Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20468 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 20468 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7815/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso da se stesso e dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente incidentale- avverso ORDINANZA di TRIBUNALE MONZA n. 2343/2019 depositata il 18/12/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ricorso proposto ai sensi degli artt. 702bis c.p.c. e 14 d. lgs. n. 150/2011 la Banca di Credito Cooperativo di Milano socRAGIONE_SOCIALE coop.
(già RAGIONE_SOCIALE. di Sesto San Giovanni RAGIONE_SOCIALE e di seguito semplicemente ‘RAGIONE_SOCIALE‘ o Banca) si è opposta al decreto ingiuntivo n. 301/2019 con cui il Tribunale di Monza, nell’accogliere il ricorso proposto dall’avv. NOME COGNOME le aveva intimato di corrispondergli la complessiva somma di € 116.263,08, oltre interessi moratori e spese di lite, richiestale a titolo di compensi residui ‘ per l’attività di rappresentanza ed assistenza giudiziale per il recupero del credito relativo alle posizioni Rheix – COGNOME in esecuzione della quale erano state trattate ben dodici posizioni creditorie, la maggior parte delle quali derivanti da procedimenti giudiziali e, per la residua parte, stragiudiziali.
Il Tribunale ha rigettato il complesso delle eccezioni preliminari e pregiudiziali proposte dalle parti e infine ha accolto in parte l’opposizione, revocando il decreto ingiuntivo e condannando la banca al pagamento della minore somma di € 45.023,53, oltre interessi moratori nella misura attualmente prevista dall’art. 1284 comma 4 c.c., maturati a decorrere dalla data di deposito della presente decisione sino a quella del saldo effettivo.
Queste, in sintesi, le ragioni della decisione.
Il Tribunale ha rigettato l’eccezione di tardività dell’opposizione, proposta dall’avv. COGNOME sul presupposto che la pretesa del professionista comprendeva prestazioni stragiudiziali, il che escludeva l’applicabilità del rito speciale ex art. 28 della l. n. 794 del 1942 e art. 14 del d. lgs. n. 150 del 2011, seguito dalla banca opponente. Secondo l’eccipiente, l’opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso a carico di BCC avrebbe dovuto essere necessariamente proposta con atto di citazione ai sensi dell’art. 645 c.p.c. e non già con ricorso ex art. 14 d. lgs. n. 150/2011, sicché, ai fini della sua tempestività, avrebbe dovuto considerarsi la
data notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza del 27.5.2019 e non la data di mero deposito dell’atto introduttivo.
Il Tribunale, appunto, ha rigettato l’eccezione rimproverando innanzitutto al legale di non avere chiarito, con riferimento alle posizioni oggetto della domanda monitoria, «in che modo l’erronea scelta del rito in ordine alle prestazioni stragiudiziali avrebbe potuto riverberarsi su quelle giudiziali, in relazione alle quali lo stesso opposto non pare dubitare della correttezza del rito instaurato». Il Tribunale ha poi richiamato il principio secondo cui deve ritenersi esente dal procedimento di cui agli artt. 28 della legge n. 794/1942 e 14 d. lgs. n. 150/2011 «la sola attività professionale stragiudiziale civile che non si ponga in rapporto di dipendenza con il mandato relativo alla difesa o alla rappresentanza giudiziale»; sulla scorta di tale principio ha riconosciuto di non nutrire «alcun dubbio sul fatto che tutte le prestazioni stragiudiziali richiamate nel ricorso per decreto ingiuntivo opposto in questa sede siano comprese nell’ambito del procedimento di cui agli artt. 28 della legge n. 794/1942 e dell’art. 14 d. lgs. n. 150/2011». Il Tribunale ha infine aggiunto, solo per completezza di analisi, che «in applicazione del principio generale desumibile dall’art. 4 comma 5 d. lgs. n. 150/2011, secondo cui ‘ gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono secondo le norme del rito seguito prima del mutamento ‘, l’eventuale errore commesso dalla banca nell’instaurazione del rito applicabile al giudizio di opposizione non avrebbe comunque pregiudicato la tempestività dell’opposizione.
