello, secondo cui «la mancata ripresa dei lavori stessi non dipese dalla mancata adozione di un ordine di uno specifico ordine di servizio, ma esclusivamente dal rifiuto di riprendere i lavori più volte manifestato dall’appaltatrice, con numerose comunicazioni scritte e poi con l’at to di citazione». Si tratta, dunque, di un punto controverso tra le parti, sul quale questa Corte si è pronunciata. La censura esula pertanto, da perimetro del giudizio di revocazione.
Per quanto sopra devono essere dichiarati inammissibili il ricorso principale e quello incidentale con condanna in solido dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso principale ed il ricorso incidentale e condanna i ricorrenti RAGIONE_SOCIALE in solido al pagamento, in favore di ciascuno dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 12.000,00 per compensi,
oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ult eriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale ed incidentale, a norma del comma 1-bs, dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso in RAGIONE_SOCIALE, il 14/05/2024.