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Equa riparazione per durata irragionevole di una procedura concorsuale

Viene affermato il principio per cui la pendenza di una procedura concorsuale non ostacola la richiesta di equa riparazione per la sua durata irragionevole, qualora eccedente i termini previsti dalla legge. La quantificazione del danno tiene conto della durata eccedente il termine ragionevole e dell’entità del credito.

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Pubblicato il 17 maggio 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

N. R.G. 208/2025

CORTE D’APPELLO DI FIRENZE SEZIONE TERZA CIVILE

Il consigliere NOME COGNOME designato ai sensi dell’art. 3 co. 4^ L. 89/01 con provvedimento in data 10.4.2025 nel procedimento iscritto a ruolo il 9.4.2025 al n. 208/2025 V.G. promosso da (C.F. rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME in virtù di procura in atti.

RICORRENTE contro ha emesso il seguente

DECRETO N._R.G._00000208_2025 DEL_30_04_2025 PUBBLICATO_IL_06_05_2025

La parte istante ha chiesto equa riparazione ex art. 2 della L. 24 marzo 2001 n. 89 e succ. modif. per violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali firmata il 4 novembre 1950, per non essere stato rispettato il termine ragionevole di cui all’ art. 6 paragrafo 1 della Convenzione stessa.

L’istanza è stata avanzata in relazione alla procedura concorsuale n. 3138/1995 instaurata dinanzi al Tribunale di Grosseto (Fallimento ”), iniziata il 9.11.1995 – il cui stato passivo è stato dichiarato esecutivo il 18.7.1996 (con ammissione della domanda della società ricorrente per l’importo di lit. 141.873.582, pari ad € 73.271,73, in via chirografaria) – tuttora pendente.

Termine di proponibilità Occorre dare atto della sentenza (n. 88 del 26.4.2018) con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 4 della legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell’articolo 375 del codice di procedura civile) – come sostituito dall’art. 55, parte in cui non prevede che la domanda di equa riparazione possa essere proposta in pendenza del procedimento presupposto. Pertanto, l’essere il processo presupposto (nella specie, procedura concorsuale) ancora pendente non impedisce la proposizione del ricorso volto ad ottenere l’equa riparazione per la sua irragionevole durata.

Legittimazione Deve ritenersi incontestabile la legittimazione attiva della ricorrente, avendo documentato l’ammissione allo stato passivo della procedura e, quindi, la sua qualità di creditore.

Rimedi preventivi Va premesso che non erano esperibili rimedi preventivi, trattandosi di procedura concorsuale, atteso che l’art. 1-ter, comma 1, l. n. 89/2001 è espressamente destinato a trovare applicazione solo per i processi civili.

Durata ragionevole L’ art. 2 comma 2 bis della L. 89/01 (introdotto con D.L. 83/2012 convertito con L. 134/2012) stabilisce che “Si considera rispettato il termine ragionevole …se la procedura concorsuale si è conclusa in sei anni”.

Tempo eccedente nella fattispecie la durata ragionevole.

Ciò premesso, la durata del procedimento presupposto deve essere quantificata, al 9.4.2025, in 28 anni, 8 mesi e 28 giorni e quindi, ai fini che qui rilevano, in 29 anni ex art. 2-bis della l.n. 89/2001– assumendo come data di decorrenza quella di esecutività dello stato passivo, tale essendo il momento in cui il creditore ha acquisito il diritto a partecipare al concorso (cfr. Cass. 7864/2018, secondo cui « Nella giurisprudenza di questa Corte si è, infatti, chiarito che “in tema di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo, la nozione di procedimento presa in considerazione dall’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali include anche i procedimenti fallimentari” (Cass. n. 950 del 2011), avendo, tuttavia, riguardo, se si tratta dei creditori ammessi al passivo, al decreto con il quale ciascuno di essi è stato ammesso, in via tempestiva o tardiva (artt. 97, 101 e 99 I.fall. ), al passivo (irrilevante, invece, rimanendo, rispetto alla ragionevole durata della procedura fallimentare, il momento in cui il presunto creditore abbia proposto la domanda di ammissione al passivo, che, al più, può valere ai fini della ragionevole durata del procedimento di accertamento della pretesa, a norma degli artt. 92 ss I.fall.) , quale dies a quo (solo da questo momento, infatti, i creditori, una volta fallimentare nella quale si sono insinuati, rimanendo, per gli stessi, irrilevante, la durata pregressa della procedura, alla quale sono rimasti, fino a quel momento, estranei,