Per quanto interessa in questa sede, il Tribunale ha poi rigettato l’eccezione di giudicato proposta dall’opposto in relazione al decreto ingiuntivo n. 1395 del 2018, chiesto e ottenuto dall’avv. COGNOME per compensi professionali diversi da quelli richiesti nel giudizio
presente giudizio e contro il quale la banca aveva proposto opposizione tardiva poi dichiarata inammissibile. In proposito il tribunale ha sottolineato la diversità del petitum e della causa petendi.
Il Tribunale ha poi rigettato l’eccezione, questa volta proposta da BCC, di incompetenza territoriale del Tribunale di Monza in favore del Tribunale di Roma, giusta previsione della convenzione tariffaria dell’11 aprile 2013 predisposta da BCC Gestione Crediti. Il Tribunale ha riconosciuto che, per questa parte, la convenzione non poteva essere invocata nel caso di specie, non essendovi prova che BCC avesse agito anche quale mandataria della banca opponente, mentre l’accordo del 29 aprile 2015, intervenuto fra le parti in causa, richiamava la convenzione dell’11 aprile 2013, solo relativamente alle tariffe.
Il Tribunale ha poi rigettato l’eccezione, parimenti proposta da BCC, di abusivo frazionamento del credito, motivata in forza del rilievo che, scaturendo il credito professionale da un unico rapporto contrattuale, l’avv. COGNOME avrebbe dovuto necessariamente accorpare in un unico procedimento i compensi richiesti per ciascun singolo sub-procedimento asseritamente rimasto inadempiuto. Il Tribunale non ha condiviso «l’argomentazione difensiva dell’istituto di credito in quanto, come si evince dalla lettura di alcuni dei ricorsi proposti dall’Avv. COGNOME e come d’altronde già affermato nelle precedenti decisioni assunte a definizione dei numerosi altri giudizi instaurati tra le parti, da un lato, sono state accorpate, per quanto possibile ovviamente, le domande relative a procedimenti connessi o, comunque, collegati tra loro e, dall’altro, un integrale accorpamento di tutti i sub-procedimenti rimasti inadempiuti (o, per meglio dire, il loro mancato frazionamento secondo un basilare
criterio di logica e buon senso) avrebbe presumibilmente inciso negativamente sul diritto di difesa della parte debitrice, la quale sarebbe stata costretta ad esaminare in un unico contenzioso centinaia di posizioni spesso assai differenti tra loro, il tutto a discapito della ragionevole durata di quel procedimento e, per quanto possibile, della semplificazione della decisione assunta dal Tribunale».
Nel merito il Tribunale, dopo avere richiamato propri precedenti nei quali era «rimarcata l’applicabilità della Convenzione tariffaria, mai disconosciuta o negata dall’Avv. COGNOME e dei criteri liquidatori ivi riportati a tutti gli incarichi conferiti a quest’ultimo successivamente al 30.6.2014», in quanto richiamati dall’accordo stipulato in data 29 aprile 2015, ha esaminato l’eccezione con la quale il legale aveva «invocato l’applicazione dell’art. 13 bis della legge professionale forense al fine di legittimare comunque, sebbene sotto diverse spoglie, l’applicabilità dei parametri già richiamati di cui al D.M. n. 55/2014 e di ottenere, quindi, una somma ben maggiore rispetto a quella che, in caso contrario, avrebbe dovuto essergli liquidata sulla scorta dei più ristretti criteri liquidatori richiamati in Convenzione».
Il Tribunale, in punto di diritto, ha riconosciuto l’immediata applicabilità della nuova disciplina «anche ai contratti in corso o i cui effetti non si fossero ancora esauriti alla data di entrata in vigore della nuova normativa», disattendendo l’obiezione della BCC secondo cui non avrebbe potuto applicarsi retroattivamente una disciplina entrata in vigore successivamente alla conclusione della Convenzione, persino dopo la rinuncia comunicatagli dallo stesso professionista a tutti i mandati giudiziali e stragiudiziali conferitigli.
