Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 11330 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 11330 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16283/2023 R.G. proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende,
-controricorrente-
-intimato- avverso ORDINANZA di CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE ROMA n. 1678/2023 depositata il 19/01/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/02/2024 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Questa Corte di Cassazione, con ordinanza n. 1678/2023, pubblicata il 19/1/2023, ha respinto il ricorso per cassazione proposto da NOME COGNOME, anche quale erede con beneficio di inventario di NOME, avverso sentenza della Corte d’appello di Venezia del 2014, con la quale era stata confermata (con riduzione però della condanna al risarcimento del danno) la sua responsabilità (oltre a quella dei suoi danti causa), ex art.2476 c.c., quale amministratore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in giudizio originariamente promosso dal dott. NOME COGNOME, custode della quota di capitale gi à intestata a NOME COGNOME oggetto di sequestro giudiziario, nel quale, dichiarato il sopraggiunto fallimento della società, si era costituito il curatore del fallimento, facendo propria l’azione intrapresa dal custode giudiziario.
In particolare, i giudici di questa Corte hanno respinto il primo motivo del ricorso del COGNOME, con il quale si denunciava « violazione e mancata applicazione degli artt. 78 e 182 c.p.c. in relazione all’art. 24 Cost. nonché dell’art. 180 c.p.c.; il tutto in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p .c.», riproponendo eccezione già sollevata in sede di definitiva precisazione delle conclusioni in grado d’appello e sostenendo che « il processo sarebbe nullo ab origine, per mancanza di integrit à del
contraddittorio, non essendo stato nominato un curatore speciale della societ à, la quale era destinataria dell’atto di citazione e non era rappresentata dai suoi amministratori, posto che anch’essi erano convenuti in giudizio e in palese conflitto di interessi », e hanno osservato che correttamente la Corte d’appello aveva ritenuto che « la dichiarazione di fallimento, con la nomina del curatore fallimentare, aveva fatto venire meno la necessit à -ma, si potrebbe aggiungere, la stessa giuridica possibilit à -di nominare alla societ à un curatore speciale ai sensi dell’art. 78 c.p.c. Infatti, da quel momento la societ à non era pi ù priva di un soggetto che la rappresentasse nel processo, avendone i poteri (art. 31 legge fall.) e non versando in conflitto di interessi. E, ci ò che pi ù conta, quel soggetto ha effettivamente partecipato al giudizio » e che la costituzione in giudizio del fallimento era intervenuta in tempo utile per essere presente gi à alla prima udienza e, comunque, il curatore non aveva sollevato eccezioni di sorta, limitandosi a fare propria l’azione del custode giudiziario. Questa Corte ha poi rilevato che, peraltro, il convenuto nell’azione di responsabilità non era legittimato a « invocare il diritto di difesa e il principio del contraddittorio, per ottenere il risultato della nullit à del processo e cos ì della sentenza di condanna pronunciata contro di lui. Infatti, «l’interesse tutelato dall’art. 78, secondo comma, cod. proc. civ., è esclusivamente quello della parte rappresentata e non delle altre parti» (Cass. n. 19149/2014) ».
Avverso la suddetta pronuncia, NOME COGNOME propone ricorso per revocazione, notificato il 19/7/2023, affidato a unico motivo, nei confronti del RAGIONE_SOCIALE (che resiste con controricorso ) e di NOME COGNOME , in qualità di custode giudiziario della quota sequestrata di NOME COGNOME pari al 30,74% del capitale sociale della società RAGIONE_SOCIALE dichiarata fallita (che non svolge difese ).
Il PG ha depositato memoria, concludendo per l’inammissibilità del ricorso per revocazione.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Il ricorrente lamenta, con unico motivo, « l’erronea supposizione » dell’esistenza di una valida instaurazione del contraddittorio nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE, soggetto effettivamente leso nella causa, intrapresa dal custode giudiziario, di responsabilità degli amministratori, sia nelle fasi di merito che nella fase di legittimità, cui, non potendo essere la stessa rappresentata dai suoi amministratori, stante l’evidente conflitto di interessi, doveva essere, al fine di consentirle di stare in giudizio, nominato un curatore speciale), avendo questa Corte « erroneamente ritenuto che tale incombente sarebbe stato validamente posto in essere » attraverso la costituzione in giudizio della RAGIONE_SOCIALE della società e non avendo tenuto conto della memoria ex art.380 bis 1 c.p.c. depositata dal ricorrente.
2.Il ricorrente, in memoria, ha anche eccepito l’inammissibilità del controricorso in quanto non notificatogli, ai sensi dell’art.370 c.p.c.
Senonché nel presente giudizio si applica l’art.370 c.p.c. nel testo modificato dal d.lgs. 149/2022, in quanto si tratta di giudizio introdotto successivamente al 1°/1/2023, in forza del quale il controricorso deve essere soltanto depositato, con modalità telematiche, entro il termine di quaranta giorni dalla notificazione del ricorso, essendosi modificata la vecchia disposizione , che richiedeva la notifica del controricorso nel termine di legge.
La ragione della modifica va individuata nella generalizzata digitalizzazione del sistema processuale, ormai attuato anche per il processo di cassazione.
