Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 30136 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 30136 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/11/2024
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 6013 – 2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in Roma, INDIRIZZO, rappresentato e difeso dall’RAGIONE_SOCIALE ope legis ;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, NOME in proprio e quale legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, elettivamente domiciliati presso lo studio dell’AVV_NOTAIO dalla quale sono rappresentati e difesi, giusta procura in calce al controricorso, con indicazione de ll’ indirizzo pec;
– controricorrenti –
avverso il decreto n. 2652/2022 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, pubblicato il 12/9/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/9/2024 dal consigliere COGNOME;
letta la memoria delle parti controricorrenti;
rilevato che:
con ricorso del 3/1/2022, il RAGIONE_SOCIALE della giustizia propose opposizione, ex art. 5 ter l. 89/2001, avverso il decreto del 6/12/2021, con cui il Consigliere delegato della Corte d’appello di Salerno lo aveva condannato a corrispondere ad NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali garanti di RAGIONE_SOCIALE, a titolo di equo indennizzo, la somma di Euro 2.400,00 ciascuna, per l’irragionevole durata del giudizio presupposto, iniziato nel novembre 2011 e conclusosi nell’aprile 2021 ;
il giudizio presupposto aveva avuto ad oggetto l’opposizione al decreto ingiuntivo n.1041/2011, con cui il Tribunale di Nocera inferiore, ad istanza di RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE, aveva ingiunto alla RAGIONE_SOCIALE e ai fideiussori e soci illimitatamente responsabili, NOME COGNOME e NOME COGNOME, di pagare, in solido tra loro, la somma di Euro 130.589,52 oltre interessi e spese e ad NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali garanti, la somma di Euro 104.000,00; dopo dieci anni, il giudizio si era concluso con l’accertamento del credito dovuto da ciascuna delle garanti NOME e NOME nella misura di Euro 473,02.
i n applicazione del limite stabilito dal comma 3 dell’art. 2 bis della l. 89/2001, il RAGIONE_SOCIALE chiese, pertanto, la revoca parziale del decreto monocratico della Corte d’appello e la rideterminazione dell’equo indennizzo spettante alle ricorrenti NOME COGNOME e NOME COGNOME nei limiti del diritto accertato dal giudice e, cioè, in Euro 473,02 per ognuna;
l a Corte d’appello di Salerno, con decreto n. 2652/2022, rigettò l’opposizione, ritenendo che, anche per le garanti NOME COGNOME e NOME il « patema d’animo » dovesse inevitabilmente essere «correlato al valore patrimoniale oggetto della controversia»;
avverso questo decreto il RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo; NOME COGNOME e NOME COGNOME si sono difese con controricorso, illustrato con successiva memoria; con lo stesso controricorso si sono costituiti NOME COGNOME in proprio e quale legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME quale fideiussore e socio, a cui il ricorso era stato pure notificato;
considerato che:
c on l’unico motivo di ricorso, articolato in relazione al n. 3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., il RAGIONE_SOCIALE della giustizia ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 2 bis comma 3 della legge n. 89/2001, per non avere la Corte d’ appello limitato l’indennizzo dovuto ad NOME COGNOME e NOME COGNOME, evidentemente inferiore al valore della domanda azionata nel giudizio presupposto, al valore del diritto accertato dal Giudice;
l ‘art. 2 bis, come aggiunto dall’articolo 55, comma 1, lettera b), del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, per fissare i criteri di determinazione dell’indennizzo, prevede al terzo comma che l a misura dell’indennizzo, anche in deroga al comma 1, non possa in ogni caso essere superiore al valore della causa o, se inferiore, a quello del diritto accertato dal giudice;
la Corte Costituzionale, nelle ordinanze n. 124 e 204 del 2014, ha chiarito che il limite del «valore accertato» posto dalla norma deve essere inteso come riferito ai soli casi in cui il Giudice abbia comunque accertato l’esistenza di un diritto e che il «valore» dell’accertamento
contenuto nella sentenza, come individuato nella norma, è quello del diritto fatto valere dalla parte attrice, che costituisce un dato oggettivo, che non muta in ragione della posizione che la parte che chiede l’indennizzo aveva nel processo presupposto; in tal senso, è possibile attribuire alla norma un significato conforme alla CEDU, tenuto conto che la Corte europea dei diritti dell’uomo interpreta l’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione, nel senso della spettanza dell’equa soddisfazione per la lesione del diritto alla durata ragionevole del processo a tutte le parti di esso e, in particolare, anche alla parte che sia risultata soccombente (ex aliis, sentenza 19 febbraio 1998, COGNOME e COGNOME contro Svezia, 149/1996/770/967) (così Corte costituzionale, n. 124 del 2014 e, di seguito, n. 204 del 2014, n. 240 del 2014, n. 280 del 2014);
questa Corte ha già stabilito che, con l’introduzione dell’art. 2 bis, il legislatore del 2012 ha recepito l’esigenza, già in precedenza evidenziata (cfr. Cass., sez. 2, sentenza n. 12937 del 2012), di evitare il rischio di sovracompensazioni, se non addirittura di occasionali e insperati arricchimenti (Cass. Sez. 6 – 2, n. 14047 del 08/07/2016); il limite posto dall’art. 2 bis, comma 3, della l. n. 89 del 2001 (nel testo introdotto dal d.l. n. 83 del 2012, conv. in l. n. 134 del 2102), all’indennizzo per ingiusta durata del processo presuppone, perciò, che il giudice dell’equa riparazione individui l’esatto valore della causa, del quale l’eventuale accertamento del diritto da parte del giudice a quo costituisce un dato oggettivo, a prescindere dalla soccombenza della parte istante nel processo presupposto (Cass. Sez. 6 – 2, n. 25711 del 21/12/2015);
nella specie, oltre il termine di durata ragionevole, in giudizio è stato incisivamente ridimensionata (in Euro 473,02) la pretesa di parte ingiungente opposta, ma le opponenti NOME COGNOME e NOME COGNOME
hanno dovuto inizialmente difendersi da un’ingiunzione di Euro 104.000,00;
nelle ordinanze n. 124 e 204 del 2014, la stessa Corte Costituzionale ha, comunque, precisato che restava estranea all’oggetto del giudizio «ogni valutazione in ordine alla legittimità del limite del valore del diritto accertato dal giudice con riguardo all’applicazione RAGIONE_SOCIALE stesso nel caso in cui tale diritto sia stato accertato in parte esistente»;
conseguentemente, il Collegio ritiene opportuna la trattazione del caso in esame in pubblica udienza, con specifico riferimento alla portata dell’applicabilità del comma 3 dell’art. 2 bis della legge n. 89/2001 a parte convenuta, in ipotesi di incisivo ridimensionamento della pretesa attorea;
P.Q.M.
La Corte rinvia la trattazione della causa alla pubblica udienza. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda