Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 2984 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 2984 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1991/2024 R.G. proposto da : COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE domicilio digitale avvEMAIL, unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
Contro
COGNOME rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
nonchè
contro
CONSIGLIO REGIONALE DELLA CALABRIA, REGIONE CALABRIA, -intimati- ricorso per revocazione della ORDINANZA di CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE ROMA n. 35304/2023 depositata il 18/12/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/01/2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME in proprio e in qualità di elettore iscritto nelle liste elettorali del Comune di Santo Stefano in Aspromonte, chiedeva che il Tribunale di Catanzaro dichiarasse l’ineleggibilità del candidato eletto NOME COGNOME ai sensi dell’art. 2, primo comma, n. 1, della legge 23 aprile 1981, n. 154, deducendo che questi, in ragione della sua qualità di Dirigente scolastico presso l’Istituto Superiore l’ I.I.S. ‘ RAGIONE_SOCIALE‘ di Gioia Tauro era inquadrabile nella fattispecie indicata dalla normativa richiamata per i ‘Dipendenti civili dello Stato che svolgono funzioni di Direttore Generale o equiparate o superiori’. Il Tribunale di Catanzaro ha respinto la domanda e così la Corte d’appello, adita dal Princi, che ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, respinto con ordinanza di questa Corte n. 35304/2023, oggetto dell’odierno ricorso per revocazione. Si è costituito con controricorso COGNOME
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Il ricorrente deduce l’errore di fatto revocatorio, ai sensi dell’art. 391 -bis e dell’art. 395 comma 4 c.p.c., poiché, per mera svista , la Corte adita avrebbe omesso di pronunciarsi sul motivo n. 2 del ricorso che esplicitamente eccepiva la v iolazione dell’art. 360 coma 1 n. 3 per violazione ed errata interpretazione della L. n. 154 del 1981 art. 2 comma 1 n. 1 in relazione all’art. 12 delle preleggi nonché all’art. 25 e art. 19 del D.lgs. n. 165 del 2001; L. 59/1997,D.L. 59/1998, D.P.R. 275 del 1999; D.I. 44/01; L. 107/2015; D.M. 129/18 e ai CCNL del 26.05.1999, del 19.05.2010, del 11.04.2006, del 15.04.2010, del 08.07.2019 e CCNQ del 03.08.2021. Osserva che la Corte di Cassazione ha affermato quanto segue: ‘ Premesso che, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa del ricorrente, la disciplina delle funzioni dirigenziali introdotta dal d.lgs. n. 165 del 2001 non ha comportato affatto il superamento dell’articolazione in fasce, espressamente prevista
dagli artt. 15 e 23, i quali dispongono la suddivisione del ruolo dei dirigenti in due fasce distinte, per le quali gli artt. 28 e 28-bis prevedono differenti modalità di accesso, si osserva che gli artt. 16 e 17 del medesimo decreto enumerano separatamente le funzioni spettanti ai dirigenti degli uffici dirigenziali generali da quelle assegnate agli altri dirigenti: a quest’ultima distinzione, e non già a quella per fasce, ha fatto correttamente riferimento la sentenza impugnata, la quale, nell’interpretare la locuzione «dipendenti dello Stato che svolgano le funzioni di direttore generale o equiparate o superiori», adoperata dal legislatore nell’art. 2, primo comma, n. 1 della legge n. 154 del 1981, ha posto a confronto la disposizione di cui all’art. 16 con quella di cui all’art. 25, che individua le funzioni dei dirigenti scolastici, concludendo che, anche a voler tenere conto della specificità del modello organizzativo dell’ufficio e del complesso di attribuzioni riconosciute alla dirigenza scolastica dalla contrattazione collettiva, le funzioni del dirigente scolastico non integrano con pienezza i compiti e le funzioni tipiche del dirigente degli uffici dirigenziali generali, in considerazione della complessità dell’attività materiale connessa alle funzioni apicali attribuite a quest’ultim o ‘ .
Il ricorrente deduce che nel decidere la questione sottoposta al suo giudizio nomofilattico, è stata utilizzata esclusivamente la normativa prevista dal il T.U.P.I. ( D.lgs. 165 del 2001 ) e, nello specifico, gli art. 16 e 25 malgrado la parte avesse dedotto che a per procedere correttamente all’individuazione delle funzioni del Dirigente Scolastico e, conseguentemente al giudizio di equiparazione con quelle del Direttore Generale, fosse necessario fare riferimento, oltreché al T.U.P.I., a tutte le principali fonti normative e contrattuali inerenti la dirigenza scolastica, che aveva elencato in ricorso.
La Corte sarebbe incorsa in errore per l’assenza di qualsiasi riferimento alla copiosa normativa evolutiva inerente le funzioni del Dirigente scolastico e segnatamente in questi errori percettivi: a) errore che riguarda l’assunto secondo cui nel ricorso si sarebbe rilevato ‘il superamento dell’articolazione in fasce’ poiché, come è facilmente evincibile e riscontrabile, nel ricorso per cassazione alcun rilievo in tal senso è stato formulato; b) riferendosi alle funzioni del Dirigente scolastico afferma che le stesse ‘non integrano con pienezza le funzioni del dirigente scolastico’ quando la L. 154 del 1981 esplicitamente richiede ‘l’equiparazione’; c) l’assimilazione del Dirigente Scolastico al dirigente di seconda fascia (art. 17 D.lgs. 165/2001), contravvenendo all’orientamento diffuso e consolidato della stessa Corte. Si appalesa quindi secondo il ricorrente l’errore percettivo, in quanto alcun passaggio della sentenza fa riferimento a tutto l’assetto normativo indicato, limitandosi a liquidare la questione con il semplicistico riferimento ad una singola fonte legislativa che non consente di individuare con pienezza le funzioni del Dirigente scolastico.