3.Tanto precisato, l’unica censura è inammissibile.
Invero, l’errore di fatto previsto dall’art. 395, n. 4, c.p.c., idoneo a costituire motivo di revocazione, consiste in una falsa percezione
della realtà o in una svista materiale che abbia portato ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso oppure l’inesistenza di un fatto positivamente accertato dagli atti o documenti di causa, purché non cada su un punto controverso e non attenga a un’errata valutazione delle risultanze processuali (Cass. 26890/2019; Cass. 20635/2017).
Questa Corte (Cass.17443/2008) ha chiarito che « l’errore di fatto, quale motivo di revocazione della sentenza ai sensi dell’art. 395, richiamato per le sentenze della Corte di cassazione dall’art. 391bis cod. proc. civ., deve consistere in una falsa percezione di quanto emerge dagli atti sottoposti al suo giudizio, concretatasi in una svista materiale su circostanze decisive, emergenti direttamente dagli atti con carattere di assoluta immediatezza e di semplice e concreta rilevabilità, con esclusione di ogni apprezzamento in ordine alla valutazione in diritto delle risultanze processuali ».
Questa Corte (Cass.10466/2011) ha altresì precisato che « in tema di revocazione delle sentenze della Corte di Cassazione configurabile solo nelle ipotesi in cui essa sia giudice del fatto ed incorra in errore meramente percettivo non può ritenersi inficiata da errore di fatto la sentenza della quale si censuri la valutazione di uno dei motivi del ricorso ritenendo che sia stata espressa senza considerare le argomentazioni contenute nell’atto d’impugnazione, perché in tal caso è dedotta un’errata considerazione e interpretazione dell’oggetto di ricorso ».
Risulta evidente che ciò che si contesta non è una falsa percezione della realtà, intesa come svista obiettivamente e immediatamente rilevabile, la quale abbia portato « ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso dagli atti e documenti, ovvero l’inesistenza di un fatto decisivo che dagli atti o documenti stessi risulti positivamente accertat o» e che
presuppone « l’esistenza di divergenti rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti una dalla sentenza e l’altra dagli atti e documenti di causa » (Cass. SU 31032/2019), ma un errore che coinvolge proprio l’attività valutativa del giudice su di un punto controverso oggetto della decisione, oltretutto sin dalle fasi di merito.
Il ricorrente assume poi che questa Corte sarebbe incorsa nell’errore revocatorio anche perché non avrebbe esaminato la memoria ex art.380 bis 1 c.p.c. depositata prima dell’adunanza camerale dal NOME COGNOME, « nella quale era stato analizzato, implementato e trattato nuovamente e compiutamente il primo mezzo di ricorso e cioè la nullità della sentenza della Corte d’appello di Venezia per mancata integrazione del contraddittorio nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE, anche alla luce della giurisprudenza creatasi nelle more del giudizio di legittimità e successivamente alla proposizione del ricorso ».
Anche tale profilo di doglianza è inammissibile, in quanto, come questa Corte ha già chiarito « in tema di revocazione delle pronunzie della Corte di cassazione, l’omesso esame di una memoria depositata ex art.380 bis c.p.c. può costituire errore di fatto, rilevante ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c., soltanto quando la parte ricorrente dimostri, oltre alla mancata considerazione dello scritto difensivo, anche la decisività di quest’ultimo ai fini dell’adozione di una statuizione diversa, nel senso che occorre che nella decisione impugnata emerga un’insanabile illogicità o incongruenza con un elemento di fatto evidenziato nella memoria, in ipotesi per neutralizzare un rilievo imprevedibilmente sollevato dal giudice con la relazione preliminare ovvero dedotto in controricorso » (Cass. 22561/2016); da ultimo, si è ribadito che, costituendo la memoria ex art. 378 c.p.c., di regola, un mero strumento di approfondimento di questioni di diritto poste con ricorso e controricorso, senza che sia possibile introdurre, con essa,
nuove e tardive allegazioni, la sua espressa disamina risulta necessaria « solo ove veicoli mutamenti normativi o sentenze della Corte Costituzionale dei quali il giudice di legittimità deve necessariamente tenere conto »(Cass. 8939/2021). Si è poi ritenuto che, in tema di revocazione delle pronunce della Corte di cassazione, l’omesso esame delle memorie difensive, depositate ai sensi degli artt. 378, 380 bis o 380 bis, n. 1, c.p.c., con allegate sentenze invocate quali giudicati esterni tra le parti su un punto decisivo della controversia, ai fini dell’adozione di una statuizione diversa, sia deducibile come errore di fatto ex art. 395, n. 4, c.p.c. (Cass. 17379/2022).
Nella specie, si afferma soltanto che in detta memoria (il cui contenuto non viene peraltro riprodotto) vi sarebbe stata una più ampia argomentazione delle ragioni fondanti il primo motivo di ricorso.
Per tutto quanto sopra esposto, va dichiarato inammissibile ricorso.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi € 6.000,00, a titolo di compensi, oltre € 200,00 per esborsi, nonché al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio dell’8 febbraio 2024.
La Presidente