SENTENZA CORTE DI APPELLO DI ANCONA N. 1298 2025 – N. R.G. 00000408 2024 DEPOSITO MINUTA 28 10 2025 PUBBLICAZIONE 28 10 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO CORTE DI APPELLO DI ANCONA
SECONDA SEZIONE CIVILE
La Corte di Appello di Ancona, composta dai magistrati:
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
Presidente
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
Consigliere
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
Consigliere relatore ed estensore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile in grado di appello iscritta al n. rNUMERO_DOCUMENTO. NUMERO_DOCUMENTO
promossa da
(C.F. ), con il patrocinio dell’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO presso il difensore AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO C.F.
Attore in revocazione
contro
C.F.
)
P.
Convenuta in revocazione – contumace
OGGETTO: revocazione
CONCLUSIONI
La parte attrice in revocazione ha così concluso
Voglia la Corte d’appello di Ancona, in riforma della sentenza impugnata, disattesa ogni contraria istanza:
in via preliminare e in rito, ritenuta la non manifesta infondatezza della presente impugnazione, disporre la sospensione del Giudizio di Cassazione proposto con ricorso notificato in data 08/04/2024 e non ancora iscritto a ruolo.
-revocare i capi della sentenza impugnati per errore di fatto ex art. 395 n. 4 e per l’effetto nel merito:
-confermare l’inadempimento da parte del delle obbligazioni scaturenti, nei confronti del sig. dal contratto preliminare di compravendita di immobile sottoscritto in Morrovalle in data 28/07/2010;
confermare il diritto del sig. di ottenere il trasferimento in suo favore della proprietà delle porzioni immobiliari dello stabile sito in INDIRIZZO come meglio descritte in narrativa, nonché dei diritti di comproprietà e ogni altro diritto sulle parti comuni dello stabile, esenti da vizi e ultimati in ogni loro parte, al prezzo stabilito di complessivi € 218.080,00= + IVA;
accertare e dichiarare che il sig. ha già versato alla oggi fallita la somma di € 96.208,00 per acconti che devono essere detratti al prezzo di vendita (con la precisazione che la somma di € 5.000,00 versata alla proposta di acquisto è fuori campo IVA ex art. 15, co. 1, n. 1) D.P.R. n. 633/72);
-accertare e dichiarare che il sig. ha diritto ad una ulteriore decurtazione di € 50.000,00 dal prezzo di vendita, decurtazione riconosciuta allo stesso dalla promittente venditrice in sede di stipula del preliminare per la cui esecuzione è causa;
-trasferire, per l’effetto, in favore del sig. nato a Sant’Elpidio a Mare il DATA_NASCITA, codice fiscale ai danni del Fallimento della società RAGIONE_SOCIALE, con sede in Tolentino, INDIRIZZO, codice fiscale e partita Iva , in persona del Curatore pro tempore sig. AVV_NOTAIO, la proprietà dei seguenti beni immobili: a) appartamento di civile abitazione sito al piano secondo con annesso locale uso soffitta, distinto al catasto fabbricati del Comune di Porto Sant’Elpidio al Foglio 13 con la particella n. 752 sub 49 , Categoria A 2, Classe 3, vani 5,5, R.C. € 397,67; b) locale uso cantina della superficie catastale di mq 6,00 circa, sito al piano primo sottostrada e distinti al catasto fabbricati del Comune di Porto Sant’Elpidio al foglio 13 particella n. 752 sub 40, cat. C 2, Classe 1, R.C. € 10,33; c) locale uso garage della superficie catastale di mq 31,00 circa, sito al piano primo sottostrada e distinti al catasto fabbricati del Comune di Porto Sant’Elpidio al foglio 13 particella n. 752 sub 36 cat. C 6, Classe 3, R.C. € 102,46; nonché di tutti i diritti di comproprietà e ogni altro diritto sulle parti comuni dello stabile di cui fanno parte le porzioni immobiliari promesse in vendita, esenti da vizi e ultimati in ogni loro parte, condizionando il detto trasferimento al pagamento della somma di euro 75.380,00+IVA quale prezzo residuo di vendita o di quella maggiore o minore somma ritenuta di giustizia, in ogni caso con il riconoscimento dei benefici fiscali per acquisto ‘prima casa’ e a condizione, a sua volta, della previa liberazione dell’immobile da ipoteche, pegni, cose, persone, vincoli pregiudizievoli ed ordinando al Conservatore dei Registri Immobiliari di effettuare le trascrizioni di rito. Vinte le spese. C.F. P.
