Sentenza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 27909 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 1 Num. 27909 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/10/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 21904/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende,
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE),
-controricorrente-
nonché contro
COGNOME NOME curatore della RAGIONE_SOCIALE,
-intimata- avverso la sentenza della Corte d’Appello di Milano n. 1824/2023 depositata il 05/06/2023.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza tenutasi in data 11/09/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
Uditi il AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO che ha concluso per l’accoglimento del ricorso e il difensore di COGNOME NOME, AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
1 La Corte d’Appello di Milano, con l’impugnata sentenza, accoglieva la domanda, proposta da RAGIONE_SOCIALE, di revocazione della sentenza n. 4070/2022, emessa dalla stessa Corte distrettuale quale rigetto del reclamo avverso la sentenza n. 108/2022 del Tribunale di Monza di apertura della liquidazione giudiziale di RAGIONE_SOCIALE, e pertanto, in accoglimento del reclamo, revocava la sentenza del giudice di primo grado, che aveva dichiarato aperta la liquidazione giudiziale di RAGIONE_SOCIALE, disponendo gli adempimenti successivi di cui all’art. 53 d.lvo 14/2019 (di seguito indicato per brevità ‘C.C.I.I.’).
1.1 La Corte, dopo aver ricostruito in punto di fatto la vicenda processuale originata dalla presentazione da parte di NOME COGNOME – che allegava di essere creditore di RAGIONE_SOCIALE per importo di € 36.000, costituito da dieci titoli cambiari del valore di € 3.600 cadauno -della domanda di dichiarazione dell’apertura della liquidazione giudiziale della suddetta società, accolta dal Tribunale di Monza, con il riconoscimento della legittimazione attiva del creditore istante, e così confermata dalla Corte d’Appello di
Milano (che rigettava il reclamo proposto dalla debitrice), riteneva invece che la sentenza della Corte, pronunciata all’esito del giudizio ex art. 51 C.C.I.I., fosse inficiata da un errore di fatto che ne giustificava la revocazione.
In particolare, secondo quanto accertato dai giudici di seconde cure , era pacifico che la ragione di credito fatta valere con l’istanza di apertura della procedura di liquidazione, fosse costituita da cambiali, oggetto di precetto, per € 36.000 che avevano come causa il debito della società nei confronti di COGNOME, accertato con sentenza del Tribunale di Torre Annunziata, e poi novato con atto di transazione del 16.09.2020, definendo l’importo dovuto in complessivi € 88.000,00. Tali cambiali venivano pagate solo in parte. Per regolare il pagamento delle cambiali residue, era intervenuta una scrittura intestata «atto di transazione con accollo liberatorio», tra RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e il terzo, RAGIONE_SOCIALE, nell’ambito della quale quest’ultima dichiarava di accollarsi il debito residuo.
1.2 Secondo quanto argomentato dal giudice della revocazione, la sentenza del giudice del reclamo aveva tratto il convincimento circa l’inefficacia dell’accordo transattivo sulla scorta dell’erroneo assunto del mancato pagamento in favore di COGNOME della somma di € 40.000 da parte del terzo accollante RAGIONE_SOCIALE, mentre, invece, il versamento da parte dell’accollante al creditore risultava documentato dalla contabile del bonifico prodotta da RAGIONE_SOCIALE già in sede di reclamo.
1.3 In considerazione dell’accertato errore percettivo, ritenuto decisivo, la Corte ha rivalutato nel merito il reclamo proposto da RAGIONE_SOCIALE, reputandolo fondato, in quanto COGNOME difettava della legittimazione a proporre istanza di apertura della liquidazione giudiziale non essendo egli, per effetto del pagamento del terzo accollante, più creditore della RAGIONE_SOCIALE.
2 COGNOME ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza sulla base di un unico motivo, illustrato con memoria ex art. 380bis1 c.p.c.; RAGIONE_SOCIALE ha svolto difese mediante controricorso e memoria ex art 380bis1 c.p.c.; il pubblico ministero ha depositato requisitoria scritta, poi confermata nelle conclusioni in udienza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 Non ricorrono i presupposti per la riunione del presente procedimento con la causa n.3536/2023, pendente presso questo Ufficio, avente ad oggetto il ricorso per Cassazione promosso dalla RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza che ha deciso il reclamo, trattandosi di due diversi giudizi rispetto ai quali non sussiste una stretta necessità di trattazione congiunta, anche in considerazione della rispettiva calendarizzazione per come già disposta nel medesimo ruolo complessivo d’udienza dello stesso Collegio.
Il mezzo di impugnazione denuncia violazione dell’art. 395, comma 1° n. 4, c.p.c., in relazione all’art. 360 , comma 1° n. 3, c.p.c.; si sostiene che la mancata percezione del documento contabile di bonifico del 31.12.2021, assunto dal Giudice della revocazione come elemento, unico e dirimente, del proprio decisum , è in realtà circostanza priva di decisività sia in ordine alla posizione personale del creditore COGNOME sia, altresì, con riferimento all’esposizione debitoria della società ricorrente.
