Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 14869 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 14869 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/06/2025
S E N T E N Z A
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME COGNOME rappresentata e difesa per procura alle liti in calce al ricorso dall’Avvocat o NOME COGNOME
Ricorrente
contro
NOME COGNOME rappresentato e difeso per procura alle liti in calce al controricorso da ll’Avvocato NOME COGNOME
Controricorrente avverso la sentenza n. 1825/2020 della Corte di appello di Napoli, depositata il 22.5.2020.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del l’8.4. 2025 dal consigliere NOME COGNOME
Udite le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. NOME COGNOME che ha chiesto che la Corte sottoponga alle parti la questione della nullità del negozio del 19.8.1988; in subordine che sia accolto il primo motivo, assorbiti il secondo ed il terzo e rigettato il quarto.
Udite le difese svolte dall’Avvocato NOME COGNOME per il controricorrente.
Fatti di causa
Nel 1996 NOME propose opposizione al decreto ingiuntivo che le intimava di pagare la somma di lire 27.000.000 a NOME e NOME, a titolo di adempimento della scrittura privata del 19.8.1988, in forza della quale, dopo avere acquistato dagli NOME, con atto del 29.11.1987, un immobile sito in comune di Lioni, l’ingiunta si era obbligata a versare agli acquirenti il suddetto importo a fronte del rilascio da parte dei venditori di atti notori ritenuti necessari per fruire del contributo statale previsto dalla legge n. 219 del 1981 in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 1980 e 1981.
A sostegno dell’opposiz ione COGNOME assunse di avere sottoscritto la scrittura privata sulla base della erronea convinzione che gli atti notori dei venditori fossero necessari per l’esito positivo del procedimento già attivato per la concessione del contributo, mentre, in base alla legge n. 12 del 1988, art. 20 bis, ella aveva già acquistato tale diritto nel momento in cui aveva acquistato l’immobile.
Con sentenza del 2009 il tribunale di S. Angelo dei Lombardi, accogliendo le ragioni della opponente, revocò il decreto ingiuntivo. In riforma di questa decisione la Corte di appello di Napoli, con sentenza n. 3371/2014 rigettò l’opposizione, rilevando che, a differenza da quanto ritenuto dal primo giudice, la legge esistente al momento dell’acquisto dell’immobile non prevedeva l’automatica trasmissione all’acquirente del diritto ad ottenere il contributo statale di cui si tratta, sicché a tal fine erano effettivamente necessari gli atti di notorietà dei venditori previsti nella scrittura privata del 19.8.1988.
Con ordinanza n.5158 del 2018 la sentenza di appello venne cassata con rinvio da questa Corte, la quale affermò il principio che, ai sensi dell’art. 21 del decreto legge n. 474 del 1987, i cui effetti erano rimasti sostanzialmente intatti a seguito della sua conversione con la legge n. 12 del 1988, doveva ritenersi che il diritto a ricevere il contributo ex lege n. 219 del 1981 fosse acquisito
dall’acquirente dell’immobile interessato in via automatica per effetto dell’avvenuto acquisto dello stesso.
La causa venne quindi riassunta da COGNOME che ripropose la sua domanda di annullamento per errore della scrittura privata del 19.8.1988.
Con sentenza n. 1825 del 22.5.2020, la Corte di appello di Napoli, quale giudice di rinvio, confermò il decreto ingiuntivo opposto, affermando che effettivamente l ‘ acquirente COGNOME aveva sottoscritto la scrittura privata di cui è causa per errore essenziale, reputando che gli atti di notorietà dei venditori fossero adempimenti necessari per poter fruire del contributo, ma che tale errore non poteva portare all’annullamento dell’impegno negoziale per difetto del requisito della sua riconoscibilità ad oper a dell’altro contraente, che non era stata provata e che anzi poteva venire esclusa in ragione delle condizioni personali dei venditori.
Per la cassazione di questa sentenza, notificata il 25.5.2020, con atto notificato il 20.7.2020, ha proposto ricorso NOME sulla base di quattro motivi.
NOMECOGNOME in proprio e quale erede di NOMECOGNOME ha notificato controricorso.
Il P.M. e le parti hanno depositato memoria.
Ragioni della decisione
1.Il primo motivo del ricorso denuncia violazione ed errata applicazione degli artt. 1427 e 1431 c.c., censurando la sentenza impugnata per avere respinto la domanda di annullamento del contratto per errore sulla base dell’affermazione che esso era essenziale, ma non era riconoscibile dall’altro contraente, pur avendo ritenuto che l’atto fosse stato sottoscritto sulla base della erronea convinzione di entrambi i contraenti della sua indispensabilità ai fini dell’ottenimento del contributo statale. La conclusione, si sostiene, è sbagliata, in quanto il requisito della riconoscibi lità dell’errore, ai fini dell’annullamento del negozio, non è richiesto quando l’errore è comune ad entrambe le parti.