2.- Il ricorso è inammissibile.
La parte non lamenta un errore di fatto ma una (pretesa) erronea valutazione in punto di diritto in ordine all’inquadramento dei compiti e delle funzioni del Dirigente scolastico e segnatamente in ordine alla equiparabilità di questo ruolo a quello dei ‘ dipendenti civili dello Stato che svolgano le funzioni di direttore generale o equiparate o superiori ed i capi di gabinetto dei Ministri ‘, ai fini di ritenerne la ineleggibilità secondo quanto disposto dall’art 2 della legge 154/1981.
Nell’ordinanza impugnata non è stata omessa la considerazione del motivo di ricorso e della normativa in essa richiamata al fine di sostenere che il Dirigente scolastico è equiparabile quanto alla ineleggibilità al Direttore generale, ma è
stata considerata erronea la lettura che ne offre la parte. La Corte di Cassazione ha verificato se in base alla normativa vigente ritenuta applicabile al caso di specie si possa o meno considerare il Dirigente scolastico ineleggibile in quanto equiparabile ad un Direttore generale; e ha rilevato che ‘ la disciplina delle funzioni dirigenziali introdotta dal d.lgs. n. 165 del 2001 non ha comportato affatto il superamento dell’articolazione in fasce’ così rendendo di una valutazione in punto di diritto e non rilevando un fatto materiale. Analogamente è una valutazione in punto di diritto la conclusione, in conformità a quanto ritenuto dalla Corte d’appello, che ‘ le funzioni del Dirigente scolastico non integrano con pienezza i compiti e le funzioni tipiche del dirigente degli uffici dirigenziali generali’ e che pertanto non ricorre la dedotta causa di incompatibilità.
3.- Deve qui ricordarsi che il giudice di merito non è tenuto a dare analitica risposta a tutte le argomentazioni difensive della parte purché esponga nella motivazione le quali sono le norme giuridiche che ha ritenuto applicabili e le ragioni del proprio convincimento, dovendosi in tal caso ritenere implicitamente disattese tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse (Cass. 1608/2014; Cass. n. 12121/2004). In ciò si estrinseca l’operazione del giudizio e cioè la individuazione ed interpretazione della norma applicabile alla fattispecie.
4.- La parte ricorrente con il suo ricorso per revocazione ripropone nella sostanza la tesi già esposta in appello e ribadita in Corte di Cassazione, ponendosi quindi con il suo ricorso completamente al di fuori dal paradigma dell’art. 395 n. 4 c.p.c. il quale richiede che l’errore riguardi un fatto oggettivo materiale e non il giudizio.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte l’errore rilevante ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c.: a) consiste
nell’erronea percezione dei fatti di causa che abbia indotto la supposizione dell’esistenza o dell’inesistenza di un fatto, la cui verità è incontestabilmente esclusa o accertata dagli atti di causa (sempre che il fatto oggetto dell’asserito errore non abbia costituito terreno di discussione delle parti); b) non può concernere l’attività interpretativa e valutativa; c) deve possedere i caratteri dell’evidenza assoluta e dell’immediata rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti di causa; d) deve essere essenziale e decisivo; e) deve riguardare solo gli atti interni al giudizio di cassazione e incidere unicamente sulla pronuncia della Corte (Cass. sez. un n. 20013 del 19/07/2024). L’errore revocatorio, pertanto non può riguardare la violazione o falsa applicazione di norme giuridiche, ma deve consistere in un errore di percezione e deve avere rilevanza decisiva, oltre a rivestire i caratteri dell’assoluta evidenza e della rilevabilità sulla scorta del mero raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti o documenti del giudizio, senza che si debba, perciò, ricorrere all’utilizzazione di argomentazioni induttive o a particolari indagini che impongano una ricostruzione interpretativa degli atti medesimi. In termini, sempre questa Corte a Sezioni Unite (Cass. n. 31032/2019) ha affermato che « l’impugnazione per revocazione delle sentenze della Corte di cassazione è ammessa nell’ipotesi di errore compiuto nella lettura degli atti interni al giudizio di legittimità, errore che presuppone l’esistenza di divergenti rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti una dalla sentenza e l’altra dagli atti e documenti di causa; pertanto, è esperibile, ai sensi dell’art. 391-bis c.p.c. e art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4, la revocazione per l’errore di fatto in cui sia incorso il giudice di legittimità che non abbia deciso su uno o più motivi di ricorso, ma deve escludersi il vizio revocatorio tutte volte che la pronunzia sul motivo sia effettivamente intervenuta, anche se con motivazione che non
abbia preso specificamente in esame alcune delle argomentazioni svolte come motivi di censura del punto, perché in tal caso è dedotto non già un errore di fatto (quale svista percettiva immediatamente percepibile), bensì un’errata considerazione e interpretazione dell’oggetto di ricorso e, quindi, un errore di giudizio » .
Ne consegue la dichiarazione di inammissibilità del ricorso; le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo in favore della parte costituita.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.000,00 per compensi, euro 200,00 per spese non documentabili, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 10/01/2025.