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
§ 1 Questa Corte emetteva sentenza con la quale, in parziale accoglimento della domanda di
nonché in riforma della sentenza di I grado impugnata, emetteva sentenza ex art. 2932 c.c. in luogo del contratto definitivo non concluso, a seguito di preliminare del 28.7.2010 tra il predetto e la – cui era succeduta la curatela del relativo fallimento, non esercitante il diritto di cui all’art. 72 L. fall. – disponeva il trasferimento del bene descritto nel predetto preliminare, subordinando altresì il trasferimento al pagamento del residuo prezzo di vendita pari ad euro 148.680, già comprensivi del pagamento dell’iva al 10 %.
§ 2 Propone domanda per revocazione il nella persistente contumacia della Curatela fallimentare (costituitasi solo in primo grado).
Espone, a supporto della sua domanda, che
Nell’elencazione delle somme riconosciute opponibili al fallimento, la sentenza impugnata contiene una evidente svista, essendo sfuggito l’importo di € 5.000,00 indicato in citazione e nel contratto preliminare. Tale importo, al pari di tutti gli altri, è stato versato dal sig. a mezzo assegno postale n. 4737667784-05 del 17/03/2007 (doc. n. 6 del fascicolo di parte di primo grado). Non v’era, pertanto, alcuna differenza tra questo pagamento e gli altri di cui invece la sentenza riconosce essere raggiunta la prova.
Inoltre, tutti i pagamenti, ivi compreso quello di € 5.000,00, erroneamente escluso nell’elenco della sentenza impugnata, sono indicati nel preliminare del 28/07/2010 e quindi contenuti in un atto pubblico di data certa anteriore al fallimento.
Ancora, nella comparsa di costituzione in primo grado depositata dalla Curatela Fallimentare è dato leggere: ‘La Curatela non contesta la sussistenza dei pagamenti invocati dal .
Sussiste, inoltre, altra ‘svista del giudice nella consultazione degli atti del processo’ per come chiarito ed enucleato dalla recente sentenza Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 05-03-2024, n. 5792: ‘l’errore revocatorio ricorre soltanto in caso di svista del giudice nella consultazione degli atti del processo; svista che può avere ad oggetto fatti sostanziali e processuali che non devono aver costituito un punto controverso sul quale il revocando provvedimento si è pronunciato’ . Tale svista riguardava il rigetto, operato da questa Corte, della richiesta di decurtazione dal prezzo finale della somma di € 50.000,00 , come concordata dalle parti nel preliminare del 2010, quale penale per l’inadempimento del precedente preliminare sottoscritto nel 2007.
La pronuncia di rigetto di questa corte avrebbe erroneamente affermato, sulla base della predetta svista, che a) la curatela aveva contestato, seppur genericamente, l’inadempimento; e che b) il contratto azionato non direbbe nulla a proposito dell’inadempimento (del primo
preliminare), di cui quindi mancherebbe la prova. Al contrario, non emergeva agli atti alcuna contestazione della curatela e neppure era vero che dell’inadempimento non avessero pacificamente dato atto le parti.
Terza censura relativa ad errore di fatto era proposta in relazione al regime agevolato IVA, rispetto al quale la sentenza impugnata incorreva in un’ulteriore disattenzione contraddetta dagli atti e documenti di causa e vertente su un punto non controverso tra le parti: essa affermava che non emergerebbe ‘dagli atti che si tratti di acquisto prima casa’. Al contrario, venivano evidenziati vari elementi che pacificamente risultavano dagli atti e davano conto della sussistenza di un regime agevolato previsto dalle parti.
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
§ 3 È necessario richiamare l’ambito dell’errore di fatto che dà luogo alla revocazione, il quale si inserisce nella portata letterale dell’art. 395 n. 4), in una struttura normativa che non subisce mutazioni dal codice del 1940 sino ad oggi, essendovi solamente l’aggiunta apportata, sotto altro e diverso profilo, dalla Riforma Cartabia, in relazione al diritto eurounitario.
Come non sarà inutile richiamare, il predetto passaggio normativo prevede che la revocazione va pronunciata se la sentenza è l’effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa. Vi è questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa , oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell’uno quanto nell’altro caso se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare.
È dunque nella supposizione dell’esistenza o inesistenza di un fatto che consiste l’errore che dà luogo alla revocazione, sempre se l’esistenza o l’inesistenza del fatto fonda, in tutto o in parte, la decisione.