In conseguenza di tale ricostruzione, il Tribunale ha riconosciuto l’applicabilità dell’art. 13 -bis, introdotto per la prima volta con la legge 127 del 4 dicembre 2017, di conversione del decreto-legge n. 148 del 16 ottobre 2017, alle prestazioni pacificamente svolte dal difensore in esecuzione dell’accordo tariffario del 2013 e, comunque, successivamente al 30.6.2014. Conseguentemente, «previo accertamento incidentale della nullità della Convenzione utilizzata da BCC espressamente richiamata dalle parti ai fini della regolamentazione economica dei reciproci rapporti successivamente al 30.6.2014, sebbene limitatamente alla clausola di cui all’art. 3.1 pacificamente trattandosi di una nullità parziale che non coinvolge l’intero accordo, ritiene il Tribunale opportuno procedere alla rideterminazione dei compensi dovuti all’Avv. NOME COGNOME per le attività poste in essere in ciascuno dei procedimenti azionati in sede monitoria prendendo quale imprescindibile base di riferimento i criteri delineati nel D.M. n. 55/2014 la cui applicazione, tuttavia, non esclude la possibilità di discostarsi dai compensi medi previsti per ciascuna tipologia di attività così da valorizzare l’impegno concretamente profuso dal difensore e/o la particolare complessità dell’incarico di volta in volta conferitogli».
Quindi il Tribunale ha esaminato analiticamente le singole posizioni, riconoscendo, per ciascuna di esse, un importo inferiore rispetto a quello preteso dal professionista.
Contro l’ordinanza che ha definito il procedimento la Banca di Credito Cooperativo di Milano ha proposto ricorso affidato a cinque motivi, illustrati da memoria. L’avv. COGNOME ha resistito con controricorso, contenente ricorso incidentale affidato a sei motivi, depositando anche la memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso della BCC propone i seguenti motivi:
il primo motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost e degli artt. 1175 e 1375 c.c. perché il Tribunale non ha riconosciuto l’ipotesi dell’abusivo frazionamento del credito, pur ricorrendone tutti i presupposti, trattandosi di iniziative giudiziarie plurime, tuttavia, riferite ad un unico rapporto;
b) il secondo motivo denunzia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1, 10 e 11 disposizioni sulla legge in generale nella parte in cui il Tribunale aveva riconosciuto l’efficacia retroattiva della disciplina c.d. sull’equo compenso con riferimento alla Convenzione dell’11 aprile 2013, nonostante essa fosse stata stipulata ben prima della sua entrata in vigore. Il Tribunale, inoltre, non aveva poi considerato che il rapporto contrattuale in essere tra la BCC e l’avv. COGNOME, alla data di entrata in vigore dell’art. 13 bis della Legge 247/2012, era già esaurito, atteso che l’avv. COGNOME aveva inviato la rinuncia a tutti i mandati in data 16 novembre 2017;
il terzo motivo denunzia nullità della pronuncia impugnata in relazione all’art. 134 c.p.c., per avere il Tribunale negato, con motivazione apparente, che BCC Gestione Crediti S.p.A. avesse stipulato con l’avv. COGNOME la convenzione dell’11 aprile 2013 quale mandataria della Banca di Credito Cooperativo di Sesto San Giovanni -Società Cooperativa. Era pertanto erronea l’affermazione del Tribunale del Tribunale secondo cui la già menzionata la Convenzione dell’11 aprile era stata estesa a Banca di Credito RAGIONE_SOCIALE Sesto San Giovanni RAGIONE_SOCIALE solo con la sottoscrizione dell’accordo del 29 aprile 2015 e solo in punto di tariffe, con riferimento alle attività svolte successivamente al 30 giugno 2014;
d) il quarto motivo denunzia nullità della pronuncia impugnata in relazione al disposto di cui all’art. 112 c.p.c., perché il Tribunale ha omesso di pronunziare su una specifica domanda avanzata dalla il riconoscimento dell’avvenuta estinzione di alcune delle obbligazioni di pagamento, attraverso la corresponsione – dimostrata in causa – degli importi oggetto delle fatture nn. 57/2014, 21/2016 e 56/2014, importi
Banca odierna ricorrente, volta ad ottenere conformi a quanto previsto dalla Convenzione dell’11 aprile 2013;
e) il quinto motivo denunzia nullità della pronuncia impugnata in relazione all’art. 134 c.p.c., per mancanza assoluta di motivazione con riferimento all’avvenuta detrazione quali meri acconti gli importi già pagati dalla Banca, laddove i pagamenti avevano invece estinto le corrispondenti obbligazioni.