2.1 In particolare, a dire del ricorrente, gli elementi che la Corte d’Appello aveva valorizzato per escludere l’estinzione del credito, con conseguente legittimazione di COGNOME ad agire ex art. 37, comma 2°, C.C.I.I., erano: i) la natura non privativa dell’assunzione da parte di RAGIONE_SOCIALE del debito RAGIONE_SOCIALE; ii) la
circostanza che i titoli di credito fossero rimasti nella disponibilità del creditore; iii) il mancato intervento dell’atto di quietanza.
2.2 Va preliminarmente rilevata l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità del ricorso per come sollevata dalla controricorrente.
2.2 Sostiene infatti RAGIONE_SOCIALE che il ricorso sia stato notificato in data 7/11/2023, ben oltre il termine, previsto dall’art. 51, comma 13, C.C.I.I., di 30 giorni dalla comunicazione integrale della sentenza da parte della Cancelleria al AVV_NOTAIO di COGNOME, costituito nel giudizio di reclamo.
2.3 Va, tuttavia, rilevato che, come si desume inequivocabilmente dalla lettura dell’impugnato provvedimento, l’odierno ricorrente è rimasto contumace nel giudizio di revocazione.
2.4 Orbene l’art. 292, comma 4°, c.p.c. prevede espressamente la notifica alla parte personalmente nel caso di sua contumacia.
2.5 Al riguardo, vale infatti il principio, più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo il quale, nell’ipotesi in cui il giudizio si sia svolto nella contumacia di una parte, ritualmente o meno dichiarata (e perfino ancorché erroneamente dichiarata), la sentenza che lo conclude deve essere notificata alla parte personalmente, ai sensi dell’art. 292, ultimo comma, c.p.c., con l’effetto di rendere applicabile il termine breve per impugnare di cui all’art. 325 c.p.c. (Cass. 31516/2018, 6571/2013, 2113/2012, 4485/2011, 4485/2009 e 5682/2006).
2.6 Ininfluente deve ritenersi la circostanza che COGNOME si sia costituito nel giudizio di reclamo conclusosi con l’emissione della sentenza oggetto di revocazione dal momento che, risultando il ricorrente contumace nel successivo giudizio per revocazione, non trova applicazione la disciplina dettata dagli artt. 170 e 285 c. p.c., ma quella dettata dall’art. 292, comma 4, c.p.c. (cfr. sul punto Cass.25889/2023).
2.7 Nel caso di specie, non esistendo agli atti la comunicazione integrale del provvedimento alla parte personalmente, non opera il termine breve di cui all’art. 51, comma 13, C.C.I.I ma quello ‘lungo’ di sei mesi, previsto dall’art 327 c.p.c., con la conseguente tempestività del ricorso.
3 Passando al merito, il mezzo di impugnazione è infondato.
3.1 Sono ormai noti i principi elaborati da questa Corte in materia di giudizio di revocazione. In particolare, si è affermato: a) l’errore di fatto riconducibile alle ipotesi previste dall’art. 395, n. 4, c. p. c., consiste in un errore di percezione, o in una mera svista materiale, che abbia indotto il giudice a supporre l’esistenza (o l’inesistenza) di un fatto decisivo, che risulti, invece, in modo incontestabile, escluso (o accertato) in base agli atti e ai documenti di causa, sempre che tale fatto non abbia costituito oggetto di un punto controverso su cui il giudice si sia pronunciato; l’errore in questione presuppone, quindi, il contrasto fra due diverse rappresentazioni dello stesso fatto, delle quali una emerge dalla decisione, l’altra dagli atti e documenti processuali (cfr., anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 3544/2022; Cass SU.,10854/2021; 10249/2021; 31032/2019), sempreché la realtà desumibile dalla decisione stessa sia frutto di supposizione e non di giudizio ( cfr. tra le tante Cass.4883/2025, 3544/2022 e 16138/2019); b ) il vizio revocatorio, invece, non ricorre ove la statuizione della Corte sia conseguenza di una pretesa errata valutazione od interpretazione delle risultanze processuali, essendo esclusa dall’area degli errori revocatori la sindacabilità di errori di giudizio formatisi sulla base di una valutazione (cfr. 20635/2017 e 16138/2019 ); c) l’errore deve essere essenziale e decisivo (cfr., anche nelle rispettive motivazioni, Cass., SU, n. 2013/2024, Cass. n. 3544/2022, 11200/2018, 25871/2017 e 24334/2014), nel senso che tra la percezione asseritamente erronea da parte del giudice e la statuizione emessa deve esistere un nesso causale tale che,
senza l’errore, la pronuncia sarebbe stata diversa (cfr.. ancora Cass. n. 3544/2022 e 16138/2019) e deve rivestire i caratteri dell’assoluta evidenza e della rilevabilità sulla scorta del mero raffronto tra la decisione impugnata e gli atti o documenti del giudizio (cfr. Cass. 20013/2024), senza che si debba, perciò, ricorrere all’utilizzazione di argomentazioni induttive o a particolari indagini che impongano una ricostruzione interpretativa degli atti medesimi.