salvo che per gli accantonamenti nei riparti parziali » Pertanto, tenuto conto che una durata ragionevole della procedura avrebbe dovuto essere circoscritta al massimo in 6 anni, l’eccedenza risulta essere pari ad anni 23.

Il danno Orbene, il parametro di cui all’ art. 2 bis della l.n. 89/2001 introdotto dal DL. 83/2012 convertito con l.n. 134/2012, prevede una somma non inferiore ad € 400,00 e non superiore ad euro 800,00 per ciascun anno o frazione di anno superiore a sei mesi.

In proposito, si ritiene di liquidare la somma di € 600,00 per ciascuno anno di irragionevole durata (per un totale di € 13.800,00), tenuto conto della notevole entità del credito insinuato al passivo fallimentare e del fatto che lo stesso ha trovato parziale soddisfazione (nella misura di € 3.862,94) all’esito dell’esecuzione dei vari piani di riparto.

Si riconoscono gli interessi legali, in quanto espressamente richiesti (cfr. Cass. sez.

1^ civ. 25.11.2011 n. 24962 rv 620456:

«In materia di liquidazione dell’equa riparazione per la durata irragionevole del processo presupposto, dal carattere indennitario dell’obbligazione discende che gli interessi legali decorrono dalla data della domanda di equa riparazione, sempreché, tuttavia, essi siano stati richiesti.

»;

conf.: Cass. sez. 6^ civ. 28.7.2016 n. 15732 rv 640591; contra, in precedenza, Cass. sez. 1^ civ. 8.4.2004 n. 6939 rv 571981).

Spese processuali.

La liquidazione va effettuata sulla base dei compensi previsti in sede “monitoria”, per cui tenuto conto del DM 55/2014 (come da ultimo modificato dal D.M. 147/2022) e del decisum (€ 13.800,00) si liquidano le spese in complessivi € 567,00 per compensi, oltre rimb. forf. ex art 2 comma 2 DM 55/2014, in € 27,00 per spese documentate (per marca da bollo) ed accessori di legge.

Al riguardo, si precisa che, come recentemente affermato dalla Suprema Corte, “in tema di giudizio di equa riparazione per irragionevole durata del processo, la liquidazione delle spese della fase destinata a svolgersi dinanzi al consigliere designato deve avvenire sulla base della tabella n. 8, rubricata “procedimenti monitori”, allegata al d.m. n. 55 del 2014, per quanto si sia al cospetto di un procedimento monitorio destinato a celebrarsi dinanzi alla corte d’appello, con caratteri di “atipicità” rispetto a quello di cui agli artt. 633 e ss. c.p.c., rilevando, ai fini dell’applicazione di tale tabella, oltre che l’identica veste formale – et altera pars”, che appieno accomunano il primo sviluppo del procedimento “ex lege” Pinto e l’ordinario procedimento d’ingiunzione” (cfr. Cassazione civile, sentenza del 31.7.2020, n. 16512).

ingiunge al in persona del Ministro pro-tempore di pagare senza dilazione a l’importo di € 13.800,00, oltre interessi legali con decorrenza dalla domanda giudiziale e le spese del procedimento che liquida in € 567,00 per compensi, in € 27,00 per esborsi, oltre rimb. forf. al 15% ex art 2 comma 2 DM 55/2014, IVA e CAP come per legge.

Firenze, 30.4.2025 Il Consigliere Designato Dr.

NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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