2. Il primo motivo del ricorso principale è infondato. Non è consentito al creditore di una determinata somma di denaro, dovuta in forza di un “unico rapporto obbligatorio”, proporre plurime richieste giudiziali di adempimento (Cass. s.u. 23726/2007; Cass. 19898/2018; Cass. 15398/2019; Cass. 26089/2019; Cass. 9398/2017; Cass. 17019/2018) e anche le domande aventi ad oggetto distinti diritti di credito, pur se relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, devono esser proposte nel medesimo giudizio se le pretese creditorie, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo, salvo che risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata (Cass. s.u. 4090/2017; Cass. 31012/2017; Cass. 17893/2018; Cass. 6591/2019). È, perciò, ammissibile il frazionamento ove sia
riscontrabile un interesse processuale del creditore a proporre separati giudizi, interesse la cui verifica compete al giudice di merito (Cass. 24371/2021; Cass. 24721/2023; Cass. 24657/2023). Nel caso in esame, il Collegio di merito non si è limitato ad un’affermazione di principio circa la possibilità di azionare sempre separatamente i crediti relativi a ciascun incarico di difesa, ma ha precisato che la proposizione di azioni separate si giustificava per il fatto che ciascun ricorso monitorio era stato proposto per una pluralità di cause con connotazioni omogenee o comunque connesse e che un eventuale simultaneus processus delle decine di pratiche avrebbe richiesto l’esame di una notevolissima mole di documenti, rendendo particolarmente difficoltosa la difesa, con il prevedibile effetto di rendere meno celere la realizzazione del credito. Dato l’accertato interesse ad azionare più giudizi, non è configurabile un abuso del processo (Cass. n. 9733/2025).
Il secondo motivo del ricorso principale è fondato. Il Tribunale è incorso nell’errore di ritenere applicabile l’art. 13 -bis anche ai rapporti professionali ormai cessati a seguito di rinuncia al mandato in data 16.11.2012 e alle prestazioni già espletate, individuando la data di entrata in vigore dell’art. 13 bis nella data di adozione del D.L. 148/2017, individuata nel 16.10.2017. L’art. 13 -bis non è compreso tra le disposizioni adottate con il decreto-legge ma è stata introdotto dall’art. 19 -quaterdecies della legge di conversione n. 148/2017, con effetti dall’1.1.2018. Di conseguenza, non avendo la norma valore interpretativo e retroattivo, non era applicabile alle prestazioni effettuate prima dell’1.1.2018, non potendosi sindacare e disapplicare i contenuti economici delle sottostanti convenzioni (Cass. 15407/2024; Cass. 7904/2020; Cass. n. 9733/2025).
Il terzo motivo del ricorso principale è assorbito per l’accoglimento del terzo e quarto motivo del ricorso incidentale ( infra ), avendo il Tribunale erroneamente affermato -contrariamente a quanto assume l’istituto ricorrente – che non vi era ragione per escludere che già la convenzione dell’11.4.2013 fosse stata sottoscritta dalle parti, circostanza che dovrà essere rivalutata dal giudice di rinvio. Sono del pari assorbiti i restanti motivi del ricorso principale, occorrendo procedere a nuova liquidazione in conseguenza del parziale accoglimento del ricorso principale e del ricorso incidentale ( infra ).