3.2 Ciò premesso, mette conto osservare che con il secondo accordo transattivo si conveniva che l’esposizione debitoria della RAGIONE_SOCIALE verso COGNOME veniva assunta dalla società RAGIONE_SOCIALE, la quale si impegnava, con effetto liberatorio della debitrice, nei confronti di COGNOME, al pagamento, da eseguirsi entro la fine dell’anno 2021, pena l’inefficacia dell’accordo, della somma di € 40.000.
3.3 La censura non ha messo in discussione l’affermazione contenuta nella sentenza di reclamo ex art. 51 del C.C.I.I. circa il mancato pagamento da parte di RAGIONE_SOCIALE del debito di € 40.000,così ridottosi, per effetto della intervenuta transazione, (si legge a pagina 5 della sentenza del 27/12/2022 ‘ il pagamento pacificamente non è ancora avvenuto ‘) in palese contrasto con la circostanza di fatto, documentata dalla contabile del bonifico prodotta da quest’ultimo già in sede di reclamo, del tempestivo versamento dell’integrale residuo debito da parte del terzo assuntore in favore del ricorrente in esecuzione di quanto previsto dalla seconda transazione.
3.4 Si tratta all’evidenza di un chiaro ed inequivocabile errore di percezione di un dato di fatto (la ricezione da parte del creditore della somma di denaro costituente il debito di RAGIONE_SOCIALE versata dall’assuntore) che non implica alcuna valutazione o interpretazione di documenti e risultanze processuali ed integra, quindi, il vizio revocatorio.
3.5 Quanto alla decisività dell’errore, oggetto di contestazione con la doglianza, è di tutta evidenza, come correttamente rimarcato dal giudice della revocazione, che l’avvenuto tempestivo adempimento da parte dell’accollante RAGIONE_SOCIALE, disconosciuto dalla Corte d’Appello per errore, ha determinato la liberazione della società debitrice nei confronti del creditore istante.
3.6 Il pagamento del debito, integrando un fatto estintivo dell’obbligazione della RAGIONE_SOCIALE, originario debitore, ha effetto dirimente in quanto la Corte ha ritenuto inefficace l’accollo liberatorio sulla base del fallace assunto che il pagamento ‘pacificamente’ non fosse ancora avvenuto quando, al contrario, avendo il terzo assuntore provveduto al pagamento, COGNOME, alla data di proposizione del ricorso innanzi al Tribunale di Monza (il 21.07.2022), non era legittimato a chiedere la dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale di RAGIONE_SOCIALE.
3.7 E’, inoltre, irrilevante la circostanza che la Corte abbia escluso la natura privativa dell’accollo che determina la liberazione del debitore sin dal momento dell’accordo, a fronte della regolare esecuzione della transazione con il pagamento da parte del terzo che scioglie il vincolo obbligatorio del debitore principale anche nell’ipotesi di accollo esterno di tipo cumulativo nel quale l’obbligazione dell’assuntore si aggiunge a quella del debitore originario dando luogo al fenomeno della solidarietà passiva tra condebitori.
3.8 Può quindi ragionevolmente ritenersi che, ove la Corte avesse avuto contezza del dato inconfutabile costituito dalla contabile del bonifico prodotta dalla società attestante il pagamento da parte dell’accollante, avrebbe accertato la mancata qualità di creditore di COGNOME, essendo, a fronte di una transazione completamente adempiuta con il pagamento del terzo, privi di autonoma rilevanza gli altri elementi indizianti (natura dell’accollo, assenza di
quietanza, possesso da parte del creditore dei titoli di credito) presi in considerazione dalla Corte del reclamo solo per corroborare il proprio convincimento di non riconoscere la legittimazione attiva di COGNOME per come fondato sull’erronea persuasione della mancata esecuzione dell’accordo transattivo.
Il ricorso va quindi rigettato.
4 Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
5 Non ricorrono i presupposti di cui all’art 96 c.p.c. non potendosi ritenere che il ricorrente abbia agito in mala fede o per colpa grave.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano in € 5.200 di cui € 200 per esborsi, oltre accessori di legge.
Dà atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del d.P.R. del 30.05.2002 n.115, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, se dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella Camera di Consiglio tenutasi in data 11 settembre 2025.
Il giudice estensore il presidente
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