Poco dopo l’entrata in vigore del codice di procedura civile, attenta dottrina aveva avuto occasione di osservare, in proposito, che la distinzione tra l’errore nel giudizio e l’errore concernente il fatto supposto, il quale “resta fuori dal giudizio, anche se ne costituisce un dato casuale nel senso che solo in quanto c’è stata la supposizione di esso si è potuto giudicare in quel dato modo”, risultava estremamente sottile.
Addirittura quella dottrina criticava quanto oggi è comunemente ammesso, vale a dire il consentire la revocazione “come allora si fa dalla dottrina e anche in giurisprudenza, perché il giudice ha giudicato
senza aver preso visione di un documento, ritenendolo inesistente negli atti, o attribuendo a un testimonio una dichiarazione diversa da quella che ha fatto ‘ .
La stessa dottrina rilevava che, così rimanendo strutturato l’istituto, si poteva al più auspicare un’estensione dei motivi di revocazione, con conseguente riduzione dell’ambito della cassazione, evidentemente risultando rara l’effettiva applicazione della revocazione.
Palesi ragioni strutturali concernenti lo stretto sentiero logico delimitato, da un lato, da un errore nella motivazione attinente un fatto e, dall’altro, dal l’errore sul fatto stesso nella prospettiva che abbiamo riferito, non hanno evidentemente consentito l’ampliamento dell’istituto in questione de jure condendo, come auspicato da quella dottrina.
Il problema fondamentale, dunque, rimane quello di scindere
-la parte valutativa con la quale si apprezza la rilevanza o l’irrilevanza di un fatto ai fini della decisione, che non può dare luogo a revocazione
-dall’affermazione priva di qualsiasi momento valutativo che appare erronea in quanto ammette un fatto inesistente oppure nega un fatto esistente, in contrasto con le emergenze processuali, ovvero in contrasto con quanto appare privo di contestazione.
Lo snodo fondamentale di distinzione tra le due operazioni appena descritte appare essere quello, dell’estraneità, nella svista, di qualsiasi momento valutativo.
Tale distinzione può essere semplice e accessibile in alcune ipotesi, mentre estremamente ardua in molte altre, probabilmente quelle ipotesi che sono la maggioranza.
§ 4 La prima delle ipotesi oggetto di censura, relativa all’elencazione delle quietanze, ovvero dei pagamenti che risultano incontestati, appare come un caso di scuola della (relativa) semplicità di individuare la svista: lo stesso giudice cita in maniera diretta o indiretta un elenco di quietanze o di pagamenti che danno luogo alle conseguenze giuridiche, in conformità delle richieste di parte attrice. Ma in tale elencazione tralascia quello che, pure, è contenuto nei dati documentali cui fa riferimento.
4.1 La seconda delle ipotesi oggetto di censura appare pure essa relativamente semplice, questa volta sotto il profilo negativo dell’errore cui consegue la revocazione.
La Corte, nell’impugnata sentenza, ha considerato, come appare evidente, due ipotesi per negare la penale :
Il riconoscimento di una penale è semplicemente contenuta per relationem nel contratto preliminare azionato, che fa riferimento, puramente e semplicemente ad una clausola penale già prevista in precedente contratto preliminare .
A tal proposito va osservato
-E’ dubbia la validità in sé della previsione, che si pone come una sorta di ‘negozio di accertamento’ di un obbligo altrove previsto
-Nulla dice il contratto azionato sul concreto verificarsi dell’inadempimento che avrebbe dato luogo alla penale, inadempimento che, in quanto contestato, sia pure genericamente, dalla curatela, andava provato.
Queste due ipotesi prospettate nella sentenza impugnata si presentano, ad una prima lettura, come indipendenti ed autonome, nel senso che ciascuna di esse può essere preclusiva al riconoscimento della richiesta penale:
pagina 6 di 11 -Nel primo caso il giudice afferma come sia ‘… dubbia la validità in sé della previsione, che si pone come una sorta di ‘negozio di accertamento’ di un obbligo altrove previsto… ‘. Gioverà richiamare letteralmente il passaggio invocato da parte del quando cita l’art. 8 del ‘secondo’ preliminare: ‘ Dalla somma sopra specificata, a titolo di penale, già prevista in sede di primo preliminare come registrato presso l’Ufficio Competente, la parte promittente l’acquisto potrà ritenere la somma di Euro cinquantamila virgola zero zero (50.000,00).Tale somma sarà defalcata dall’importo da versare a saldo in sede di definitivo. ‘ (art. 8 ultima parte del predetto contratto). Non sarà inutile precisare che, in questo contesto, l’avverbio “già” , contenuto nell’ultima parte dell’art. 8 del preliminare, colloca, per l’appunto, il fatto negoziale, a suo tempo concordato, nel passato, ed in quanto tale costituisce un mero riferimento per il nuovo negozio il quale, nella sua portata letterale, non fa altro che reiterare la previsione di questa cifra (appunto, euro 50.000 già previsti a titolo di penale) senza però ulteriori specificazioni in ordine al significato di tale ripresa. Quello che qui solamente giova sottolineare, in quanto decisivo ai fini della contrapposizione svista su un fatto/motivazione su un fatto(avente portata negoziale) è però la valenza assegnata da questa Corte nella sentenza oggetto di impugnazione per revocazione, vale a dire una ” dubbia ” , e pertanto non accettata, in un procedimento squisitamente motivazionale, perché comportante la (in)validità in sé della previsione, che si pone come una sorta di ‘negozio di accertamento’ di un obbligo altrove previsto… . Si ha, quindi, un dato emergente che viene valutato, nella sentenza impugnata, esplicitamente, e che esclude la revocazione, ovviamente buona o cattiva che sia tale
motivazione.
-Ma anche nella seconda ipotesi , quella che ritiene non emergente dagli atti l’inadempimento, che peraltro, come si viene a vedere, è difficile esaminare separatamente dalla prima, non si può parlare di errore sub specie di erronea presupposizione, una presupposizione scevra da un contenuto motivazionale, che invece sussiste certamente – a prescindere, è appena il caso di ribadire, dalla validità o meno della motivazione – ove la sentenza impugnata afferma che ‘n ulla dice il contratto azionato sul concreto verificarsi dell’inadempimento…’ : invero, dal punto di vista letterale, limitandosi la successione dei contratti a dare atto della ‘ non esecuzione ‘ del primo contratto. Ora, la nozione di mancata esecuzione è qualcosa di meno e di diverso rispetto all’ inadempimento , come insegnano i principi istituzionali del diritto civile, poiché la mancata esecuzione può derivare da molteplici cause, come ad esempio un accordo tacito o esplicito tra le parti, o altro . E addirittura ( ma chiaramente tale considerazione è un fuor d’opera in un giudizio di revocazione ex art. 395 n. 4) c.p.c. ) la censura proposta dalla parte impugnante non sarebbe valida di per sé neppure come censura a una motivazione inidonea o insufficiente. Ancora, quanto alla mancata contestazione della curatela, che per parte impugnante configurerebbe una svista sul fatto che, al contrario, sussisterebbe dagli atti in realtà una contraria situazione di non contestazione sullo specifico punto, il momento valutativo in realtà appare, anche qui, ineliminabile. La sentenza impugnata ha cura di osservare che la contestazione sussiste, da parte del fallimento convenuto, sia pure in maniera generica 1 . Con il che, ovviamente, la problematica si sposta sulla valutazione che ha dato la sentenza oggetto d’impugnazione, nella misura in cui ha affermato una contestazione generica, valutando il comportamento complessivo della curatela fallimentare.
Ed allora, si tratta di andare contro una motivazione semmai inidonea o insufficiente, ma non contro una mera svista del giudice.
1 Che vi si n contestazione o addirittura una positiva ammissione, da parte della Curatela, degli assunti della difesa del sul punto, lo si ricava dalle stesse considerazioni espresse nelle memorie di 1° grado dalla parte attrice ed oggi agente in revocazione : ‘ Occorre in primo luogo contestare la circostanza secondo la quale con il contratto preliminare stipulato in data 28.07.2010 le parti avrebbero meramente inteso rinnovare nella forma dell’atto pubblico quanto già precedentemente pattuito con scrittura privata, al solo unico scopo di addivenire alla trascrizione del preliminare.
Al contrario, infatti, occorre rilevare come le parli siano pervenute alla sottoscrizione del contratto azionato nella presente causa solo all’esito di una specifica e compless rimere una controversia relativa al perdurante ritardo nella stipula del definitivo da parte della …’ . D’altro canto, se si perviene ad una transazione, come ripetutamente afferma la difesa del irca la valenza del secondo preliminare, è perché sul tappeto vi sono varie questioni, tra cui ,in primis, il denunciato inadempimento (e non una mera ed anodina ‘mancata esecuzione’)
§ 5 -L’ultima censura da esaminare riguarda l’asserita disattenzione, contraddetta dagli atti e documenti di causa e vertente su un punto non controverso tra le parti, ove essa afferma che non emergerebbe ‘dagli atti che si tratti di acquisto prima casa’.
Si duole l’impugnante per revocazione che a fronte dell’affermazione così contenuta nella sentenza impugnata
-la richiesta della relativa agevolazione fiscale è espressamente contenuta nel preliminare azionato (pag. 5);
-tutte le fatture prodotte -esclusa quella di acconto in quanto esente per legge – recavano già l’applicazione dell’iva agevolata al 4%;
-con la memoria 183 comma VI n. 1 c.p.c. sono stati depositati in primo grado tutti i documenti attestanti la sussistenza dei relativi requisiti (docc. da n. 17 a 27 del fascicolo di primo grado di parte attrice);
-la circostanza è stata ribadita e reiterata in tutti i successivi atti di parte;
-in seguito a tali produzioni, la curatela, né nella memoria 183 n. 2, né in nessun atto successivo ha più sollevato obiezioni o dubbi circa il pieno e legittimo possesso da parte del sig. dei requisiti in esame.
Ora, occorre partire da quanto, anche in questo caso, afferma e deduce, in primo grado, la difesa del Nell’appello, infatti, a tacer d’altro, non p uò parlarsi di mancata contestazione giuridicamente rilevante, per il semplice fatto che la curatela è contumace. Ora, così si legge nella I memoria ex art. 183 del
‘… In merito alla pretesa invocazione della facoltà, in capo alla Curatela, di procedere allo scioglimento unilaterale del contratto preliminare oggetto di causa, la stessa difesa avversaria richiama l’attenzione circa l’impraticabilità di tale opzione in presenza di un caso come quello di specie.
Si ribadisce e conferma, infatti, che l’operazione economica in esame ha chiaramente ad oggetto la prima ed unica proprietà immobiliare che il sig. aveva ed ha intenzione di acquistare per farne la propria abitazione ed ivi stabilirsi e costituire una nuova famiglia con la propria compagna.
Il Sig. non è infatti titolare di nessun altro bene immobile, o meglio non essendosi ancora perfezionato neppure l’acquisto dell’appartamento oggetto del preliminare per il quale è causa, egli non è titolare di alcun bene immobile .Tale semplice considerazione si basa sulla allegazione di una circostanza negativa che questa difesa non dovrebbe pertanto essere chiamata a dimostrare, incombendo semmai in capo alla convenuta l’onere di smentirne in concreto la veridicità.
Inoltre, lo stesso preliminare reca l’espressa indicazione di tale circostanza da considerarsi pertanto documentalmente provata, con dichiarazione peraltro ricevuta ed attestata dallo stesso AVV_NOTAIO …..’ .
In primo luogo, pertanto, non può dirsi emergente la non contestazione di controparte su un fatto. Ammesso che, nel caso in esame, si possa parlare di non contestazione di un fatto invece che della mancata contestazione o acquiescenza circa la qualificazione giuridica di un fatto.
Come è noto, infatti, ( v. da ultimo Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 17266 Anno 2025) il principio di non contestazione ex art.115 cpc opera sui fatti storici principali e secondari allegati dalle parti, ma non trasforma automaticamente in verità processuale le conclusioni di un perito o il contenuto di un documento.
Ed in termini analoghi, ovvero semmai ancora più stringenti, deve ritenersi configurata la non contestazione in ordine alla supposizione di un fatto la cui verità appare positivamente stabilita (appunto, dalla non contestazione).
Il passaggio della memoria ex art. 183 cpc, sopra richiamato, evidenzia
-Che il invoca i presupposti fattuali per potersi qualificare l’acquisto contenuto nel preliminare come acquisto di prima casa ed afferma che incombe semmai in capo alla convenuta Curatela l’onere di smentirne in concreto la veridicità. Siamo ben lungi da un dato fattuale ‘la cui verità è positivamente stabilita’
-Che, parallelamente, il dato fattuale per potersi qualificare l’acquisto contenuto nel preliminare come acquisto di prima casa emerge dallo stesso preliminare, il quale reca l’espressa indicazione di tale circostanza da considerarsi pertanto documentalmente provata.
Ora, la sentenza di questa Corte, in proposito, osserva sinteticamente :
‘Poiché l’iva è da considerarsi al 10 %, non emergendo dagli atti che si tratti di acquisto prima casa, la somma residua dovuta, comprensiva di iva, è pari ad euro 148.680.’
Ancora una volta si deve affermare che l’errore se errore vi è in relazione al malgoverno delle emergenze processuali che implichino una valutazione delle emergenze stesse, che, ancora una volta è utile precisare, esula dalla presente cognizione – denunziato dal
non verte su un fatto storico che emerge da documenti o da non contestazioni
appare, semmai, e sia pure nella sinteticità dell’affermazione contenuta nella sentenza gravata,
‘..un punto controverso su cui la sentenza ebbe a pronunciare’
Per un migliore sviluppo argomentativo delle due affermazioni testè fatte, occorre chiarire i vari profili che tali affermazioni, unitamente alla doglianza in esame, comportano.
Il profilo tributario riguarda, in tema d’IVA , la tassazione della vendita come prima casa. In tale contesto, il soggetto d’imposta è il venditore (la Curatela nel ns. caso) mentre l’acquirente è solamente il soggetto per il quale, ipoteticamente ed eventualmente, di fatto , opera la c.d. traslazione dell’imposta, che è peraltro solo una nozione economica 2 .
Il profilo fattuale della pratica commerciale ci indica che, p er potere usufruire dell’agevolazione, è prassi costante inserire nel contratto la dichiarazione, come viene richiamata ed invocata dal
Ovviamente, la mera dichiarazione, inserita nell’atto pubblico, ovvero nel documento contrattuale, non è decisiva nel caso di contestazione. Ben potrebbe non corrispondere a verità ed essere stata inserita al puro e semplice scopo di poter usufruire di un’agevolazione che, permette alle parti di avere un margine ulteriore nella contrattazione.
È evenienza piuttosto diffusa che l’amministrazione finanziaria proceda al recupero delle relative somme, in quanto l’E rario contesta i presupposti fattuali per poter ottenere l’agevolazione.
In ogni caso, mancante la non contestazione giuridicamente rilevante, ed essendovi, al contrario, una contestazione proprio in ordine ai presupposti fattuali, avanzata in primo grado dalla curatela, e avanzata nei termini sopra trascritti, ancora una volta si tratta di decidere non su una svista, ma sulla sussistenza dei presupposti per l’agevolazione, che la Corte ha inteso negare, a dispetto della (mera) dichiarazione invocata dal
Infine, va osservato che mancherebbe, in ogni caso, l’interesse ex art. 100 cpc, dal momento che specificamente la statuizione che si intende revocare prevede che la somma da pagare sia comprensiva del pagamento del 10 %, di talché qualsiasi altra aliquota, compresa, ovviamente, quella agevolata del 4 %, non muterebbe l’importo lor do da corrispondere: e ciò per la semplice ragione che nella redazione di tale dispositivo appare attuato quanto sopra precisato, cioè che in tema d’IVA, la tassazione della vendita vede il soggetto passivo d’imposta nel venditore (la Curatela nel ns. caso) mentre l’acquirente è solamente il soggetto per il quale, ipoteticamente ed eventualmente, di fatto, opera la c.d. traslazione dell’imposta, che è peraltro solo una nozione economica .
2 In sede UE, in materia di Iva (tributo c.d. armonizzato) si ha una recente tendenza a ‘normativizzare’ la qualificazione economica del tributo, che tradizionalmente è stata ritenuta irrilevante dal punto di vista giuridico. Per alcuni profili, il soggetto passivo d’imposta viene considerato il compratore, non il venditore. L’affermazione sopra fatta rimane, ai fini della disamina che in questa sede va condotta, corretta.
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In conclusione la domanda va accolta nei ristretti termini sopra richiamati, rigettandosi nel resto.
Le spese sono irripetibili.
P.Q.M.
La Corte, definitivamente pronunciando sulla domanda di revocazione ed in parziale accoglimento della stessa, così dispone
Revoca in parte qua l’impugnata sentenza e , per l’effetto , così modifica la statuizione relativamente all’inciso del dispositivo: ‘ subordina il trasferimento al pagamento del residuo prezzo di vendita pari ad euro 143 .680, già comprensivi del pagamento dell’iva al 10%’, così conformemente modificato .
Rigetta ogni altra richiesta
Irripetibili le spese di questo grado
Così deciso in Ancona, nella camera di consiglio, il 28 ottobre 2025
Il Consigliere estensore AVV_NOTAIO NOME COGNOME
(atto sottoscritto digitalmente dal Presidente e dal Consigliere estensore )
Il Presidente AVV_NOTAIO NOME COGNOME