Il ricorso incidentale dell’avv. COGNOME propone i seguenti motivi:
con il primo motivo il ricorrente incidentale eccepisce l’inammissibilità dell’opposizione a decreto ingiuntivo proposta dalla Banca, in quanto asseritamente tardiva. Egli precisa di aver richiesto, con il decreto ingiuntivo opposto, il pagamento di attività stragiudiziale per nulla strumentale o complementare a quella propriamente processuale. Conseguentemente, non essendo applicabile il rito di cui all’art. 14 d. lgs. n. 150/2011, il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare inammissibile, in quanto tardiva, l’opposizione proposta dalla Banca, che aveva utilizzato la forma del ricorso, notificato insieme al decreto di fissazione dell’udienza, oltre il termine di cui all’art. 641 c.p.c.;
il secondo motivo pone la questione dell’efficacia di giudicato sostanziale delle statuizioni contenute nel decreto ingiuntivo del Tribunale di Monza n. 1395/18 – R.G.N. 13134/17, divenuto definitivo in mancanza di tempestiva opposizione. Si sostiene che « i presupposti sostanziali di tale decreto sono i medesimi per cui oggi è causa, ossia, l’esistenza, la validità ed efficacia di una
convenzione tra l’avv. COGNOME e la BCC, risalente addirittura ai primi anni ’90, diretta a regolamentare la retribuzione del professionista per l’attività di recupero dei crediti di esso Istituto ‘; c) con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione dell’art. 1326 c.c., per avere ritenuto conclusa la convenzione dell’11 aprile 2013, nonostante il legale avesse richiesto una pluralità di modifiche sulle quali non si era formato l’accordo, così incorrendo anche nella violazione delle regole di ermeneutica negoziale;
d) il quarto motivo denunzia violazione dell’art. 1362 e vizio di motivazione con particolare riferimento all’accordo del 29 aprile 2015: il ricorrente evidenzia di aver sempre sostenuto che detto accordo era unicamente diretto a regolamentare le posizioni di cui all’allegato elenco, contestando la correttezza dell’ordinanza che nella parte in cui l’ha esteso all’intera attività prestata dal legale; e) con il quinto motivo il ricorrente ‘ censura l’ordinanza del Tribunale per avere violato il disposto del secondo comma dell’art. 2233 c.c. ed i principi introdotti dalla legge in materia di equo compenso, oltre che del DM 55/14’;
f) con il sesto motivo di ricorso il ricorrente censura l’ordinanza del Tribunale di Monza per avere liquidato gli interessi moratori dalla data del provvedimento decisorio invece che dalla data del deposito del ricorso per decreto ingiuntivo. Con il motivo in esame il ricorrente denunzia poi un errore materiale incorso nella sommatoria del dovuto, che non era pari all’importo riconosciuto al Tribunale, ma ammontava a una somma maggiore.
4. Il primo motivo del ricorso incidentale è infondato. La pronuncia ha stabilito che il ricorso monitorio era teso ad ottenere il pagamento per attività di rappresentanza e assistenza giudiziale civile, negando, quindi, che le attività stragiudiziali fossero
scollegate e non funzionali rispetto a quelle giudiziali. D’altronde, come è evidenziato nel controricorso, era stato il difensore a richiamare l’art. 3 del contratto di incarico del 1996 che regolava i compensi per le attività giudiziali civili, potendo l’opponente confidare nell’applicabilità del rito speciale sulla base delle stesse deduzioni di controparte e della qualificazione del titolo della pretesa (Cass. 10206/2001; Cass. 15720/2006; Cass. 8014/2009). Questa Corte ha già ritenuto ammissibile l’opposizione ex art. 645 c.p.c. (non rientrante nelle ipotesi regolate dal citato art. 14) proposta con ricorso quando, come nel caso in esame, l’opponente abbia richiamato l’art. 702 bis c.p.c. e, dunque, le regole del processo sommario disciplinato dal codice di rito (Cass. 34501/2022; Cass. 25543/2023). L’opposizione era quindi -tempestiva.
Il secondo motivo del ricorso incidentale è infondato. Il preteso giudicato esterno è insussistente. In forza della già menzionata convenzione tariffaria, le parti avevano predeterminato il contenuto dei successivi incarichi professionali, ognuno dei quali, pur avendo un comune contenuto economico, era distintamente conferito, venendo a radicarsi in un titolo autonomo (cfr., nel senso che le prestazioni professionali fondate su incarichi distinti, conferiti sulla base di una convenzione tariffaria, si inscrivono nell’ambito di un rapporto unitario in senso fattuale: Cass. 24657/2023; Cass. 24459/2023; Cass. 22094/2023). Questa Corte ha affermato che il principio secondo cui l’autorità del giudicato spiega i suoi effetti non solo sulla pronuncia esplicita della decisione, ma anche sulle ragioni che ne costituiscono sia pure implicitamente il presupposto logicogiuridico, trova applicazione anche in riferimento al decreto ingiuntivo di condanna al pagamento di una somma di denaro, il
quale, in mancanza di opposizione o quando quest’ultimo giudizio sia stato dichiarato estinto, acquista efficacia di giudicato non solo in ordine al credito azionato, ma anche in relazione al titolo posto a suo fondamento, precludendo ogni ulteriore esame delle ragioni addotte a giustificazione della relativa domanda in altro giudizio (Cass. 25180/2024; Cass. 22465/2018; Cass. 281318/2017; Cass. 18725/2008; Cass. SU 4510/2006; Cass. 6628/2006; Cass. 18725/2007; Cass. 18791/2009; Cass. 11360/2010). L’accertamento dell’operatività della convenzione tariffaria del 1996 rispetto a taluni incarichi di difesa (e che rendeva applicabili le tariffe professionali), non poteva ritenersi oggetto di un giudicato esterno anche rispetto ad ogni ulteriore mandato difensivo, costituente un diverso titolo giustificativo del diritto al compenso per le distinte attività (Cass. 32370/2023; Cass. 10430/2023; cfr., per i rapporti di durata, Cass. 17223/2020, Cass. 10430/2023; Cass. 37/2019 secondo cui il vincolo di giudicato, sia pur formato in relazione a periodi temporali diversi, opera solo a condizione che il fatto costitutivo sia lo stesso ed in relazione ai soli aspetti permanenti del rapporto, con esclusione di quelli variabili) (Cass. n. 9733/2025).