2. Il motivo è fondato.
L’intera controversia si è svolta intorno alla questione se il diritto ad ottenere il contributo statale previsto dalla legge 219 del 1981, in caso di vendita dell’immobile, si trasmetta automaticamente all’acquirente o se invece sia
necessaria, a tal fine, un’attività di cooperazione assentiva dei venditori. Con l’ ordinanza n. 5158 del 2018 la questione è stata definitivamente risolta da questa Corte, nel senso che la legge prevede la trasmissione in via automatica di tale diritto in capo all’acquirente. E’ rimasta pertanto viva la domanda della originaria opponente di annullamento del contratto del 19.8.1988 per errore, in quanto sottoscritto a causa della erronea convinzione che le dichiarazioni di atto notorio dei venditori ivi previste fossero necessarie per ottenere il contributo statale. La Corte di appello di Napoli, in sede di rinvio, ha riconosciuto che tale errore è stato essenziale, in quanto senza di esso la parte non avrebbe sottoscritto l’atto negoziale, ma ha respinto la domanda di annullamento per difetto dell’ulteriore presupposto , previsto dall’art. 1428 c.c., della riconoscibilità dell’errore da parte dell’altro contraente, che ha ritenuto non provato e non altrimenti risultante dalle condizioni personali della parte. La sentenza impugnata si è così espressa: ‘ Dall’esame delle risultanze processuali deve, pertanto, escludersi che l’adesione dell’acquirente alla necessità di rendere le dichiarazioni notorie da parte dei venditori possa essere avvenuta in ragione di ipotetici artifizi o raggiri posti in essere dai medesimi o a causa di un errore -di diritto- essenziale e riconoscibile. Infatti, la indispensabilità della dichiarazione di notorietà non solo non risultava di evidente comprensibilità, sulla base del testo normativo vigente, da persone non provviste di specifica cognizione legale, ma si deve ritenere che il requisito della sua indispensabilità sia frutto di una specifica valutazione di entrambi i contraenti, i quali concordarono sulla sua necessità, al fine di acquisire il contributo statale. Pertanto, si deve ritenere che entrambe le parti abbiano consapevolmente e liberamente ritenuto l’indispensabilità di tali dichiarazioni e, in special modo, l’acquirente , in ciò evidentemente consigliata da persone di fiducia, in quanto suoi familiari, e munite di competenza tecnica nel settore specifico’ ( pag. 13).
La Corte territoriale ha quindi riconosciuto, nel passo sopra riportato, che l’errore circa l’indispensabilità dell a dichiarazione dei venditori al fine di ottenere il contributo statale, era comune ad entrambi i contraenti, ‘ i quali concordarono sulla sua necessità ‘. In questa affermazione, che costituisce un accertamento di fatto, come tale non sindacabile davanti a questa Corte, si annida l’errore di
diritto in cui è caduta la sentenza impugnata, in quanto la conclusione da essa raggiunta si pone in evidente contrasto con il principio, accolto dalla giurisprudenza e dalla dottrina, che se l’errore di diritto a causa del quale l’atto negoziale è compiuto è comune ad entrambi i contraenti, l’annullamento del contratto non rimane più vincolato alla ricorrenza del presupposto della sua riconoscibilità da parte dell’altro contraente . A ragione, pertanto, la ricorrente invoca l’applicazione dell’orientamento della giurisprudenza di questa Corte, che in più occasioni ha precisato che, nell’ipotesi di errore bilaterale, che ricorre quando esso sia comune ad entrambe le parti, il contratto è annullabile a prescindere dall’esistenza del requisito della sua riconoscibilità ( Cass. n. 23996 del 2017; Cass. n. 26974 del 2011; Cass. n. 5829 del 1979; Cass. n. 1217 del 1975; Cass. n. 1923 del 1969; Cass. n. 773 del 1965). Questa conclusione, in accordo con la prevalente dottrina, va senz’altro condivisa, dal momento che il requisito della riconoscibilità dell’errore da parte dell’altro contraente mira a salvaguardare il suo incolpevole e legittimo affidamento sulla dichiarazione negoziale della controparte e sulla validità dell’atto , esigenza che presuppone che le parti, di fronte all’errore che ha dato causa al negozio , si trovino in posizioni diverse e contrapposte, avendo l’una reso una dichiarazione inficiata da errore e l’altra immune da vizi, mentre, nel caso di errore comune, i contraenti si trovano, sotto il profilo considerato, nella medesima posizione, avendo entrambi dato causa al negozio invalido. Ciascuna delle parti compie la dichiarazione negoziale per effetto di un errore proprio, sicché viene meno la ragione della tutela dell’affidamento e ciascuna parte ha la legittimazione ad impugnare il contratto. Anche dal punto di vista logico, del resto, il requisito della riconoscibilità dell’errore da parte dell’ altro contraente può ricorrere solo nel caso in cui questi non sia a sua volta in errore, poiché, in caso contrario, l’errore altrui non è mai riconoscibile.
Nella propria memoria il Procuratore Generale ha posto la questione preliminare di merito della nullità del contratto dedotto in giudizio, rilevando che, in applicazione del principio di diritto formulato dalla ordinanza di questa Corte emessa in questo giudizio, il trasferimento patrimoniale in esso previsto a carico della odierna ricorrente è risultato privo di causa, avendo ad oggetto
un diritto che la parte obbligata aveva già acquisito. La scrittura privata del 19.8.1988 sarebbe pertanto nulla. Ha chiesto quindi che la questione di nullità dell’atto negoziale sia sottoposta alle parti ai sensi dell’art. 101 c.p.c..
Il rilievo svolto dal P.M. non merita accoglimento.
La lettura della ordinanza impugnata mostra chiaramente che la Corte ha accolto il ricorso anche per violazione delle disposizioni sull’annullamento del contratto per errore, segnatamente degli artt. 1427 e 1429 c.c., sulla base dell’affermazione che, alla luce della normativa in vigore, l’atto negoziale impugnato, posto in essere al fine di consentire alla acquirente di fruire del contributo statale, non era affatto indispensabile, dal momento che con la vendita dell’ immobile il relativo diritto era venuto meno in capo ai venditori ed era stato acquistato dalla COGNOME. Si tratta della stessa situazione rappresentata oggi dal Procuratore Generale per argomentare la nullità del contratto di cui si discute per difetto di causa.
Si ritiene, tuttavia, che l ‘orientamento ormai consolidato della giurisprudenza di questa Corte circa la rilevabilità di ufficio della nullità del contratto debba trovare un punto di arresto nel caso del giudizio di rinvio, per lo meno nelle ipotesi in cui la causa che darebbe luogo alla nullità del contratto abbia già formato oggetto degli accertamenti e rilievi sulla base dei quali questa Corte abbia cassato la sentenza impugnata, enunciato il principio di diritto e disposto la prosecuzione del giudizio davanti ad altro giudice, senza tuttavia rilevare la nullità del negozio. Il principio della rilevabilità d’ufficio della nullità del contratto va coordinato con i principi che disciplinano il giudizio di rinvio e, segnatamente, con la prospettata efficacia preclusiva della sentenza di cassazione con rinvio, che riguarda non solo le questioni dedotte dalle parti o rilevate d’ufficio nel procedimento di legittimità, ma, anche, quelle che costituiscono il necessario presupposto della sentenza stessa, ancorché ivi non dedotte o rilevate.
La mancata rilevazione della nullità in sede di giudizio di cassazione, pur in presenza della emersione delle condizioni di fatto e di diritto rivelatrici della sua possibile sussistenza, porta allora a ritenere che la sua rilevabilità resti preclusa al giudice di rinvio e, di conseguenza, nel successivo giudizio di cassazione introdotto contro la sua decisione, in ragione della natura chiusa di tale fase, in
cui il giudice designato dalla pronuncia di cassazione è vincolato al rispetto del principio di diritto formulato in sede di cassazione della sentenza di appello ed è tenuto ad applicarlo nel caso di specie, con l’unico limite rappresentato dallo ius superveniens (Cass. n. 34282 del 2024; Cass. n. 1995 del 2015).
Il primo motivo di ricorso va pertanto accolto. Gli altri motivi, che propongono censure avverso la regolamentazione delle spese di lite, la valutazione degli atti di causa e l’osservanza, da parte del giudice di rinvio, dei limiti posti dall’art. 384 c.p.c. riguardano profili della decisione logicamente e giuridicamente dipendenti dalla risoluzione della questione posta dal primo motivo e si dichiarano, pertanto, assorbiti.
In accoglimento del primo motivo di ricorso, la sentenza è cassata, con rinvio della causa alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, che si adeguerà nel decidere al principio di diritto sopra formulato e provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del l’8 aprile 2025.