Il terzo e quarto motivo del ricorso incidentale sono fondati nei limiti che seguono e il loro accoglimento comporta l’assorbimento delle censure di cui quinto motivo dello stesso ricorso incidentale. Come già deciso da Cass. m. 9733/2025 in controversia fra le stesse parti, la Corte di merito ha ritenuto perfezionate due diverse convenzioni, stipulate nel 2013 e nel 2015, osservando che l’adesione alla prima di esse da parte del difensore era pacifica e non contestata, omettendo di accertare se e quando fosse stata sottoscritta. In tal modo, come correttamente dedotto dal
difensore, non ha considerato che, ai sensi dell’art. 2233, ultimo comma, c.c. i patti conclusi tra gli avvocati con i loro clienti che stabiliscono i compensi professionali vanno redatti per iscritto a pena di nullità (Cass. 717/2023; Cass. 15563/2022; Cass. n. 24213/2021; Cass. 11597/2015), non potendo valere un’ipotetica non contestazione, né potendo trarsi la prova della conclusione del primo accordo dal contenuto di quello successivo, concluso il 29.4.2015, che ne aveva esteso la regolazione economica alle pratiche espletate dopo il 30.6.2014. Come è spiegato in ricorso, dopo aver ricevuto lo schema di convenzione tariffaria, il difensore aveva richiesto modifiche ritenute irrinunciabili e non approvate se non che con la successiva convenzione del 2015; quindi, anziché sottoscrivere l’accordo senza riserve, il ricorrente aveva formulato una controproposta che la banca avrebbe dovuto accettare espressamente e per iscritto accettazione della quale non dà conto la pronuncia, non potendo altrimenti giustificarsi l’applicazione delle previsioni tariffarie a tutte le pratiche curate dal ricorrente non ricadenti nell’ambito della successiva convenzione che concerneva le sole attività svolte dopo 30.6.2014.
Le restanti questioni proposte con i motivi in esame sono rimesse al giudice di rinvio.
Il sesto motivo del ricorso incidentale è assorbito, occorrendo procedere a nuova liquidazione in conseguenza del parziale accoglimento del ricorso principale e del ricorso incidentale. A fortiori è assorbita la questione riguardante l’errore di calcolo.
5. In conclusione, sono accolti il secondo motivo del ricorso principale, è rigettato il primo motivo del ricorso principale, sono assorbiti i restanti motivi dello stesso ricorso principale. Sono inoltre accolti il terzo e il quarto motivo del ricorso incidentale, con
rigetto del primo e del secondo motivo e assorbimento dei restanti motivi dello stesso ricorso incidentale.
L’ordinanza è cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio della causa al Tribunale di Monza, in diversa composizione, che provvederà a regolare anche le spese di cassazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo del ricorso principale; accoglie il secondo motivo del ricorso principale; dichiara assorbiti il terzo, il quarto e il quinto motivo del ricorso principale; rigetta il primo e il secondo motivo del ricorso incidentale, accoglie, nei limiti di cui in motivazione, il terzo e il quarto motivo del ricorso incidentale; dichiara assorbiti il quinto motivo e il sesto motivo del ricorso incidentale; cassa l’ordinanza impugnata in relazione ai motivi del ricorso principale e incidentale accolti e rinvia la causa al Tribunale di Monza, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda